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Il termine per l'impugnazione e l'annullamento d'ufficio degli atti di gara.
di Giovanni Giustiniani 17 dicembre 2012
Materia: appalti / disciplina

IL TERMINE PER L’IMPUGNAZIONE E L’ANNULLAMENTO D’UFFICIO DEGLI ATTI DI GARA,

 

a cura di Giovanni Giustiniani[1]

 

Per principio generale il termine d’impugnazione degli atti amministrativi decorre dalla piena conoscenza dell’esistenza dell’atto impugnato e dei suoi contenuti essenziali, quali l'autorità emanante, la data, il contenuto dispositivo e il suo effetto lesivo.[2]

Quanto ai termini de quibus, l’art. 21 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (“L. TAR”)[3], aveva inizialmente prescritto che l’impugnazione di un provvedimento amministrativo dovesse compiersi entro il termine di 60 giorni dalla notifica o dalla sicura conoscenza del provvedimento stesso.

Il successivo art. 23 bis, aggiunto dalla Legge 21 luglio 2000, n. 205,[4] pur avendo abbreviato i termini processuali in determinate materie, fra cui quella oggetto della presente nota, non aveva tuttavia ridotto (anche) il termine per la proposizione del ricorso.

L’art. 29 del Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (“CPA”)[5], ha confermato il termine generale di 60 giorni per la proposizione dell’azione di annullamento, mentre, ai sensi dell’art. 120, co. 5, l'impugnazione degli atti relativi a procedure di affidamento dev’essere obbligatoriamente effettuata nel termine “dimezzato” di 30 giorni.

Rispetto alla decorrenza del termine, secondo tale previsione, quest’ultimo incomincia a decorrere rispettivamente dalla data di:

·        pubblicazione ex art. 66, co. 8, del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (“CCP”)[6], per le clausole del bando e della lettera di invito (con cui si indice una gara) immediatamente lesive;[7]

·        notifica o comunicazione individuale dell’aggiudicazione definitiva ex art. 79 CCP;

·        conoscenza dell'atto ex art. 41 CPA in tutti gli altri casi.[8]

Il termine per contestare davanti al Giudice Amministrativo (“GA”) la legittimità di un provvedimento è pertanto relativamente breve, in quanto l’ordinamento ha voluto favorire comunque il consolidamento e la stabilità di situazioni giuridiche soggettive, anche a prescindere dall’eventuale illegittimità del relativo atto e presupposto procedimento.

Ai sensi dell’art. 121 del CPA, laddove il GA abbia invece accertato l’illegittimità del provvedimento (i.e. di un atto relativo alla procedura di affidamento) tempestivamente impugnato, lo stesso giudice dispone - nei casi più gravi - l’inefficacia del contratto medio tempore stipulato.[9]

Ciò detto, l’art. 21 nonies della Legge 7 agosto 1990, n. 241 (“L. 241/90”),[10] prevede che: “il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’art. 21 octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge”.

Affinché il potere di annullamento in autotutela possa ritenersi correttamente esercitato, la cennata previsione richiede l’esistenza dei seguenti presupposti:

·        l’atto deve essere illegittimo, per tale intendendosi un atto affetto da uno dei vizi di cui all’art. 21 octies L. 241/1990;[11]

·        l’annullamento del provvedimento deve essere giustificato da ragioni di pubblico interesse, da confrontare sempre con le aspettative del privato destinatario del provvedimento da demolire;

·        l’esercizio del potere (di autotutela) deve con ciò avvenire entro un termine ragionevole.

Il potere di agire in autotutela, espressamente attribuito alle pubbliche amministrazioni in forza della menzionata legge, è stato più volte confermato anche riguardo alle procedure di affidamento: il G.A. ha infatti riconosciuto alle PP.AA. la facoltà di annullare, mediante il ricorso a provvedimenti c.d. di secondo grado, gli atti della procedure ad evidenza pubblica, inclusa l’aggiudicazione, qualora gravemente viziati, ancorché nel rispetto di precisi principi /limiti legali ispirati /derivati dal riferito art. 21 nonies.[12]

I provvedimenti emanati nell'esercizio di siffatto potere, al fine di poter legittimamente rimuovere gli effetti di una procedura oramai perfezionata, dovranno di tal guisa contenere una precisa individuazione dei vizi di legittimità dell'atto da annullare e dell'interesse pubblico sotteso alla rimozione dello stesso, nonché intervenire entro un termine ragionevole (rispetto alla data di adozione), tenendo conto dell’aspettativa al consolidamento degli effetti dell’atto maturata nel frattempo in capo al privato.

Il legislatore, con la formula “temine ragionevole”, ha invero optato per una nozione elastica del trascorrere del tempo, evitando di individuare un termine rigoroso: il concetto di ragionevolezza è stato pertanto declinato /interpretato dalla giurisprudenza in relazione alla complessità della materia e alla consistenza degli interessi implicati.[13]

Tuttavia, laddove il provvedimento intervenga a distanza di un rilevante spazio temporale dall’adozione dell’atto - e in presenza di interessi privati confliggenti - la motivazione sottesa al provvedimento di annullamento dovrà venir strutturata in maniera maggiormente articolata.[14]

Particolarmente consistente si rileverà il contenuto del riferito dovere nei casi in cui la posizione di affidamento sulla legittimità e sulla stabilità del provvedimento sia stata ingenerata nel destinatario da un atto che abbia assentito il compimento di una determinata attività (già iniziata) o che abbia comportato l’assunzione (già formalizzata) di impegni vincolanti da parte dell’amministrazione.[15]

Resta inteso che il concorrente non aggiudicatario di una pubblica gara, il quale non ne abbia tempestivamente impugnato un atto ritenuto lesivo, non può essere rimesso surrettiziamente in termini mediante la sollecitazione del potere in parola (e la successiva eventuale impugnazione del diniego): con la richiesta di un intervento in autotutela si finirebbe, infatti, per eludere il sistema dei termini decadenziali e l'esigenza di una celere definizione della lite, propria della normativa sulle gare pubbliche.[16]

Quanto al legame giuridico esistente tra l’esercizio del potere in disamina, l’annullamento dell’aggiudicazione e le sorti del contratto eventualmente sottoscritto, il Consiglio di Stato non ha mancato di ribadire al riguardo, vuoi, l’ammissibilità dell’annullamento anche in caso di intervenuta stipulazione dell’accordo, purché sussistano i già menzionati presupposti;[17] vuoi, la caducazione degli effetti del contratto de quo quale diretta conseguenza della pronunciata illegittimità.[18]



[1] Giovanni Giustiniani svolge la propria attività di avvocato presso il dipartimento di diritto amministrativo di un primario studio internazionale: gio@giustiniani.com.

[2] Consiglio Stato, Sez. V, 8 settembre 2008, n. 4259.

[3] Recante Istituzione dei tribunali amministrativi regionali”.

[4] Recante Disposizioni in materia di giustizia amministrativa”.

[5] Recante Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo”.

[6] Recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione della direttiva 2004/17/CE e 2004/18/CE”.

[7] Al riguardo, come recentemente ribadito dalla Sezione IV, del Consiglio di Stato, con sentenza 7 novembre 2012, n. 5671, sarà nondimeno necessario “… procedere all’impugnativa immediata degli atti di indizione della gara quando le clausole impediscano - indistintamente a tutti i concorrenti - una corretta, e consapevole, elaborazione della propria proposta economica. In tali casi infatti si pregiudica il corretto esercizio della gara, in violazione dei cardini procedimentali della concorrenza e della par condicio tra tutti i partecipanti alla gara. Ciò avviene in particolare quando ricorrono: (i) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (cfr. Consiglio di Stato, A.P., 24 giugno 2002, n. 3; (ii) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980); (iii) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21 novembre 2011, n. 6135); (iv) imposizione di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto: Consiglio di Stato, Sez. II, 19 febbraio 2003, n. 222); (v) gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad es. quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero siano presenti formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” pt.); (vi) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 03 ottobre 2011 n. 5421)”.

[8] La piena conoscenza dell’atto può farsi risalire, ad esempio, alla data di accesso agli atti di gara da parte del concorrente (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 31 ottobre 2012, n. 5565).

[9] Il contratto resta efficace, anche in presenza di gravi violazioni, qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l'altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall'esecutore attuale. Gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l'inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono i costi derivanti inter alia dal ritardo nell'esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell'operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia. Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace, o l'inefficacia sia temporalmente limitata, si applicano le sanzioni alternative previste dall’art. 123 del CPA (i.e. sanzione pecuniaria e riduzione della durata del contratto).

[10] Recante Nuove norme in materia di procedimento amministrativo”.

[11] L’art. 21 octies della L. 241/90 dispone che: “è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”.

[12] Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 giugno 2006, n. 3989; Sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5374; Sez. V, 10 settembre 2009, n. 5427 e 7 gennaio 2009, n. 17; più in particolare, il Consiglio di Stato, Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11, ha affermato che: “anche se nei contratti della pubblica amministrazione l'aggiudicazione, quale atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segna di norma il momento dell'incontro della volontà della stessa amministrazione e del privato di concludere il contratto, manifestata con l'individuazione dell'offerta ritenuta migliore, non è tuttavia precluso all'amministrazione di procedere, con atto successivo e con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico, all'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione, fondandosi detta potestà di annullamento in autotutela sul principio costituzionale di buon andamento che impegna la pubblica amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire, ma con l'obbligo di fornire una adeguata motivazione in ordine ai motivi che, alla luce della comparazione dell'interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela”.

[13] T.A.R. Lombardia di Milano, Sez. II, 31 gennaio 2007, n. 115. Qualora invece assumano rilievo interessi oggetto di tutela costituzionale, come l’ambiente, l’onere motivazionale sarà soddisfatto evidenziando la semplice esigenza di tutelare un preminente bene di rango costituzionale, che implica, di per sé, l’interesse pubblico all’annullamento dell’atto che lo lede (cfr. T.A.R. Campania di Napoli, Sez. III, 10 aprile 2007, n. 3193).

[14] In caso di provvedimento che, trascorso un notevole lasso di tempo, abbia ingenerato nei destinatari un affidamento particolarmente significativo e meritevole di tutela, il suo eventuale annullamento d’ufficio deve presentare una motivazione pregnante e dimostrativa del convincimento dell’amministrazione circa la preminenza dell’interesse pubblico alla sua rimozione rispetto a quello privato alla sua conservazione; in ipotesi d’impugnativa del provvedimento di autotutela, l’articolazione motivazionale di tale valutazione è scrutinata dal G.A., il quale, sulla base di un rigoroso giudizio di attendibilità e logicità delle relative argomentazioni, rileverà l’illegittimità dell’atto di secondo grado, in relazione al tempo trascorso dall’adozione del provvedimento rimosso, se carente di un’adeguata motivazione sul legittimo affidamento ingenerato nel privato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8529; Consiglio di Stato, Sez. V, 2 ottobre 2007, n. 5074).

[15] M.A. Sandulli, Codice dell’Azione Amministrativa, Giuffré, 2011, pagg. 993 - 995.

[16] Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2554.

[17] Consiglio di Stato, Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11.

[18] Consiglio di Stato, Sez. V, 9 aprile 2010, n. 1998.

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