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La regolazione dei servizi pubblici locali alla luce dei risultati del Referendum
di Bruno Spadoni 24 giugno 2011
Materia: servizi pubblici / disciplina

 

Il referendum e l’opinione dei cittadini

Gli esiti del recente Referendum con riferimento al tema cosiddetto dell’”Acqua pubblica” ha fornito indicazioni di significato inequivocabile. La maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto (oltre il 55% di votanti con percentuali di si di circa il 95%) ha espresso opinioni contrarie alla privatizzazione e orientate a mantenere in mano pubblica la gestione dei servizi pubblici locali. In effetti la natura stessa dello strumento del Referendum, la formulazione dei quesiti e le modalità di svolgimento della campagna referendaria hanno drasticamente semplificato i problemi oggetto della consultazione riconducendoli di fatto alla drastica alternativa tra pubblico e privato. Inoltre una diffusa critica ha sottolineato che gran parte dei cittadini era scarsamente consapevole dei reali contenuti dei quesiti: pochi sapevano che si votava per l’abrogazione di norme non limitate ai soli servizi idrici ma estese ad altri settori (in particolare rifiuti e trasporti pubblici locali); molti ritenevano che l’oggetto fosse la privatizzazione della risorsa acqua e non la gestione del servizio; la grande maggioranza era convinta di votare a favore o contro il riconoscimento nella tariffa del servizio idrico integrato di un profitto pari al 7%. Coloro che intendono depotenziare il significato del Referendum, insomma, sostengono che i suoi risultati sono per molti versi frutto di un’informazione scorretta e “ideologizzata”.

Vale dunque la pena di ricercare una conferma di tali esiti valutando, tramite altre fonti informative, se e in che misura essi corrispondano effettivamente alle opinioni dei cittadini. Soccorre, a questo riguardo, un’indagine di mercato sul rapporto tra servizi pubblici locali e cittadini svolta, proprio nello stesso periodo, da Confservizi e Assirm (l’Associazione degli istituti di ricerca di mercato sociale e di opinione) presentata lo scorso 21 Giugno da Renato Mannheimer. I questionari, somministrati parallelamente agli utenti finali dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (energetici, gas, idrici, illuminazione pubblica, rifiuti e trasporto pubblico locale) e ai gestori hanno consentito di mettere a confronto le opinioni delle due categorie di soggetti. In tal modo si sono evidenziate, per un verso, condivisioni e discrepanze di percezione identificando i principali punti di criticità, per altro verso l’esistenza di un divario tra le esigenze direttamente percepite dagli utenti (bisogni espliciti) e quelle che corrispondono a bisogni più generali, alcuni dei quali non avvertiti individualmente ma non meno rilevanti sul piano sociale (bisogni impliciti). Senza entrare nel merito degli specifici risultati dell’indagine è opportuno, ai nostri fini, soffermarci su alcuni specifici aspetti.  Un primo tema concerne le tariffe. Su questo terreno le opinioni degli operatori aziendali sono molto più pessimistiche di quanto risulta dalle risposte degli utenti, sia dal punto di vista della congruità del livello tariffario, sia della sua evoluzione. L’altro aspetto a cui occorre guardare concerne la qualità dei servizi. Qui le divergenze si palesano in senso opposto rispetto a quanto rilevato per le tariffe. In questo caso, infatti, gli operatori delle aziende, in tutti i settori analizzati, tendono a sovrastimare la percezione degli utenti, sia come livello che come dinamica della qualità. E’ molto interessante considerare parallelamente questi due fenomeni perché da essi possono discendere indicazioni importanti di policy. In sostanza si può ritenere, in prima approssimazione, che le aspettative dei cittadini-utenti siano per un miglioramento generalizzato degli standard di prestazione e qualitativi dei servizi (molto di più rispetto a quanto le stesse aziende ritengano) a fronte del quale risulterebbe esistere un margine di aumento delle tariffe. Un altro punto che conviene sottolineare concerne i processi di liberalizzazione e di privatizzazione. Dal primo punto di vista il parere prevalente è che le politiche di apertura dei mercati sono tutt’altro che completate ma che la procedura più corretta sia la gara. Dal secondo punto di vista l’opinione nettamente più diffusa è che in tutti i settori analizzati sia di gran lunga preferibile una gestione completamente pubblica o mista. Tenendo conto di entrambe le opinioni viene da considerare che l’indicazione è di completare e consolidare la liberalizzazione dei servizi in una prospettiva, tuttavia, di possibile mantenimento della gestione pubblica.

Queste conclusioni, quindi, ci consentono di valutare e meglio precisare quanto emerso dal Referendum: fortissimo favor degli italiani per il mantenimento in mano pubblica dei servizi degli enti locali da collocare, tuttavia, in un contesto di apertura dei mercati; attenzione principale ai risultati qualitativi dei servizi erogati a fronte di un miglioramento dei quali si è disposti anche ad accettare tariffe più elevate. Il problema, a valle dell’evento referendario, così specificato, è di dare veste istituzionale e regolatoria coerente e organica alla volontà dei cittadini. Si tratta, in sostanza, di riscrivere le norme abrogate definendo un quadro legislativo in cui la valorizzazione del ruolo pubblico non sia in contrasto con l’esercizio dell’autonomia imprenditoriale volta al conseguimento di efficienza e allo sviluppo degli investimenti prevalentemente orientati all’innalzamento degli standard qualitativi e di prestazione. Ciò non può e non deve implicare le forzature privatizzatorie presenti nell’abrogato articolo 23 bis ma non deve neanche segnare l’interruzione del processo di innovazione organizzativa e gestionale in corso da decenni nei servizi pubblici locali che ha consentito il conseguimento di risultati notevoli sui terreni non solo economico-finanziari ma anche della qualità e dell’efficacia a favore dei cittadini e degli utenti.

 

Il mutamento del contesto di riferimento

Questo tema è da collocare in un contesto di profondo mutamento relativo sia al perimetro di definizione della qualità dei servizi, sia alla nuova dimensione dei rapporti con i cittadini e gli utenti, sia agli assetti organizzativi e istituzionali della gestione.

Da un lato si rileva una maggiore consapevolezza e sensibilità dei cittadini circa i propri diritti che comporta una più attenta e accurata valutazione dell’adeguatezza dei servizi rispetto alle proprie esigenze. La complessità delle relazioni sociali e la progressiva frammentazione e segmentazione delle diverse componenti della società civile hanno reso tali esigenze non solo più acute, ma anche meno uniformi. Ciò comporta una frantumazione qualitativa delle domande dei servizi a cui in generale non è possibile rispondere con un’offerta assimilabile alla produzione di massa di tipo industriale tradizionale. Al contrario si pone la necessità di modellare i servizi alla specificità dei bisogni che occorre quindi monitorare ex ante verificando ex post il loro grado di soddisfazione. Si deve poi considerare che gli stessi modelli di consumo nei paesi industrializzati si sono fortemente trasformati: conta meno la quantità dei beni i quali, in un contesto globalizzato, sono accessibili a prezzi contenuti a porzioni crescenti di popolazione; cresce, invece, l’importanza relativa della cosiddetta “qualità della vita” che costituisce un bene complesso all’interno del quale un peso assai rilevante è ricoperto dai servizi pubblici e sociali.

In questa mutata gerarchia dei bisogni i temi della coesione sociale, della sicurezza e del superamento delle situazioni di degrado, nonché quelli della tutela dell’ambiente e dell’uso appropriato delle risorse naturali sono saliti sensibilmente. E’ peraltro evidente che, come si è anticipato, tale interesse generale non può essere interamente interiorizzato nelle preferenze dei singoli cittadini. Di conseguenza una produzione di servizi esclusivamente ispirata alle domande individuali determinerebbe una sistematica sottostima di tali esigenze. Si pone, dunque, una specifica manifestazione di “fallimento del mercato” in relazione alla quale il problema consiste nel dare voce e peso non solo alle preferenze e percezioni dirette, ma anche a quelle implicite (come la sicurezza, il rispetto dell’ambiente, la coesione sociale) che non di meno corrispondono ai bisogni dei cittadini stessi ma che non sono comprese nelle funzioni di domanda individuali. Si tratta, in altri termini, di un problema di “esternalità” da affrontare mediante politiche di regolazione in cui l’ente pubblico, nel caso specifico l’ente locale, quale rappresentante istituzionale dei bisogni collettivi, abbia la funzione di indirizzare l’erogazione dei servizi al rispetto di compatibilità sociali e ambientali. Il soggetto gestore viene posto così di fronte ad un duplice ordine di obiettivi: da un lato quello di soddisfare le istanze dei cittadini nella loro figura di utenti che devono essere sistematicamente rilevate e monitorate, dall’altro quello di attenersi alle indicazioni dell’ente pubblico quale portatore dei bisogni degli stessi cittadini in quanto collettività.

 

L’evoluzione organizzativa e gestionale

Il problema ha mutato le proprie connotazioni negli ultimi anni anche in relazione ai cambiamenti intervenuti e in corso negli assetti istituzionali, organizzativi e di mercato dei servizi pubblici locali. Tradizionalmente il sistema decisionale era incardinato sulla figura dell’ente locale che esercitava ad un tempo funzioni proprietarie, regolatorie e gestionali in un rapporto di organicità tra la fase della definizione degli obiettivi e quella del conseguimento degli stessi. Il superamento di questo sistema e l’affermazione di assetti fondati sulla separazione di ruoli e responsabilità come è noto, si è realizzato in fasi diverse: dapprima quella dell’autonomia organizzativa e gestionale dell’azienda, poi quella della cosiddetta “privatizzazione formale”, infine quella attuale della progressiva apertura dei mercati alla concorrenza. In effetti l’esigenza di dare voce alle istanze dei cittadini si pone in ogni contesto organizzativo. Se infatti ci si discosta dall’ipotesi astratta di una perfetta rappresentanza dei bisogni dei cittadini da parte dell’ente locale (ipotesi rappresentata nella teoria economica con la figura dell’ente pubblico quale “pianificatore sociale benevolente”) occorre prevedere sistemi in grado di raccogliere e misurare le preferenze e le percezioni e di monitorare il rispetto degli standard di prestazione. Quando poi viene superata la situazione di organicità ciò che tradizionalmente faceva interamente capo all’ente locale deve essere disciplinato stabilendo relazioni sistematiche tra i diversi componenti della “triangolazione”, vale a dire gli enti locali, i gestori e gli utenti, diverse a seconda degli assetti istituzionali.

 

Le strategie regolatorie e della qualità

Date queste condizioni la qualità, concepita in senso ampio ed estesa, quindi, alle compatibilità sociali e ambientali non è certo favorita da mere politiche di privatizzazione, né garantita interamente dalle liberalizzazioni in quanto tali ma soprattutto dalla presenza di coerenti sistemi di regolazione.

Sotto questo aspetto occorre richiamare quanto riaffermato nel comma 461 dell’art. 2 della Finanziaria 2008 in relazione al rapporto prestazioni/regolazione/consumatori e all’esigenza di costruire un sistema decisionale fondato sulla qualità e sulla sistematica consultazione degli stakeholders. In questo sistema la base di partenza sono le ricognizioni e le indagini di customer, che devono costituire un primo punto di riferimento per la definizione del Contratto di servizio. Quest’ultimo, poi, ha il compito di mediare tra tali istanze e percezioni e le esigenze collettive rappresentate dal soggetto pubblico nel quadro delle compatibilità economiche e di bilancio. Gli obiettivi, generali e specifici, così definiti devono poi divenire impegni nei confronti degli utenti e, come tali, assunti nella Carta dei servizi.

In questo contesto regolatorio si evincono agevolmente l’importanza e i limiti delle ricognizioni di customer. Da un lato esse sono strumenti essenziali di orientamento circa le aspettative e la soddisfazione dei cittadini e degli utenti al fine anche di evitare autoreferenzialità e rapporti collusivi tra enti locali e imprese soprattutto nel caso di proprietà pubblica; dall’altro costituiscono modalità di informazione incomplete: parziali poichè ad esse è  estranea la considerazione dei bisogni individualmente non percepiti, unilaterali in quanto prescindono dalle compatibilità economico-finanziarie.

A dimostrazione di ciò, si consideri quanto potrebbe essere distorsivo un processo decisionale in materia di localizzazione di impianti di produzione di energia e di smaltimento dei rifiuti esclusivamente fondato sulle customer individuali. E’ cronaca recente il totale dissenso, sfociato anche in forme clamorose di resistenza, verso proposte di costruzione di impianti di rigassificazione o, ancora di più, nei confronti della localizzazione di impianti di termovalorizzazione o di discariche.

Se ci si limitasse a tener conto delle preferenze esplicite dei cittadini ci si troverebbe di fronte all’impossibilità di adottare politiche energetiche e ambientali a causa dell’aperta contrarietà delle comunità locali. Ciò richiama l’essenziale necessità di costruire un sistema regolatorio, in cui le esigenze individuali vengano mediate con quelle collettive e ricondotte ad una sintesi da acquisire quali obiettivi del Contratto di servizio.

In questo quadro si conferma dunque la necessità di uno stretto legame di coerenza e di organicità tra le politiche e gli strumenti di qualità e di regolazione al fine di assicurare che gli impegni assunti dal gestore nei confronti dell’ente locale non risultino avulsi o divaricati rispetto a quelli verso gli utenti. A tale riguardo i punti di riferimento sono costituiti dai Contratti e dalle Carte dei servizi che presentano una valenza generale sia in un contesto di liberalizzazione sia nel caso si faccia ancora ricorso ad affidamenti in house assumendo, a seconda delle circostanze, natura e contenuti in parte differenti. Essi, a prescindere dalle modalità di affidamento, si configurano come elementi di collegamento dei diversi protagonisti del processo decisionale: l’ente locale, i cittadini-utenti, il gestore.

Come si è detto in un sistema orientato alla qualità è necessario che i bisogni e le preferenze dei cittadini, rilevati sistematicamente mediante ricognizioni di customer focus e  tramite indagini di customer satisfaction vengano acquisiti in sede di definizione, aggiornamento e  monitoraggio delle prestazioni del gestore sia nel caso di affidamento tramite gara che di affidamento diretto. Nella prima ipotesi tali elementi devono essere considerati in sede di indizione e aggiudicazione della gara, in entrambe le circostanze essi costituiscono l’oggetto del confronto tra le parti, ente locale e gestore, con riferimento, in particolare alla loro sostenibilità economica e finanziaria da acquisire nel Contratto di servizio come standard di prestazione che il gestore si impegna a conseguire. Al fine di garantire la coerenza dell’intero impianto regolatorio e decisionale occorre che tali standard, declinati in standard generali (performances medie) e standard specifici (soglie minime garantite con previsione di penali e rimborsi) vengano contenuti anche nelle Carte dei servizi assumendo la veste di impegni nei confronti del terzo fondamentale soggetto della “triangolazione”, cioè l’utente.

 

 

 

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