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Garanzia del debito nella gestione degli impianti sportivi (servizio pubblico locale): nessuna responsabilità per gli atti esecutivi. Nota a margine della sentenza della Corte conti, sez. giur. Umbria, 15 ottobre 2021, n. 86
di Maurizio Lucca 25 ottobre 2021
Materia: servizi pubblici / tutela giurisdizionale

Garanzia del debito nella gestione degli impianti sportivi (servizio pubblico locale): nessuna responsabilità per gli atti esecutivi. Nota a margine della sentenza della Corte conti, sez. giur. Umbria, 15 ottobre 2021, n. 86

Avv. Maurizio Lucca, Segretario Generale Enti Locali.

1. La Massima. 2. Concessione di servizi pubblici. 3. Il caso. 4. Gli addebiti. 5. Il contratto – convenzione. 6. Il pronunciamento. 7. Osservazioni in tema di competenza.

 

1. La Massima

La questione investe la gestione degli impianti sportivi e l’accollo del debito per l’esecuzione di lavori.

La sentenza della Corte dei conti n. 86 del 15 ottobre 2021, della sez. giurisdizionale Umbria (estensore Scognamiglio), interviene su aspetti rilevanti di responsabilità, distinguendo il ruolo del Consiglio comunale, organi di indirizzo (ex art. 42 del d.lgs. n. 267/2000, TUEL), da quello degli organi esecutivi (Giunta comunale e uffici), esigendo la dimostrazione della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa per attribuire la colpa grave, quale il nesso causale con i fatti.

 

2. Concessione di servizi pubblici

Pare giusto rammentare che la gestione di impianti sportivi comunali rientra nella nozione di “servizio pubblico locale”, ai sensi dell’art. 112 del d.lgs. n. 267/2000, per cui l’utilizzo del patrimonio si fonda con la promozione dello sport che, unitamente all’effetto socializzante ed aggregativo, assume in ruolo di strumento di miglioramento della qualità della vita a beneficio non solo per la salute dei cittadini, ma anche per la vitalità sociale della comunità (culturale, turistico, di immagine del territorio, etc.)[1].

L’affidamento in via convenzionale di immobili, strutture, impianti, aree e locali pubblici – anche quando appartenenti al patrimonio indisponibile dell’ente, ai sensi dell’art. 826 del c.c., purché destinati al soddisfacimento dell’interesse della collettività allo svolgimento delle attività sportive – non è sussumibile nel paradigma della concessione di beni, ma struttura, per l’appunto, una concessione di servizi[2].

Per gli impianti sportivi si è chiarito che la redditività deve essere apprezzata caso per caso, con riferimento alla soluzione organizzativa prescelta dall’Ente locale per soddisfare gli interessi della collettività, alle specifiche modalità della gestione, ai relativi costi ed oneri di manutenzione, alla struttura tariffaria (libera od imposta) per l’utenza, alla disciplina delle quote sociali, alla praticabilità di attività accessorie[3].

 

3. Il caso

La procura conveniva in giudizio per il risarcimento dei danni prodotti (oltre interessi) il vicesindaco, il responsabile di ragioneria e il vicesegretario comunale, in relazione all’accollo del debito (rate del mutuo) della società di gestione di un impianto natatorio, a seguito di estensione della durata della gestione originaria a fronte di lavori manutentivi e migliorie (con relativo PEF).

In dipendenza di ciò, seguiva il seguente iter amministrativo:

·                    a monte (prima del rinnovo) il Consiglio comunale approvava la convenzione con l’impegno di concedere fideiussione per il mutuo da contrarsi per le opere del concessionario (euro 253.000);

·                    successivamente, la Giunta comunale approvava il PEF e l’intervento riferito:

1.            a lavori effettuati (euro 73.447,28): un riconoscimento ex post;

2.            a nuovi lavori di investimento pari euro 89.727,72, complessivamente inferiori rispetto a quelli prospettati inizialmente;

·                    successivamente, il Consiglio comunale, ribadendo il precedente impegno in ordine all’accollo, approvava lo schema di mutuo e il ruolo di garante, ai sensi dell’art. 1456 c.c., per le rate di mutuo residuo, rinunciando ad ogni diritto di regresso, in via anticipata nei confronti della parte mutuataria (il gestore dell’impianto);

·                    successivamente, venuta meno la convenzione sulla gestione dell’impianto, il Consiglio comunale provvedeva, in sede di bilancio di previsione, di impegnare la spesa derivante dal subentro nel mutuo (stanziava la somma);

·                    la Giunta comunale dava esecuzione al deliberato consiliare, autorizzando il subentro per il contratto di mutuo (parte in contestazione erariale).

 

4. Gli addebiti

Alla luce di tale contesto fattuale (e dai dati riportati in sentenza) veniva imputata la responsabilità:

·                    alla Giunta comunale per aver deliberato l’accollo (prima della scadenza della convenzione), nello specifico solo al suo presidente, il vicesindaco (nel ruolo di supplenza temporanea del Sindaco «per quel solo ed esclusivo atto»), e al vicesegretario comunale, soggetto verbalizzante e nella sua ulteriore funzione di assistenza all’organo, il quale nulla avrebbe eccepito («senza aver mosso alcun rilievo»);

·                    al dirigente delle risorse finanziare per aver sottoscritto la richiesta di autorizzazione all’accollo del mutuo (ad opere iniziate);

·                    inoltre, veniva addebitato le illegittime condotte nell’aver consentito la riduzione dei lavori originari, alterando l’equilibrio economico contrattuale, nonché l’aver consentito al privato di configurare il finanziamento in modo tale da far gravare pressoché per l’intero sul Comune il costo di opere che, invece, sarebbe dovuto ricadere sul concessionario.

Le parti convenute, a vario titolo, rilevano di essersi limitate a dare esecuzione agli atti consiliari: alle manifestazioni politiche espresse ex ante con natura vincolante e precettiva, senza margini di esercizio della discrezionalità.

 

5. Il contratto - convenzione

Giova rilevare che una volta sottoscritta la convenzione per la gestione e la realizzazione delle opere siamo in presenza di un contratto, fonte di obbligazione, dove il contenuto è stato definito dall’organo consigliare.

In effetti, il contratto di servizio/gestione, ricadente nella tipologia negoziale dei contratti ad oggetto pubblico[4], disciplina i rapporti tra un soggetto gestore di un servizio pubblico a rilevanza economica (o meno)[5] e l’Amministrazione Pubblica concedente, con lo scopo di stabilire funzioni, competenze ed obblighi in capo alle parti contraenti nello svolgimento regolare della gestione del servizio affidato.

Invero, la gestione dei servizi pubblici, sia di rilevanza economica che privi di rilevanza economica[6], necessitano di un contratto di servizio in grado di rispondere alle esigenze della P.A. in termini di qualità di servizio erogato e di prestazioni da rendere all’utenza nel perseguimento dell’interesse pubblico, insito in un’attività proiettata a garantire i bisogni generali e collettivi (regola attinente alla realizzazione di un servizio destinato ad una universalità di soggetti, quale quello di un impianto sportivo).

Il rapporto tra il soggetto affidatario del servizio e l’ente concedente viene a conformarsi all’interno del negozio contrattuale, a seguito di una procedura di individuazione (con evidenza pubblica, per i servizi a rilevanza economica, diretta in via tendenziale, per quelli privi), stabilendo una serie di condizioni e clausole contrattuali in grado di governare il rapporto per tutta la durata dello stesso ed in base ai risultati attesi e perseguiti: il contratto di servizio delimita gli spazi di autonomie delle parti e definisce di converso anche le modalità di gestione di un servizio (interno o esternalizzato).

In breve, l’autonomia della società o dell’eventuale soggetto gestore e la sua natura di soggetto terzo rispetto all’Amministrazione di riferimento postulano, inoltre, che i rapporti giuridici connessi all’affidamento del servizio vengano regolati mediante una convenzione o un contratto di servizio che stabiliscano il contenuto dei diritti e delle obbligazioni rispettivamente costituiti in capo alle parti e che disciplinino, in generale, l’assetto degli interessi non solo patrimoniali coinvolti nella gestione del servizio ma le modalità di erogazione dello stesso ad una collettività di persone ed operatori.

Va aggiunto che la discrezionalità amministrativa può essere riferita alla scelta di affidamento degli impianti, ma, una volta stipulata la convenzione, ogni deviazione o scostamento dalle clausole ivi contenute deve trovare riscontro in un’adeguata motivazione, che non può che avvenire a seguito del confronto della parte contraente privata, non potendo la P.A. effettuare scelte unilaterali senza contradditorio (pur in presenza di un interesse pubblico).

Nel caso trattato, il Consiglio comunale ha approvato lo schema negoziale (forma scritta ad substantiam)[7] da sottoscrivere tra le parti (Comune e gestore dell’impianto), con l’insorgere del vincolo obbligatorio alla sottoscrizione della convenzione, impedendo ad altri soggetti di modificarne il contenuto essenziale non avendone la competenza ex lege.

Altra e diversa questione è riferita al controllo sull’esecuzione degli obblighi convenzionali, attività tipicamente gestionale sottratta ai poteri e all’ingerenza del Consiglio comunale: vi è la responsabilità erariale dei funzionari e dei dirigenti per non avere vigilato/controllato sul mancato introito delle tariffe previste per l’utilizzo di impianti campi sportivi, per il mancato recupero delle somme per l’utilizzo da parte di terzi, per la mancata riscossione delle penali, illeciti erariali ascrivibili a titolo di colpa grave in ragione dell’omissione reiterata, costante e pluriennale di ogni controllo sull’adempimento agli obblighi contrattuali assunti dal gestore: attività squisitamente gestionale riferita all’esecuzione del contratto[8].

 

6. Il pronunciamento

La Corte rigetta la pretesa erariale «in quanto l’impianto accusatorio non dimostra la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo» ai convenuti «né, ancora più a monte, il nesso causale esistente tra l’atto derivante dalla condotta ad essi contestata ed il presunto danno subito dal Comune».

L’analisi operata dalla procura se da una parte, mostra l’esistenza di numerose criticità che avrebbero caratterizzato i rapporti tra il Comune e il gestore, dall’altra parte, conferma che l’accollo disposto dalla Giunta dava seguito a precedenti atti del Consiglio comunale che, inserendosi in una vicenda peraltro più ampia, esprimevano, dapprima, la volontà di garantire il debito contratto dal concessionario e, successivamente, la volontà di far fronte agli impegni contrattuali così assunti.

Dunque, il Consiglio comunale rinnovava la concessione originaria, consentendo la riduzione degli importi delle opere di manutenzione e miglioria precedentemente offerte al fine di ottenere il rinnovo, nonché consentendo al gestore di configurare il finanziamento in modo tale da far gravare pressoché per l’intero sul Comune il costo delle opere.

A ben vedere (a margine e a commento) non sfugge la circostanza che allungare la durata della concessione originaria viola le regole dell’evidenza pubblica, introducendo una variante alle condizioni negoziali non previste, facendo in modo che le modifiche in termini economici dell’impianto natatorio rispetto al dato concessionato, prima della scadenza o nella sua prossimità, a fronte di nuovi lavori vanifica lo scopo del meccanismo concorrenziale di scelta del contraente, tralasciando la traslazione del rischio sull’Amministrazione[9].

È stato osservato, inoltre, che la quantificazione della possibile perdita patrimoniale subita dal soggetto pubblico, in conseguenza di gestione asseritamente squilibrata (meno lavori), dovrebbe innanzitutto tener conto della possibilità che essa abbia trovato adeguata compensazione nella valorizzazione degli impianti di proprietà comunale: non sono, infatti, i pagamenti delle rate di mutuo in sé a rappresentare la corretta individuazione e quantificazione di un ipotetico danno, in quanto esse, da un lato, non identificano tale sin qui indimostrato squilibrio, e dall’altro derivano da un preciso impegno contrattuale già assunto dal Comune nei confronti di un soggetto terzo, ossia il finanziatore: i benefici rimangono nel patrimonio dell’Ente che mantiene la proprietà del bene, seppure con oneri a proprio carico.

Ciò posto, nel pronunciamento si evidenzia che il TUEL prevede la specifica competenza del Consiglio comunale quanto alla contrazione di mutui (ex art. 42, comma 2, lett. h) ed altresì dispone che, con l’approvazione del bilancio e successive variazioni, senza la necessità di ulteriori atti, è costituito impegno sui relativi stanziamenti per le spese dovute, tra l’altro, per le rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti (ex art. 183, comma 2).

La fonte di riferimento, letta nell’ambito del riparto di competenze operato dal Testo unico in merito alla distinzione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione (politica – amministrazione), dispongono come la competenza in ordine a scelte che si traducano in una maggiore esposizione debitoria del Comune (le cui correlate entrate sono destinabili unicamente a spese d’investimento, ai sensi dell’art. 119 Cost.) rientrano nelle competenze dell’organo consiliare, rappresentando espressione di specifiche scelte discrezionali, di natura politico amministrativa, volte alla realizzazione di fini di interesse generale per la collettività di cui l’ente è esponenziale.

Alla Giunta comunale, e agli organi gestionali, competono poteri gestionali residuali, in virtù del richiamo operato dall’art. 48 del d.lgs. n. 267/2000, ai commi 1 e 2 dell’art. 107: si tratta di poteri meramente esecutivi della volontà consiliare precedentemente espressa in plurimi e conseguenziali atti.

In definitiva, le attività poste in essere dagli organi esecutivi rientravano nella gestione del rapporto definito dal Consiglio comunale, senza margini di apprezzamento se non la violazione degli atti consiliari di riferimento e delle convenzioni sottoscritte: «tale circostanza non è tuttavia direttamente causativa dell’esborso, in quanto, come visto, esso deriva da obblighi contrattuali assunti nei confronti del terzo soggetto finanziatore … per volontà del Consiglio comunale di allora» (così come quanto posto in essere relativamente all’accollo e al pagamento delle rate).

I profili di responsabilità vengono meno in mancanza della dimostrazione del nesso causale imputabile al vicesindaco, al vicesegretario e al dirigente finanziario: gli atti posti in essere non rendono conto di condotte caratterizzate da dolo o colpa grave: i soggetti limitandosi a dare esecuzione agli atti del Consiglio comunale hanno assunto una condotta che non può considerarsi caratterizzata dalla consapevolezza e volontà di causare un danno al Comune, ovvero di aver agito con inescusabile imperizia, negligenza o imprudenza: si tratta, in termini più esplicativi, di condotta vincolata.

7. Osservazioni in tema di competenza

Il cono visuale della sentenza fa emergere il dato fattuale e la ripartizione delle competenze degli organi descritto/e in modo cangiante: si rileva che i chiamati si sono limitati a dare esecuzione a provvedimenti di competenza di altri soggetti, i quali hanno espresso la volontà di obbligarsi dell’Ente, con l’assunzione eventuale (come poi avvenuto) dell’accolto in relazione alle rate del mutuo.

È indiscusso ad es. che, ai sensi dell’art. 207, Fideiussione, del TUEL, la competenza è attribuita in via esclusiva al Consiglio comunale (come la disciplina regolamentare per limitare la garanzia), sicché la delibera con la quale il Consiglio comunale stabilisce di prestare fideiussione a garanzia dei mutui finalizzati alla realizzazione di progetti di interesse anche dell’Ente territoriale non possiede natura programmatica, poiché contiene l’esplicita assunzione di responsabilità decisionale di spesa a copertura dell’attività meramente esecutiva poi attribuita al dirigente responsabile ed è dotata di parere di regolarità contabile[10].

Il Consiglio comunale è l’organo che autorizza l’assunzione dei mutui e l’indebitamento, ai sensi dell’art. 42, comma 2, lettere h) e i) del d.lgs. n. 267/2000[11], precludendone l’attribuzione ad altri organi, dovendo rilevare che il processo decisionale (ex art. 3 della legge n. 241/1990) e la connessa responsabilità si perfeziona all’interno del dibattito consiliare, dove vengono vagliate le posizioni dell’Amministrazione in funzione del perseguimento dell’interesse pubblico (ex art. 97 Cost.) e votata la decisione provvedimentale: capace di esprimere la volontà dell’Ente.

L’approdo inevitabile porta a ritenere che la competenza del Consiglio comunale e della Giunta in materia, sia di indebitamento che di garanzie e di programmazione dei servizi pubblici, può essere modulata in relazione al contenuto dell’atto convenzionale originario che del rinnovo, nel senso che sia le decisioni di prorogare la convenzione a fronte di lavori che la garanzia dell’accollo è stata assunta dal Consiglio comunale, con l’approvazione degli schemi negoziali e del mutuo, privando ogni margine di interferenza della Giunta comunale o degli uffici.

La conseguenza di tale prospettazione germoglia nella consapevole legittimità che se l’atto fondamentale attraverso il quale viene veicolato l’indirizzo politico del Consiglio risulta già adottato, gli adempimenti consequenziali, anche di carattere negoziale, rimangono nella competenza della Giunta; se, invece, la convenzione attraverso la quale si è originariamente definito il contenuto della convenzione e della garanzia qualora su tali atti subiscano modifiche rilevanti, tali da incidere sulle clausole preesistenti, ovvero sull’aspetto finanziario degli stessi, configurandosi una novazione oggettiva del rapporto negoziale, la competenza rimane in capo all’organo consiliare[12].

Si comprende che tutti gli atti del Consiglio comunale hanno costituito una freccia decisionale verso il convenzionamento e l’accollo del debito non potendo traslare tali decisioni ad altri organi, oppure assimilarle a semplici decisioni di natura gestionale di competenza della Giunta comunale in virtù della sua residuale competenza gestoria ex art. 48, comma 2, del TUEL, dovendo rimarcare che l’autorizzazione, rectus decisione compete al Consiglio comunale in quanto incide sull’entità globale dell’indebitamento dell’ente, escludendo altri dalla competenza[13].

Nessuna responsabilità può, pertanto, essere addebitata ai convenuti che hanno dato esecuzione agli atti consiliari, atti che perfezionavano giuridicamente obblighi cogenti in capo all’Ente locale, frutto del rapporto sinallagmatico, dovendo semmai verificare la condotta di coloro che questi atti hanno adottato per eventuali responsabilità sulla gestione del soggetto affidatario degli impianti.



[1] In particolare, sono da far rientrare nell’ambito dei servizi alla persona o servizi sociali, Cons. Stato, sez. V, 28 gennaio 2021, n. 858; vedi, lo Statuto del CONI (modificato dal Consiglio Nazionale il 2 ottobre 2019 con deliberazione n. 1647 ed approvato con DPCM del 10 gennaio 2020) espressamente riconosce «valenza pubblicistica all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici», SOLA, Affidamento e gestione degli impianti sportivi pubblici: la disciplina del d.lgs. n. 38/2021, appaltiecontratti.it, 17 settembre 2021, ove si rileva che la gestione degli impianti sportivi risulta funzionale all’erogazione di prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale: la materia del d.lgs. n. 38/2021 fornisce una definizione di “impianto sportivo” quale quella «struttura, all’aperto o al chiuso, preposta allo svolgimento di manifestazioni sportive, comprensiva di uno o più spazi di attività sportiva dello stesso tipo o di tipo diverso, nonché di eventuali zone spettatori, servizi accessori e di supporto».

[2] Cons. Stato, sez. V, 18 agosto 2021, n. 5915. Si rinvia, LUCCA, Proroga della concessione per la gestione di impianti sportivi, appaltiecontratti.it, 23 novembre 2018, dove viene analizzata la nozione di “concessione di servizi pubblici” che sono tutti quelli di cui i cittadini usufruiscono uti singuli e come componenti la collettività, perché rivolti alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali, Cons. Stato, sez. V, 22 maggio 2005, n.7345, rilevando che non incide sulla qualifica di servizio pubblico locale la circostanza che il servizio pubblico sia o no subordinato al pagamento di un corrispettivo. In particolare, la circostanza che l’art. 117 del d.lgs. n. 267/2000 disciplini anche i criteri per la determinazione e la riscossione delle tariffe non esclude, dall’ambito dei servizi pubblici locali, quelli erogati senza un corrispettivo, o con contribuzione pubblica per l’inidoneità del servizio a generare un efficacie “cash flow” dall’utenza, sempre che le prestazioni siano strumentali all’assolvimento delle finalità sociali dell’Ente locale, Cons. Stato, sez. V, 16 dicembre 2004, n. 8090.

[3] Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 858/2021.

[4] TAR Piemonte, Torino, sez. II, 22 gennaio 2011, n. 86.

[5] Ai fini della qualificazione di un servizio pubblico locale sotto il profilo della rilevanza economica, non importa la valutazione fornita dalla P.A., ma occorre verificare in concreto se l’attività da espletare presenti o meno il connotato della “redditività”, anche solo in via potenziale, Cons. Stato, sez. V, 27 agosto 2009, n. 5097.

[6] Come affermato dalla giurisprudenza, Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 3120/2015, la nozione di servizio pubblico si fonda su due elementi: la preordinazione dell’attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti e la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi volti a conformare l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità.

[7] Cfr. Cass. civ., sez. III, Ord. 21 giugno 2018, n. 16307.

[8] Corte conti, sez. giur. Umbria, 14 ottobre 2021, n. 85.

[9] Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 113/2011, ANAC Delibera n. 2/2010 e n. 1/2014.

[10] Tribunale Roma, sez. II, 31 agosto 2020.

[11] Cfr. Cass. civ., sez. Unite, 12 maggio 2020, n. 8770.

[12] TAR Molise, Campobasso, sez. I, 31 luglio 2020, n. 222.

[13] La giurisprudenza ha più volte ribadito d’altra parte che la Giunta comunale è l’organo politico esecutivo che compie gli atti di amministrazione che non siano riservati dalla legge al Consiglio e che non rientrino nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco, degli organi di decentramento, del segretario o dei dirigenti, spettandole diversamente dal passato, Cons. Stato, sez. V, 20 agosto 2013, n. 4192, trattandosi di competenza generale che si estende anche alle ipotesi in cui norme anteriori prevedevano, in modo espresso, la competenza di organi politici, essendo esse mera espressione dell’opposto principio, allora vigente, della generalità e residualità della competenza consiliare e della specialità e tipicità di quella giuntale, Cons. Stato, sez. III, 24 novembre 2012, n. 5952.

 

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