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TAR Campania, Napoli, Sez. I, 20/12/2005 n. 20502
Sul divieto disposto dall'art. 23, c. 1, della l. comunitaria 2004 di rinnovare i contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi.

Cfr. in senso difforme la sentenza del Tar Lazio, sez. I bis, 12 dicembre 2005, n. 13404.

La legge n. 62/2005 (legge comunitaria 2004) ha modificato la disciplina in materia di rinnovo dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, disponendo, all'art. 23, c. 1, la soppressione dell'ultimo periodo dell'art. 6, comma 2, delle legge 24 dicembre 1993, n. 537. La ratio legis è proprio quella di tutelare il principio dell'evidenza pubblica (obbligo di gara) in materia di contratti della pubblica amministrazione. Tanto più che i principi e le direttive comunitarie in materia di appalti impongono il rispetto della concorrenza e della par condicio quali principi fondanti della disciplina comunitaria degli appalti pubblici, e quindi il ricorso alle procedure di evidenza pubblica (gara) nella scelta dei contraenti delle pubbliche amministrazioni, senza che tali principi possano essere elusi attraverso forme alternative alla gara.
Lo scopo della norma del 2005 sembra, così, essere quello di eliminare le fattispecie di rinnovo contrattuale in sé considerato, sia esso tacito o espresso, rendendo comunque necessario, alla scadenza del contratto, l'espletamento delle gare ad evidenza pubblica in conformità con la disciplina comunitaria e con i principi generali dell'ordinamento.

Materia: appalti / appalti pubblici di servizi

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione Prima          

- composto dai Signori:           

1) Giancarlo Coraggio - Presidente

2) Luigi Domenico Nappi - Consigliere

3) Carlo Buonauro – Referendario - relatore

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 3864/2005  proposto da:

CARUSO NICOLA rappresentato e difeso da: ZUPPARDI EZIO MARIA, DE VINCENTIS GIUSEPPE con domicilio eletto in NAPOLI, VIALE GRAMSCI N.16 presso ZUPPARDI EZIO MARIA 

 

contro

COMUNE DI CUSANO MUTRI rappresentato e difeso da:

D'ANGELO ANTONIO con domicilio eletto in NAPOLI RIONE SIRIGNANO,6 presso la sua sede

 

e nei confronti di

DITTA DI BIASE GIOVANNI

 

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,

della delibera di G.M. del Comune di Cusano Mutri n. 39 del 24 febbraio 2005, con la quale si dispone (per la seconda volta) il rinnovo in favore della ditta Di Biase dell’appalto del servizio di trasporto scolastico per il triennio 2005/2008; nonché, se adottato, dell’eventuale provvedimento di rinnovo dell’appalto in favore della citata ditta Di Biase, a seguito della delibera n. 39;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Cusano MutriNapoli;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 16 novembre 2005, il  Dott. Carlo Buonauro;

Uditi i difensori delle parti, come da verbale di causa.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

La ricorrente, ditta operante nel settore del trasporto scolastico nella provincia di Benevento, dopo aver premesso in fatto che

-          con bando del 2000 il comune di Cusano Mutri indiceva una gara mediante pubblico incanto per l'appalto del servizio di trasporto di alunni per l'anno scolastico 2000-2003;

-          che la ditta odierna ricorrente, a seguito di esclusione dell’unica altra ditta concorrente, si aggiudicava la gara in forza del ribasso offerto pari allo 0.001%;

-          che alla scadenza del primo triennio veniva rinnovata l’aggiudicazione alle stesse condizioni economiche;

-          che con delibera di G.M. del Comune di Cusano Mutri n. 39 del 24 febbraio 2005 si è disposto (per la seconda volta) il rinnovo in favore della ditta Di Biase dell’appalto del servizio di trasporto scolastico per il triennio 2005/2008;

tutto ciò premesso, impugna gli atti in epigrafe, rilevando come la proroga ivi disposta si pone in contrasto con consolidati principi, sia di diritto nazionale che di diritto comunitario, che impongono l'indizione della gara e che non può trovare applicazione l'art. 44 l. n. 724/94.

Il comune di Cusano Mutri si costituiva in giudizio, contrastando il ricorso e ritenendolo inammissibile e comunque infondato. Non si costituiva, benché ritualmente citata, la ditta controinteressata.

Alla udienza del 16 novembre 2005 la causa è passata in decisione.

 

DIRITTO

La domanda principale concerne l'annullamento della determinazione con la quale il Comune di Cusano Mutri ha rinnovato, per la seconda volta e per il triennio 2005-2008, il contratto in scadenza il 30 giugno 2005 in base al quale la ditta odierna controinteressata svolgeva il servizio di trasporto scolastico.

L’amministrazione resistente ha ritenuto infondata la dedotta censura di violazione dell'art. 44 della legge 1994 n. 724, recante il divieto di rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, perché la medesima disposizione ammette la rinnovazione quando sussistano ragioni di convenienza e di pubblico interesse, che nella specie ci sarebbero. Parte ricorrente contesta tale conclusione rilevando, per un verso, che la norma invocata richiede due presupposti: la convenienza, da intendersi come situazione vantaggiosa sul piano economico, e le ragioni di tutela dell'interesse pubblico, che nella specie non sono state congruamente individuate. E, per altro verso, l’illegittimità dell’impugnato atto alla luce dell’entrata in vigore della diversa disciplina sul punto contenuta nella recente Legge n. 62/05.

Occorre dunque darsi carico in primo luogo della fondatezza del ricorso onde stabilire se la disposta rinnovazione del contratto fosse da considerare legittima.

Va allora esaminata l'eccezione di difetto di legittimazione all'impugnazione avanzata dalla P.A. resistente, la quale osserva che il ricorrente non disponesse nella specie di quella posizione qualificata e differenziata che la avrebbe abilitata a chiedere in giudizio l'annullamento del provvedimento di rinnovo del contratto ai sensi dell'art. 6 della legge n. 537 del 1993 in ragione del mancato possesso del certificato di idoneità professionale per l’attività in questione.

Sul punto deve ribadirsi che la scelta della pubblica amministrazione di rinnovare il contratto ai sensi dell'art. 6 della legge n. 537 del 1993, nel testo sostituito dall'art. 44 della legge n. 724 del 1994 può essere impugnata da ogni soggetto che operi nel medesimo settore nel quale si svolge il rapporto in corso, per l'evidente ragione che l'eventuale illegittimità del provvedimento, ove accertata dal giudice, aprirebbe la via ad una procedura concorsuale che potrebbe risolversi con l'acquisizione del servizio. E' noto, del resto, il principio consolidato nella giurisprudenza ammini-strativa che riconosce la tutelabilità dell'interesse c.d. strumentale.

Orbene, essendo il ricorrente soggetto attivo nel settore della trasporto scolastico ed in possesso dei requisiti di cui al D.M. 448/91 in forza della costituzione di associazione in partecipazione ex art. 2549 e ss. c.c. (cfr. documenti in atti) e come tale aspirante all'aggiudicazione del servizio, ne consegue l'infondatezza della dedotta eccezione di inammissibilità.

Il Collegio, venendo al merito, ritiene di non poter condividere le argomentazioni con cui parte resistente ha ritenuto sussistenti la ragioni di convenienza imposte dall'art. 6 comma 2, della legge n. 537 del 1993 (nel testo sostituito dall'art. 44 del-la legge n. 724 del 1994), per la circostanza che il contratto era stato rinnovato alle stesse condizioni del precedente.

E' da condividere in primo luogo l'opinione che, con il concetto di convenienza, la legge abbia voluto riferirsi al profilo del vantaggio economico che sarebbe derivato dalla rinnovazione. Milita in tal senso il rilievo che una lettura dell'espressione riferita ad una generica convenienza, nel senso di opportunità connessa alle ragioni gestionali più svariate, si risolverebbe in un apprezzamento di pubblico interesse. E poiché il pubblico interesse è espressamente menzionato come secondo presupposto della rinnovazione si perverrebbe ad una lettura tautologica della norma.

Ma, oltre ciò, assumono rilievo le disposizioni di cui all’art. 6, commi 6 e 11, della legge in esame recanti disposizioni specificamente dirette ad acquisire le informazioni concernenti i prezzi correnti al precipuo fine di valutare la convenienza della rinnovazione.

Se ne trae il convincimento che il profilo delle condizioni di carattere economico, alle quali il contratto sarebbe stato rinnovato avrebbe dovuto essere oggetto di una istruttoria che nella specie non è stata condotta. Né allo stesso fine poteva considerarsi sufficiente la circostanza che l'impresa titolare del servizio avrebbe continuato a svolgerlo agli stessi prezzi già praticati con il precedente rapporto.

E' evidente infatti che – in disparte la questione sulla reiterazione del potere di rinnovo - in tal modo risulta elusa la finalità della disposizione applicata, da individuarsi nella imposizione di nuove negoziazioni capaci di ottenere le economie oggettivamente possibili in relazione alle concrete condizioni di mercato.

Va peraltro osservato che l’illegittimità dell’impugnato provvedimento emerge, più in radice, anche alla luce della nuova disciplina sopravvenuta in materia. Ed, invero, viene in linea di conto il disposto di cui all’art. 23 della legge 18 aprile 2005, n. 62, recante Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2004: tale norma, infatti, ha modificato la disciplina in materia di rinnovo dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, disponendo, all’art. 23, comma 1, che l’ultimo periodo dell’art. 6, comma 2, delle legge 24 dicembre 1993, n. 537 e successive modificazioni, è soppresso.

In particolare, con specifico riferimento al caso di specie, viene in rilievo la previsione di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 23, che disciplinano espressamente la sorte dei contratti già scaduti, o in scadenza nei sei mesi successivi all’entrata in vigore della legge:

Essi, infatti, consentono rispettivamente, per quanto attiene ai contratti inerenti l’acquisto o la fornitura di beni e servizi, una proroga non superiore ai sei mesi per il tempo necessario alla stipula di nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica; per quanto attiene ai contratti inerenti lo svolgimento di funzioni o servizi pubblici non aventi rilevanza economica in quanto non ricadenti nell’ambito dell’art. 113 del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, la proroga del rapporto per una sola volta e per un periodo di tempo non superiore alla metà dell’originaria durata contrattuale (comunque non oltre la data del 31 dicembre 2008), a condizione che sia pattuita la riduzione del corrispettivo di almeno il 5 per cento.

Tali disposizioni, nel disciplinare la situazione del contraente che, a contratto scaduto ovvero a ridosso della sua scadenza, si trova nell’impossibilità giuridica di ottenere un rinnovo che invece, al momento della stipula del contratto originario era possibile, devono ritenersi applicabile al caso, quale quello di specie, di contratto derivante da un (secondo) rinnovo, poiché escludono espressamente, anche per i contratti non ancora scaduti, l’ipotesi del rinnovo, ammettendone unicamente una proroga limitata nel tempo ed assoggettata a determinate condizioni.

In altre parole, se si legge la norma in questione nella sua interezza, non può non rilevarsi il collegamento logico fra le diverse previsioni: da un lato, il comma 1, in attuazione delle richieste della Commissione, elimina le disposizioni inerenti il rinnovo espresso e motivato dei contratti pubblici; dall’altro, i commi 2 e 3 disciplinano contestualmente la proroga eventuale dei contratti stessi, facendo espresso riferimento ai contratti scaduti o in scadenza entro sei mesi, e presupponendo pertanto che il rinnovo non possa più avere luogo neppure per i contratti già scaduti (siano essi già o non ancora rinnovati all’entrata in vigore della legge), che possono soltanto essere prorogati alle condizioni previste.

Tale orientamento, inoltre, trova un ulteriore supporto argomentativo nella ratio legis e nella collocazione della norma all’interno della Legge comunitaria per il 2004, assumendo decisiva rilevanza, al riguardo, la genesi della disposizione considerata.

Infatti, come già osservato in dottrina, la Commissione Europea ha avviato nei confronti dell’Italia apposita procedura di infrazione n. 2110/2003, in quanto le disposizioni dettate dall’art. 44 della legge n. 724/1994 e dall’art. 6 della legge n. 537/1993 “consentirebbero alle amministrazioni pubbliche di attribuire, in modo diretto e senza alcuna procedura di messa in concorrenza, nuovi appalti di servizi e di forniture, che verrebbero così affidati mediante procedure non coerenti con il diritto comunitario…Invero le norme in questione interpretate sistematicamente risultano già abrogate. Le censure mosse … nondimeno muovono dalla constatazione di pronunce giurisprudenziali e prassi amministrative orientate nel senso di ammettere la vigenza delle norme in questione. Stante un’obiettiva incertezza interpretativa ..si rende utile l’emanazione di apposita norma…che consenta di porre fine alla procedura di infrazione ”.

Ne consegue che l’art. 23 della legge n. 62/2005 costituisce la diretta risposta del legislatore alle censure della Commissione e, per tale motivo, la ratio legis è proprio quella di massimamente tutelare il principio dell’evidenza pubblica (obbligo di gara) in materia di contratti della pubblica amministrazione. Tanto più che i principi e le direttive comunitarie in materia di appalti impongono il rispetto della concorrenza e della par condicio quali principi fondanti della disciplina comunitaria degli appalti pubblici, e quindi il ricorso alle procedure di evidenza pubblica (gara) nella scelta dei contraenti delle pubbliche amministrazioni, senza che tali principi possano essere elusi attraverso forme (quali, nell’ottica della Commissione Europea, il rinnovo) alternative alla gara.

Lo scopo della norma del 2005 sembra, così, essere quello di eliminare le fattispecie di rinnovo contrattuale in sé considerato, sia esso tacito o espresso, rendendo comunque necessario, alla scadenza del contratto, l’espletamento delle gare ad evidenza pubblica in conformità con la disciplina comunitaria e con i principi generali dell’ordinamento.

Ne consegue che se si potesse ritenere che tale norma non si applica ai contratti in essere, essa verrebbe svuotata di gran parte del suo significato, con conseguente violazione della ratio legis ad essa stessa sottesa.

In conclusione la deliberazione impugnata risulta affetta dai vizi denunciati e va quindi annullata.

Deve allora procedersi all'esame della domanda di risarcimento del danno che parte ricorrente assume di aver subito per effetto della perdita della chance di partecipare ad una pubblica gara per l'affidamento del servizio nel periodo in questione. A que-st'ultimo riguardo lamenta di essere stato privato illecitamente di una entità eco-nomicamente rilevante che sarebbe appartenuta al suo patrimonio, ossia la chance di partecipare la gara che il Comune avrebbe indetto se non si fosse avvalso, illegit-timamente, della facoltà di rinnovo di cui all'art. 6 della legge n. 537 del 1993.

La tesi va disattesa.

In disparte l’esiguità temporale del periodo di servizio coperto dall’impugnato provvedimento, deve osservarsi come nella specie, se è da ammettere la titolarità di un interesse qualificato all'impugnazione, per la sua valenza strumentale verso la astratta prospettiva di una scelta favorevole dell'Amministrazione, nondimeno la possibilità di acquisizione del servizio è a tal punto ipotetica e remota da far esclu-dere la figura del danno giuridicamente rilevante ai fini della tutela risarcitoria.

Il ricorso, dunque, per questa parte deve essere rigettato

La spese possono essere compensate.

 

P.Q.M

Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA - Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie, e per l'effetto annulla la delibera di G.M. del Comune di Cusano Mutri n. 39 del 24 febbraio 2005, con la quale si dispone (per la seconda volta) il rinnovo in favore della ditta Di Biase dell’appalto del servizio di trasporto scolastico per il triennio 2005/2008.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del  16 novembre 2005.

Giancarlo  Coraggio           Presidente

Carlo Buonauro                Componente, est.

 

Depositata in segreteria

il 20 dicembre 2005

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