HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. IV, 3/3/2009 n. 1213
Gli atti conclusivi delle procedure di V.I.A. sono immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione dei valori ambientali siano essi associazioni di tutela ambientale o cittadini residenti in loco.

La procedura di V.I.A. pur inserendosi sempre all'interno del più ampio procedimento di realizzazione di un opera o di un intervento, è stata considerata da dottrina e giurisprudenza prevalenti come dotata di autonomia, in quanto destinata a tutelare un interesse specifico (quello alla tutela dell'ambiente), e ad esprimere al riguardo, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione definitiva, già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali; di conseguenza, gli atti conclusivi delle procedure di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) sono immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori siano essi associazioni di tutela ambientale ovvero, come nel caso di specie, cittadini residenti in loco.

Materia: ambiente / disciplina

REPUBB LICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sui seguenti ricorsi in appello:

1) n. 9475 del 2006, proposto dai sigg.ri PEDERIVA GIOVANNI BATTISTA, PEDERIVA ENRICO, SOLAR ROSINA, TAMION DOROTEA, BARIOLA ZANNINI IDA, ZANNINI GIULIA, ZANNINI SILVIA, CANOSSI CORAZZA BARIOLA BEATRICE, BARIOLA ALESSANDRO, SCAIOLI MAURO, CALANDRA BUONAURA VINCENZO e MANTOVANI EUGENIA, rappresentati e difesi dagli avv.ti Matilde Palmieri e Adriano Giuffré, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Collina, 36;

 

contro

- la PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. prof. Damiano Florenzano, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Paolo Emilio, 7;

- il COMUNE DI VIGO DI FASSA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Dalla Fior e prof. Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale G. Mazzini, 11;

- l’AGENZIA PROVINCIALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE DI TRENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;

 

contro e per l’annullamento

previa sospensione

della sentenza del T.R.G.A. di Trento nr. 327/2006 (Reg. Ric. nr. 243/2004), notificata il 10 ottobre 2006, con la quale è stato respinto e in parte dichiarato inammissibile il ricorso promosso dagli odierni appellanti avverso: a) la determinazione del Direttore dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente nr. 9/2004 del 27 maggio 2004 avente ad oggetto: “Procedura di verifica di cui all’art. 3 del D.P.G. 22 novembre 1989 nr. 13-11/leg. e s.m., valutazione tecnica preliminare della significatività dell’impatto ambientale della Variante alla SS 241 del Passo di Costalunga – collegamento a Vigo di Fassa – 1° e 2° intervento – Comune di Vigo di Fassa – screening nr. 8/2004S – non sottoposizione alla procedura di valutazione dell’impatto ambientale”; b) il Regolamento provinciale D.P.G.P. nr. 11-13/Leg. del 1989 (artt. 3-3-bis); c) nota 6 settembre 2004, prot. nr. 1006; d) relazione di impatto acustico del luglio 2004 recepita e trasmessa dalla Provincia di Trento all’A.P.P.A. con nota 6 settembre 2004, prot. nr. 8962/04 S105IA; e) ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale.

2) n. 2333 del 2008, proposto dai sigg.ri TAMION DOROTEA, GHETTA BRUNO, BARIOLA ZANNINI IDA, ZANNINI GIULIA, ZANNINI SILVIA, CANOSSI CORAZZA BARIOLA BEATRICE, BARIOLA ALESSANDRO e SCAIOLI MAURO, rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. Sergio Scotti Camuzzi, Matilde Palmieri e Caterina Flick, con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via Arno, 36;

 

contro

- la PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. prof. Damiano Florenzano, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Paolo Emilio, 7;

- il COMUNE DI VIGO DI FASSA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Dalla Fior e Andrea Lorenzi e dall’avv. prof. Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, viale G. Mazzini, 11;

e nei confronti

della COLLINI IMPRESA COSTRUZIONI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Sergio Colombo e Massimo Letizia, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Angelico, 103;

avverso e per l’annullamento, previa sospensione,

della sentenza nr. 3/2008, pronunciata dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, sul ricorso nr. 194 del 2007, pubblicata mediante deposito in Segreteria in data 13 marzo 2008, previo deposito del relativo dispositivo.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Trento, del Comune di Vigo di Fassa e dell’appellata Collini Costruzioni S.p.a.;

Visti i motivi aggiunti prodotti dagli appellanti nel giudizio nr. 2333/2008, visto altresì l’appello incidentale proposto dalla Provincia Autonoma di Trento nel giudizio nr. 9475/2006;

Viste le memorie prodotte dagli appellanti (in data 16 gennaio 2009 nel giudizio nr. 9475/2006, in date 5 maggio 2008 e 15 ottobre 2008 nel giudizio nr. 2333/2008), dalla Provincia Autonoma di Trento (in data 21 gennaio 2009 nel giudizio nr. 9475/2006, in date 18 aprile 2008, 2 maggio 2008, 21 ottobre 2008 e 21 gennaio 2009 nel giudizio nr. 2333/2008), dal Comune di Vigo di Fassa (in date 19 aprile 2008 e 10 ottobre 2008 nel giudizio nr. 2333/2008) e dall’appellata Collini Costruzioni S.p.a. (in data 15 ottobre 2008 nel giudizio nr. 2333/2008) a sostegno delle rispettive difese;

Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 2430 del 7 maggio 2008, con la quale, in relazione al ricorso nr. 2333/2008, è stata parzialmente accolta la domanda incidentale di sospensione della sentenza impugnata;

Visto il dispositivo di decisione nr. 41 del 2 febbraio 2009;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del 27 gennaio 2009, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi gli avv.ti Giuffré, anche in sostituzione dell’avv. Palmieri, e Flick per gli appellanti, l’avv. Bozzi, in sostituzione dell’avv. Florenzano, per la Provincia Autonoma di Trento, l’avv. Stella Richter per il Comune di Vigo di Fassa e l’avv. Letizia per la Collini Impresa di Costruzioni S.p.a.;

Ritenuto e considerato quanto segue:

 

FATTO

1. Gli appellanti in epigrafe indicati, tutti residenti nel Comune di Vigo di Fassa, hanno impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensione, la sentenza con la quale il T.R.G.A. di Trento ha respinto e in parte dichiarato inammissibile il ricorso da essi proposto avverso le determinazioni adottate dall’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente all’esito della procedura di verifica preliminare della sottoponibilità a valutazione di impatto ambientale della variante alla strada statale nr. 241 del Passo di Costalunga, nonché, con successivi motivi aggiunti, avverso la relazione di impatto acustico di poi richiesta e recepita dalla Provincia Autonoma di Trento.

A sostegno dell’appello, hanno dedotto:

1) erroneità della sentenza impugnata laddove è stata respinta la doglianza di omissione della comunicazione di avvio del procedimento di verifica di assoggettabilità a V.I.A., con incongrua applicazione del principio di cui all’art. 21-octies della legge 7 agosto 1990, nr. 241;

2) erroneità della medesima sentenza laddove ha ritenuto l’inammissibilità dei motivi aggiunti proposti dai ricorrenti, sulla base del falso presupposto che la relazione di impatto acustico con questi censurata non avesse natura provvedimentale.

Conseguentemente, gli appellanti hanno riproposto le censure articolate in primo grado, nei motivi aggiunti, avverso la predetta relazione di impatto acustico (eccesso di potere per motivazione carente e/o insufficiente, contraddittoria, perplessa ed incongrua, generica e lacunosa; illegittimità derivata della procedura di screening e della determinazione direttoriale conseguente), reiterando la richiesta di consulenza tecnica già avanzata dinanzi al T.R.G.A. al fine di verificare la fondatezza delle conclusioni raggiunte dalla relazione impugnata.

Si sono costituiti, opponendosi all’accoglimento dell’appello, il Comune di Vigo di Fassa e la Provincia Autonoma di Trento; quest’ultima ha altresì proposto appello incidentale avverso la medesima sentenza impugnata, deducendo: violazione e falsa applicazione degli artt. 24 del regio decreto 26 giugno 1924, nr. 1054, 21 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034, e 100 c.p.c. (per avere il T.R.G.A. omesso di dichiarare l’inammissibilità anche del ricorso introduttivo, stante la natura infraprocedimentale e non lesiva degli atti con lo stesso censurati).

Alla camera di consiglio del 12 dicembre 2006, sull’accordo delle parti, l’esame della domanda incidentale di sospensione della sentenza impugnata è stato differito, per essere abbinato alla trattazione del merito.

All’udienza del 27 gennaio 2009, la causa è stata introitata per la decisione.

2. Un ulteriore appello è stato proposto da un gruppo di soggetti residenti nel Comune di Vigo di Fassa, in parte coincidenti con i firmatari del primo ricorso, avverso una seconda sentenza relativa al medesimo intervento, con la quale il T.R.G.A. di Trento ha respinto il ricorso da essi proposto, unitamente ad altri residenti, avente a oggetto gli atti successivi posti in essere dalla Provincia Autonoma di Trento per l’approvazione del progetto e l’occupazione delle aree da espropriare a seguito dell’aggiudicazione dei lavori.

Inizialmente, è stato gravato il solo dispositivo di sentenza sfavorevole ai ricorrenti, deducendo i seguenti motivi di appello:

1) violazione di legge (art. 67 della legge provinciale 5 settembre 1991, nr. 22); avvenuta scadenza dei vincoli preordinati all’espropriazione (essendo stati gli atti occupativi ed espropriativi adottati a vincoli ormai scaduti);

2) violazione di legge (art. 5 della legge provinciale 8 settembre 1997, nr. 13); eccesso di potere, carenza di motivazione, erroneità, insussistenza e falsa rappresentazione dei presupposto di fatto e di diritto (in relazione alla lamentata omessa rinnovazione della verifica di conformità urbanistica del progetto in sede di Conferenza di servizi che ha approvato il progetto dell’intervento).

Una volta pubblicata la sentenza completa di motivazione, gli appellanti hanno poi proposto motivi aggiunti coi quali, anche ampliando e integrando i motivi dell’appello originario, hanno dedotto:

1) erronea interpretazione del T.R.G.A. di Trento della normativa provinciale sulla procedura espropriativa (essendo stata ritenuta la non intervenuta scadenza del vincolo espropriativo sull’erroneo presupposto che la procedura di esproprio fosse iniziata con l’atto dichiarativo della pubblica utilità, indifferibilità e urgenza anziché, come rettamente devesi interpretare la normativa provinciale in materia, col successivo provvedimento di autorizzazione all’esecuzione delle operazioni);

2) errore del T.R.G.A. di Trento sulla interpretazione della decisione del Consiglio di Stato nr. 3116/2004 ed errata motivazione sul falso presupposto che tale sentenza non abbia travolto anche la Conferenza di servizi del 17 luglio 2002 (avendo il primo giudice escluso la fondatezza della doglianza formulata avverso la seconda Conferenza di servizi sul falso presupposto della persistente validità della precedente Conferenza, che andava considerata invece annullata dalla predetta decisione di questo Consiglio di Stato, che aveva accolto un primo ricorso proposto avverso gli atti della procedura di esproprio);

3) errore e manifesta ingiustizia del T.R.G.A. di Trento sulla condanna alle spese del giudizio (apparendo eccessiva e sproporzionata la quantificazione di tali spese in complessivi € 45.000,00).

Si sono costituiti, opponendosi con diffuse argomentazioni all’accoglimento dell’appello, il Comune di Vigo di Fassa, la Provincia Autonoma di Trento e la Collini Impresa di Costruzioni S.p.a. (quest’ultima controinteressata in primo grado in quanto società aggiudicataria dei lavori e incaricata dell’esecuzione delle operazioni di esproprio); le parti appellate hanno altresì eccepito, come già fatto in primo grado, l’inammissibilità dell’impugnazione della Conferenza dei servizi del 24 agosto 2005, sia per tardività dell’impugnazione che per la non lesività dell’atto, in parte qua meramente confermativo della precedente Conferenza del 2002.

Alla camera di consiglio del 6 maggio 2008, questa Sezione ha accolto la domanda cautelare proposta dagli appellanti, limitatamente alla statuizione relativa alle spese di giudizio.

All’udienza del 27 gennaio 2009, la causa è stata ritenuta per la decisione.

 

DIRITTO

1. Gli appelli vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione, avendo a oggetto atti relativi a un unico procedimento, quello relativo alla realizzazione della variante alla strada statale nr. 241 del Passo di Costalunga, di collegamento a Vigo di Fassa.

2. Principiando dal ricorso nr. 9475 del 2006, relativo all’impugnazione degli atti relativi alla procedura di verifica preliminare dell’assoggettabilità a valutazione di compatibilità ambientale dell’intervento, va prioritariamente esaminato l’appello incidentale col quale la Provincia Autonoma di Trento ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, già respinta dal primo giudice.

L’Amministrazione assume la non impugnabilità degli atti relativi alla procedura di verifica di assoggettabilità a V.I.A. (cd. screening), ai sensi dell’art. 3 del decreto del Presidente della Giunta Provinciale 22 novembre 1989, nr. 13-11/leg e s.m.: ciò in quanto tali atti avrebbero carattere “infraprocedimentale”, inserendosi all’interno del procedimento teso alla realizzazione dell’intervento, e pertanto non sarebbero lesivi, potendo e dovendo essere impugnati solo assieme agli atti conclusivi di tale più ampio procedimento.

Il motivo è infondato.

Ed invero, la disciplina provinciale della procedura di screening innanzi richiamata riproduce quella nazionale all’epoca vigente (d.P.R. 12 aprile 1996), condividendone la ratio di anticipazione della tutela ambientale, la quale si sostanza nella previsione di sottoporre determinati interventi astrattamente idonei a cagionare un rilevante impatto sull’ambiente a una verifica preliminare, al fine di accertare la sussistenza dei presupposti per l’esperimento della procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.).

Orbene, fin dal loro ingresso nel loro ordinamento, le procedure di V.I.A. e di screening, pur inserendosi sempre all’interno del più ampio procedimento di realizzazione di un opera o di un intervento, sono state considerate da dottrina e giurisprudenza prevalenti come dotate di autonomia, in quanto destinate a tutelare un interesse specifico (quello alla tutela dell’ambiente), e ad esprimere al riguardo, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione definitiva, già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali; di conseguenza, gli atti conclusivi di dette procedure sono stati ritenuti immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori (siano essi associazioni di tutela ambientale ovvero, come nel caso che occupa, cittadini residenti in loco).

Tali conclusioni appaiono oggi confortate dalla disciplina generale di cui all’art. 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, nr. 152, ancorché ratione temporis non applicabile alla vicenda per cui è causa, che configura la stessa procedura di verifica dell’assoggettabilità a V.I.A., secondo l’opinione preferibile, come vero e proprio subprocedimento autonomo, caratterizzato da partecipazione dei soggetti interessati e destinato a concludersi con un atto avente natura provvedimentale, soggetto a pubblicazione.

3. Venendo ora all’esame dell’appello nr. 9475 del 2006, lo stesso si appalesa infondato e, pertanto, meritevole di reiezione.

4. Col primo motivo d’impugnazione, gli appellanti lamentano l’erroneità della sentenza di primo grado, nella parte in cui è stata respinta la censura di violazione degli artt. 24 e 24 della legge provinciale 30 novembre 1992, nr. 23, non avendo provveduto l’Amministrazione a notificare loro la comunicazione di avvio del procedimento di screening.

Al riguardo, il Collegio ritiene di dover confermare le conclusioni raggiunte dal primo giudice in punto di inconsistenza della doglianza, ancorché per motivazioni diverse.

Ed invero, l’art. 24 della citata legge provinciale nr. 23 del 1992, riproducendo a livello locale la disposizione generale di cui all’art. 7 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, dispone che la pubblica amministrazione sia tenuta a notificare la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo “ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e a quelli che per legge debbono intervenirvi”.

Tale disposizione è sempre stata interpretata nel senso di individuare, quali soggetti legittimati a ricevere la comunicazione, gli specifici destinatari dell’azione amministrativa di che trattasi, siano o meno direttamente contemplati nel provvedimento finale, nonché i soggetti dei quali la legge disponga obbligatoriamente la partecipazione al procedimento stesso.

Orbene, non può dirsi che nel caso di specie un tale obbligo sussistesse nei confronti degli odierni appellanti, la cui posizione era unicamente quella di essere residenti nella zona interessata dall’intervento de quo, e come tali destinati a subirne gli effetti, non diversamente però dalla collettività indifferenziata degli abitanti del Comune di Vigo di Fassa; non si trattava, quindi, né di destinatari specifici del provvedimento emanando né di soggetti di cui fosse obbligatoria la consultazione (essendo previsti particolari meccanismi di informazione e partecipazione del pubblico interessato, nel quale deve ritenersi rientrare anche gli odierni appellanti).

Né può dirsi che costituisse titolo idoneo a costituire in capo agli appellanti una autonoma e differenziata legittimazione la circostanza, di mero fatto, che la procedura di screening in questione fosse stata avviata dall’Amministrazione in esecuzione di una decisione di questo Consiglio di Stato (nr. 3116 del 2004) con la quale, in accoglimento di impugnazione proposta solo in parte dai medesimi soggetti residenti in loco (nel senso che solo taluni dei ricorrenti in quella sede coincidevano con gli odierni appellanti), erano stati annullati i pregressi atti del procedimento teso alla realizzazione della variante alla S.S. nr. 241, ritenendosi illegittimo il mancato esperimento della verifica preliminare dell’assoggettabilità dell’intervento a V.I.A.

Pertanto, laddove il T.R.G.A. ha ritenuto che l’omessa comunicazione fosse stata ininfluente ai sensi dell’art. 21-octies della ridetta legge nr. 241 del 1990, questa Sezione ritiene di poter escludere, a monte, che l’Amministrazione fosse tenuta a comunicare individualmente agli odierni appellanti l’avvio del procedimento, ex artt. 24 e 25 l.p. nr. 23 del 1992.

5. Miglior sorte non merita il secondo motivo d’appello, con il quale ci si duole della statuizione di inammissibilità dei motivi aggiunti di primo grado, diretti contro la relazione di impatto acustico redatta nel luglio 2004, su richiesta dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente, dopo la conclusione con esito negativo della procedura di screening.

Sul punto, appaiono condivisibili le argomentazioni spese dal giudice di prime cure, che ha ritenuto meramente endoprocedimentale, e quindi non immediatamente impugnabile, la relazione di impatto acustico de qua.

Avverso tale conclusione, le critiche di parte appellante si fondano essenzialmente su due ordini di argomentazioni: da un lato, le censure mosse nei motivi aggiunti avrebbero dovuto comunque essere esaminate come vizi di legittimità della procedura di screening; in secondo luogo, l’essersi svolta la relazione d’impatto acustico in un momento successivo rispetto alla procedura di screening costituiva vizio eclatante di quest’ultima.

Tali doglianze appaiono inconferenti, in quanto muovono dall’erroneo presupposto che la più volte citata relazione d’impatto acustico fosse parte integrante della procedura di screening, o comunque dovesse rientrare in essa (e, quindi, precedere e non seguire il provvedimento conclusivo di detta procedura).

Può però obiettarsi, anzi tutto, che se quest’ultimo era l’avviso degli appellanti, esso avrebbe dovuto essere espresso censurando tempestivamente il provvedimento conclusivo della procedura di screening e, quindi, deducendo già nel ricorso introduttivo – e non, tardivamente e surrettiziamente, in sede di motivi aggiunti – il preteso vizio derivante dall’omesso svolgimento di uno studio d’impatto acustico nell’ambito della procedura in questione.

In realtà, da una piana lettura della documentazione in atti emerge una ricostruzione tutt’affatto diversa dell’iter procedimentale: molto semplicemente l’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente, a conclusione della procedura di screening, pur ritenendo non necessario l’esperimento della procedura di V.I.A., raccomandò l’effettuazione di uno studio sull’impatto acustico della variante, del quale potesse tenersi conto in sede di Conferenza di servizi per l’approvazione del relativo progetto.

In questo senso, la relazione de qua costituisce atto endoprocedimentale, ma non già interno alla procedura di screening, bensì al procedimento approvativo del progetto dell’opera pubblica per cui è processo: pertanto, eventuali vizi da cui essa risultasse affetta avrebbero dovuto esser fatti valere – semmai – in sede di impugnazione del provvedimento di approvazione del progetto (ciò che non è avvenuto, non risultando le censure in esame poi riprodotte, neanche in via derivata, nel successivo ricorso di cui all’odierno giudizio nr. 2333 del 2008).

Alla luce di quanto osservato, va disattesa anche, siccome ultronea, la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio già articolata dagli appellanti nel giudizio di primo grado, e qui riproposta.

6. Passando adesso all’esame del secondo appello qui riunito (nr. 2333 del 2008), va esaminata l’eccezione di improcedibilità dello stesso, limitatamente alla posizione dell’appellante sig.ra Dorotea Tamion, sollevata dall’Amministrazione provinciale nell’ultima memoria depositata.

L’eccezione va disattesa, non potendo in alcun modo configurarsi univocamente acquiescenza alla sentenza di primo grado sulla base della mera circostanza, riferita dall’Amministrazione, che la sig.ra Tamion avrebbe chiesto l’autorizzazione a realizzare un accesso alla propria abitazione dal realizzando tratto stradale.

7. Nel merito, l’appello è fondato, sotto l’assorbente profilo evidenziato col secondo motivo di impugnazione, con il quale si censurano le statuizioni del T.R.G.A. in ordine all’ulteriore doglianza articolata avverso la Conferenza di servizi del 24 agosto 2005, censurata per la mancata espressione di un nuovo parere di conformità urbanistica; al riguardo, vanno respinte le eccezioni di inammissibilità di tale censura sollevate dalle parti appellate, come meglio appresso si dirà.

7.1. Per meglio comprendere le conclusioni testé segnalate, giova ricostruire brevemente, in parte qua, la vicenda procedimentale e processuale che occupa.

Come già accennato, con precedente decisione di questa Sezione (nr. 3116 del 2004) sono stati annullati gli atti pregressi della procedura di approvazione del progetto per cui è causa, stante il mancato preventivo esperimento della procedura di screening.

In sede di rinnovazione del procedimento, e dopo lo svolgimento dello screening, si è tenuta la citata Conferenza di servizi del 24 agosto 2005, in occasione della quale non si è ritenuto di procedere a nuova verifica di conformità urbanistica, limitandosi a fare richiamo alla precedente Conferenza del 2002, stante anche l’identità del progetto esaminato.

Parte appellante assume l’illegittimità di un tale richiamo, dovendo la Conferenza del 2002 considerarsi “travolta” dalla citata decisione nr. 3116 del 2004; in contrario, le parti appellate assumono che tale travolgimento non si evincerebbe dalla motivazione della predetta decisione, e che in ogni caso esso non coinvolgerebbe gli aspetti urbanistici, essendo stato l’annullamento determinato da carenze procedimentali sotto diversi profili.

Questo Collegio reputa non necessario addentrarsi nell’esegesi della decisione nr. 3116 del 2004, su cui pure si controverte inter partes, potendo la questione essere risolta applicando i generali principi in ordine agli effetti dell’illegittimità accertata e dichiarata in sede giurisdizionale.

Sotto tale profilo, è pacifico che, allorché sia accertata la sussistenza di un vizio di legittimità all’interno dell’iter di un procedimento amministrativo, questo investe non solo l’atto che direttamente lo riguarda, ma anche tutti gli atti successivi e consequenziali della sequenza procedimentale, e che, in sede di successiva rinnovazione degli atti, il procedimento deve riprendere dal momento in cui si era verificato il vizio accertato.

Orbene, se è vero che l’illegittimità nella specie accertata dalla decisione nr. 3116 del 2004 consisteva nell’omissione della procedura di screening, non può dubitarsi del fatto che questa avrebbe dovuto precedere l’approvazione del progetto dei lavori, e quindi anche la Conferenza di servizi all’uopo convocata (ciò che, del resto, è avvenuto in sede di rinnovazione della procedura); con la conseguenza che la predetta illegittimità ha travolto tutti gli atti del procedimento che avrebbero dovuto essere preceduti dallo screening, ivi compresa la Conferenza di servizi del 2002.

Tale travolgimento, peraltro, non può che essere integrale, non potendosi artificiosamente scindersi tra aspetti urbanistici e aspetti ambientali (a parte l’opinabilità della distinzione e la sicura interferenza reciproca tra i due profili).

Ne discende che in nessun caso, pena la violazione del giudicato riveniente dalla ridetta decisione nr. 3116 del 2004, in sede di nuova Conferenza di servizi del 2005, le motivazioni da esplicitare obbligatoriamente avrebbero potuto essere fatte per relationem, attraverso un mero richiamo a un atto precedente (il verbale della Conferenza del 2002) non più esistente nel mondo giuridico.

Va rimarcata anche la rilevanza non meramente formale del profilo de quo, atteso che il giudizio di conformità urbanistica formulato nel 2002 (e che, secondo la prospettazione che qui si condivide, era stato caducato e avrebbe dovuto essere rinnovato nel 2005) si era sostanziato nell’accertamento di una parziale non conformità dell’intervento alle prescrizioni del P.R.G., con contestuale approvazione (sia pure per una porzione del suolo diversa da quelle che interessano gli odierni appellanti) di una variante allo strumento urbanistico; attività tutte che non potevano darsi per presupposte, attraverso il mero ed esclusivo richiamo a un atto annullato.

7.2. Come detto, le parti appellate hanno eccepito l’inammissibilità sotto vari profili della doglianza, della quale si è appena riscontrata la fondatezza nel merito, articolata avverso la Conferenza di servizi del 24 agosto 2005; i rilievi svolti al punto che precede aiutano a comprendere l’infondatezza di dette eccezioni.

In primo luogo, la Provincia Autonoma di Trento assume l’inammissibilità della censura in primo grado per tardività, avendo avuto gli interessati cognizione della Conferenza già dalla lettura della determinazione nr. 336 del 2006, che la citava; gli appellanti assumono l’inammissibilità dell’eccezione, per essere stata la stessa sollevata per la prima volta in grado di appello, ma la circostanza non risponde al vero, risultando per tabulas l’eccezione già contenuta nella memoria depositata dall’Amministrazione, nel giudizio di primo grado, in data 8 febbraio 2008.

Inoltre, non essendosi il T.R.G.A. espressamente pronunciato sul punto, l’eccezione può essere riproposta – così come avvenuto – con semplice memoria, non necessitando delle forme dell’appello incidentale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 settembre 2007, nr. 4924; Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2004, nr. 6491).

L’eccezione è però infondata, essendo evidente che la mera rilevazione degli estremi della Conferenza di servizi (tanto, infatti, era dato evincere dalla determinazione nr. 336 del 2006) non poteva comportare anche conoscenza del suo contenuto, e in particolare dei vizi successivamente dedotti con i motivi aggiunti.

Inoltre, la Conferenza de qua, alla stregua dei rilievi sopra svolti, ben potrebbe essere considerata addirittura affetta da nullità ai sensi dell’art. 21-septies della legge nr. 241 del 1990, per violazione o elusione del giudicato di cui alla decisione nr. 3116 del 2004, e quindi da un vizio rilevabile, secondo un diffuso orientamento, anche ex officio, indipendentemente da una tempestiva impugnazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 novembre 2005, nr. 6340).

Sotto altro profilo, si assume l’inammissibilità della doglianza per il carattere meramente confermativo della Conferenza di servizi del 2005, in parte qua, rispetto a quella precedente.

Tuttavia si comprenderà, alla stregua dei rilievi ampiamente svolti sub 7.1, il perché non sia concepibile un atto che si ponga sic et simpliciter come confermativo di altro atto precedente, che sia stato annullato giurisdizionalmente.

8. In conclusione, dovendo accogliersi l’appello nr. 2333 del 2008 nei termini appena esposti, il ricorso di primo grado va accolto; peraltro, l’annullamento del verbale della Conferenza di servizi del 24 agosto 2005, per le ragioni indicate, determina la conseguente caducazione, per illegittimità derivata, degli atti successivi (e, in particolare, delle impugnate determinazioni con le quali è stata avviata e portata avanti la procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione dell’opera per cui è causa).

Quanto sopra, come detto, esonera il Collegio dall’esame degli ulteriori motivi d’appello, stante la valenza assorbente del vizio di legittimità innanzi riscontrato.

9. Alla stregua dei rilievi che precedono, si rende necessaria la correzione del dispositivo di decisione nr. 41/2009, depositato il 2 febbraio 2009, laddove, per mero errore materiale, l’appello nr. 2333 del 2008 è stato dichiarato accolto nei “limiti”, anziché nei “sensi”, di cui in motivazione.

Al riguardo, questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di rilevare che il dispositivo, nei casi in cui la legge ne impone la pubblicazione prima del testo integrale della sentenza, non si configura come una decisione autonoma da contrapporre a quella integrale, ma costituisce solo una parte di quest’ultima, sicché si può dire che fino all’emanazione della motivazione la sentenza non sia venuta in essere nella sua entità complessiva; ne discende che, nelle controversie di cui all’art. 23-bis della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034, il dispositivo pubblicato ben può essere corretto in sede di redazione al fine di emendarlo da eventuali errori materiali compiuti al momento della sua adozione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 agosto 2003, nr. 4746; id. 6 agosto 2001, nr. 4228).

Tale conclusione appare confortata anche dal rilievo che, a differenza da quanto avviene in primo grado (laddove il dispositivo depositato ex art. 23-bis può essere immediatamente impugnato, anche ai fini cautelari, prima ancora del deposito della sentenza completa di motivazione), in grado di appello la pubblicazione anticipata del dispositivo non ha altro effetto che quello di orientare immediatamente le parti sulle determinazioni del giudicante (cfr. Cons. Stato, nr.  4746/2003, cit.).

Pertanto, l’evidenziata natura assorbente della fondatezza dell’unico motivo di appello esaminato impone di rettificare il dispositivo già pubblicato nei termini testé precisati.

10. Stante la complessità delle questioni affrontate, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio quanto all’appello nr. 2333 del 2008, mentre per l’appello nr. 9475 del 2006 vanno compensate le spese relative al presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, riuniti gli appelli in epigrafe:

-           respinge l’appello nr. 9475/2006;

-           accoglie l’appello n. 2333/2008, nei sensi di cui in motivazione;

-           respinge l’appello incidentale proposto dall’Amministrazione nel giudizio nr. 9475/2006.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di appello, in relazione al giudizio nr. 9475/2006; compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio, in relazione al nr. 2333/2008.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del 27 gennaio 2009 e del 12 febbraio 2009 con l’intervento dei signori:

            Luigi Cossu                        Presidente

            Armando Pozzi                   Consigliere

            Anna Leoni                        Consigliere

            Bruno Mollica                    Consigliere

         Raffaele Greco                     Consigliere, est.

L’ESTENSORE                                IL PRESIDENTE

Raffaele Greco           Luigi Cossu

IL SEGRETARIO

Rosario Giorgio Carnabuci

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

3 marzo 2009

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici