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Il trasporto pubblico travolto dall’acqua: considerazioni sull’assetto organizzativo del settore a seguito del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011.
di Alessandro Cabianca 14 luglio 2011
Materia: trasporti / trasporto pubblico locale

 

1. Premessa

Il dibattito pubblico sui quesiti referendari del 12 e 13 giugno scorso, ed in particolare quello sul quesito n. 1 concernente l’abrogazione dell’articolo 23bis del d.l. 112/2008 e ss.mm.ii., si è concentrato quasi esclusivamente sulla risorsa acqua e sul servizio idrico, trascurando che le disposizioni di cui si chiedeva l’abrogazione nella consultazione popolare avevano una portata ben più ampia. Infatti, con la riforma del 2008 il legislatore aveva voluto imporre un corpus normativo generale e trasversale a tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, e perciò prevalente sulle discipline di settore con esso incompatibili. Se tale logica aveva subito un certo ridimensionamento nei successivi interventi modificativi dell’art. 23bis[1], tuttavia questa disciplina generale ha rappresentato l’orizzonte regolatorio comune, oltre al servizio idrico, anche a servizi di altrettanta rilevanza sociale oltre che economica, quali lo smaltimento dei rifiuti e il trasporto pubblico locale (di seguito TPL). Con riferimento a quest’ultimo settore, del quale ci si vuole occupare con il presente contributo, l’esito abrogativo referendario appare aprire degli scenari di non semplice e, forse, di non univoca interpretazione. Se la Corte costituzionale ha sottolineato con chiarezza nella sentenza n. 24/2011[2] come dall’abrogazione dell’art. 23-bis, da un lato, non consegua alcuna reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo, e dall’altro, ciò comporti l’applicazione immediata nell’ordinamento italiano della normativa comunitaria relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica, per il TPL tale asserzione deve essere vagliata con attenzione, dato che la portata abrogatrice dell’art. 23bis è stata in questo settore più limitata. Infatti, il comma 3 dell’art. 12 del D.P.R. 168/2010, regolamento d’attuazione dell’art. 23bis, si è limitato ad espungere dall’art. 18, comma 3bis, del D.lgs. 422/1997 la parola “esclusivamente” con riferimento alla gara come unica modalità d’affidamento dei servizi, mentre le disposizioni dell’art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99 e dell’art. 4bis della legge 3 agosto 2009, n. 102 hanno mantenuto la loro vigenza, seppure limita al servizio ferroviario regionale escluso dall’applicazione dell’art. 23bis. Inoltre, per il TPL anche il riferimento alla normativa comunitaria trova una sua specificità, dato che il Regolamento (CE) 1370/2007, entrato in vigore il 3 dicembre 2009, non sì è limitato a regolare le condizioni alle quali la pubblica autorità può imporre e compensare gli obblighi di servizio pubblico, ma ha delineato un quadro normativo di riferimento entro il quale le autorità possono intervenire nel settore dei trasporti pubblici di passeggeri. Alla luce di tali premesse si cercherà, di seguito, di proporre un quadro descrittivo delle modalità di gestione del TPL conseguenti all’esito della consultazione referendaria.

2. La normativa “di risulta” applicabile al TPL.

Come si è accennato, la disciplina applicabile alle modalità d’affidamento dei servizi di TPL trova il proprio riferimento nella normativa speciale di settore non abrogata dal combinato disposto dell’art. 23bis e del D.P.R. 168/2010. Viene in rilievo, innanzitutto, l’art. 18, comma 3bis, del D.lgs. 422/1997, il quale aveva posto la gara come unica modalità d’affidamento del servizio. In tal modo il legislatore aveva abbracciato una stringente logica di concorrenza “per il mercato”, secondo la quale la pubblica autorità attribuisce un diritto esclusivo per un periodo determinato, all’esito di una gara aperta e trasparente che definisce il livello quantitativo e qualitativo del servizio, le condizioni economiche per prestarlo, comprensive delle tariffe da applicare all’utenza. In tale contesto, la soppressione da parte del comma 3 dell’art. 12 del D.P.R. 168/2010 dell’avverbio “esclusivamente” ha rappresentato, da un lato, l’estensione al TPL di modalità di gestione del servizio diverse dalla mera esternalizzazione, tramite gli strumenti della società mista e, nei casi tassativamente previsti, dell’affidamento in house, dall’altro, ha significato che per tale tipologia di servizio l’opzione della gara trovava la propria fonte di regolamentazione non tanto nella lettera a) del comma 2 dell’art. 23bis, quanto proprio nell’art. 18, comma 3bis, del D.lgs. 422/1997. Da tali considerazioni si può arguire che il comma da ultimo citato è “sopravvissuto” tanto alla riforma del 2008 – 2010, quanto all’intervento demolitorio referendario del 2011, per cui oggi la gara rimane una modalità organizzativa che, in assoluta continuità con il passato, trova una propria puntuale regolamentazione positiva nelle disposizioni del D.lgs. 422/1997[3]. Se, quindi, l’esternalizzazione ha un caposaldo nel “Decreto Burlando”, per trovare modalità diverse di gestione del servizio bisogna far tornare le lancette dell’evoluzione normativa del settore all’estate del 2009 quando, nel giro di pochi giorni, il legislatore ha inserito nelle leggi 23 luglio 2009, n. 99, “Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, e 3 agosto 2009, n. 102, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali”, alcuni articoli che riguardano proprio l’affidamento dei servizi di TPL. In particolare, l’art. 61 della l. 23 luglio 2009, n. 99 ha stabilito che le autorità competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all’articolo 5, par. 2, 4, 5 e 6, e di cui all’articolo 8, par. 2, del Regolamento (CE) 1370/2007. Lo stesso articolo dispone che agli affidatari diretti dei servizi di TPL non si applichi il divieto, stabilito dall’art. 18, comma 2, lettera a), del D.lgs. 422/1997, di partecipazione alle gare indette in altri bacini di traffico. Inoltre, l’art. 61 richiama l’articolo 8, par. 2, del Regolamento (CE) 1370/2007, il quale pone un periodo transitorio per conformarsi gradualmente alle prescrizioni sulle modalità d’affidamento dei servizi previste dall’articolo 5. Dopo qualche giorno, l’art. 4bis della legge 3 agosto 2009, n. 102 ha precisato che le autorità competenti, al fine di promuovere l’efficienza e la concorrenza nei singoli settori del trasporto pubblico, qualora si avvalgano delle previsioni di cui all’articolo 5, par. 2 (affidamenti in house), del Regolamento (CE) 1370/2007, devono aggiudicare tramite contestuale procedura ad evidenza pubblica almeno il dieci per cento dei servizi oggetto dell’affidamento principale a soggetti diversi da quelli sui quali esercitano il controllo analogo, mentre per le società affidatarie dirette il legislatore è tornato sui propri passi, reintroducendo per esse il divieto di partecipare a procedure organizzate in ambiti territoriali diversi da quelli in cui operano. Rispetto a tali evidenze normative, si deve precisare che le leggi 23 luglio 2009, n. 99 e 3 agosto 2009, n. 102 sono entrate in vigore in tempi invertiti rispetto alla loro numerazione e approvazione parlamentare. Infatti, nella legge 99/2009 non sussiste alcuna clausola finale che si occupi dell’entrata in vigore, per cui deve ritenersi che la stessa sia entrata in vigore il 15° giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. 176 del 31.07.2009), e perciò il 15 agosto 2009. Nella legge 102/2009, di conversione del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, l’art. 1, comma, 3 stabilisce che la stessa entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (G.U. 179 del 4.08.2009), ossia il 5 agosto 2009. Ne deriva che, vista l’evidente incompatibilità delle disposizioni contenute nei due articoli concernenti la partecipazione degli affidatari diretti a gare bandite extra moenia, facendo applicazione di un elementare principio di successione di leggi nel tempo, si deve ritenere che il disposto di cui all’art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, che consente la partecipazione alle gare indette in altri bacini di traffico, ha vigenza, mentre quello di segno opposto contenuto nell’art. 4bis della legge 3 agosto 2009, n. 102 deve ritenersi implicitamente abrogato. Sul contenuto sostanziale delle disposizioni del Regolamento (CE) 1370/2007 a cui le norme interne fanno rinvio, si dirà nel prossimo paragrafo, qui preme sottolineare come il precipitato della ricostruzione che si è operata è che, con l’abrogazione dell’art. 23bis, le modalità d’affidamento dei servizi di TPL trovano la propria disciplina positiva nel combinato disposto dell’art. 18 del D.lgs. 422/1997, dell’4bis della l. 102/2009 e dell’art. 61 della l. 99/2009.

3. Il “rinvio” alla disciplina comunitaria.

Come si è pocanzi descritto, l’art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, ha stabilito che le autorità competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio, anche in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle previsioni di cui all’articolo 5, par. 2, 4, 5 e 6, e di cui all’articolo 8, par. 2, del Regolamento (CE) 1370/2007. L’esame di tali disposizioni ci consentirà di capire quali modalità organizzative possano essere adottate dagli enti locali in alternativa all’esternalizzazione del servizio. Prima di far ciò, è opportuno chiarire il perché le disposizioni comunitarie, a cui la normativa nazionale fa rinvio, non vigano già per forza propria, dato che il Regolamento (CE) 1370/2007 è entrato in vigore il 3 dicembre 2009. Infatti, l’art. 288 del Trattato sul Funzionamento UE (ex art. 249 TCE) stabilisce che i regolamenti comunitari hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri, senza necessità di alcun atto di recepimento da parte di questi ultimi. Nel caso di specie, si deve rilevare che è lo stesso Regolamento (CE) 1370/2007, al par. 2 dell’art. 8, a disporre che l’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico di trasporto si conforma alle modalità di cui all’art. 5 a decorrere dal 3.12.2019 e sino a tale data gli Stati membri adottano delle misure per adeguarsi gradualmente alle modalità ivi previste. In tal modo la portata cogente di tali disposizioni è differita, mentre le stesse sono da considerare come parametro di verifica dell’adempimento di un’obbligazione di risultato posta in capo agli Stati membri [4]. La conclusione che si può trarre è che, nel periodo transitorio 3.12.2009 – 3.12.2019, le modalità d’aggiudicazione dei contratti di servizio sono regolate ancora dalle disposizioni nazionali le quali, con l’art. 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, hanno operato uno rinvio recettizio a specifiche disposizioni del Regolamento (CE) 1370/2007. In questo modo il contenuto sostanziale delle disposizioni comunitarie richiamate è entrato in vigore con l’entrata in vigore della l. 99/2009. Ciò precisato, quanto alle modalità d’aggiudicazione dei contratti di servizio, l’atto normativo comunitario riconosce chiaramente alla pubblica autorità l’opzione tra l’autoproduzione e l’esternalizzazione del servizio, senza che si possa individuare qualche forma di gerarchia tra queste due forme organizzative[5]. L’art. 5 par. 2, stabilisce, infatti, che le autorità competenti a livello locale, hanno la facoltà di fornire esse stesse servizi di trasporto pubblico di passeggeri o di procedere all’aggiudicazione diretta[6] di contratti di servizio pubblico ad un soggetto giuridicamente distinto su cui l’autorità competente a livello locale - o nel caso di un gruppo di autorità, almeno una di esse - esercita un controllo analogo a quello che esercita sulle proprie strutture. Si tratta della fattispecie, rispettivamente, della produzione del servizio in economia e dell’in house providing, per il quale il Regolamento (CE) 1370/2007 positivizza gli indici che devono essere presi in considerazione al fine di determinare se sussista il requisito del “controllo analogo”. In tal senso, la disposizione indica come significativi il livello di rappresentanza in seno agli organi d’amministrazione, di direzione o vigilanza, le disposizioni degli statuti, l’assetto proprietario, l’influenza e il controllo effettivi sulle decisioni strategiche e sulle singole decisioni di gestione. A bene vedere tale elencazione appare una summa degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, per cui se ne deve arguire la portata meramente esemplificativa[7], mentre ciò che risulta decisivo è il riscontro in concreto, in un giudizio che non può che avvenire caso per caso, della sussistenza di un’influenza pubblica dominante e di un controllo effettivo sulle decisioni fondamentali della società. In tale contesto, la disposizione mette in discussione ciò che la Corte di Giustizia aveva affermato sin dalla sentenza “Stadt Halle”, la quale aveva escluso che potesse realizzarsi la condizione del controllo analogo quando l’impresa affidataria fosse partecipata da privati, perché “qualunque investimento di capitale privato in un’impresa obbedisce a considerazioni proprie degli interessi privati” e persegue “obiettivi di natura diversa” da quelli di “interesse pubblico[8]. La disposizione dell’art. 5 par. 2, stabilisce, invece, che la proprietà pubblica totalitaria, in particolare in caso di partenariato pubblico-privato, non è un requisito obbligatorio per aversi controllo analogo a condizione vi sia “un’influenza pubblica dominante e che il controllo possa essere stabilito in base ad altri criteri”. Non è solo il paradigma della proprietà pubblica totalitaria ad essere ridimensionato, ma lo stesso modello dell’in house ad avere contorni diversi rispetto a quelli configurati dalla giurisprudenza comunitaria: in essa, infatti, tale istituto è considerato una modalità eccezionale d’affidamento dei servizi, una deroga rispetto alla regola dell’affidamento a terzi con procedure ad evidenza pubblica; nel Regolamento (CE) 1370/2007 esso è, invece, delineato come una modalità organizzativa della pubblica autorità relativamente ai propri uffici e alle loro funzioni, espressione del potere di autorganizzazione proprio di qualsiasi amministrazione. Qui la discontinuità rispetto alla disciplina contenuta nell’art. 23bis si manifesta in modo ancor più evidente se solo si pensa che tale istituto, nell’articolo abrogato dal corpo elettorale, trovava una collocazione tra le modalità d’affidamento in deroga alle procedura di gara ed aveva dei presupposti sostanziali e procedurali ulteriori e ancor più gravosi di quelli elaborati dal diritto comunitario. A fronte della facoltà di auto produrre il servizio, l’atto normativo comunitario pone all’operatore affidatario diretto l’obbligo di prestare la propria attività limitatamente all’ambito territoriale dell’autorità competente, con l’eccezione di eventuali linee in uscita che interessino il territorio di autorità locali vicine, oltre al divieto di partecipare a gare organizzate in altri bacini di traffico. Tuttavia, tale limitazione si ritiene non sia stata richiamata dal legislatore nazionale dato che, come sopra abbiamo sottolineato, l’art. 61 della l. 99/2009 ha precisato che agli affidatari diretti dei servizi di TPL non si applichi il divieto di partecipazione alle gare indette in altri bacini di traffico. Un diverso opinamento comporterebbe, infatti, a un’irragionevole contraddittorietà del dato normativo.

Se l’in house ritrova una dimensione ben più permissiva nella normativa “di risulta”, la quale reintroduce altresì la possibilità di produrre il servizio in economia, per la società mista le innovazioni appaiono più limitate. Si ricorda, che tale modello è stato oggetto tanto di una Comunicazione interpretativa da parte della Commissione Europea del 12 aprile 2008 “Sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI)[9], che di numerose decisioni del Giudice Amministrativo, tra le quali il pronunciamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio Stato n. 1 del 3 marzo 2008[10] assume particolare rilievo poiché ha posto dei punti fermi sulla legittimità dell’adozione di tale modello organizzativo. In particolare, tanto i Giudici di Palazzo Spada, che la Commissione Europea hanno ritenuto ammissibile l’effettuazione di un’unica gara per la scelta del partner operativo e il contestuale affidamento del servizio al soggetto societario misto, ponendo tuttavia una serie di prescrizioni affinché l’affidamento stesso possa essere considerato legittimo[11]. Di recente, lo strumento della “gara a doppio oggetto” ha ricevuto un’autorevole conferma dalla Corte di Giustizia con la sentenza 15 ottobre 2009, resa nella causa C-196/2008[12]. Pertanto, in tali atti e pronunce è possibile rintracciare quelle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica evocate dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 24/2011. Qualche incertezza sull’utilizzabilità della società mista potrebbe residuare dal diritto interno, ed in particolare dall’art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 163/2006 che stabilisce che il ricorso a tale figura deve comunque avvenire a condizione che sussista una specifica previsione legislativa che ne fondi la possibilità. Per il TPL, tale previsione normativa potrebbe trovare fondamento nello stesso art. 5, par. 2, lett. a) del Regolamento (CE) 1370/2007, il quale, quando prescrive che la proprietà al 100% da parte dell’autorità pubblica competente non è requisito obbligatorio per stabilire il “controllo analogo”, fa esplicitamente riferimento proprio al “partenariato pubblico-privato”. Se ciò è vero, rispetto alla regolamentazione della società mista posta dal combinato disposto dell’art. 23bis e del D.P.R. 168/2010, la prescrizione che viene a cadere è quella del limite legale della partecipazione del privato non inferiore al 40 per cento, mentre gli altri elementi di regolamentazione della “gara a doppio oggetto” trovano comunque un riferimento tanto nella giurisprudenza comunitaria che in quella nazionale.

Rappresentano, invece, disposizioni innovative per il TPL quelle contenute nei par. 4, 5 e 6 dell’art. 5 del Regolamento (CE) 1370/2007, richiamate dall’art. 61 della l. 99/2009. Infatti, l’atto comunitario, riconosce la possibilità d’aggiudicazione diretta dei contratti “sotto soglia”, di quelli relativi al trasporto ferroviario e di quelli stipulati nel caso di pericolo d’interruzione del servizio. In particolare, il par. 4 dell’articolo 5 prevede la possibilità di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico il cui valore annuo medio stimato sia inferiore a 1.000.000 di euro, oppure che riguardano la fornitura di servizi il cui ammontare sia inferiore a 300.000 chilometri annui. Tali soglie di valore e dimensionali sono raddoppiate qualora il contratto sia aggiudicato direttamente ad una piccola o media impresa che operi con non più di 23 veicoli, mentre nel successivo par. 6 detta facoltà d’aggiudicazione diretta non incontra particolari limitazioni per il caso di trasporto per ferrovia. Alla luce di queste disposizioni, quindi, l’esternalizzazione del servizio può avvenire non solo tramite lo strumento della gara, ma anche, in alcune ipotesi che si devono ritenere tassative, tramite l’affidamento diretto ad un operatore “terzo”. Se la chiara ratio delle disposizioni del comma 5 è quella di creare delle soglie di rilevanza comunitaria al di sotto delle quali, per somme o distanze di modesta entità o in considerazione degli interessi delle PMI[13], i contratti di servizio non hanno un rilevo comunitario e quindi possono essere oggetto d’affidamento diretto, la disposizione del par. 6 trova la sua giustificazione nel 25° Considerato, del Regolamento, secondo cui “Il trasporto di passeggeri per ferrovia pone problemi particolari legati all’entità degli investimenti e al costo delle infrastrutture” e precipuo scopo dell’atto comunitario è quello di “Definire un quadro giuridico per le compensazioni e/o diritti di esclusiva per i contratti di servizio pubblico e non di realizzare un’ulteriore apertura del mercato dei servizi ferroviari”. Infine, il par. 5 stabilisce che l’autorità competente possa prendere provvedimenti d’emergenza, in caso d’interruzione del servizio o di pericolo imminente d’interruzione, sotto forma d’aggiudicazione diretta o di proroga consensuale di un contratto di servizio o di obbligo di fornire determinati servizi pubblici, per una durata non superiore a due anni.

4. Il periodo transitorio.

Il comma 8 dell’art. 23bis aveva introdotto un complesso regime transitorio degli affidamenti in essere, al termine del quale le gestioni affidate direttamente dovevano cessare, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, secondo un articolato calendario di scadenze. L’abrogazione dell’art. 23bis fa venir meno, evidentemente, tale disciplina. In proposito, l’art. 61 della l. 99/2009, ha stabilito che le autorità competenti all’aggiudicazione di contratti di servizio possono avvalersi delle previsioni di cui all’articolo 8, par. 2, del Regolamento (CE) 1370/2007, il quale stabilisce che l’aggiudicazione di contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia o su strada si conforma al dettato di cui all’art. 5 a decorrere dal 3 dicembre 2019 e durante tale periodo transitorio gli Stati membri adottano misure per conformarsi gradualmente alle modalità d’affidamento dei servizi di cui all’articolo 5, al fine di evitare gravi problemi strutturali, in particolare per quanto riguarda la capacità di trasporto. Il richiamo a tali disposizioni sembra consentire agli enti locali d’affidare o mantenere le gestioni dei servizi di trasporto con modalità d’aggiudicazione diverse da quelle contemplate nell’art. 5 del Regolamento[14], con la possibilità dunque di prorogare gli affidamenti in essere sino al 2019. Se il dato letterale, non senza qualche ambiguità, sembra andare nel senso appena descritto, da un punto di vista logico tale interpretazione lascia qualche perplessità. Infatti, negli ordinamenti nei quali la parziale liberalizzazione introdotta dal regolamento comunitario costituisce un elemento di discontinuità normativa rispetto al passato, la previsione di un periodo transitorio è elemento funzionale atto a consentire all’amministrazione e agli operatori del settore d’intraprendere gli atti organizzativi necessari per adeguarsi al mutato quadro normativo. Tuttavia, in un Paese come il nostro, nel quale tale discontinuità non è riscontrabile, ove le modalità d’affidamento dei servizi previste dal Regolamento (CE) 1370/2007 costituiscono un deciso passo indietro sulla strada delle liberalizzazione del settore e ove il legislatore si è già conformato alle prescrizioni di cui all’art. 5, par. 2, 4, 5 e 6 del Regolamento comunitario, la possibilità di una proroga degli affidamenti sino al 2019 non appare avere una reale giustificazione. Pertanto un chiarimento normativo appare sul punto assolutamente necessario. Quanto alla sorte dei contratti di servizio stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore del Regolamento (CE) 1370/2007, si ricorda che le disposizioni di cui al par. 3 dell’art. 8 dello stesso atto comunitario stabiliscono che, al fine dell’applicazione dell’obbligo di conformarsi alle disposizioni di cui all’art. 5, non si dovrà tenere conto dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore del Regolamento. La norma fa dipendere il termine finale d’efficacia di detti contratti in ragione della data della loro stipulazione e della procedura utilizzata per il loro conferimento e ha come ratio ispiratrice un certo favor alla loro conservazione. Infatti, essa introduce dei meccanismi volti a preservare l’efficacia nel tempo di rapporti negoziali sorti anteriormente alla nuova regolamentazione, in modo tale da tutelare l’affidamento degli operatori economici sulla durata dei contratti, anche oltre la data del 3 dicembre 2019, nei limiti della proporzionalità e della ragionevolezza[15].



[1] Infatti, già l’art. 30, comma 26, della l. 99/2009, aveva escluso dall’applicazione di tale normativa generale la distribuzione del gas naturale; successivamente l’art. 15 del d.l. 25 settembre 2009, n. 135 aveva fatto salva la disciplina di settore in materia di distribuzione di energia elettrica e di trasporto ferroviario regionale. Infine, la l. 166/2009, di conversione del d.l. 135/2009, aveva escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 23bis la gestione delle farmacie comunali.

[2] Corte Costituzionale, sentenza n. 24 del 13 – 20 gennaio 2011, in www.cortecostituzionale.it.

[3] Si noti, in particolare, che la lettera a) del comma 2 dell’art. 18 del D.lgs. 422/1997 stabilisce che “a) il ricorso alle procedure concorsuali per la scelta del gestore del servizio sulla base degli elementi del contratto di servizio di cui all'articolo 19 e in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici di servizio. Alle gare possono partecipare i soggetti in possesso dei requisiti di idoneità morale, finanziaria e professionale richiesti, ai sensi della normativa vigente, per il conseguimento della prescritta abilitazione all'autotrasporto di viaggiatori su strada, con esclusione, terminato il periodo transitorio previsto dal presente decreto o dalle singole leggi regionali, delle società che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi in affidamento diretto o a seguito di procedure non ad evidenza pubblica, e delle società dalle stesse controllate o ad esse collegate, delle loro controllanti e delle società di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali. Tale esclusione non si applica alle imprese ferroviarie affidatarie di servizi pubblici relativamente all’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto servizi già forniti dalle stesse. La gara è aggiudicata sulla base delle migliori condizioni economiche e di prestazione del servizio, nonché dei piani di sviluppo e potenziamento delle reti e degli impianti, oltre che della fissazione di un coefficiente minimo di utilizzazione per la istituzione o il mantenimento delle singole linee esercite. Il bando di gara deve garantire che la disponibilità a qualunque titolo delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali essenziale per l'effettuazione del servizio non costituisca, in alcun modo, elemento discriminante per la valutazione delle offerte dei concorrenti. Il bando di gara deve altresì assicurare che i beni di cui al periodo precedente siano, indipendentemente da chi ne abbia, a qualunque titolo, la disponibilità, messi a disposizione del gestore risultato aggiudicatario a seguito di procedura ad evidenza pubblica”.

[4] V. il secondo capoverso del par. 2 dell’art. 8, del Regolamento (CE) 1370/2007.

[5] A ben vedere, tuttavia le modalità di aggiudicazione dei contratti di servizio non sono poste su di un piano di perfetta equi - ordinazione. La gara è, infatti, in qualche modo preferita, poiché il legislatore comunitario, se consente agli Stati membri di vietare gli affidamenti diretti, non ha previsto la facoltà di escludere la gara tra le modalità d’affidamento dei servizi.

[6] Nel caso di aggiudicazione diretta risulta necessario che detta scelta sia motivata. Si può dedurre ciò dall’art. 7, par. 4, del Regolamento che stabilisce che “Quando è richiesto da una parte interessata l’autorità competente le trasmette la motivazione della sua decisione di aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico”.

[7] In tal senso Tessarolo C., La disciplina comunitaria del trasporto di passeggeri, in www.dirittodeiservizipubblici.it, 13 giugno 2008.

[8] Corte di Giustizia 11 gennaio 2005, resa nella causa C-26/03 “Stadt Halle”, in Dir. e giust., 2005, p. 93 e ss.

[9] Comunicazione 2008/C91/02, pubblicata nella G.U.C.E. del 12 aprile 2008.

[10] Consiglio Stato, Adunanza Plenaria, 3 marzo 2008, n. 1, in www.giustiziamministrativa.it.

[11] Secondo l’Adunanza Plenaria 1/2008 del Consiglio di Stato laddove vi siano giustificate ragioni per non ricorrere ad un affidamento esterno integrale, è legittimo configurare, quantomeno, un modello organizzativo della società mista in cui ricorrano due garanzie: 1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara per l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del socio, in cui quest’ultimo si configuri come un “socio industriale od operativo”, il quale concorre materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso; il che vuol dire effettuazione di una gara che con la scelta del socio definisca anche l’affidamento del servizio operativo; 2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione “alla scadenza del periodo di affidamento”, evitando così che il socio divenga “socio stabile” della società mista, possibilmente prescrivendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio privato siano chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso (con liquidazione della sua posizione), per il caso in cui all’esito della successiva gara egli risulti non più aggiudicatario.

[12] Si legge, infatti, nei punti 59 e ss. della sentenza della Corte di Giustizia 15 ottobre 2009, resa nella causa C-196/2008 che: “59. Sebbene la mancanza di gara nel contesto dell’aggiudicazione di servizi risulti inconciliabile con gli artt. 43 CE e 49 CE e con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione, la scelta del socio privato nel rispetto degli obblighi ricordati ai punti 46-49 della presente sentenza e l’individuazione dei criteri di scelta del socio privato consentono di ovviare a detta situazione, dal momento che i candidati devono provare, oltre alla capacità di diventare azionisti, anzitutto la loro perizia tecnica nel fornire il servizio nonché i vantaggi economici e di altro tipo derivanti dalla propria offerta. 60. Dato che i criteri di scelta del socio privato si riferiscono non solo al capitale da quest’ultimo conferito, ma altresì alle capacità tecniche di tale socio e alle caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, e dal momento che al socio in questione viene affidata, come nella fattispecie di cui alla causa principale, l’attività operativa del servizio di cui trattasi e, pertanto, la gestione di quest’ultimo, si può ritenere che la scelta del concessionario risulti indirettamente da quella del socio medesimo effettuata al termine di una procedura che rispetta i principi del diritto comunitario, cosicché non si giustificherebbe una seconda procedura di gara ai fini della scelta del concessionario.”.

[13] Il favor per lo sviluppo delle piccole e medie imprese è stato chiaramente delineato a livello europeo dalla Comunicazione COM(2008)394, del 25.06.2008, della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo, e al Comitato delle Regioni recante “Una corsia preferenziale per la piccola impresa. Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (Un “Small Business Act” per l’Europa)”.

[14] In tal senso, Sandulli M. A., Affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale, in Federalismi.it, 30.06.2010, p. 21. In tal senso anche la Circolare ASSTRA n. 174 del 20.06.2011.

[15] I contratti aggiudicati conformemente al diritto comunitario e nazionale a) prima del 26 luglio 2000, in base ad un’equa procedura di gara, vigono fino alla loro scadenza; b) prima del 26 luglio 2000, in base ad una procedura diversa da un’equa procedura di gara, e tra il 26 luglio 2000 e il 3 dicembre 2009 in base ad un’equa procedura di gara, vigono fino alla loro scadenza ma per non più di 30 anni; c) tra il 26 luglio 2000 e il 3 dicembre 2009, in base ad una procedura diversa da un’equa procedura di gara, vigono fino alla loro scadenza purché di durata compatibile a quelle di cui all’art. 4 (10 anni con autobus, 15 anni ferrovia).

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