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Quale destino per le società miste alla luce dell’art. 4 del D.L. 138/2011?
di Antonio Avino 9 settembre 2011
Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

 

Il comma 8 dell’art. 4 del DL 138/2011, prevede, come regola generale, che, allorquando l’ente locale (non liberalizzi il servizio e, quindi, ) opti per l’attribuzione di diritti di esclusiva, la scelta del gestore deve avvenire mediante procedure competitive ad evidenza pubblica. Unica deroga espressamente prevista è l’affidamento in house per i servizi sotto una certa soglia. A differenza del sistema previgente (art. 23 bis e Regolamento di attuazione) nulla viene espressamente previsto in merito all’affidamento alle società miste. Pertanto, è lecito porsi il quesito se sia ancora ammissibile un affidamento diretto nei loro confronti, ovviamente col rispetto delle condizioni dettate dalla normativa comunitaria (id est, previa “gara a doppio oggetto”) ovvero sia necessaria la “doppia gara”.

La risposta non è semplice, stante la poca chiarezza del testo normativo. Ed invero, il legislatore, dopo aver affermato la regola generale ed aver precisato che alla gara possano partecipare anche le società interamente pubbliche, salvo gli specifici divieti di legge (es. quelli derivanti dal Decreto Bersani), accenna o tratta la disciplina delle società miste in diverse occasioni.

Il comma 12 dell’art. 4 stabilisce che, fermo restando quanto previsto dai commi 8 (obbligo della gara per l’affidamento del servizio), 9 (possibilità di partecipazione alla gara anche da parte delle società interamente pubbliche, salvi i divieti di legge), 10 (principio di reciprocità) e 11 (contenuto dei bandi di gara), nel caso di procedure aventi ad oggetto contestualmente la qualità di socio – al quale deve essere obbligatoriamente attribuito almeno il 40% della partecipazione sociale – e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio, il bando di gara deve essere strutturato in guisa tale da assicurare determinati obiettivi. Qual è il senso della norma? Che al socio privato delle società miste, individuato mediante procedure selettive, deve essergli obbligatoriamente conferita una minima quota di partecipazione ed attribuiti specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio? Vera la prima, dubbia la seconda. Ed infatti, il successivo comma 16 espressamente prevede che la deroga all’applicabilità delle disposizioni del codice dei contratti pubblici da parte delle società miste, previsto dal comma 3 dell’art. 32 del medesimo codice, si applica solamente se l’individuazione del partner privato sia avvenuta con gara a doppio oggetto (inerente sia la qualità di socio che l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio). Dal che deriva che, nell’ipotesi in cui la gara abbia avuto per oggetto solamente la qualità di socio e, quindi, non anche lattribuzione al socio privato di specifici compiti operativi, la società mista sarà pur sempre legittimamente costituita, ma non andrà esente dall’applicazione del codice dei contratti pubblici.

Di assoluta importanza, per la soluzione al quesito iniziale è, però, il contenuto del comma 32, dedicato alla disciplina del periodo transitorio degli affidamenti non conformi alle nuove regole. Ed invero, tra questi vengono incluse le gestioni affidate direttamente a società miste, per prevedere la cessazione anticipata dell’affidamento nel solo caso in cui non siano stati attribuiti al socio privato gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio. Quindi, parrebbe desumersi che quand’anche il socio sia stato selezionato mediante una gara a doppio oggetto, nondimeno detto affidamento non sarebbe conforme al nuovo sistema normativo.

Ugualmente di rilievo la previsione di cui al comma 26 per cui, se alla gara per l’affidamento del servizio concorre una società partecipata dall’ente locale che la indice, i componenti della commissione non possono avere soggetti legati (quali dipendenti ovvero amministratori) a quest’ultimo. Il disposto conferma la tesi che la società partecipata dall’ente – tra cui, naturalmente, rientra quella mista – se intende aggiudicarsi il servizio deve partecipare alla gara indetta ad hoc? Il tema verrà affrontato più avanti.

Quanto sopra illustrato, quantomeno, insinua il dubbio che, per il nuovo sistema, le società miste possano gestire servizi pubblici locali alla doppia condizione che l’individuazione del socio privato – al quale possono essere o meno attribuiti specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cioè questo può essere industriale/operativo ovvero mero finanziatore - sia avvenuta mediante procedura selettiva ad evidenza pubblica e che l’affidamento del servizio consegua ad una procedura competitiva ad evidenza pubblica. In sostanza, si tratterebbe di un ritorno al passato, cioè all’art. 113 TU EE.LL. nel testo formulato dall’art. 35 della l. 448/2001, come anticipato dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche comunitaria, 19 ottobre 2001, n. 12727.

Tuttavia, non mancano elementi che fanno ritenere il mantenimento sostanziale del quadro delineato dall’abrogato art. 23 bis del DL 112/2008 e dal DPR 168/2010.

Innanzitutto elementi di natura sistematica. Ed invero, l’art. 4 del DL 133/2011 è rubricato come “adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare ad alla normativa dell’unione europea”. Ed il rispetto della normativa comunitaria parrebbe essere il faro illuminante dell’azione normativa del legislatore (cfr. art. 4, comma 8). Ma se così fosse, perché data la premessa, il legislatore avrebbe inteso introdurre una normativa quantomeno osteggiata in sede europea? Ed invero, la Corte di Giustizia CE,Sezione III, con la sentenza 15 ottobre 2009, causa C 196/08, ha definito la doppia gara “difficilmente compatibile con l’economia delle procedure cui si ispirano i partenariati pubblico-privati istituzionalizzati” (paragrafo 58) e tale “da disincentivare gli enti privati e le autorità pubbliche dalla costituzione di partenariati pubblico privati istituzionalizzati” (par. 61)).

Ed inoltre, a favore della tesi “confermativa”, militerebbero elementi logico-giuridici. Invero, il comma 33 dell’art. 4, pone dei limiti all’attività ulteriore (rispetto a quella affidata) ai soggetti che gestiscono servizi pubblici locali “ in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero ai sensi del comma 12”. Si tratta di norma che ripete (salvo qualche modifica qui irrilevante) il comma 9 dell’art. 23 bis abrogato, nel senso che in quest’ultimo, l’ovvero era riferito espressamente alle società miste, mentre qui il medesimo riferimento è ottenuto con una sorta di artificio retorico, una sorta di sineddoche per cui si richiama il tutto (art. 12: cosa deve contenere il bando per la ricercare il partner privato “industriale” della società mista) per indicare una parte (la società mista con il partner industriale). Tuttavia, se l’inciso riferito alle società miste aveva un senso nel previgente sistema – in cui l’affidamento alla società mista era oggettivamente diretto, id est senza gara - nel senso di chiarire (perlomeno secondo la lettura data dai giudici amministrativi. Cfr Cons. Stato, Sentenza 2222/2011 ) che l’affidamento a queste era da equiparare a quello scaturente da una procedura competitiva ad evidenza pubblica (sul che è lecito nutrire qualche dubbio: perché, allora, precisare che il divieto non si applica anche al socio privato? Se può partecipare la società a fortiori può partecipare il socio privato), non se ne comprenderebbe la necessità laddove l’affidamento a società mista dovesse conseguire all’espletamento della gara. Se la società Alfa, composta dal Comune di Beta e la società Delta, ha ottenuto l’affidamento in seguito ad una gara ad evidenza pubblica è del tutto evidente che possa partecipare ad altre gare.

Quindi, aderendo alla tesi della sostanziale conferma del precedente quadro normativo, si potrebbe affermare che ancora, nei confronti delle società miste (conformi alla nuova disciplina dettata dal comma 12: quelle in cui il socio è stato individuato con gara il cui bando deve essere strutturato in una certa maniera, gli sia stata conferita una partecipazione non inferiore al 40% e gli siano stati attribuiti specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio ) sia possibile affidare direttamente il servizio e che, proprio per ciò, troverebbero applicazione i limiti di cui al comma 33 (limiti non applicabili al socio privato, proprio perché l’unico che si è sottoposto al vaglio di una gara pubblica).

Interpretazione che verrebbe suffragata da una lettura comunitariamente orientata dell’inciso “a favore di … società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato sul funzionamento dell’unione europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici”, contenuto nel comma 8 dell’art. 4. Ed invero, se è pacifica la conformità alle regole comunitarie dell’affidamento diretto a società miste a condizione che venga anticipato dalla “gara a doppio oggetto” (Corte di Giustizia CE, sez. III, 15 ottobre 2009, causa C 196/08), allora l’inciso succitato si potrebbe agevolmente interpretare nel senso che all’individuazione del gestore mediante procedure competitive ad evidenza pubblica si possa equiparare l’affidamento alla società mista che rispetta le testè citate condizioni.

Si può, ora, riprendere il quesito sul significato del comma 26, lasciato (volutamente) sospeso, per evidenziare come risulta evidente, ove si aderisse alla tesi da ultimo citata, che la società partecipata ivi richiamata sia solo ed esclusivamente quella a capitale interamente pubblico ( id est, quella richiamata dal comma 9) e non già quella mista pubblica-privata per cui esiste, viceversa, una disciplina speciale che legittima l’affidamento del servizio alla sola condizione della previa gara a doppio oggetto e non già alla doppia gara.

 

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