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Consiglio di Stato, Sez. V, 13/2/2009 n. 824
Sulla questione se gli appalti pubblici possano essere affidati a società miste in via diretta, o se occorra seguire procedure di evidenza pubblica.

Sull'inammissibilità di una società mista aperta o generalista cui affidare in via diretta, dopo la sua costituzione, un numero indeterminato di appalti o di servizi pubblici.

In merito alla questione se gli appalti pubblici possano essere affidati a società miste in via diretta, o se occorra seguire procedure di evidenza pubblica, la risposta deve essere differenziata, occorrendo distinguere l'ipotesi di costituzione di una società mista per una specifica missione, sulla base di una gara che abbia per oggetto sia la scelta del socio che l'affidamento della specifica missione, e l'ipotesi in cui si intendano affidare ulteriori appalti ad una società mista già costituita. Con riferimento al primo caso, a seguito di una complessa evoluzione, la giurisprudenza nazionale (cfr. da ultimo Cons. St., ad.plen., 3 marzo 2008, n. 1; sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5587; sez. II, 18 aprile 2007, n. 456/07) e comunitaria (cfr. Corte giust. CE, sez. I, 11 gennaio 2005, n. C-26/03) è pervenuta alla conclusione che, nel rispetto di precisi paletti, è sufficiente una unica gara. Nel secondo caso (che caratterizza il caso di specie), invece, occorre una gara per l'affidamento degli appalti ulteriori e successivi rispetto all'originaria missione.

Prima del d.lgs. n. 163 del 2006, si preferiva la soluzione secondo cui, limitatamente ai lavori e servizi specifici e originari, per i quali fosse stata costituita una società mista, fosse sufficiente una sola procedura di evidenza pubblica, e dunque bastasse quella utilizzata per la scelta dei soci privati, da intendersi come finalizzata alla selezione dei soci più idonei anche in relazione ai lavori e servizi da affidare alla società. Tale soluzione è stata sostanzialmente recepita dal d.lgs. n. 163 del 2006 c.d. codice dei contratti pubblici. Dispone infatti l'art. 32, co. 3, del d.lgs. n. 163 cit., che le società miste non sono tenute ad applicare le disposizioni del medesimo d.lgs. (e dunque non sono tenute a seguire procedure di evidenza pubblica), limitatamente alla realizzazione dell'opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, se ricorrono le condizioni specificamente indicate dalla norma. Ne discende che la società mista opera nei limiti dell'affidamento iniziale e non può ottenere senza gara ulteriori missioni che non siano già previste nel bando originario. Con riferimento alla materia degli appalti e delle concessioni in caso di partenariato pubblico - privato, anche la Commissione europea, con la comunicazione 5 febbraio 2008, si è mossa lungo la medesima traiettoria argomentativa, affermando che sia sufficiente una sola procedura di gara se la scelta del partner oggetto di preventiva gara è limitata all'affidamento della missione originaria, il ché si verifica quando la scelta di quest'ultimo è accompagnata sia dalla costituzione del partenariato pubblico privato istituzionale (id est attraverso la costituzione di società mista), sia dall'affidamento della missione al socio operativo.
Non è dunque ammissibile una società mista aperta o generalista cui affidare in via diretta, dopo la sua costituzione, un numero indeterminato di appalti o di servizi pubblici.

Materia: appalti / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta  Sezione

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso iscritto al NRG 3079\2008, proposto da Ambiente s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Ilari ed Alessia Fiore,  ed elettivamente domiciliato presso lo studio Pace in Roma, piazza delle Muse, n. 8;

 

contro

Mantini s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Della Rocca, domiciliato in Roma, via G.G. Porro n. 8;

 

e nei confronti di

Comunità Montana Vestina Zona “I” di Penne, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;

S.r.l. Ecologica, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita.

 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Abruzzo, sede di Pescara, sezione I, n. 140 del 6 marzo 2008.

Visto il ricorso in appello;

visto l'atto di costituzione in giudizio della Mantini s.r.l.;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

data per letta alla pubblica udienza del 25 novembre 2008 la relazione del consigliere Vito Poli, uditi gli avvocati Fiore e Della Rocca;

ritenuto e considerato quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

1. Alcuni comuni, gia componenti del Consorzio per lo smaltimento dei rifiuti dell’area pescarese, hanno costituito in data 20 maggio 1998 la società Ambiente s.p.a (in prosieguo Ambiente) a totale partecipazione pubblica; avente ad oggetto l’espletamento del servizio di smaltimento dei rifiuti ed igiene ambientale.

Giova subito precisare, in punto di fatto, che tale società è sostanzialmente priva di personale, mezzi e dell’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali (cfr. certificazione della Camera di commercio del 23 ottobre 2007; comunicazione della sezione regionale Abruzzo dell’Albo Gestori Ambientali del 3 dicembre 2007).

Successivamente la società Ambiente ha costituito la s.r.l. Ecologica, strumentale all’esercizio del servizio di gestione dei rifiuti, in via prevalente ma non esclusiva, nei confronti dei comuni soci; la durata della società è stata stabilita sino al 31 dicembre 2030 (cfr. art. 3) dello statuto.

1.1. Con deliberazione n. 4 del 14 febbraio 2005 la società Ambiente ha indetto una gara per la scelta del socio privato operativo di minoranza della società Ecologica; la gara è stata vinta dalla società Deco s.p.a.

1.2. Con deliberazione n. 12 del 13 luglio 2007 la Comunità Montana Vestina Zona “I” di Penne ha acquistato una quota (pari ad euro mille) del capitale sociale della Ambiente s.p.a.

Con deliberazione n. 31 del 27 novembre 2007 la Comunità ha affidato in house, alla società Ambiente, il servizio di igiene ambientale del territorio dei comuni che la compongono fino al 31 dicembre 2010.

Con contratto di servizio stipulato in data 28 dicembre 2007 n. rep. 93, la società Ambiente e la comunità Vestina hanno convenuto, inter alios, di affidare la gestione concreta del servizio di smaltimento dei rifiuti alla s.r.l. Ecologica.

2. Avverso la deliberazione n. 31 del 2007 è insorta davanti al T.a.r. dell’Abruzzo, la s.r.l. Mantini (già affidataria del servizio di gestione dei rifiuti per il territorio della comunità montana ed impresa operante nel settore) articolando, all’interno di unico complesso motivo, le seguenti censure:

a) violazione delle norme nazionali – art. 113, co. 5, t.u. enti locali – e regionali – art. 7, l.r. n. 23 del 2004 – disciplinanti l’affidamento in house del servizio di igiene urbana, nonché dei principi forgiati in materia dalla giurisprudenza del giudice amministrativo;

b) carenza, in capo alla società Ambiente, dei requisiti tecnici ed organizzativi indispensabili per svolgere il servizio in questione;

c) carenza del requisito del controllo analogo indispensabile per poter configurare la fattispecie dell’in house, sotto il profilo che:

I) la comunità montana non è in grado di esercitare alcun controllo sulla società Ecologica;

II) essendo stato il servizio affidato in concreto ad una società mista, che aveva uno scopo specifico diverso, sono stati elusi sia la normativa sopra richiamata che i principi della libera concorrenza e della par condicio fra gli operatori di settore;

III) non si ravvisa controllo analogo neppure nei rapporti correnti fra la comunità montana e la società Ambiente;

d) violazione dell’art. 3, l. n. 241 del 1990, dell’art. 2, l.r. n. 83 del 2000, nonché degli artt. 1, co. 2, e 7, co. 4, lett. f), l.r. n. 23 del 2004, sotto il profilo che l’ente locale non ha effettuato alcuna valutazione, in termini di economicità, efficienza ed efficacia, della convenienza della scelta di servirsi del modulo dell’in house providing, omettendo di apprezzare le esigenze di corretta gestione delle risorse pubbliche.

3. L’impugnata sentenza – T.a.r. dell’Abruzzo, sede di Pescara, sezione I, n. 140 del 6 marzo 2008 – resa in forma semplificata alla camera di consiglio fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, rifacendosi espressamente alla decisione della adunanza plenaria di questo Consiglio (n. 1 del 2008) ed alla ordinanza di rimessione della Quinta sezione (n. 5587 del 2007), ha accolto il ricorso affermando che: <<….l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza comunitaria risulta compatto nel senso di giudicare illegittimo l’affidamento di servizi a società preesistenti e non appositamente costituite per quella specifica attività e che …. non è sufficiente che i soci privati siano stati selezionati con gara, occorrendo anche che tale scelta sia stata effettuata previa predeterminazione delle finalità proprie della società al momento della scelta dei soci; ….nella specie l’attività in questione, essendo la società Ambiente s.p.a. nella sostanza priva di personale e di attrezzature, viene nella sostanza svolta da una società mista preesistente (Ecologica s.r.l.), ché è stata si scelta nel 2005 a seguito di gara pubblica, ma non per l’espletamento del servizio in questione da svolgere a favore della Comunità Vestina; …. nell’affidamento del servizio in parola sono state violate le norme ed i principi nazionali e comunitari in materia di affidamento dei servizi pubblici locali, in quanto il servizio in questione viene nella sostanza svolto, sia pure con l’intermediazione di Ambiente s.p.a., da una società mista preesistente non appositamente costituita per quella specifica attività, società nella quale, per latro, la partecipazione del privato non è temporanea, ma ha un indubbio carattere di stabilità (la durata di tale società è stata, infatti, stabilita al 2030)….>>.

4. Con ricorso notificato il 3 aprile 2008, e depositato il successivo 16 aprile, Ambiente ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza del T.a.r. affidato ai seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 112 c.p.c. e del sotteso principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, il T.a.r. avrebbe esplicitamente ignorato il thema decidendum, richiamando in modo inappropriato frammenti di giurisprudenza non pertinenti al caso di specie;

b) violazione dell’art. 26, l. n. 1034 del 1971, il T.a.r. avrebbe risolto la causa con assoluta superficialità, applicando alla fattispecie principi del tutto estranei e non pertinenti, senza comprendere la reale portata dei precedenti richiamati ed omettendo di applicare i principi enucleati dal parere del Consiglio di Stato, sez. II, 18 aprile 2007, n. 456/07;

c) travisamento dei fatti sotto il profilo che la sentenza non avrebbe fatto doverosa applicazione dei principi forgiati dal parere sez. II, n. 456/2007 cit. che legittimerebbe l’affidamento di servizi pubblici a società mista in presenza della sola condizione dell’espletamento di una gara per la scelta del socio operativo;

d) erronea applicazione dell’art. 113, co. 5, t.u. enti locali, sussistendo tutti i presupposti per riconoscere l’essenza di un autentico affidamento di servizio locale a società in house.

5. Si è costituita la società Mantini deducendo l'infondatezza del gravame in fatto e diritto.

6. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 25 novembre 2008.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto.

7.1. Palesemente infondato è il primo mezzo, sulla scorta della semplice lettura delle doglianze illustrate in prime cure (in particolare pagine 13 e 14 del ricorso introduttivo) e sintetizzate al precedente punto 2, dal cui ambito la sentenza appellata e gli argomenti su cui è fondata  la sua motivazione non esorbitano;

7.2. Con il secondo mezzo si deduce l’erroneità della sentenza per violazione dell’art. 26, l. T.a.r. (novellato dall’art. 9, l. n. 205 del 2000), lamentandosi, nella sostanza, la carenza dei presupposti per la pronuncia di una sentenza in forma semplificata all’esito della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’incidente cautelare.

Il mezzo è sia inammissibile che infondato e deve essere respinto nella sua globalità.

Inammissibile in quanto in primo grado la parte, resa edotta del mutamento del rito, nulla ha obiettato, cosi rinunciando implicitamente a dedurre eventualmente errores in procedendo (cfr. art. 157, comma 3, c.p.c.). Inoltre, il mezzo si sostanzia in una censura di difetto di motivazione della sentenza di primo grado, censura che non rileva nel giudizio di appello atteso che l’effetto devolutivo di detto giudizio consente al giudice di appello di provvedere sulle domande, eventualmente integrando la motivazione mancante (sez. IV, 6 novembre 2007, n. 5733). Tale conclusione si pone in linea di continuità logica con la giurisprudenza che ha sin qui vagliato le conseguenze della violazione, da parte del giudice di primo grado, della disciplina legale della sentenza in forma semplificata conclusiva della fase cautelare.

Si è infatti ammesso l’annullamento con rinvio solo quando le parti presenti alla camera di consiglio non siano state sentite sul punto specifico, o siano stati violati i termini minimi a difesa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2003, n. 3312).

Ma la censura è infondata anche nel merito.

Il presupposto per la definizione immediata dell’incidente cautelare è che vi sia una <<situazione manifesta>> in relazione alla ricevibilità, procedibilità, ammissibilità, fondatezza o infondatezza del ricorso.

Per <<manifesta>> si intende una situazione che non comporta l’esame di problematiche complesse (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2007, n. 3480; sez. IV, 28 febbraio 2005, n. 705); ma, poiché nel disegno della legge l’iniziativa della definizione immediata appartiene esclusivamente al giudice – tanto che può decidere in mancanza della costituzione delle parti ed anche contro la loro volontà - la sua scelta deve intendersi quale espressione di una valutazione di opportunità insindacabile, fermo il limite del rispetto del principio del contraddittorio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5842; sez. VI, 30 gennaio 2002, n. 546).

In ogni caso il T.a.r., come meglio si vedrà in prosieguo, ha correttamente apprezzato la consistenza dei motivi di ricorso alla stregua delle risultanze processuali.

7.3. Le restanti censure, intimamente connesse sul piano logico, possono essere esaminate congiuntamente e disattese nel loro complesso.

7.3.1. E’ prioritario stabilire se nel caso di specie ci si trovi di fronte ad un affidamento di servizio pubblico locale a società in house (disciplinato dall’art. 113, co. 5, lett. c), t.u. enti locali) ovvero mista (disciplinato dall’art. 113, co. 5, lett. b), del medesimo t.u.).

Dal complesso degli elementi di fatto illustrati al precedente punto 1, emerge univocamente che la fattispecie in concreto realizzata dalla comunità montana è quella dell’affidamento del servizio a società mista.

Tanto in considerazione della mancanza, in capo alla società Ambiente, di qualsivoglia capacità operativa, non disponendo di personale, mezzi e soprattutto dell’idoneità tecnica alla gestione del servizio non risultando iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali: analogamente a quanto previsto dalla previgente normativa (d.lgs. n. 22 del 1997), l’art. 212, co. 5, d.lgs. n. 152 del 2006 sancisce che l’iscrizione all’Albo è requisito ineludibile per lo svolgimento del servizio di smaltimento dei rifiuti.

Pertanto, come esattamente rilevato dal T.a.r., la complessa fattispecie negoziale e provvedimentale posta in essere dalla società Ambiente e dalla comunità montana ha avuto l’unico scopo di eludere gli stringenti limiti posti, in materia di affidamento del servizio pubblico locale di smaltimento dei rifiuti, dai principi comunitari e dalla normativa nazionale dianzi richiamata.

E’ stato realizzato, in definitiva, un uso distorto della società pubblica da parte dell’ente locale, come bene ha messo in chiaro, in linea generale, la Corte dei conti nella relazione sullo stato dei controlli sugli organismi partecipati dagli enti locali (cfr. deliberazione C. conti, sez. autonomie, 16 settembre 2008, n. 13).

Sotto tale angolazione, e per completezza, si segnala che a mente del combinato disposto degli artt. 199, 200 e 201, d.lgs. n. 152 del 2006 l’organizzazione territoriale dei servizi di gestione integrata dei rifiuti è affidata agli enti gestori degli ambiti territoriali ottimali; questi ultimi, giusta il puntuale disposto dell’art. 202, d.lgs. n. 152 cit., sono obbligati ad esternalizzare il servizio mediante gara nel rispetto dei principi comunitari e nazionali; non è prevista la formula organizzativa della società pubblica.

Consegue alle superiori considerazioni l’inconferenza di tutte le doglianze sviluppate dall’appellante nel presupposto che si controverta di un affidamento del servizio a società in house.

7.3.2. Si tratta a questo punto di stabilire la legittimità dell’affidamento del servizio in esame, senza gara, alla società mista Ecologica s.r.l.

La risposta è senz’altro negativa.

La risposta alla questione se gli appalti pubblici possano essere affidati a società miste in via diretta, o se occorra seguire procedure di evidenza pubblica, deve essere differenziata, occorrendo distinguere l’ipotesi di costituzione di una società mista per una specifica missione, sulla base di una gara che abbia per oggetto sia la scelta del socio che l’affidamento della specifica missione, e l’ipotesi in cui si intendano affidare ulteriori appalti ad una società mista già costituita.

Con riferimento al primo caso, a seguito di una complessa evoluzione, la giurisprudenza nazionale (cfr. da ultimo Cons. St., ad.plen., 3 marzo 2008, n. 1; sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5587; sez. II, 18 aprile 2007, n. 456/07) e comunitaria (cfr. Corte giust. CE, sez. I, 11 gennaio 2005, n. C-26/03) è pervenuta alla conclusione che, nel rispetto di precisi paletti, è sufficiente una unica gara.

Nel secondo caso (che caratterizza il presente giudizio), invece, occorre una gara per l’affidamento degli appalti ulteriori e successivi rispetto all’originaria missione.

Già prima del d.lgs. n. 163 del 2006, sembrava preferibile la soluzione secondo cui, limitatamente ai lavori e servizi specifici e originari, per i quali fosse stata costituita la società, fosse sufficiente una sola procedura di evidenza pubblica, e dunque bastasse quella utilizzata per la scelta dei soci privati, da intendersi come finalizzata alla selezione dei soci più idonei anche in relazione ai lavori e servizi da affidare alla società.

Tale soluzione è stata sostanzialmente recepita dal d.lgs. n. 163 del 2006 c.d. codice dei contratti pubblici.

Dispone infatti l’art. 32, co. 3, del d.lgs. n. 163 cit., che le società miste non sono tenute ad applicare le disposizioni del medesimo d.lgs. (e dunque non sono tenute a seguire procedure di evidenza pubblica), limitatamente alla realizzazione dell’opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite, se ricorrono le condizioni specificamente indicate dalla norma.

Ne discende che la società mista opera nei limiti dell’affidamento iniziale e non può ottenere senza gara ulteriori missioni che non siano già previste nel bando originario.

Con riferimento alla materia degli appalti e delle concessioni in caso di partenariato pubblico – privato, anche la Commissione europea, con la comunicazione 5 febbraio 2008, si è mossa lungo la medesima traiettoria argomentativa, affermando che sia sufficiente una sola procedura di gara se la scelta del partner oggetto di preventiva gara è limitata all’affidamento della missione originaria, il ché si verifica quando la scelta di quest’ultimo è accompagnata sia dalla costituzione del partenariato pubblico privato istituzionale (id est attraverso la costituzione di società mista), sia dall’affidamento della missione al socio operativo.

Non è dunque ammissibile una società mista <<aperta>> o <<generalista>> cui affidare in via diretta, dopo la sua costituzione, un numero indeterminato di appalti o di servizi pubblici.

Deve pertanto ritenersi superata una relativamente recente pronuncia del Consiglio di Stato (sez. V, 3 febbraio 2005 n. 272) che ha ritenuto legittima la concessione senza gara del servizio pubblico di mensa scolastica ad una società mista a capitale pubblico maggioritario, in una ipotesi in cui la società era stata costituita nel 1999 e l’affidamento senza gara era avvenuto in via diretta nel 2003: la circostanza che si trattava di concessione e non di appalto e che il capitale pubblico fosse maggioritario, non fa venire meno la necessità di un affidamento con procedura di evidenza pubblica.

7.3.3. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie si staglia la illegittimità della procedura posta in essere dalla società Ambiente e dalla comunità montana.

Essa risiede nella indeterminatezza dei compiti intestati alla società Ecologica e, in definitiva, nella mancata identificazione dei concreti ambiti operativi collegati all’acquisto della qualità di socio da parte della s.p.a. Deco.

Come si è visto in precedenza, gli atti di gara confezionati a suo tempo dalla società Ambiente, non identificano con sufficiente precisione il contenuto del contratto, ma al contrario indicano genericamente l’attività di raccolta dei rifiuti di tutti i comuni ricompresi nell’ambito territoriale ottimale (ovvero tutti quelli appartenenti alla Provincia di Pescara) e di quegli altri che ne avessero fatto richiesta (cfr. art. 4 dello statuto della società Ecologica; artt. 4 e 6 del bando di gara del 2005).

La scelta del socio, ancorché selezionato con gara, non avviene dunque per finalità definite, ma solo al fine della costituzione di una società “generalista”, alla quale affidare l’esecuzione di servizi non ancora identificati al momento della scelta stessa: tale circostanza rende di per sé illegittimo l’affidamento diretto di ulteriori servizi.

Sul piano sostanziale, può essere ancora aggiunto che la riscontrata illegittimità non riposa solamente su un motivo formale, ma trova corrispondenza sulla distorsione della concorrenza che concretamente ne deriva: è infatti evidente che la scelta di assumere l’incarico operativo per l’esecuzione di servizi indeterminati ma di rilevanti importi, e per una durata esorbitante (sino al 31 dicembre 2030), è di per sé discriminante in danno delle imprese di settore che ben potrebbero, invece, concorrere per singoli lotti, di portata più limitata e ben precisata (cfr. in termini Cons. St., sez. VI, 23 settembre 2008, n. 4603, inopinatamente richiamata, nella memoria conclusionale depositata dall’appellante, a sostegno delle proprie tesi).

8. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello e confermare integralmente l’impugnata sentenza.

Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:

-           respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;

-           condanna Ambiente s.p.a. a rifondere in favore di Mantini s.r.l. le spese, le competenze e gli onorari del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 8.000/00, oltre accessori come per legge (12,50% a titolo rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A.).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 novembre 2008, con la partecipazione di:

Stefano Baccarini       - Presidente

Vito Poli Rel. Estensore     - Consigliere

Nicola Russo  - Consigliere

Adolfo Metro - Consigliere

Giancarlo Giambartolemei     - Consigliere

ESTENSORE                                    IL PRESIDENTE

f.to Vito Poli                                      f.to Stefano Baccarini

 

IL SEGRETARIO

f.to Gaetano Navarra

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/02/09

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

P. IL DIRIGENTE

f.to Livia Patroni Griffi

 

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