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TAR Toscana, Sez. I, 13/3/2009 n. 417
Sull'art. 13 del D.L. n. 223/06 (c.d. decreto Bersani): ratio legis.

Sull'applicabilità dell'art. 13 del D.L. n. 223/06 anche alle Camere di Commercio.

La ratio legis indicata dall'art. 13 del D.L. n. 223/06 nel suo incipit - evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e assicurare la parità tra gli operatori - trova la sua principale esplicazione nella precisa delimitazione del ruolo delle società costituite o comunque partecipate dagli enti locali per la produzione in house di beni e servizi strumentali alla loro attività, delimitazione realizzata attraverso la imposizione di una corrispondenza soggettiva tra enti pubblici titolari del capitale sociale, ed esercitanti il c.d. "controllo analogo", ed enti beneficiari delle prestazioni delle società. In breve il significato precipuo della normativa è questo: è ben possibile che gli enti pubblici possono costituire società in house per lo svolgimento di attività strumentale, e nel far questo possono sottrarsi alle procedure di gara, però poi le società che ne derivano dovranno operare solo per gli enti che le hanno generate, non potendo utilizzare il vantaggio che deriva loro da quella particolare origine, e dallo svolgimento privilegiato delle attività per conto degli enti costituenti, per partecipare a procedure di affidamento da parte di altri soggetti pubblici in condizione di solo apparente concorrenza con gli altri operatori economici.

L'art. 13 del c.d. decreto Bersani rappresenta una specificazione e applicazione dei principi comunitari in quanto l'apertura delle direttive comunitarie verso la partecipazione alle gare dei soggetti anche di matrice pubblica presuppone una loro posizione paritaria, e non può riferirsi alle società appositamente costituite dalle pubbliche amministrazioni per l'autoproduzione di beni e servizi, cui è indirizzato l'art. 13 del D.L. 223/06. D'altra parte in tale direzione si muove anche il quarto considerando della direttiva 2004/18/CE che ammonisce gli Stati ad adottare normative di regolamentazione dell'accesso al mercato degli appalti di organismi partecipati da enti pubblici che possano quindi distorcere la concorrenza. Dunque l'art. 13 cit. non risulta essere norma in contrasto con il diritto comunitario, bensì di attuazione comunitaria.


L'art. 13 del D.L. n. 223/06 è applicabile anche alle Camere di Commercio. Il generico riferimento alle "Amministrazioni pubbliche locali", non può essere letto restrittivamente come riferito ai soli enti territoriale, ma deve viceversa essere interpretato come avente riguardo a tutte le pubbliche Amministrazioni che perseguano il soddisfacimento di interessi pubblici locali entro un determinato ambito territoriale.


Materia: società / partecipazione pubblica

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1234 del 2008, proposto da:

InfoCert s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo d’imprese con le società Hewlett Packard Italiana srl e Webkorner srl tutte rappresentate e difese dagli avv.ti Francesco Saverio Cantella, Benedetto G. Carbone, Filippo Satta, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo Capialbi in Firenze, via XXIV Maggio 20;

 

contro

Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Luciana Caso, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Regione Toscana in Firenze, piazza dell'Unita' Italiana 1;

 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- della comunicazione fax della Regione Toscana del 5 maggio 2008 prot. n. 124336, con cui relativamente alla “procedura ristretta per la fornitura di un sistema per la gestione di archivio in ambito RTRT, comprendente la conservazione a lungo termine per archivi digitali” è stata comunicato che “con decreto n. 1781 del 16.04.2008, allegato in copia, è stato annullato parzialmente il decreto n. 3588 del 17.07.2007 e proceduto all’esclusione della società InfoCert SpA dalla partecipazione della gara”;

- del decreto della Regione Toscana, Giunta Regionale, Direzione Generale Organizzazione e sistema Informativo del 16 aprile 2008 n. 1781 recante “Annullamento parziale del decreto n. 3588 del 17.07.2007. Esclusione della società Infocert SpA dalla partecipazione alla gara Fornitura di un sistema per la gestione di archivio in ambito RTRT comprendente la conservazione a lungo termine per archivi digitali”;

nonché, per quanto possa occorrere, per l’annullamento, previa sospensiva

- della eventuale aggiudicazione della procedura laddove intervenuta;

- di tutti gli atti presupposti, successivi e connessi ad oggi sconosciuti alla ricorrente;

 

e per la condanna

della stazione appaltante a riammettere la ricorrente alla procedura di gara e, ove non fosse possibile ottenere il risarcimento in forma specifica, a corrispondere alla ricorrente il risarcimento del danno subito per la illegittima esclusione, da quantificarsi sotto il profilo della perdita di chance, oppure nella diversa misura che sarà ritenuta di giustizia.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Toscana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25/02/2009 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Con l’atto introduttivo del giudizio parte ricorrente espone, in punto di fatto, quanto segue:

 

- che Regione Toscana ha indetto una gara a procedura ristretta per la fornitura di un sistema per la gestione di archivio in ambito RTRT, comprendente la conservazione a lungo termine per archivi digitali;

 

- che a tale gara ha partecipato anche Infocamere, società consortile delle Camere di Commercio preposta alla gestione della banca dati delle stesse ma operativa anche in regime di concorrenza;

 

- che la Regione Toscana con decreto n. 2566 del 15 maggio 2007 ha ammesso Infocamere con riserva, in attesa del parere del Consiglio di Stato richiesto dalla stessa Regione sulla interpretazione da fornire all’art. 13 del D.L. n. 223 del 2006;

 

- che medio tempore Infocamere, tenendo conto della innovazione normativa portata dalla legge n. 296 del 27 ottobre 2006, ha avviato lo scorporo di tutte le attività esterne svolte al di fuori del sistema camerale e ha costituito una nuova società denominata InfoCert cui ha devoluto quel ramo di azienda, in attesa di una sua collocazione sul mercato e ne ha chiesto il subentro nella gara, concesso dalla Regione;

- che il Consiglio di Stato ha reso il parere richiesto, ritenendo che anche le Camere di Commercio rientrino nel concetto di amministrazione locale di cui all’art. 13 del D.L. n. 223, per cui la Regione Toscana ha comunicato l’avvio del procedimento di annullamento dell’ammissione alla gara della società ricorrente quindi con il decreto n. 1781 del 16 aprile 2008 ha annullato l’ammissione alla procedura della società InfoCert.

 

Avverso i suddetti atti parte ricorrente propone il presente gravame, articolando nei confronti degli atti impugnati le seguenti censure:

 

1) “Violazione e falsa applicazione del Trattato della Comunità Europea, con particolare riferimento agli artt. 81, 82 e 86. Violazione e falsa applicazione delle direttive comunitarie 200/17, con particolare riferimento all’art. 1, par. 7, 10, 11, nonché della direttiva comunitaria 2004/18, con particolare riferimento all’art. 1, par. 8, 2 e 4. Eccesso di potere per carena di presupposti, illogicità e contraddittorietà. Sviamento”. La decisione della Regione Toscana viola il diritto comunitario laddove questo impone di favorire la concorrenza in posizione di parità di trattamento tra imprese private ed imprese pubbliche, sul presupposto che anche l’art. 13 del decreto Bersani andava interpretato in senso conforme a tali principi;

 

2) “Violazione e falsa interpretazione del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248 in relazione all’art. 41 Cost. Violazione e falsa interpretazione della finanziaria 2008 (legge 28 dicembre 2007 n. 244) con specifico riferimento all’art. 3, commi 27-30, anche in relazione all’art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 4, del D.L. 3 giugno 2008 n. 97. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, illogicità e contraddittorietà. Sviamento”. Parte ricorrente evidenzia la illegittimità degli atti gravati per non avere tenuto conto delle modifiche apportate all’art. 13 cit. dalla legge n. 296 del 2006 (che fa salvi i contratti conclusi dopo la entrata in vigore del presente decreto ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima) e dalla legge n. 244 del 2007 (che ad avviso di parte ricorrente consentirebbe alle imprese de quibus prima della dismissione di continuare ad operare a tutto tondo);

 

3) “Violazione e falsa applicazione del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006 n. 248 in relazione all’art. 41 Cost. Violazione e falsa interpretazione della finanziaria 2008 (legge 28 dicembre 2007 n. 244) con specifico riferimento all’art. 3, commi 27-30. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di istruttoria, illogicità e contraddittorietà. Sviamento. Questione di costituzionalità con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.”. Comunque Infocamere non è riconducibile alle amministrazioni pubbliche locali di cui parla l’art. 13 cit. in quanto dalla Costituzione emerge il riferimento al fatto che “locale” deve essere letto come riferito ad amministrazioni a base territoriale.

La Regione Toscana si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.

Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 25 febbraio 2009, relatore il dr. Riccardo Giani, e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

 

DIRITTO

Il presente ricorso ha ad oggetto l’interpretazione dell’art. 13 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, e successivamente fatto oggetto di ulteriori modificazioni, nel senso soprattutto in individuarne gli esatti confini di applicazione. La Regione Toscana, con gli atti qui gravati, ha ritenuto di dare applicazione nel caso di specie al comma 1 dell’articolo citato, laddove dispone che “le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività,….devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti”. Più esattamente in punto di fatto deve essere evidenziato quanto segue: a) in un primo momento la Regione Toscana, con il decreto n. 2566 del 15 maggio 2007 ha ammesso con riserva Infocamere s.c.p.a. alla gara in attesa di conoscere il parere del Consiglio di Stato sul concetto di Amministrazione locale; b) poi con il decreto n. 3588 del 17 luglio 2007 la Regione ha preso atto della intervenuta cessione di ramo d’azienda dalla Infocamere s.c.p.a. alla InfoCert spa con unico socio del ramo di azienda denominato “prodotti e servizi Mercato Privato e Pubblica Amministrazione” ed ha ritenuto superati i dubbi di ammissione inizialmente formulati; c) quindi con decreto n. 1781 del 16 aprile 2008 ha annullato d’ufficio il precedente decreto n. 3588 ed ha escluso InfoCert dalla procedura sulla base del rilievo che Infocamere è soggetta alla disciplina di cui all’art. 13 cit., come da parere del Consiglio di Stato n. 322/07, ed altrettanto lo è InfoCert spa in quanto società con unico socio, essendo quest’ultimo proprio Infocamere.

 

Parte ricorrente grava in questa sede l’atto regionale di annullamento d’ufficio e contemporanea esclusione dalla gara, formulando, con il primo mezzo, una complessa e articolata censura. In termini generali parte ricorrente sostiene che la determinazione assunta dalla Regione Toscana, e l’interpretazione sottostante dell’art. 13 del D.L. n. 223/06, si porrebbero in contrasto con la normativa comunitaria, e segnatamente con le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, laddove queste impongono di favorire la concorrenza in posizione di parità di trattamento tra imprese private ed imprese pubbliche. Più specificamente parte ricorrente sostiene che il riferimento alle società appositamente costituite dalle pubbliche amministrazioni per l’autoproduzione di beni e servizi, che è il presupposto per l’applicabilità dell’art. 13 cit. e che potrebbe giustificare la non applicazione dei principi comunitari citati, “poteva valere per Infocamere ma non certo per InfoCert (che non è certo società appositamente costituita dalla P.A., per l’autoproduzione di beni e servizi)”.

 

La duplice articolazione del primo mezzo induce a svolgere alcune preliminari considerazioni sul significato dell’art. 13 cit. e sulla sua applicabilità alla presente fattispecie.

 

La norma in esame reca una disciplina in ordine al regime giuridico delle società pubbliche locali e in specie alla attività delle stesse, nei termini e nei limiti che saranno di seguito precisati, in tal modo intercettando il tema del c.d. in house providing. L’evocato istituto, di origine comunitaria, ha un ruolo importante nel delimitare l’ambito di operatività delle esigenze di tutela della concorrenza e di conseguente applicazione della normativa europea e nazionale attraverso la quale tale principio si invera, in quanto indica le condizioni in presenza delle quali è possibile sottrarre l’affidamento di un servizio, di una fornitura o di un’opera al rispetto delle procedure di aggiudicazione previste per gli appalti pubblici. La Corte di Giustizia CE ha fissato i requisiti base dell’affidamento in house nella fondamentale sentenza Teckal del 18 novembre 1999, stabilendo che può escludersi l’applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici quando si sia in presenza di un’Amministrazione aggiudicatrice che esercita sul soggetto aggiudicatario un “controllo analogo” a quello da essa esercitato sui propri servizi e il soggetto aggiudicatario realizzi “la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti pubblici che lo controllano”. Tali due fondamentali requisiti hanno trovato sviluppo nella successiva giurisprudenza interna e comunitaria.

 

Nel delimitare l’ambito di propria applicazione l’art. 13 del D.L. n. 223 cit., oltre a far riferimento alle “società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali o locali”, requisito sul quale torneremo in prosieguo, pone in luce come le suddette società devono avere come oggetto, alternativamente, o “la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti” ovvero “lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza” ove consentito. Si tratta di un punto importante. La norma in esame detta come prima e più significativa prescrizione per le società pubbliche da essa disciplinate quella di “operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti “, con il corollario che le società stesse “non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara”. La ratio legis indicata dallo stesso art. 13 nel suo incipit – evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e assicurare la parità tra gli operatori – trova la sua principale esplicazione nella precisa delimitazione del ruolo delle società costituite o comunque partecipate dagli enti locali per la produzione in house di beni e servizi strumentali alla loro attività, delimitazione realizzata attraverso la imposizione di una corrispondenza soggettiva tra enti pubblici titolari del capitale sociale, ed esercitanti il c.d. “controllo analogo”, ed enti beneficiari delle prestazioni delle società. In altre parole il significato precipuo della normativa è questo: è ben possibile che gli enti pubblici costituiscano società in house per lo svolgimento di attività strumentale, e nel far questo possono sottrarsi alle procedure di gara, però poi le società che ne derivano dovranno operare solo per gli enti che le hanno generate, non potendo utilizzare il vantaggio che deriva loro da quella particolare origine, e dallo svolgimento privilegiato delle attività per conto degli enti costituenti, per partecipare a procedure di affidamento da parte di altri soggetti pubblici in condizione di solo apparente concorrenza con gli altri operatori economici.

 

Il primo motivo di gravame, laddove vuol evidenziare un contrasto della normativa di cui all’art. 13 cit. con i principi comunitari di apertura alla concorrenza, sub specie di partecipazione in posizione paritaria di operatori economici pubblici e privati, risulta infondato. La disciplina di cui all’art. 13 del c.d. decreto Bersani, lungi dal porsi in contrasto con i principi comunitari richiamati nella presente censura, ne rappresenta una specificazione e applicazione, in quanto l’apertura delle direttive comunitarie verso la partecipazione alle gare dei soggetti anche di matrice pubblica presuppone una loro posizione paritaria, e non può riferirsi alle società appositamente costituite dalle pubbliche Amministrazioni per l’autoproduzione di beni e servizi, cui è indirizzato l’art. 13 del D.L. 223/06. D’altra parte in tale direzione si muove anche il quarto considerando della direttiva 2004/18/CE che ammonisce gli Stati ad adottare normative di regolamentazione dell’accesso al mercato degli appalti di organismi partecipati da enti pubblici che possano quindi distorcere la concorrenza. Dunque l’art. 13 cit. non risulta essere norma in contrasto con il diritto comunitario, bensì di attuazione comunitaria.

 

In secondo luogo, il presupposto previsto dalla norma citata dell’essere in presenza di società in mano pubblica costituite o partecipate dagli enti “per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività”, esisteva per la società Infocamere (e sul punto c’è accordo anche di parte ricorrente: pag. 11 ricorso) ma esiste anche per InfoCert, che è società per azioni con unico socio il cui intero capitale è posseduto da Infocamere (cfr. doc. 9 di Regione Toscana) ed a cui infatti è stato trasferito da quest’ultima società il relativo ramo di azienda. La semplice interposizione di uno schermo societario non pare idonea a far venir meno la sostanza del fenomeno, cioè il fatto che siamo in presenza della società strumentale delle camere di commercio.

 

Alla luce delle considerazioni che precedono deve essere respinto il primo motivo di gravame.

 

Con il secondo mezzo parte ricorrente censura la scorretta applicazione dell’art. 13 cit. per non avere Regione Toscana tenuto conto delle modifiche apportate all’art. 13 stesso laddove, da un lato, fanno salvi i contratti conclusi dopo la entrata in vigore del decreto legge n. 223 ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima e, dall’altro, laddove consentirebbero alle imprese de quibus prima della dismissione di continuare ad operare a tutto tondo.

 

Entrambi i rilievi sono infondati. Il comma 4 dell’art. 13 cit. prevede la salvezza dei “contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data”. Tale norma non riguarda tuttavia il presente caso, giacché nella specie la gara è stata indetta dalla Regione Toscana con decreto n. 5918 del 20 novembre 2006 e quindi dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 (convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248). Il comma 3 dell’art. 13 cit. prevede invece che le società di cui al comma 1 della stessa norma cessino le attività a loro non consentite dopo un termine piuttosto ampio (30 mesi poi ancora ampliati) dall’entrata in vigore del D.L. n. 223, introducendo quindi un periodo transitorio in cui le società medesime possono continuare le attività intraprese. Si tratta tuttavia di disciplina riferita alle attività in essere, le quali possono legittimamente essere svolte nell’ambito del periodo di comporto previsto dalla legge, non già della previsione della possibile acquisizione in tale periodo, mediante la partecipazione ad ulteriori gare, di attività aggiuntive in aperta violazione dello statuto giuridico fissato per le società de quibus dal comma1 del medesimo art. 13.

 

Con il terzo mezzo parte ricorrente censura sotto altro profilo l’applicazione compiuta da Regione Toscana dell’art. 13 del D.L. n. 223 del 2006, ritenendo che nella specie non sarebbe configurabile il presupposto normativo dell’essere in presenza di società costituite o partecipate da “amministrazioni pubbliche regionali o locali”, tali non potendo essere considerate le Camere di Commercio.

 

Sul punto, come riferito nella narrativa in fatto, Regione Toscana ha investito il Consiglio di Stato, con la richiesta di parere interpretativo. Il Consiglio di Stato, con il parere reso dalla Terza Sezione all’adunanza del 25 settembre 2997, sub n. Sezione 322/2007, ha ritenuto che l’art. 13 sia applicabile anche alle Camere di Commercio. Si tratta di orientamento che la Sezione ritiene di condividere, il generico riferimento alle “Amministrazioni pubbliche locali”, non potendo essere letto restrittivamente come riferito ai soli enti territoriale, ma dovendo viceversa essere interpretato come avente riguardo a tutte le pubbliche Amministrazioni che perseguano il soddisfacimento di interessi pubblici locali entro un determinato ambito territoriale. In termini può richiamarsi anche lo specifico precedente di TAR Milano, sez. 1^, n. 140 del 2007.

Anche la terza censura deve essere respinta.

Conclusivamente, quindi, il ricorso deve essere rigettato, ritenendo tuttavia il Collegio, in considerazione della complessità dei profili interpretativi coinvolti nella presente controversia, che sia giusto disporre tra le parti la integrale compensazione delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, 1^ Sez., definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 25/02/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Gaetano Cicciò, Presidente

Saverio Romano, Consigliere

Riccardo Giani, Primo Referendario, Estensore

 

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/03/2009

 

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL SEGRETARIO

 

 

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