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TU partecipate: prime scadenze
di Angelo Masciello 11 settembre 2016
Materia: società / partecipazione pubblica

 

 

TU Partecipate: prime scadenze

 

 

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 210 del 8 settembre 2016 è stato pubblicato il decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 175 recante “Testo Unico in materia di società partecipate dalla pubblica amministrazione” che entrerà in vigore il prossimo 23 settembre.

Vediamo quali sono le scadenze più imminenti imposte dal decreto agli operatori comunali.

 

1. L’adeguamento degli statuti.

 

La prima è sicuramente l’adeguamento degli statuti sociali previsto dal comma 1 dell’art. 26 “Le società a controllo pubblico già costituite all’atto dell’entrata in vigore del presente decreto adeguano i propri statuti alle disposizioni del presente decreto entro il 31 dicembre 2016”.

Questo termine, inserito già nella prima bozza del decreto, poteva allora apparire adeguato nella previsione della pubblicazione del decreto tra aprile e maggio, come inizialmente preannunciato dal Governo.

Ora, obiettivamente, ci pare un po’ stretto come termine dal momento che le nuove disposizioni introdotte dal decreto necessitano di un certo approfondimento ed anche perché, prima di essere approvate dalla Assemblea dei Soci, le modifiche statutarie vanno approvate dall’organo di governo dell’ente socio ovvero degli enti soci – naturalmente con identico testo – laddove c’è una partecipazione pluricomunale.

Ma, al di là dei ristretti tempi imposti dal decreto, c’è un altro aspetto che lascia perplessi.

Il comma 2 dell’art. 11 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, quindi entro il 23 marzo 2017, venga emanato un decreto ministeriale che definirà i criteri in base ai quali, in luogo dell’amministrare unico previsto di norma, si potrà nominare un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, ovvero adottare uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dal codice civile.

Sembra agevole concludere che, intervenendo il decreto ministeriale presumibilmente nel nuovo anno, le società che non ritengono opportuna la scelta dell’amministratore unico dovranno mettere nuovamente mano al proprio statuto che magari è stato modificato solo uno o due mesi prima.

Oltre che priva di buon senso, la previsione è anche antieconomica in quanto impone ulteriori costi non indifferenti, primi tra tutti quelli derivanti dalle spese notarli.

Sarebbe stato, dunque, più logico che l’adeguamento degli statuti di cui al comma 1 dell’art. 26 del decreto fosse previsto entro un adeguato termine successivo al decreto ministeriale.

 

 

2. Ricognizione delle partecipazioni

 

Un’altra scadenza alquanto ravvicinata è rappresentata dalla ricognizione straordinaria delle partecipazioni che gli enti sono chiamati ad effettuare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, quindi entro il 23 marzo 2017.

L’adempimento è previsto dall’art. 24 che è rubricato “Revisione straordinaria delle partecipazioni dell’Ente”.

Più che di una vera e propria revisione si tratta di una ricognizione delle partecipazioni esistenti da intendersi come aggiornamento del Piano di razionalizzazione già adottato dal Consiglio Comunale ai sensi del comma 612 dell’art. 1 della legge n. 190/2014, di competenza, dunque, del Consiglio Comunale.

La relativa delibera va trasmessa al MEF e alla sezione regionale della Corte dei Conti regionale.

Entro un anno dalla delibera di ricognizione, ai sensi del comma 4 dell’art. 24, vanno alienate le partecipazioni non ammesse ai sensi dell’art. 4.

 

 

3. Analisi delle partecipazioni

 

L’art. 20, comma 1 e 3, prevedono che entro il 31 dicembre di ogni anno gli enti locali soci debbano approvare un atto deliberativo (si ritiene di competenza della Giunta) concernente la “Analisi dell’assetto complessivo delle società partecipate dall’Ente”.

Qualora da tale analisi emergano casi tra quelli elencati al comma 2 dell’art. 20 che comportino la necessità di interventi di razionalizzazione (quali fusione, soppressione, messa in liquidazione, cessione, dismissione, ecc.) occorre predisporre il Piano di razionalizzazione, di competenza del Consiglio Comunale.

Anche per l’approvazione di questo piano il comma 3 dell’art. 20 prevede, stranamente, il medesimo termine del 31 dicembre previsto per l’adozione della delibera di analisi.

Appare più che opportuno, a questo punto, che la delibera di analisi venga adottata almeno un paio di mesi prima della scadenza del 31 dicembre prevista dalla legge perché non è affatto improbabile che ad essa debba appunto seguire il piano di razionalizzazione da approvarsi, per legge, sempre entro il 31 dicembre.

 

 

4. Piano di razionalizzazione

 

Il “Piano periodico di razionalizzazione delle società partecipate dall’Ente” deve essere corredato di un’apposita relazione tecnica con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione di quanto deliberato.

La relativa delibera va trasmessa al MEF e alla sezione regionale della Corte dei Conti regionale.

Entro il 31 dicembre dell’anno successivo, il Consiglio Comunale è chiamato ad approvare una relazione sull’attuazione, anche questa da trasmettere al MEF e alla sezione regionale della Corte dei Conti regionale.

Si sottolinea che il “Piano periodico di razionalizzazione delle società partecipate dall’Ente” non è da adottarsi obbligatoriamente ma solo se dalla delibera annuale di “Analisi dell’assetto complessivo delle società partecipate dall’Ente” emergano casi di società non ammesse ai sensi del comma 2 dell’art. 20.

In ogni caso tale adempimento non risulta imminente in quanto, ai sensi della disposizione transitoria di cui al comma 11 dell’art. 26, alla prima razionalizzazione periodica si procede a partire dal 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017.

 

 

5. Differenza tra la prima ricognizione ex art. 24 e l’analisi delle partecipazioni ex art. 20.

 

A prima vista, a parte qualche aspetto procedurale, non sembrerebbero esserci molte differenze, oltre a quelle terminologiche, tra la ricognizione ex art. 24 e l’analisi delle partecipazioni ex art. 20. E invece la differenza c’è ed è fondamentale.

La prima revisione, cioè la ricognizione prevista dall’art. 24, è, per così dire, più soft, in quanto l’ammissibilità del mantenimento delle partecipazioni va esaminata alla luce dell’art. 4.

Invece l’analisi dell’assetto complessivo delle partecipazioni ex art. 20 va fatta in relazione al comma 2 dell’art. 20 che è molto più incisivo.

Facciamo un esempio pratico.

Poniamo il caso che un Comune partecipi ad una società che agisce in regime di libero mercato (ad esempio, vendita del gas) e partecipi pure ad un’altra società strumentale che nell’ultimo triennio abbia conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro.

Ebbene, la prima ricognizione prevista dall’art. 24 va fatta, come detto, alla luce dell’art. 4 che non ammette che un ente locale possa mantenere partecipazioni in società che operano nel mercato concorrenziale, quale la vendita del gas, e che dunque vanno alienate; per le società strumentali l’art. 4  si limita a chiedere una verifica della sussistenza dei requisiti generali stabiliti dalla normativa.

Invece, l’analisi delle partecipazioni ex art. 20 va fatta alla luce del comma 2 del medesimo articolo che non ammette (lettera d) “partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro”.

In questo caso nel piano di razionalizzazione conseguente all’analisi si dovrà prevedere la cessione o altri radicali provvedimenti nei confronti di tale società strumentale.

E qui la norma è assai stringente anche perché prevede che la mancata adozione di tali decisioni comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo l’eventuale ulteriore danno erariale.

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