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Nota alla sentenza del Tar Veneto, sez. I, n. 3637 del 25 novembre 2008.
di Alberto Barbiero  (albertobarbiero@albertobarbiero.net) 19 dicembre 2008
 

Il TAR Veneto individua una nuova fattispecie: l’estensione del contratto originario.

 

 

1. Rinnovo e rinnovabilità dei contratti: la posizione del Consiglio di Stato.

 

Il tema della proroga e del “rinnovo” dei contratti di appalto (beni e servizi) permane come elemento critico nella gestione dei rapporti con fornitori e prestatori di servizi.

 

Il quadro normativo individua una possibilità (rinnovabilità dei contratti, desumibile dall’art. 29 del d.lgs. n. 163/2006) ricondotta a fattispecie ben definite nel suo ambito (ipotesi comprese nella disciplina della procedura negoziata senza bando, data dall’art. 57 dello stesso Codice dei contratti pubblici).

 

Il Consiglio di Stato ha più volte ribadito ( sez. IV, decisione 31 ottobre 2006, n. 6457 e più recentemente, a rafforzamento, sez. V, sentenza n. 3391 del 8 luglio 2008) che il sistema del rinnovo “agli stessi patti e condizioni”, determinato in forza dell’art. 6, comma 2 della legge n. 537/1993 non è più esistente, a fronte dell’espressa abrogazione intervenuta con l’art. 23 della legge n. 62/2005.

 

Peraltro il Consiglio di Stato ha evidenziato che non può valere nemmeno la circostanza che il disciplinare ed il contratto, relativi al perioro di “rinnovabilità” decorrente da un termine specifico, prevedano la possibilità di  proroga-rinnovo per quattro anni, perché, per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 23 della legge n.62/2005, deve ritenersi che si sia verificata l’inefficacia sopravvenuta di qualsiasi disposizione contrattuale contrastante con detta norma.

 

2. La differenza tra proroga, rinnovo e nuova aggiudicazione (indicazioni giurisprudenziali).

 

Con una sentenza per molti versi chiarificatrice il Consiglio di Stato (sez. sez. V, decisione n. 865 del 31 dicembre 2003) ha evidenziato alcuni anni fa le differenze sussistenti tra la proroga di un contratto, il suo rinnovo ai sensi dell’art. 6 della legge n. 537/1993 e la nuova aggiudicazione ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 157/1995.

 

Rispetto al primo dato di confronto, l’organo di giustizia amministrativa ha avuto modo di affermare che rinnovo del contratto e proroga si configurano come due situazioni diverse, in quanto solo il rapporto che si instaura anche tacitamente tra le parti dopo la scadenza del periodo di durata del contratto può considerarsi nuovo, proprio perchè dà vita ad un rapporto giuridicamente nuovo rispetto a quello originario, con tutte le conseguenze che ne derivano, mentre la proroga riguarda lo stesso contratto originariamente stipulato.

 

In sostanza è stato evidenziato come la proroga sposti in avanti il solo termine di scadenza del rapporto, che resta regolato dalla convenzione accessiva all’atto di affidamento del servizio, mentre il rinnovo del contratto, anche se in forma tacita, comporti una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale.

 

Assunta questa differenza, il Consiglio di Stato ha asserito come nulla vieti che in un contratto siano inserire clausole che ne definiscano la proroga, affermando contestualmente una necessaria valutazione accurata della regolazione delle ipotesi di rinnovo.

 

In questa prospettiva, è stato rilevato anche come dalla procedura codificata dall’art. 6, secondo comma, della richiamata legge n. 537/1993 disponendo che, “entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni accertano la sussistenza delle ragioni di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, ove verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione”, sia data la possibilità di evincere chiaramente che il termine di tre mesi debba essere inteso come successivo alla scadenza del contratto.

 

Il Consiglio di Stato si è tuttavia spinto ad esaminare anche la differenza sussistente tra il rinnovo e la procedura dettata  dall’art. 7, secondo comma, lett, f) del d.lvo n. 157 del 1995 (ora trasfusa, con alcuine significative differenze, nell’art. 57, comma 5, lett. b del d.lgs. n. 163/2006), che consente il ricorso alla trattativa privata solo nei tre anni successivi alla stipula del contratto iniziale. Nella decisione, infatti, è stato fatto rilevare come tale norma riguardi una diversa fattispecie, riferendosi infatti all’affidamento, mediante trattativa privata, allo stesso aggiudicatario di precedente appalto, di nuovi servizi, purchè essi siano conformi ad un progetto di base per il quale sia stato aggiudicato un primo appalto.

 

Sulla base di tale distinzione, le Amministrazioni sono ora tenute a procedere con attenzione nella gestione dei contratti e dei loro “sviluppi potenziali”, dovendo in ogni caso effettuare adeguate valutazioni di opportunità e di vantaggio economico, nonché qualificare specificamente le situazioni di presupposto.

 

Per poter prorogare il contratto, infatti, si dovrà avere almeno una clausola specifica nello stesso atto pattizio. Per poterlo rinnovare, tale facoltà dovrà essere presa in considerazione ai fini del calcolo di valore del contratto e, quindi, essere esplicitata sia nel bando che nell’atto negoziale. Infine, per poter utilizzare la possibilità offerta dall’art. 7 del d.lgs. n. 157/1995, si dovrà esplicitare la stessa negli atti della gara-base e nello stesso contratto.

 

Il TAR Lazio – Roma, sez. I-bis, con la sentenza n. 1064 del 13 febbraio 2006 è intervenuto nuovamente sul tema della differenza tra proroga e rinnovo di un contratto, evidenziando come la proroga del contratto scaduto sia istituto diverso ed inassimilabile rispetto al rinnovo del rapporto stesso.

 

Nella pronunzia viene ad essere evidenziato come mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico di servizi sposti solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto (il quale resta regolato dalla sua fonte originaria), il rinnovo del contratto comporti la composizione di un nuovo rapporto contrattuale con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I-bis, 31 marzo 2005 n. 2367).

 

In altri termini, la proroga del contratto determina il solo effetto del differimento del termine di scadenza del rapporto (il quale resta regolato dalla convenzione annessa all’atto di affidamento di un servizio), mentre il rinnovo del contratto, anche se in forma tacita, comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale: conseguentemente dimostrandosi presente una sostanziale differenza, sia sul piano giuridico-concettuale, che con riferimento alle ricadute effettuali, fra gli istituti della proroga e della rinnovazione del contratto (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, 31 dicembre 2003 n. 9302 e sez. VI, 22 marzo 2002 n. 1767; nonché T.A.R. Lazio, sez. III-bis, 18 dicembre 1996 n. 2418, 11 novembre 1996 n. 2073, 24 luglio 1996 n. 1417 e 17 maggio 1996 n. 1029).

 

L’esercizio della proroga corrisponde a facoltà legittimamente esercitabile dall’Amministrazione, previo svolgimento di apprezzamento avente ampia latitudine discrezionale. Né tale scelta deve essere assistita da apparato motivazionale particolarmente pregnante, in quanto normalmente preordinata al soddisfacimento del pubblico interesse insito nella garanzia della prosecuzione dello svolgimento del servizio (in capo al precedente affidatario) nelle more dello svolgimento delle procedure necessarie per l’individuazione del contraente al quale affidare – previa stipula di nuovo rapporto negoziale – l’attività stessa.

 

Costituisce quindi scelta ampiamente discrezionale, nell’an come nel quando, quella effettuata da parte dell’Amministrazione, di avvalersi della proroga del contratto nei limiti in cui essa sia consentita.

 

Anche il TAR Puglia – Lecce, sez. II, con la sentenza n. 3239 del 14 settembre 2007 ha precisato che mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico sposta solo in avanti la scadenza conclusiva, posticipando il termine finale di efficacia del rapporto, il quale resta regolato dalla sua fonte originaria, il rinnovo del contratto comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, ossia un rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale.

 

La qualificazione in un senso piuttosto che nell’altro è fondamentale per esaminare la richiesta di revisione dei prezzi, in quanto solo alle proroghe contrattuali può applicarsi la clausola revisionale prevista dall'art. 6 della legge n. 537/1993, mentre la disposizione non si applica nel caso di provvedimento con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, sia stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario.

 

3. La particolare (e recente) posizione del TAR Veneto: enucleazione di una nuova fattispecie ?

 

Rispetto alle linee espresse dal Consiglio di Stato (e in parte recepite da vari Tribunali amministrativi regionali), il TAR Veneto, sez. I, con la sentenza n. 3637 del 25 novembre 2008 ha espresso una posizione originale e fors’anche innovativa in tema di rinnovabilità dei contratti e di “estensione” degli stessi.

 

1)         La pronunzia si riferisce ad una controversia nell’ambito della quale l’impresa ricorrente aveva eccepito come l’amministrazione affidante avesse operato in una gara in violazione dell’art. 23, comma 1 e 2 della legge n. 62/2005, non rispettando i principi e le norme in materia di concorsualità e trasparenza dell’azione amministrativa.

 

La società ricorrente, infatti, evidenziava come la lex specialis di gara fosse in contrasto con la disciplina che vieta la possibilità di rinnovi dei contratti pubblici, poiché il bando di gara prevedeva espressamente il rinnovo per 24 mesi per un importo presunto molto rilevante.

 

La stessa impresa sosteneva, invece, come oggi l’unica forma ammissibile di rinnovo fosse rappresentata dalla disciplina di cui all’art. 57, co. 5, del d.lgs. n. 163/2006.

 

Il Tar Veneto, invece, ha affermate che qualora una stazione appaltante abbia inserito nel capitolato di gara una clausola di rinnovo opzionale del contratto per 24 mesi, è rilevabile come nella specie più di un rinnovo in senso stretto si sia prevista in realtà una proroga del contratto (spostamento in avanti del termine di scadenza del rapporto) e come in ogni caso tale proroga opzionale sia stata inserita nell’oggetto della gara e anche su essa vi è  stato il confronto concorrenziale; ne discende che la proroga citata non contrasta con il principio comunitario che vieta alle amministrazioni (in modo diretto o indiretto) di attribuire, senza procedura di gara, un appalto di servizi e forniture.

 

Il Tribunale amministrativo veneto sostiene infatti come d’altra parte sia lo stesso codice dei contratti (D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163) che implicitamente (ma univocamente) ammette il rinnovo del contratto laddove all’art. 29, comma 1°, prevede che “che il calcolo del valore stimato degli appalti pubblici (…) tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di opzione o rinnovo del contratto”.

 

La sinteticità della motivazione della sentenza non consente di valutare ulteriori elementi ricostruttivi, ma senza dubbio apre un ulteriore spazio di dibattito, proponendo di fatto una nuova fattispecie, ossia “l’estensione programmata del contratto originario”, con un’interpretazione originale e assunta avendo a riferimento il dato di principio dettato dall’art. 29 del d.lgs. n. 163/2006.

 

Sentenza: TAR Veneto, Sez. I, 25/11/2008 n. 3637
Rinnovabilità dei contratti e "proroga estesa".
 Nota alla sentenza del Tar Veneto, sez. I, n. 3637 del 25 novembre 2008. di Alberto Barbiero

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