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Consiglio di Stato, Sez. V, 3/2/2005 n. 272
Sulla possibilità da parte di un comune di procedere all'affidamento diretto del servizio di ristorazione scolastica ad una società a capitale misto.

Un Comune, anziché esplicare il servizio di mensa scolastica direttamente o attraverso una propria azienda speciale, lo può affidare ad una società a capitale misto, con capitale maggioritario pubblico, da esso Comune costituita, tenuta ad esplicarlo a favore degli utenti, dietro corrispettivo dagli stessi utenti versato direttamente alla medesima società.
Essendo le società per azioni a capitale pubblico maggioritario alternative alle aziende speciali costituite dagli Enti locali, la concessione di pubblici servizi a tali società non richiede il previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica e, quindi, viene legittimamente affidata in via diretta, così come viene affidata in via diretta alle dette aziende speciali.
Il che è ovvio, se si considera che le società per azioni a capitale misto sono costituite dagli Enti locali al precipuo scopo di affidare loro i servizi pubblici di propria competenza.
La costituzione di una società mista a capitale pubblico maggioritario non avrebbe, invero, alcuna utilità per l'Ente locale che la ha costituita, ove, poi, lo stesso Ente non potesse affidarle direttamente i servizi pubblici di propria competenza.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 5909 del 2004, proposto dal Comune di Mentana, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Brunello Mileto, presso il cui studio, in Roma, via G.B. Tiepolo, n. 21, è elettivamente domiciliato, giusto mandato in calce al ricorso;

 

contro

la Soc. Coop Centro servizi e ristorazione a r.l., in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Lo Mastro, presso il cui studio, in Roma, via Lucrezio Caro, n. 38, è elettivamente domiciliata, giusto mandato in calce al ricorso di primo grado;

 

e nei confronti

della Ge.Se. Pu. s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma – Sez. II bis n. 3377 del 2004;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellata Soc. Coop Centro servizi e Ristorazione a r.l.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Visto il dispositivo della decisione, nel senso dell’accoglimento del ricorso in appello con compensazione delle spese di giudizio, pubblicato a norma dell’art. 4 della L. 21 luglio 2000, n. 205;

Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2004, nominata relatrice cons. Rosalia Maria Pietronilla Bellavia e uditi per le parti gli avv.ti Mileto e Lo Mastro.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

I°- Il Consiglio comunale di Mentana, con la delibera 20 settembre 2003, n. 50, affidò direttamente il servizio di mensa scolastica alla Ge.Se.Pu. s.p.a., società a prevalente capitale pubblico, costituita dallo stesso Comune.

La Soc. Coop Centro servizi e Ristorazione a r.l., precedente affidataria del detto servizio, con ricorso proposto davanti al T.A.R. Lazio-Roma, impugnò la citata delibera nonché gli atti presupposti, fra i quali, in particolare, gli atti relativi alla costituzione della società a capitale misto Ge.Se.Pu. s.p.a., e chiese, nel contempo, il risarcimento dei danni subiti.

La Sez. II bis dell’adito T.A.R., con la sentenza n. 3377 del 19 febbraio 2004, pubblicata il 19 aprile 2004, ha accolto il detto ricorso per la sola parte in cui era stato rivolto contro la citata delibera consiliare, avendo ritenuto necessaria, per l’individuazione del concessionario di un pubblico servizio, la procedura ad evidenza pubblica.

Contro tale sentenza è diretto il presente ricorso in appello, proposto dal soccombente Comune di Mentana.

L’appellata Soc. Coop. Centro servizi e Ristorazione a r.l. si è, a sua volta, costituita, controdeducendo in ordine ai motivi di appello.

II°- L’appellante, con il primo mezzo di gravame, censura l’impugnata sentenza in quanto emessa in applicazione della normativa e delle Circolari ministeriali concernenti gli appalti di pubblici servizi, mentre, nel caso, si tratta di concessione di un pubblico servizio.

La censura è fondata.

Tanto la normativa comunitaria quanto la normativa dello Stato italiano impongono la scelta dell’affidatario di servizi pubblici previa procedura ad evidenza pubblica quando tale affidamento avvenga attraverso un appalto, caratterizzato da una prestazione resa dall’appaltatore, cui corrisponde una controprestazione da parte dell’Amministrazione appaltante.

Nel caso, come anche riconosciuto dal primo Giudice, non si verte in tema di appalto di un pubblico servizio, bensì di concessione di siffatto servizio.

Infatti, il Comune appellante, anziché esplicare il servizio di mensa scolastica direttamente o attraverso una propria azienda specializzata, lo ha affidato alla società a capitale misto, con capitale maggioritario pubblico, da esso Comune costituita, tenuta ad esplicarlo a favore degli utenti, dietro corrispettivo dagli stessi utenti versato direttamente alla medesima società.

Essendo le società per azioni a capitale pubblico maggioritario alternative alle aziende specializzate costituite dagli Enti locali, la concessione di pubblici servizi a tali società non richiede il previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica e, quindi, viene legittimamente affidata in via diretta, così come viene affidata in via diretta alle dette aziende specializzate.

Il che è ovvio, se appena si considera che le società per azioni a capitale misto sono costituite dagli Enti locali al precipuo scopo di affidare loro i servizi pubblici di propria competenza.

La costituzione di una società mista a capitale pubblico maggioritario non avrebbe, invero, alcuna utilità per l’Ente locale che la ha costituita, ove, poi, lo stesso Ente non potesse affidarle direttamente i servizi pubblici di propria competenza.

Né è a dire che tale affidamento diretto a siffatte società a capitale misto contrasti con il sistema garantistico dell’ordinamento, che richiede i procedimenti ad evidenza pubblica nella scelta degli affidatari di pubblici servizi.

La scelta del partner privato di una società a capitale misto avviene, infatti, attraverso procedura ad evidenza pubblica, così come nel caso è avvenuto.

Considerato che la società a capitale misto con capitale pubblico maggioritario è costituita attraverso procedura ad evidenza pubblica e allo specifico scopo di affidarle i servizi pubblici dell’Ente locale che la ha costituita, è immediatamente conseguenziale che il relativo affidamento debba avvenire in modo diretto.

Altrimenti opinando, la costituzione di tali società miste non avrebbe alcuna pratica utilità, mentre la procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei singoli servizi costituirebbe un’inutile duplicazione di un procedimento già esperito.

Nella specie, l’affidamento del servizio di mensa solastica è stato affidato dal Comune di Mentana in via dietta alla Ge.Se.Pu. s.p.a. a capitale pubblico maggioritario, costituita e controllata dallo stesso Comune.

Ciò stante ed atteso che lo statuto della detta società prevede anche lo svolgimento del servizio di mensa, la delibera consiliare di affidamento diretto di tale servizio non contrasta, di contro a quanto ritenuto dal T.A.R., con le disposizioni in tema di concessioni di pubblici servizi contenute nell’art. 267 del R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, e negli artt. 112, 113 e 113 bis del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267.

Tali norme, sulle quali il T.A.R. ha fondato la propria decisione, riguardano, infatti, l’affidamento dei servizi industriali e, quindi, fattispecie diverse da quella in esame, nella quale non si ha alcuna gestione d’impianti, ma unicamente la fornitura di pasti agli alunni delle scuole pubbliche, preparati fuori dalle scuole.

Il primo mezzo di appello va, pertanto, accolto.

III°- Il Comune deducente, con il secondo mezzo di appello, sostiene l’inammissibilità (“rectius”irricevibilità) del ricorso di primo grado per la parte concernente l’impugnativa della delibera consiliare 2 luglio 1999, n. 53, concernente la costituzione della società a capitale misto Ge.Se.Pu. s.p.a..

L’assunto è fondato.

Il T.A.R. in ordine a tale delibera si è limitato a rilevare la mancanza di un interesse attuale alla relativa impugnativa in capo alla ricorrente, stante l’accoglimento dell’impugnativa principale.

Tale primo Giudice non ha, quindi, rilevato che l’impugnativa della citata delibera era tardiva e, pertanto, irricevibile, in quanto proposta dopo circa quattro anni dalla data della sua adozione.

Nel caso, costituendo la delibera consiliare 2 luglio 1999, n. 53, presupposto della delibera consiliare 20 settembe 2003, n. 50, impugnata in via principale dall’appellata Soc. Coop. Centro servizi e Ristorazione a r.l. davanti al T.A.R., il Collegio deve rilevare la tardività della relativa impugnativa e, quindi, l’irricevibilità “in parte qua” del ricorso di primo grado.

La costituzione della società mista Ge.Se.Pu. s.p.a., cui affidare direttamente la gestione dei servizi di competenza comunale, ha, infatti, immediatamente leso gli interessi della Soc. Coop. Centro servizi e Ristorazione a r.l., in quanto preclusiva della possibilità per la stessa di ottenere l’appalto di tali servizi.

Né, da altra parte, può ritenersi esperibile l’impugnativa dell’atto di costituzione di una società mista solo allorchè alla stessa sia direttamente affidato un pubblico servizio, risultando ciò incompatibile con la certezza dell’ordinamento.

Ove fosse dato impugnare la costituzione di una società a capitale misto in un qualunque successivo momento, sia pure in concomitanza all’affidamento diretto a tale società di un servizio pubblico, l’Ente locale che ha provveduto alla costituzione della società, con evidente impegno economico, resterebbe in perpetuo esposto all’annullamento del relativo atto costitutivo, con ovvia compromissione negativa della propria azione organizzativa dei servizi che è tenuto ad assicurare alla collettività.

Così come sostenuto dall’appellante, il ricorso di primo grado va, pertanto, dichiarato irricevibile per la parte in cui è stato rivolto contro la delibera consiliare 2 luglio 1999, n. 53.

IV°- Il Comune deducente, con il terzo mezzo di appello, censura l’impugnata sentenza per erroneità della motivazione, essendovi stato ritenuto il servizio di mensa scolastica a rilevanza industriale, senza tener conto della motivazione contenuta nella delibera impugnata in via principale.

Il gravame è fondato.

Come già prima notato, il servizio di mensa offerto agli alunni delle scuole pubbliche non è un servizio industriale, non dando luogo ad alcun vantaggio economico per l’Amministrazione che lo assicura e non essendo svolto in situazione di competizione con altri operatori dello stesso settore.

Per altro, il carattere non industriale del detto servizio risultava, nel caso, espressamente indicato nella delibera con la quale esso è stato direttamente affidato alla Ge.Se.Pu. s.p.a..

Nel contesto di tale delibera è stata, infatti, evidenziata la necessità di assicurare il servizio in oggetto attraverso una più attenta gestione, comprensiva dei compiti di controllo e di riscossione dei pagamenti, necessità che poteva essere sodisfatta affidandolo alla detta società a capitale misto, soggetta a controllo da parte del Comune, avente con tale società una relazione interorganica, competendogli la nomina della maggioranza del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale.

Il primo Giudice, nonostante nella delibera “de qua” fosse stato evidenziato il carattere non industriale del servizio, lo ha, invece, ravvisato industriale, senza motivare circa le ragioni del suo diverso avviso, rispetto a quanto emergente dalla delibera sottoposta al suo sindacato di legittimità.

Donde il difetto di motivazione rilevato sul punto dall’appellante a carico dell’impugnata sentenza e, per conseguenza, l’erronea applicazione al caso dell’art. 35 della L. 28 dicembre 2001, n. 448, che ha sostituito l’art. 113 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, riguardante i servizi pubblici locali di rilevanza industriale.

Sostanzialmente, il primo Giudice ha erroneamente nonché immotivatamente ravvisato il servizio in oggetto come industriale ed ha, poi, in via conseguenziale, erroneamente ritenuto applicabile al caso la norma riguardante i servizi locali di rilevanza industriale (art. 113 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dall’art. 35 della L. 28 dicembre 2001, n. 448), anziché ravvisare la fattispecie soggetta alla disciplina dei servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale, posta con l’art. 113 bis del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dall’art. 35 della L. 28 dicembre 2001, n. 448.

Anche il terzo mezzo di gravame merita, quindi, accoglimento.

V°- Il Comune deducente, con il quarto motivo di appello censura l’impugnata sentenza per omessa applicazione al caso del comma 15 bis dell’art. 113 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, introdotto dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

La censura non ha pregio.

Con il detto comma 15 bis è stata stabilita, in mancanza di esplicite norme disciplinanti un congruo periodo di transizione, la cessazione, entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, delle concessioni di servizi di rilevanza industriale rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica.

Lo stesso comma 15 bis ha, poi, escluso dalla disposta cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto per le quali il socio privato sia stato scelto mediante procedura ad evidenza pubblica.

Le disposizioni “de quibus” riguardano esclusivavemte i servizi pubblici locali di rilevanza industriale.

Il che è ovvio, atteso che per i servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale, non operando alcuna limitazione circa l’affidamento diretto alle società con capitale misto, non occorreva procedere ad alcuna cessazione “ex lege” dei disposti affidamenti in via diretta a tali società.

Nella fattispecie, non vertendosi in tema di servizio a rilevanza industriale, il comma 15 bis dell’art. 113 del D.Lgs 28 dicembre 2001, n. 448, non poteva, né può, trovare, quindi, applicazione.

Il quarto ed ultimo mezzo di appello deve, conseguentemente, essere disatteso.

VI°- Circa le tesi difensive svolte dall’appellata Soc. Coop. Centro servizi e Ristorazione a r.l., si osserva che esse, salvo quella concernente l’ultimo mezzo di appello, mancano di fondamento, giusto quanto prima osservato.

In particolare, va escluso che il Comune di Mentana sarebbe incorso nella violazione del principio della libera concorrenza, atteso che l’affidamento diretto del servizio di mensa scolastica è privo di rilevanza industriale ed è stato disposto in piena conformità alla normativa operante in materia di servizi non aventi rilevanza industriale (art. 113 bis del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267).

Né la Società appellata può trarre giovamento dai rilievi mossi alle modalità di costituzione della società a capitale misto Ge.Se.Pu. s.p.a., attesa la già rilevata tardiva impugnazione in primo grado della delibera consiliare del Comune di Mentana 2 luglio 1999, n. 53, con la quale tale società mista è stata costituita.

Quanto all’assunto, per altro indimostrato, che la Ge.Se.Pu. s.p.a. avrebbe subappaltato il servizio di mensa scolastica, va osservato che trattasi di circostanza di fatto, ancorchè sussistente, riguardante lo svolgimento del servizio e non già l’affidamento dello stesso, su cui verte l’impugnativa, legittimamente affidato, in via diretta, alla Ge.Se.Pu. s.p.a..

Né, di contro a quanto assunto dall’appellata, il Comune nella delibera di affidamento in via diretta alla Ge.Se.Pu. s.p.a. del servizio di cui trattasi sarebbe stato tenuto a motivare circa la scelta di tale modulo organizzativo.

La detta scelta è stata, infatti, operata allorchè è stata costituita la detta società mista, per assicurare in un primo momento taluni servizi e successivamente gli altri, tutti quanti previsti nel relativo statuto.

Essenso stata la scelta di affidare i vari servizi alla società a capitale misto, appositamente costituita, già operata con la delibera 2 luglio 1999, n. 53, non occorreva, certo, che in sede di affidamento diretto del servizio di mensa scolastica alla Ge.Se.Pu. s.p.a. si dovesse nuovamente motivare circa tale determinazione.

Parimenti, l’appellata Società non ha ragione nel dedurre la violazione dei principi e delle regole, anche comunitari, operanti in materia di scelta del contraente, atteso che, giusto quanto prima osservato, il Comune ha proceduto all’affidamento diretto del servizio in argomento in base alla normativa prevedente tale possibilità.

Quanto, infine, alla dedota inapplicabilità alla fattispecie in esame del comma 15 bis dell’art. 113 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, si osserva che il Collegio “sub” V ne ha già rilevato l’inapplicabilità a tale fattispecie, in quanto la detta norma non riguarda i servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale, nel cui ambito si verte.

Stante tale rilievo, ogni altro profilo d’inapplicabilità della norma “de qua” prospettato dall’appellata ne resta, ovviamente, assorbito.

Le tesi difensive dell’appellata debbono, pertanto, essere disattese.

VIII°- Sulla scorta di tutto quanto considerato, stante la fondatezza dei tre primi mezzi di gravame dedotti, il presente ricorso in appello va accolto e, conseguentemente, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso di primo grado va respinto per la parte in cui è stato diretto contro la delibera consiliare del Comune di Mentana 20 settembre 2003, n. 50, mentre va dichiarato irricevibile per la parte in cui è stato diretto contro la delibera consiliare del prefato Comune 2 luglio 1999, n. 53.

Sussistono, tuttavia giusti motivi per compensare interamente, tra le parti, le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quinta) definitivamente pronunciando:

1°)- accoglie il ricorso in appello specificato in epigrafe e, per l’effetto, in totale riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado per la parte in cui è stato rivolto contro la delibera consiliare del Comune di Mentana 20 settembre 2003, n. 50, mentre dichiara irricevibile lo stesso ricorso di primo grado per la parte in cui è stato diretto avverso la delibera consiliare del prefato Comune 2 luglio 1999, n. 53;

2°)- compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 26 ottobre 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quinta), riunito in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti magistrati:

Emidio Frascione                                            Presidente

Rosalia Maria Pietronilla Bellavia                     Consigliere estensore

Corrado Allegretta                                          Consigliere

Cesare Lamberti                                             Consigliere

Marzio Branca                                    Consigliere

 

L'ESTENSORE                                                         IL PRESIDENTE

f.to Rosalia Maria Pietronilla Bellavia               f.to Emidio Frascione

 

IL SEGRETARIO

f.to Gaetano Navarra

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 3 febbraio 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

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