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Audizione dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, 13/7/2016
Audizione dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercatonell’ambito dell’esame dello “Schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale”.

Audizione dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato
Materia: servizi pubblici / disciplina

COMMISSIONI CONGIUNTE

I COMMISSIONE E V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

 

AUDIZIONE DELL’AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO

AVV. FILIPPO ARENA

CAPO DI GABINETTO

 

nell’ambito dell’esame dello “Schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale”

 

13 luglio 2016

 

Onorevoli Presidenti, Onorevoli Deputati,

 

grazie alla delega contenuta negli articoli 16 e 19 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (c.d. Legge Madia), ci troviamo di fronte a uno schema di decreto legislativo che, per la prima volta, disciplina in modo generale e organico un settore, quello dei servizi pubblici locali di interesse economico generale, che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sempre considerato di centrale rilevanza sociale ed economica per l’evoluzione competitiva del Paese e che, fino ad oggi, è stato caratterizzato da un “capitalismo pubblico” non idoneo ad assicurare adeguati livelli di efficienza e di qualità dei servizi.

 

In primo luogo, desidero pertanto esprimere ancora una volta l’apprezzamento dell’Autorità rispetto alla riforma Madia la quale, in piena sintonia con molti suggerimenti avanzati dall’Autorità nel corso degli anni, con i decreti legislativi di attuazione sta dando vita a uno dei più importanti processi di riforma amministrativa della storia italiana, suscettibile di dare un significativo contributo alla competitività del Paese una volta ultimato l’iter di approvazione.

 

Come evidenziato in numerose occasioni, infatti, la razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche e l’esistenza di mercati efficienti dei servizi pubblici locali non solo possono migliorare la qualità dei servizi erogati con immediati benefici per il cittadino, ma possono anche avere ricadute positive sulla competitività e sullo sviluppo dei sistemi economici locali e incidere sulla crescita del prodotto pro capite.

 

Al riguardo, non appare inutile ricordare come la disciplina dei servizi pubblici locali sia stata oggetto di una iperproduzione legislativa, con interventi non omogenei tra loro e molti dei quali realizzati attraverso decretazione d’urgenza, una consistente attività ermeneutica da parte della giurisprudenza, nonché di una situazione di “complicazione” dovuta alla sovrapposizione tra più livelli normativi (europeo, nazionale e regionale). A ciò si aggiunga che, come noto, la materia è stata oggetto anche di un’abrogazione referendaria e di una pronuncia di illegittimità costituzionale (sentenza n. 199 del 2012).

 

In tale contesto, tanto la concorrenza nel mercato, quanto quella cosiddetta per il mercato, che si esplica nella fase di partecipazione alle gare per l’affidamento delle gestioni, hanno avuto una rilevanza molto residuale, spiegabile in ragione del controllo economico e politico che gli enti tendono a conservare sulle attività economiche in generale e su quelle identificate come servizio pubblico, in particolare. Tale risultato è dovuto al fatto che tanto più ci si avvicina agli interessi locali tanto più aumentano i rischi di “cattura” del regolatore da parte del gestore. Inoltre, la presenza preponderante nel settore di società a partecipazione pubblica locale ha implicato che le gare, anche là dove sono state indette, hanno visto l’amministrazione giocare un doppio ruolo: quello di banditore e di soggetto partecipante alla competizione, con tutte le conseguenze che ciò può comportare in termini di conflitto di interessi.

 

Come chiaramente evidenziato dalla relazione della Corte dei Conti per l’anno 2015, infatti, attualmente ci sono quasi 8.000 organismi attivi (anche diversi dalle società) a partecipazione pubblica, di cui circa 5.000 sono società a partecipazione pubblica (con netta prevalenza delle società partecipate da enti territoriali).

In particolare, la relazione rende noto che, avendo riguardo alle sole società partecipate dagli enti territoriali, gli organismi operanti nell’ambito dei servizi pubblici locali sono numericamente limitati (il 35,72% del totale), pur rappresentando una parte importante del valore della produzione (il 71,35% dell’importo complessivo). Inoltre, la stessa relazione segnala che con riferimento al totale degli organismi osservati, emerge la netta prevalenza di affidamenti in house, mentre le gare con imprese terze e gli affidamenti a società miste risultano essere un numero marginale (rispettivamente, 90 e 366 su un totale di 26.324 rapporti tra ente e organismo)1.

 

In merito si osserva che i risultati dell’indagine condotta dalla Corte dei Conti sono coerenti con le conclusioni cui è pervenuta da ultimo l’Autorità a esito di due indagini conoscitive di ampio respiro – una nel settore dei rifiuti solidi urbani (IC-49) e una nel settore del trasporto pubblico locale (IC47) –svolte con l’obiettivo di contribuire concretamente al processo di rinnovamento del settore dei servizi pubblici locali.

In entrambe le indagini conoscitive è, infatti, emersa una linea di tendenza consistente nel ricorso preponderante all’affidamento in-house providing (talvolta anche in assenza dei requisiti previsti dalla disciplina comunitaria e nazionale). L’Autorità ha, inoltre, rilevato come la persistenza di affidamenti diretti in luogo delle gare, spesso determinata dalla presenza di società a partecipazione pubblica, abbia determinato performance non sempre soddisfacenti sia sotto il profilo della qualità dei servizi che del loro costo per la collettività.

 

Ebbene, se questo è lo scenario che caratterizza i servizi pubblici locali, il giudizio che l’Autorità esprime sullo schema di decreto legislativo in discussione è molto positivo sia con riferimento alla scelta di procedere, in virtù del principio di semplificazione, all’introduzione di un organico testo normativo volto a fornire agli operatori del settore regole chiare e certe in materia e ad assicurare la gestione efficiente dei servizi pubblici locali di interesse economico generale; sia con riferimento alle finalità che esplicitamente il legislatore ha inteso perseguire: ovvero la promozione della concorrenza e l’affermazione della “centralità del cittadino nell’organizzazione e la produzione dei servizi pubblici locali di interesse economico generale” (art. 4).

 

Segnatamente, come più volte auspicato dall’Autorità, il riordino normativo in materia si è posto l’obiettivo di: i) individuare una disciplina generale organica della materia, attraverso indicazione di principi generali per l’assunzione, la regolazione e la gestione dei servizi pubblici locali di interesse economico generale; ii) eliminare i regimi di esclusiva non conformi ai principi generali in materia di concorrenza e comunque non indispensabili per assicurare l’efficienza e la qualità del servizio; ii)

individuare, per tutti i casi in cui non sussistano i presupposti della concorrenza nel mercato, delle modalità di conferimento della gestione dei servizi nel rispetto dei princìpi dell’ordinamento europeo; iii) prevedere la netta distinzione tra le funzioni di regolazione e controllo e le funzioni di gestione dei servizi.

Posta questa premessa di carattere generale, quanto al contenuto dei singoli articoli intendo evidenziarne, in un’ottica pro-concorrenziale, i profili di maggior rilievo e sottoporre all’attenzione delle Commissioni alcune considerazioni volte a fornire il contributo dell’Autorità al processo normativo in atto.

 

Nozione di servizi pubblici locali di interesse economico generale

Va innanzitutto apprezzata l’introduzione di una nozione di “servizi pubblici locali di interesse economico generale” che, non solo supera il dualismo precedentemente esistente tra la normativa europea (servizi di interesse economico generale) e quella italiana (servizi pubblici locali di rilevanza economica), ma favorisce altresì la concorrenza nel mercato. Ciò in quanto l’art. 2, lett. a), dello schema di TU limita i “servizi pubblici locali di interesse economico generale” alle ipotesi in cui “i servizi … non sarebbero svolti senza un intervento pubblico o sarebbero svolti a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza” e siano “necessari per assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale”.

 

Ambito di applicazione

Il nuovo schema di decreto legislativo si applica a tutti i servizi pubblici locali di interesse economico generale, con esclusione dei settori per i quali esistono delle normative speciali di settore (servizio idrico integrato, servizio di gestione integrata dei rifiuti, trasporto pubblico locale, servizio di distribuzione dell'energia elettrica, servizio di distribuzione del gas naturale e servizio farmaceutico), che continueranno ad essere disciplinati dalle suddette normative speciali, salve le modifiche espresse e le abrogazioni recate nel TU SPL.

Viene, tuttavia, precisato che “le disposizioni in materia di modalità di affidamento dei servizi” integreranno e prevarranno sulle discipline speciali di settore 2, ad eccezione di quelle sul servizio di distribuzione di gas naturale e sul servizio di distribuzione di energia elettrica.

Sul punto, pur ritenendo che le disposizioni fatte salve siano quelle relative alle modalità di gestione dei servizi e alla durata dell’affidamento contenute negli art. 7 e 8 del Titolo II dello schema di TU sui SPL, si ritiene condivisibile il rilievo formulato dal Consiglio di Stato, secondo il quale non vi è nello schema di TU alcuna disposizione rubricata “modalità di affidamento dei servizi”. Pertanto, nel rispetto dei principi di chiarezza e semplificazione che ispirano la riforma, ai fini di una migliore intellegibilità delle disposizioni che si applicano anche ai servizi indicati all’art. 3, sarebbe opportuno individuare puntualmente le norme alle quali il legislatore delegato intende fare riferimento.

 

Assunzione e gestione dei servizi

Il Titolo II dello schema di decreto legislativo in esame rappresenta senz’altro il cuore dello schema di TU sui servizi pubblici locali di interesse economico generale.

L’articolo 5 (assunzione del servizio) prevede quale funzione fondamentale dei comuni e delle città metropolitane l’individuazione delle attività di produzione di beni e servizi di interesse economico generale il cui svolgimento è necessario per assicurare i bisogni della collettività.

Secondo quanto è stabilito dall’art. 5, comma 4, il provvedimento con il quale l’ente delibera l’assunzione del servizio, unitamente agli esiti della verifica dell’inidoneità del mercato a soddisfare le esigenze di interesse pubblico, deve essere pubblicato sul sito internet dell’amministrazione e trasmesso all’Osservatorio per i servizi pubblici locali, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico.

Il Consiglio di Stato ha suggerito di integrare tale disposizione prevedendo la trasmissione del provvedimento con il quale l’ente delibera l’assunzione del servizio anche all’Autorità, al fine dell’eventuale utilizzo dei poteri di cui all’art. 21-bis della legge n. 287/90.

Al riguardo, si ritiene che sarebbe preferibile non imporre agli enti locali l’adempimento di un ulteriore obbligo di trasmissione, ma modificare il successivo comma 5 – che già dispone la possibilità per l’AGCM di agire ai sensi dell’articolo 21-bis della legge n. 287/90 “in caso di violazione dei criteri e delle procedure del presente articolo” – prevedendo l’accesso diretto da parte dell’Autorità ai provvedimenti contenuti nella banca dati dell’Osservatorio per verificarne la conformità alle norme a tutela della concorrenza e del mercato e consentire, dunque, l’esercizio dei poteri di cui all’art. 21-bis.

L’art. 5, comma 5, potrebbe dunque essere riformulato come segue: “L'Autorità garante della concorrenza e del mercato accede ai provvedimenti trasmessi all’Osservatorio ai sensi del comma 4 e, in caso di violazione dei criteri e delle procedure di cui al presente articolo, può utilizzare i poteri di cui all'articolo 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287”.

 

L’articolo 7 si occupa delle modalità di gestione del servizio e rappresenta una norma cardine dell’intero impianto normativo. Tale disposizione, confermando l'impostazione comunitaria, sancisce la parità delle tre forme da essa ammesse: gara ad evidenza pubblica, affidamento a società mista e affidamento in-house. Limitatamente ai servizi non a rete, è anche prevista la gestione in economia o mediante azienda speciale.

Vale, dunque, osservare che le norme in corso di adozione superano eventuali profili di incostituzionalità, facendo proprio il principio della libertà di organizzazione del servizio, riconosciuto agli enti locali dalla Corte costituzionale 3, recentemente confermato dal Consiglio di Stato 4, ma già sancito a suo tempo dalla Corte di Giustizia 5 e ora ripreso dal nuovo Codice degli appalti (art. 5 d.lgs. n. 50/2016).

 

La scelta della modalità di gestione è effettuata con provvedimento motivato dell’ente competente.

Nel caso di affidamento in house (o di gestione mediante azienda speciale), il provvedimento motivato deve dare conto specificamente delle “ragioni del mancato ricorso al mercato” e del fatto che “tale scelta non sia comparativamente più svantaggiosa per i cittadini”, anche in relazione ai costi standard del servizio definiti dalle Autorità indipendenti (articolo 15 comma 2), nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento ad una serie di obiettivi di: universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità e ottimale impiego delle risorse pubbliche. Inoltre, “laddove non esistano i presupposti della concorrenza nel mercato, il provvedimento è motivato anche in ordine all’eventuale impossibilità di procedere mediante suddivisione in lotti […]”. Ne deriva che, sebbene il modello di affidamento in house sia pienamente legittimo se rispettoso dei principi dettati dall’ordinamento comunitario e del codice dei contratti, esso è tuttavia sottoposto a un maggiore onere motivazionale e procedurale.

Considerato che la disposizione in questione (art. 7, comma 3) disciplina la specifica motivazione che l’ente deve fornire nel caso in cui, essendovi già stata l’assunzione del servizio pubblico locale di interesse economico, debba giustificarsi il mancato ricorso al mercato (inteso come gare per l’affidamento del servizio), si suggerisce, in adesione a quanto rilevato dal Consiglio di Stato, di modificare la locuzione “concorrenza nel mercato” con quella “concorrenza per il mercato”, che è quella corretta nel caso di specie.

 

Il comma 5 dell’art. 7 stabilisce che lo schema di provvedimento venga inviato all’Autorità che esprime un parere preventivo entro il termine perentorio di 30 giorni (il termine si può interrompere una sola volta per chiarimenti). Il provvedimento adottato dall’amministrazione deve essere “analiticamente motivato con specifico riferimento ai rilievi formulati dall’Autorità”.

Nel proprio parere, il Consiglio di Stato ha ritenuto che tale disposizione potesse dare adito a dubbi in ordine al fatto che l’Autorità possa intervenire ai sensi dell’art. 21-bis della legge n. 287/90 anche a valle del provvedimento adottato dall’amministrazione. Il Consiglio di Stato ha dunque suggerito di modificare la norma, aggiungendo un ultimo periodo dal seguente tenore: “Resta fermo il potere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato di cui all’art. 21-bis della legge 10ottobre 1990, n. 287”.

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha espresso alcuni dubbi sulla scelta di prevedere il suddetto parere preventivo dell’Agcm, evidenziando la necessità di attribuire al silenzio dell’Autorità il valore di parere favorevole e sottolineando che l’aggravamento procedurale derivante dalla necessità di acquisire il citato parere preventivo integra un atteggiamento di sfavore verso una modalità di gestione dei servizi pubblici locali, che è invece coerente con la disciplina comunitaria.

In merito, si condivide la preoccupazione espressa dal Consiglio di Stato: la norma, così formulata, appare problematica, potendo ingenerare interferenze rispetto all’art. 21-bis della legge n. 287/90.

La previsione di un parere preventivo obbligatorio sulla medesima tipologia di atti astrattamente sindacabili con il ricorso ai poteri ex art.21-bis, infatti, può indurre a ritenere che il ruolo dell’Autorità sia limitato a tale parere preventivo, senza possibilità di utilizzo del più efficace strumento dell’art. 21-bis; strumento che è, peraltro, maggiormente coerente con i compiti di vigilanza ex-post dell’Autorità e non con le valutazioni ex-ante proprie, invece, delle Autorità di regolazione.

Inoltre, la norma, nel prevedere la possibilità che nei confronti dello stesso atto l’Autorità possa intervenire, dapprima, nel corso del procedimento di adozione con il menzionato parere e, successivamente, con il ricorso ex art. 21-bis della legge n. 287/90, può determinare alcune criticità applicative, oltre che rischiare di non consentire all’Autorità di concentrarsi su quelle fattispecie maggiormente pregiudizievoli per il corretto funzionamento del mercato.

Sulla base di quanto precede, anche alla luce del parere espresso sul punto dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, si ritiene auspicabile una modifica della disposizione che dovrebbe limitarsi a statuire il solo intervento ex-post dell’Autorità sulla base di un espresso richiamo ai poteri di cui all’art. 21-bis, come previsto all’art. 5, comma 5 dello stesso schema di decreto legislativo. In questo modo sarebbe consentito all’Autorità di individuare i casi maggiormente meritevoli di attenzione, senza introdurre un generalizzato aggravio del procedimento attraverso la previsione del parere obbligatorio in tutti i casi di affidamento in house o di gestione mediante azienda speciale.

L’art. 7, comma 5 potrebbe dunque essere modificato come segue: “L'Autorità garante della concorrenza e del mercato può procedere a verifiche sul rispetto del presente articolo da parte delle pubbliche amministrazioni e, in caso di violazione dei criteri e delle procedure di cui ai commi precedenti, può utilizzare i poteri di cui all'articolo 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287”.

Ove non si ritenesse opportuno modificare in tal senso la norma, eliminando il parere preventivo obbligatorio dell’Autorità, sarebbe necessario aggiungere all’art. 7, comma 5, un ultimo periodo, nella formulazione proposta dal Consiglio di Stato e chiarire che, in caso di decorso del termine di trenta giorni, il parere si intende espresso in senso favorevole (come richiesto dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome).

 

Disciplina delle reti, degli impianti e delle altre infrastrutture essenziali

Di rilievo per la tutela della concorrenza è la previsione che impone ai concessionari di fornire agli enti competenti a bandire la gara per l’affidamento del relativo servizio i dati concernenti le caratteristiche tecniche delle reti, degli impianti e delle infrastrutture, il loro valore contabile di inizio esercizio, secondo parametri di mercato, le rivalutazioni e gli ammortamenti e ogni altra informazione necessaria per definire i bandi. In particolare, la norma prevede che “[F]erme le eventuali responsabilità penali e fermo restando quanto previsto dall’art. 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287”, il ritardo nella comunicazione oltre il termine di sessanta giorni dalla richiesta e la comunicazione di informazioni false integrano gli estremi di un illecito amministrativo (art. 9, comma 8).

 

Pari rilevanza per la tutela della concorrenza assume la disciplina del subentro per scadenza dell’affidamento o per cessazione anticipata (art. 11). Alla scadenza del periodo di affidamento e in esito al nuovo affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali essenziali per la prosecuzione del servizio, non duplicabili a costi socialmente sostenibili, sono assegnati al nuovo gestore. Analogamente si procede in caso di cessazione anticipata, prevedendo la necessità di un indennizzo pari al valore contabile delle opere non ancora ammortizzate.

 

Entrambe le questioni sono state, infatti, affrontate numerose volte dall’Autorità antitrust nei propri interventi ai sensi della l. n. 287/90.

 

Autorità indipendenti

L’art. 15 (Competenze delle Autorità amministrative indipendenti) prevede che, nei rispettivi ambiti di competenza, le Autorità indipendenti di regolazione settoriale predispongono schemi di bandi di gara e contratti tipo e individuano i costi standard dei diversi servizi pubblici locali di interesse economico generale, nonché i livelli minimi di qualità degli stessi. Relativamente ai servizi per i quali non opera un’Autorità indipendente di regolazione, gli schemi di bandi di gara e i contratti tipo sono predisposti dall'Autorità nazionale anticorruzione, in conformità con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici (comma 1).

 

La norma prevede, altresì, che le autorità indipendenti, per i rispettivi settori di competenza, individuano i costi standard dei diversi servizi pubblici locali di interesse economico generale e i livelli minimi di qualità degli stessi (comma 2).

Con riferimento a tale ultima disposizione, il Consiglio di Stato ha suggerito che, per i servizi pubblici locali di interesse economico generale per i quali non opera un’autorità indipendente, venisse individuata, quale istituzione competente, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Si ritiene, tuttavia, di non poter condividere tale osservazione e di preferire l’attuale formulazione della norma. Occorre, infatti, evidenziare che tale compito, tipicamente regolatorio, risulta del tutto estraneo alle funzioni svolte dall’Autorità, mentre potrebbe essere utilmente affidato all’Anac, anche in coerenza con quanto previsto dal comma 1 dello stesso articolo che, come rappresentato, assegna a tale Istituzione il compito di predisporre schemi di bandi di gara e contratti tipo per i servizi per i quali non opera un’autorità di regolazione.

 

L’art. 16 attribuisce all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI), che viene ridenominata Autorità di regolazione per l’energia, reti e ambiente (ARERA), una serie articolata di funzioni di regolazione e controllo in materia di rifiuti.

Tale scelta non può che essere valutata in modo positivo dall’Autorità che, nell’ambito dell’indagine conoscitiva IC49 - avendo rilevato come molte delle distorsioni concorrenziali risiedessero (almeno in parte) nella inadeguatezza della regolazione tecnica -, aveva proposto di considerare l’ipotesi di una centralizzazione delle competenze regolatorie del settore con l’attribuzione delle stesse ad un unico soggetto, che fosse “terzo” rispetto alle imprese regolate, dotato di autonomia funzionale e organizzativa e delle competenze tecniche necessarie per la corretta regolazione del settore. Sotto tale profilo, inoltre, va sottolineato come ancor più meritevole di apprezzamento sia la scelta di attribuire le funzioni di regolazione e controllo dei servizi afferenti al ciclo dei rifiuti all’attuale AEEGSI. In questo modo, infatti, come evidenziato anche nelle osservazioni dell’AEEGSI in ordine allo schema di decreto legislativo in questione, il legislatore delegato ha creato le premesse per una convergenza della regolazione in materia di ambiente ed energia, secondo il moderno paradigma di sviluppo sostenibile.

Per quanto riguarda le competenze attribuite all’AEEGSI in materia di rifiuti, si ritrovano nello schema di TU le auspicate funzioni di: i) definizione di standard di qualità del servizio; ii) redazione di schemi tipo dei contratti di servizio; iii) definizione di regole di rendicontazione per le imprese affidatarie per la contabilità separata per ciascuna area geografica di operatività e per clientela servita; iv) definizione di una metodologia tariffaria per determinare i corrispettivi per le attività di gestione dei rifiuti urbani e definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento; v) verifica della corretta redazione dei piani d’Ambito.

Allo stato, non sembrano, invece, essere stati ripresi nel TU sui SPL altri auspici formulati dall’AGCM con riferimento ad altre funzioni dell’Autorità nazionale dei rifiuti, tra cui l’elaborazione di parametri di performance per stabilire benchmark di efficienza, sia per la predisposizione di bandi di gara che per la valutazione dell’efficienza dei soggetti in-house prima di procedere ad un eventuale affidamento diretto. In tal modo, si potrebbe garantire che la selezione del soggetto affidatario in via diretta del servizio replichi i risultati potenzialmente ottenibili con l’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica.

Del pari, all’Autorità dei rifiuti dovrebbe essere affidata anche la verifica della durata degli affidamenti. Nel corso dell’indagine conoscitiva dell’Autorità è stata infatti osservata una durata dei contratti di servizio molto eterogenea tra le diverse aree del territorio nazionale e spesso ingiustificatamente lunga.

 

Parimenti positivo è l’ampliamento delle competenze dell’ART (art. 17), chiamata a regolare diversi aspetti di rilievo, con riguardo: alle procedure che impongono all’affidatario di riscuotere i proventi da traffico; ad alcuni requisiti patrimoniali dei partecipanti, alla possibilità di garantire un accesso equo ai beni necessari ad effettuare il servizio, al processo di trasferimento del personale dal vecchio al nuovo gestore. Al di là di questi aspetti, peraltro in buona parte già oggetto di intervento dell’ART nel Regolamento sul bando tipo, l’art. 17 del TUSPL richiede anche di regolamentare l’eventuale trasferimento dall’ente affidante o dal gestore uscente della proprietà dei beni (immobili e strumentali, tra cui il materiale rotabile) a società (a capitale privato o misto pubblico-privato) specializzate che poi li darebbero in locazione ai gestori di TPL locale e regionale. Si introduce dunque nella normativa l’idea di ricorrere a società terze (analoghe ai ROSCO britannici o a quelle svedesi), la cui introduzione potrebbe avere un impatto molto positivo per la concorrenza, soprattutto per quanto riguarda il materiale rotabile ferroviario.

 

Trasporto pubblico locale

Lo schema di TU sui SPL contiene delle norme specificamente dedicate al TPL.

Innanzitutto, l’art. 14 prevede che gli enti affidanti, con l’obiettivo di promuovere la più ampia partecipazione alle gare, devono articolare i bacini di mobilità in più lotti, tenuto conto delle caratteristiche della domanda e salvo eccezioni motivate da economie di scala e da altre ragioni di efficienza economica, disciplinate con delibera dell’ART. Al fine di rendere maggiormente efficace tale disposizione sarebbe auspicabile che l’ART intervenisse ex ante con linee guida generali che individuino a monte le possibili deroghe.

Positiva, seppure in un’ottica di second best, è inoltre la previsione per cui nei casi disciplinati dall’ART, l’aggiudicazione avvenga solo in presenza di almeno due offerte valide, laddove in caso di un’unica offerta l’aggiudicazione del servizio possa avvenire solo per motivi di necessità e urgenza e per non più di tre anni. La ratio della norma sembra essere rinvenibile nell’esigenza, pienamente condivisa, di evitare quanto più possibile che le gare a lotto unico con una sola offerta siano vinte dagli incumbent e, in ogni caso, sollecitare alla scadenza dei 3 anni un nuovo affidamento.

 

Sempre in materia di TPL, vi sono inoltre alcune norme del TU sui SPL 6 per le quali il Consiglio di Stato auspica l’espunzione dal testo del decreto, in quanto si tratta di norme concentrate su un solo settore, idonee a produrre uno squilibrio sistematico del testo unico e, pertanto, suscettibili di porsi in contrasto con i principi della legge di delega (art. 16, c. 2).

Nel pieno rispetto della valutazione che sarà svolta sulla coerenza delle norme del TUSPL in materia di TPL con i principi della legge delega, l’Autorità ritiene comunque necessario un tempestivo intervento volto a correggere finalmente le incongruenze dell’attuale normativa e ad avviare la necessaria riforma del settore del TPL verso un assetto più concorrenziale. Pertanto, l’Autorità auspica che, quale che sia lo strumento normativo ritenuto più adatto, le disposizioni relative alla riforma del settore del TPL, ora inserite nel TUSPL, siano rapidamente approvate

 

Monitoraggio

Si ritiene, infine, di poter condividere la raccomandazione formulata dal Consiglio di Stato al Governo di vigilare “anche nei suoi rapporti col Parlamento” affinché la codificazione realizzata con il testo unico “sia preservata da tentativi di tornare a norme introdotte disorganicamente in fonti diverse, evitando, quindi, nuove dispersioni attraverso strumenti normativi episodici e disordinati”. Il Consiglio di Stato ha suggerito, altresì, di “operare un monitoraggio in ordine all’attuazione della (...) riforma (...), e di relazionare, periodicamente, al Parlamento in ordine all’impatto della (...) disciplina sul sistema dei servizi pubblici locali ed alla sua applicazione da parte dei diversi enti locali interessati, in modo da verificarne nel tempo il buon funzionamento”.

 

1 V. Corte dei conti, Deliberazione n. 24/SEZAUT/2015/FRG, capitolo 3, “Affidamento di servizi pubblici locali e strumentali”

2 Come noto, in materia di servizio idrico integrato l’attenzione negli ultimi mesi è stata focalizzata sul testo del d.d.l. recante “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l’adozione di tributi destinati al suo finanziamento”. Il testo del d.d.l., attualmente all’esame del Senato (A.S. 2343), è stato approvato il 20 aprile scorso alla Camera con una rilevante modifica, apportata dall’Aula in approvazione di un emendamento proposto dalla Commissione Ambiente. Tale modifica, che ha posto l’affidamento in house sullo stesso piano delle altre modalità di affidamento, ha suscitato le reazioni di chi sostiene che la nuova versione della norma vanifichi l’obiettivo della “ripublicizzazione” dell’acqua, ponendosi in contrasto con la volontà popolare espressa nel referendum del 2011.

In proposito, si ritiene che la soluzione fatta propria nel d.d.l. sul servizio idrico sia coerente con la soluzione prescelta dallo schema di TU sui SPL che non conferisce al modello organizzativo in house providing alcuna via preferenziale né priorità e che, all’art. 3, stabilisce che il servizio idrico integrato rimanga disciplinato dalla rispettiva normativa di settore “salve le disposizioni in materia di modalità di affidamento dei servizi”.

3 V. Corte Cost., 20 luglio 2012, n. 199.

4 V. Cons. Stato, sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2515; Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257; Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2014, n. 4599; Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2014 n. 2716; Cons. Stato, sez. VI, 11 febbraio 2013 n. 762.

5 V. Corte Giust., Grande Sezione, 9 giugno 2009, in causa C-480/06 Commissione europea c. Repubblica federale di Germania.

6 Segnatamente, gli articoli 22 (obblighi contrattuali e disposizioni per l’innovazione del trasporto pubblico locale), 23 (Modifica dei criteri di riparto del Fondo per il concorso finanziario dello Stato al Trasporto pubblico locale), 26 (Lotta all’evasione tariffaria nel settore del trasporto pubblico locale), 27 (Tutela dell’utenza nel settore del trasporto pubblico locale) e 35 (Disposizioni in materia di trasporto pubblico locale per la pianificazione e finanziamento della mobilità urbana sostenibile).

 

 

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