HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Corte di giustizia europea, Sez. II, 18/7/2007 n. C-382/05
Sulla qualificazione delle convenzioni per l'utilizzo dei rifiuti urbani stipulate dal Commissario Delegato per l'emergenza rifiuti nella Regione Siciliana come appalti pubblici di servizi soggetti alla direttiva 92/50.

Devono essere considerate come appalti pubblici di servizi soggetti alla direttiva 92/50 e non come concessioni da essa escluse, le convenzioni per l'utilizzo dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, stipulate dal Commissario Delegato per l'emergenza rifiuti nella Regione Siciliana e pertanto, la loro aggiudicazione può intervenire soltanto in osservanza delle disposizioni della predetta direttiva, in particolare dei suoi artt. 11, 15 e 17, pubblicando un apposito bando di gara sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Materia: comunità europea / appalti

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

 

18 luglio 2007 (*)

 

«Inadempimento di uno Stato – Appalti pubblici di servizi – Direttiva 92/50/CEE – Convenzioni relative al trattamento di rifiuti urbani – Qualificazione – Appalto pubblico – Concessione di servizi – Misure di pubblicità»

 

Nella causa C-382/05,

 

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 20 ottobre 2005,

 

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Aresu e X. Lewis, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

 

contro

 

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

 

LA CORTE (Seconda Sezione),

 

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. P. Kuris, K. Schiemann (relatore), L. Bay Larsen e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell’8 marzo 2007

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di decidere la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che, dato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la protezione civile – Ufficio del Commissario delegato per l’emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia ha indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nei comuni della Regione Siciliana e ha concluso le dette convenzioni senza applicare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre  2001, 2001/78/CE (GU L 285, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 92/50»), e, in particolare, senza la pubblicazione dell’apposito bando di gara sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della predetta direttiva e, in particolare, dei suoi artt. 11, 15 e 17.

 

 Contesto normativo

 

 Normativa comunitaria

2        L’art. 1, lett. a), della direttiva 92/50 stabilisce:

 

«a)      “appalti pubblici di servizi”, i contratti a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra un prestatore di servizi ed un’amministrazione aggiudicatrice (…)»

 

3        L’art. 8 di tale direttiva dispone:

 

«Gli appalti aventi per oggetto servizi elencati nell’allegato I A vengono aggiudicati conformemente alle disposizioni dei titoli da III a VI».

 

4        L’art. 15, n. 2, della direttiva 92/50, il quale figura nel titolo V di quest’ultima, recita:

 

«Le amministrazioni che intendono aggiudicare un appalto pubblico di servizi mediante procedura aperta, ristretta o, nei casi stabiliti nell’art. 11, negoziata, rendono nota tale intenzione con un bando di gara».

 

5        Ai sensi dell’art. 17 della direttiva 92/50:

 

«1.      I bandi o avvisi vanno redatti conformemente ai modelli contenuti negli allegati III e IV e devono fornire le informazioni richieste in tali modelli.

 

(…)

 

4.      I bandi di gara di cui all’art. 15, nn. 2 e 3, sono pubblicati per esteso nella Gazzetta ufficiale      delle Comunità europee e nella banca di dati TED, nelle rispettive lingue originali. Un riassunto degli elementi importanti di ciascun bando viene pubblicato nelle altre lingue ufficiali delle Comunità; il testo nella lingua originale è l’unico facente fede.

 

(…)».

 

6        L’allegato I A della direttiva 92/50, intitolato «Servizi a norma dell’art. 8», comprende segnatamente la categoria 16, denominata «Eliminazione di scarichi di fogna e di rifiuti; disinfestazione e servizi analoghi», alla quale corrisponde il numero di riferimento CPC 94.

 

7        L’allegato III di detta direttiva contiene in particolare i modelli di «avviso indicativo» e di «bando di gara d’appalto».

 

 Normativa nazionale

 

8        L’art. 4 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 maggio 1999, n. 2983 (GURI n. 132 dell’8 giugno 1999), come modificata dall’ordinanza 22 marzo 2002, n. 3190 (in prosieguo: l’«ordinanza n. 2983/99»), dispone:

 

«Il Commissario delegato, Presidente della Regione Siciliana, sentito il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, stipula convenzioni per la durata massima di venti anni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nei comuni della Regione Siciliana (…). A tal fine il Commissario delegato, Presidente della Regione Siciliana, individua gli operatori industriali in base a procedure di evidenza pubblica, in deroga alle procedure di gara comunitarie (…)».

 

9        Le parole «in deroga alle procedure di gara comunitarie» di cui alla predetta disposizione sono state soppresse per effetto dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 gennaio 2004, n. 3334 (GURI n. 26 del 2 febbraio 2004).

 

 Fatti di causa e procedimento precontenzioso

 

10      Con ordinanza 5 agosto 2002, n. 670, il Presidente della Regione Siciliana, agendo nella sua qualità di Commissario delegato per l’emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia (in prosieguo : il «Commissario delegato») e in base all’art. 4 dell’ordinanza n. 2983/99, ha approvato un documento intitolato «Avviso pubblico per la stipula di convenzioni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nella Regione Siciliana» (in prosieguo: l’«avviso controverso»). L’avviso controverso comprende tre allegati. L’allegato A enuncia le «[l]inee guida per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata prodotta nei Comuni della Regione Siciliana». L’allegato B s’intitola «Piano finanziario riassuntivo» e l’allegato C contiene una convenzione tipo da stipulare con gli operatori prescelti (in prosieguo: la «convenzione tipo»).

 

11      Il 7 agosto 2002, un avviso relativo alle convenzioni summenzionate, predisposto sulla base del modello di avviso denominato «Avviso indicativo» contenuto nell’allegato III della direttiva 92/50, è stato inviato all’Ufficio delle pubblicazioni. Tale avviso è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU S 158, versione elettronica) in data 16 agosto 2002.

 

12      L’avviso controverso è stato invece pubblicato il 9 agosto sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana.

 

13      Avendo ricevuto un reclamo riguardante tale procedura, il 15 novembre 2002 la Commissione ha trasmesso alle autorità italiane una lettera di richiesta di informazioni, alla quale queste ultime hanno risposto con lettera del 2 maggio 2003.

 

14      Il 17 giugno 2003, il Commissario delegato ha stipulato quattro convenzioni, ricalcate sostanzialmente sulla convenzione tipo, rispettivamente con la Tifeo Energia Ambiente S.c.p.a., la Palermo Energia Ambiente S.c.p.a., la Sicil Power SpA e la Platani Energia Ambiente S.c.p.a. (in prosieguo: le «convenzioni controverse»).

 

15      Il 17 ottobre 2003, la Commissione, ai sensi dell’art. 226 CE, ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di diffida imputando a tale Stato membro una violazione della direttiva 92/50, in particolare degli artt. 11, 15 e 17 di quest’ultima. Non soddisfatta della risposta del 1°aprile 2004 a tale diffida, in data 9 luglio 2004 la Commissione ha trasmesso alla Repubblica italiana un parere motivato invitando quest’ultima a porre fine all’inadempimento contestatole entro il termine di due mesi.

 

16      Nella loro risposta al predetto parere motivato, intervenuta il 24 settembre 2004, le autorità italiane hanno contestato l’inadempimento sopra citato.

 

17      Non giudicando soddisfacente siffatta risposta, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

 

 Sul ricorso

 

 Argomenti delle parti

 

18      La Commissione sostiene che le convenzioni controverse costituiscono appalti pubblici di servizi ai sensi dell’art. 1 della direttiva 92/50 e che non sono state concluse nel rispetto dei requisiti di pubblicità derivanti da tale direttiva. Essa rileva, in particolare, che l’avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee non è stato pubblicato mediante il modello di bando di gara d’appalto prescritto dall’allegato III di suddetta direttiva per l’aggiudicazione di appalti pubblici, bensì facendo uso del modello cosiddetto «indicativo» di cui al medesimo allegato. I prestatori di servizi non nazionali sarebbero stati inoltre discriminati rispetto agli operatori nazionali che hanno beneficiato di un bando di gara d’appalto dettagliato pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana.

 

19      Secondo la Commissione, le convenzioni controverse non possono essere qualificate come concessioni di servizi escluse, come sostenuto dalla Repubblica italiana, dall’ambito di applicazione della direttiva 92/50. Infatti, la remunerazione degli operatori non consisterebbe nel loro diritto di sfruttare la propria prestazione riscuotendo proventi presso l’utente e assumendosi nel contempo tutti i rischi legati a detta attività.

 

20      Da un lato, la remunerazione dell’operatore consisterebbe, nella fattispecie, in una tariffa versatagli direttamente dal Commissario delegato, tariffa il cui importo viene fissato, dalle convenzioni controverse, in euro per tonnellata di rifiuti trasferita all’operatore dai comuni. Per quanto riguarda i redditi che l’operatore sarebbe, peraltro, in grado di trarre dalla vendita di energia elettrica prodotta in occasione della termovalorizzazione dei rifiuti, essi non costituirebbero un elemento del corrispettivo di detto operatore.

 

21      D’altro lato, l’operatore non sopporterebbe il rischio inerente a tale attività, poiché, in particolare, le convenzioni controverse gli garantiscono il conferimento di un quantitativo annuo minimo di rifiuti, mentre prevedono l’adeguamento annuo dell’importo della tariffa al fine di tener conto dell’evoluzione dei costi da lui sostenuti. Inoltre, tali convenzioni contemplerebbero un adeguamento di suddetta tariffa nell’ipotesi in cui la quantità annua effettiva di rifiuti conferita risulti minore del 95% ovvero maggiore del 115% rispetto alla quantità minima garantita, e ciò al fine di garantire l’equilibrio economico e finanziario dell’operatore.

 

22      Il governo italiano sostiene, all’opposto, così come emerge in particolare dalla giurisprudenza nazionale, che le convenzioni controverse configurano concessioni di servizi escluse dal campo di applicazione della direttiva 92/50.

 

23      In primo luogo, tali convenzioni avrebbero ad oggetto la delega di un servizio di interesse generale la cui continuità dev’essere garantita dall’operatore.

 

24      In secondo luogo, i servizi in questione sarebbero erogati direttamente agli utenti, ossia alla collettività degli abitanti dei comuni che producono i rifiuti, abitanti sui quali graverebbe alla fine il costo della tariffa versata all’operatore, dovendo essi pagare ai comuni una tariffa che copre tanto la raccolta quanto il trattamento dei rifiuti, e i quali remunerebbero dunque tali servizi. Il Commissario delegato svolgerebbe, a tal riguardo, unicamente un ruolo di intermediario.

 

25      In terzo luogo, l’obbligo di smaltire i rifiuti con produzione di energia e, pertanto, la vendita di quest’ultima, rientrerebbe appunto nell’oggetto delle convenzioni controverse. Sarebbe d’altronde tipico che la remunerazione di una concessione provenga non solamente dal prezzo pagato dall’utente, ma anche da altre attività connesse al servizio erogato.

 

26      In quarto luogo, e tenuto conto dell’importanza finanziaria degli investimenti effettuati dall’operatore, che sarebbero vicini ad un miliardo di euro, nonché alla lunga durata delle convenzioni controverse, vale a dire 20 anni, i proventi da realizzare da parte dell’operatore presenterebbero carattere aleatorio tanto più che una parte di essi deriverebbe dalla vendita dell’energia prodotta.

 

27      In quinto luogo, la responsabilità dell’organizzazione e della gestione dei servizi in tal modo delegati graverebbe esclusivamente sull’operatore, visto che l’amministrazione si limita ad un mero ruolo di vigilanza.

 

28      Per quanto riguarda le concessioni di servizi, la trasparenza richiesta potrebbe essere garantita con ogni mezzo appropriato, fra cui la pubblicazione, come nella specie, di un avviso in quotidiani nazionali specializzati.

 

 Giudizio della Corte

 

29      Come risulta da una giurisprudenza costante, le concessioni di servizi sono escluse dall’ambito di applicazione della direttiva 92/50 (v., in particolare, sentenze 21 luglio 2005, causa C-231/03, Coname, Racc. pag. I-7287, punto 9, nonché 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I-8585, punto 42).

 

30      Poiché il governo italiano ha insistito diverse volte sul fatto che, secondo la giurisprudenza nazionale, convenzioni come quelle controverse devono essere qualificate come concessioni di servizi, è opportuno rammentare, in via preliminare, che la definizione di appalto pubblico di servizi rientra nella sfera del diritto comunitario, per cui la qualificazione delle convenzioni controverse nell’ordinamento italiano non è pertinente al fine di accertare se queste ultime rientrino nell’ambito d’applicazione della direttiva 92/50 (v., in tal senso, sentenze 20 ottobre 2005, causa C-264/03, Commissione/Francia, Racc. pag. I-8831, punto 36, e 18 gennaio 2007, causa C-220/05, Auroux e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 40).

 

31      Di conseguenza, la questione se le convenzioni controverse debbano o meno essere qualificate come concessioni di servizi va valutata esclusivamente alla luce del diritto comunitario.

 

32      A tal proposito occorre rilevare, da un lato, che dette convenzioni prevedono il versamento, da parte del Commissario delegato all’operatore, di una tariffa il cui importo è fissato in euro per tonnellata di rifiuti conferita a quest’ultimo dai comuni interessati.

 

33      Orbene, come statuito in precedenza dalla Corte, dalla definizione di cui all’art. 1, lett. a), della direttiva 92/50 discende che un appalto pubblico di servizi ai sensi di tale direttiva comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi (citata sentenza Parking Brixen, punto 39). Ne consegue che una tariffa del tipo di quella prevista dalle convenzioni controverse può caratterizzare un contratto a titolo oneroso ai sensi dell’art. 1, lett. a), e quindi un appalto pubblico (v., per quanto riguarda il pagamento di un importo fisso per ogni bidone o cassonetto da parte di un comune ad una società incaricata in via esclusiva della raccolta e del trattamento di rifiuti, sentenza 10 novembre 2005, causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I-9705, punti 8 e 32).

 

34      D’altra parte, dalla giurisprudenza della Corte emerge che si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (v. sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Telaustria e Telefonadress, Racc. pag. I-10745, punto 58, e ordinanza 30 maggio 2002, causa C-358/00, Buchhändler-Vereinigung, Racc. pag. I-4685, punti 27-28, nonché sentenza Parking Brixen, citata, punto 40).

 

35      Orbene, a tal proposito è giocoforza constatare che le modalità di remunerazione previste dalle convenzioni controverse non rientrano nel diritto di gestire i servizi di cui trattasi, né implicano l’assunzione, da parte dell’operatore, del rischio legato a tale gestione.

 

36      Infatti, non solo detto operatore risulta, in sostanza, remunerato dal Commissario delegato mediante una tariffa fissa conferitagli per tonnellata di rifiuti, come ricordato al punto 32 della presente sentenza, ma risulta assodato che, in forza delle convenzioni controverse, il Commissario delegato s’impegna, da una parte, a far sì che tutti i comuni interessati conferiscano all’operatore l’integralità della loro frazione residua di rifiuti e, dall’altra, a far sì che un quantitativo annuo minimo di rifiuti sia conferito a quest’ultimo. Tali convenzioni prevedono inoltre l’adeguamento dell’importo della tariffa nell’ipotesi in cui la quantità annua effettiva di rifiuti conferiti sia minore del 95% o maggiore del 115% rispetto alla suddetta quantità minima garantita, ciò al fine di garantire l’equilibrio finanziario ed economico dell’operatore. Esse prevedono altresì che l’importo della tariffa sia annualmente rivalutato in relazione all’andamento dei costi relativi al personale, ai materiali di consumo e alle manutenzioni, nonché in relazione ad un indicatore finanziario. Queste stesse convenzioni prevedono, inoltre, che la tariffa sia rinegoziata qualora, per conformarsi ad un mutamento del quadro normativo, l’operatore debba affrontare investimenti eccedenti un certo livello.

 

37      Sulla scorta di quanto precede, le convenzioni controverse devono essere considerate come appalti pubblici di servizi soggetti alla direttiva 92/50 e non come concessioni di servizi da essa esclusi.

 

38      Peraltro, nessuno degli argomenti addotti dal governo italiano per contestare tale qualificazione risulta convincente.

 

39      Anzitutto, per quanto riguarda la circostanza che gli operatori sono in grado, oltre alla riscossione della tariffa pattuita, di beneficiare di proventi finanziari derivanti dalla rivendita dell’energia elettrica prodotta a seguito della termovalorizzazione dei rifiuti, giova ricordare che l’art. 1, lett. a), della direttiva 92/50, il quale definisce la nozione di appalto pubblico, parla di un «contratto a titolo oneroso» e che l’onerosità di un contratto si riferisce alla controprestazione offerta al prestatore a motivo della prestazione di servizi prevista dall’amministrazione aggiudicatrice (v., in tal senso, citata sentenza Auroux e a., punto 45).

 

40      Nella fattispecie, è evidente che la controprestazione ottenuta dall’operatore a fronte della prestazione di servizi prevista dal Commissario delegato, ossia il trattamento dei rifiuti conferiti con recupero di energia, consiste essenzialmente nel pagamento, da parte del Commissario delegato, dell’importo della tariffa.

 

41      Anche supponendo che il prodotto della vendita di energia elettrica possa essere parimenti interpretato come corrispettivo dei servizi previsti dal Commissario delegato, in particolare, in ragione del fatto che nelle convenzioni controverse quest’ultimo si impegna ad agevolare tale vendita presso terzi, la sola circostanza che l’operatore, oltre alla remunerazione percepita a titolo oneroso dal detto Commissario delegato, sia così in grado di ricavare accessoriamente determinati proventi da terzi come corrispettivo della sua prestazione di servizi non può essere sufficiente a privare le convenzioni controverse della loro qualifica di appalti pubblici (v., per analogia, sentenza Auroux e a., citata, punto 45).

 

42      Neppure la lunga durata delle convenzioni controverse e il fatto che la loro esecuzione sia accompagnata da rilevanti investimenti iniziali a carico dell’operatore costituiscono poi circostanze determinanti ai fini della qualificazione di siffatte convenzioni, giacché tali caratteristiche possono riscontarsi tanto negli appalti pubblici quanto nelle concessioni di servizi.

 

43      Lo stesso vale per il fatto che il trattamento di rifiuti rientra nell’interesse generale. A tal proposito occorre d’altronde ricordare che, come emerge dall’allegato I A della direttiva 92/50, tra i «[s]ervizi a norma dell’art. 8», ai quali si può applicare la direttiva, figura la categoria dei servizi di «[e]liminazione di scarichi di fogna e di rifiuti; disinfestazione e servizi analoghi», rispetto alla quale la Corte ha in precedenza stabilito che essa ricomprende i servizi di raccolta e di trattamento dei rifiuti (v., in tal senso, citata sentenza Commissione/Austria, punto 32).

 

44      Infine, neppure la circostanza che le prestazioni erogate dall’operatore siano eventualmente tali da richiedere, da parte di quest’ultimo, una notevole autonomia esecutiva risulta determinante per la qualificazione del contratto come appalto pubblico ovvero come concessione di servizi.

 

45      Poiché le convenzioni controverse danno luogo ad appalti pubblici di servizi ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 92/50, la loro aggiudicazione poteva intervenire soltanto in osservanza delle disposizioni della predetta direttiva, in particolare dei suoi artt. 11, 15 e 17. Orbene, in forza di queste ultime l’amministrazione aggiudicatrice interessata era tenuta a pubblicare un avviso di bando di gara d’appalto conforme al modello previsto dall’allegato III della suddetta direttiva, cosa che essa non ha fatto.

 

46      Ne consegue che il ricorso della Commissione dev’essere accolto e che occorre dichiarare che, dato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la protezione civile – Ufficio del Commissario delegato per l’emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia, ha indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nei comuni della Regione Siciliana e ha concluso le dette convenzioni senza applicare le procedure previste dalla direttiva 92/50 e, in particolare, senza la pubblicazione dell’apposito bando di gara d’appalto nella Gazzetta ufficiale della Comunità europee, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della predetta direttiva e, in particolare, dei suoi artt. 11, 15 e 17.

 

 Sulle spese

 

47      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana, che è rimasta soccombente, quest’ultima dev’essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)      Dato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la protezione civile – Ufficio del Commissario delegato per l’emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia, ha indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nei comuni della Regione Siciliana e ha concluso le dette convenzioni senza applicare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE, e, in particolare, senza la pubblicazione dell’apposito bando di gara d’appalto nella Gazzetta ufficiale della Comunità europee, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della predetta direttiva e, in particolare, dei suoi artt. 11, 15 e 17.

2)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.

 

Firme

 

* Lingua processuale: l'italiano.

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici