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Consiglio di Stato, Sez. V, 26/8/2009 n. 5082
Sui requisiti che devono sussistere per ritenere legittimo l'affidamento in house in favore di una società partecipata da più enti pubblici.

In caso di affidamento in house in favore di società partecipata da più enti pubblici, per verificare se sussiste il presupposto del controllo analogo si applica il criterio sintetico imperniato sui rapporti tra la collettività degli enti pubblici soci rispetto alla società affidataria rispetto all'approccio atomistico che considera singulatim la posizione di ogni ente locale.
Ai fini della configurabilità di un "controllo analogo", non è necessaria la ricorrenza, in capo ad un socio pubblico, di un potere di controllo individuale del singolo socio affidante sulla società-organo assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell'art. 2359 c.c.. è imprescindibile però che il controllo della mano pubblica sull'ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati. La giurisprudenza amministrativa, recependo le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, ha rimarcato che il controllo analogo, idoneo ad escludere la sostanziale terzietà dell'affidatario domestico rispetto al soggetto affidante, é da escludere in presenza di un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato da parte dell'ente controllante-affidante che consenta a quest'ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell'affidatario. Risulta quindi indispensabile che le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell'ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalità degli enti pubblici soci. Inoltre, osta alla configurabilità dell'affidamento in house l'acquisizione, da parte dell'impresa affidataria, di una vocazione schiettamente commerciale tale da rendere precario il controllo dell'ente pubblico. Detta vocazione, può, in particolare, risultare dall'ampliamento, anche progressivo, dell'oggetto sociale e dall'apertura obbligatoria della società ad altri capitali o dall'espansione territoriale dell'attività della società: l'affermarsi di una vocazione strategica basata sul rischio di impresa finisce infatti per condizionare le scelte strategiche dell'ente asseritamene in house, distogliendolo dalla cura primaria dell'interesse pubblico di riferimento e, quindi, facendo impallidire la natura di costola organica, pur se entificata, dell'ente o degli enti istituenti.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale  - Quinta  Sezione

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

Sul ricorso in appello n. 10025/2007  del  20/12/2007 , proposto dal CONSORZIO DI BACINO 16, rappresentato e difeso dall’avv.  CARLO GONELLA, con domicilio eletto in Roma,   P.ZZA GIUNONE REGINA N.1;

 

contro

il COMUNE DI SAN MAURO rappresentato e difeso dall’avv. PAOLO SCAPARONE, con domicilio  eletto in Roma, CORSO V.EMANUELE II, N.18, presso il dottor GIAN MARCO GREZ;

 

e nei confronti della

SETA S.P.A., non costituitasi; e dell’ATOR - CONSORZIO ASSOC. D'AMBITO TORINESE GOVERNO RIFIUTI, non costituitosi;

Sul ricorso in appello n. 10036/2007 del  21/12/2007, proposto dalla SOCIETA' ECOLOGICA TERRITORIO AMBIENTE - SETA S.P.A., rappresentata e difesa dall’avv. FABRIZIO PIETROSANTI, con domicilio eletto in Roma, VIA ALESSANDRO FLEMING, 55;

 

contro

il COMUNE DI SAN MAURO TORINESE rappresentato e difeso dall’avv. PAOLO SCAPARONE, con domicilio eletto in Roma, CORSO V. EMANUELE II, N.18,  presso il dottor   GIAN MARCO   GREZ;

 

e nei confronti del

CONSORZIO DI BACINO 16; e del  CONSOR. ASSOCIAZ. D'AMBITO TORINESE PER IL GOVERNO DEI RIF., non costituitisi;

 

per la riforma

della sentenza del TAR PIEMONTE - TORINO - Sezione II,  n.3302/2007;

Visti gli atti  di appello con i relativi allegati;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 31 Marzo 2009, relatore il Consigliere  Francesco Caringella  ed uditi, altresì, gli avvocati C. Gonella,  e Scaparone;

 

FATTO  DIRITTO

1. Giova preliminarmente dare atto dello svolgimento dei fatti esposto dal Primo Giudice sulla scorta della narrativa del ricorso introduttivo.

In seguito all’entrata in vigore della legge regionale 24 ottobre 2002, n. 24, di disciplina organica della gestione dei rifiuti, nei limiti delle competenze attribuite alle Regioni dal “nuovo” Titolo V della Costituzione ai sensi della l. cost. n. 3/2001, era costituito il “Consorzio di Bacino 16” allo scopo di perseguire le finalità di cui all’art. 11 l.r. cit., relative alla gestione associata dei servizi, di cui al precedente art. 10, comma 1, attraverso consorzi obbligatori tra comuni. Detti consorzi  provvedevano, in particolare, al diretto esercizio del servizio di gestione rifiuti, subentrando “ex lege” anche ai precedenti rapporti giuridici tra i singoli comuni e i terzi esercenti del servizio in questione.

A tale consorzio obbligatorio partecipava anche il Comune di San Mauro Torinese.

L’Assemblea Straordinaria dei soci del Consorzio, con deliberazione n. 10 del 12 marzo 2004, richiamando quanto previsto dall’art. 113, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 267/2000, come modificato dall’art. 14 d.l. n. 269/2003, conv. in l. 326/2003, in ordine alla modalità di individuazione dei soggetti gestori e di conferimento della titolarità dei servizi di cui all’esercizio di funzioni di governo e coordinamento, di cui all’art. 11 l.r. cit., individuava nella SETA S.p.A., società a totale partecipazione pubblica avente ad oggetto la gestione dei servizi di igiene ambientale, il soggetto corrispondente alle caratteristiche di legge al fine dell’affidamento diretto, in quanto: “… a) il capitale sociale della S.E.T.A. SpA è interamente pubblico; b) i Comuni associati nel Consorzio di Bacino 16 esercitano sulla S.E.T.A. SpA un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi in quanto: - i Comuni aderenti al Consorzio di Bacino 16 hanno assunto una forma associativa tramite la quale si esercita il controllo sul servizio svolto dalla S.E.T.A. Spa; - il controllo esercitabile dai singoli Comuni non deve essere inteso in termini di rispettiva partecipazione azionaria, in quanto la ‘analogia’ deve essere valutata in relazione al servizio reso dalla società che lo gestisce. Tale controllo è ulteriormente esercitato dai comuni titolari del capitale sociale: - in primo luogo in modo associato tramite il Consorzio come sopra esposto; - in secondo luogo tramite i singoli contratti di servizio. Tali contratti dovranno uniformarsi a schema tipo predisposto dal Consorzio, il quale dovrà garantire l’uniformità del servizio e l’equivalenza delle condizioni generali. Sulla base di tali contratti i singoli Comuni e la S.E.T.A. SpA definiranno le specifiche del servizio in relazione alla peculiarità del proprio territorio; c) la S.E.T.A. SpA, avente ad oggetto la gestione dei servizi di igiene ambientale, svolge la propria preponderante attività con i Comuni che la controllano …” e, quindi, stabiliva “1) ... 2) ai sensi dell’art. 113, comma 5, lett. c) del d.lgs. 18.8.2000 n. 267, di conferire la titolarità del servizio di gestione rifiuti alla SETA S.p.A.; 3) di rinviare a successiva deliberazione e, da assumerne entro il termine di 90 giorni dalla presente, l’approvazione della convenzione di affidamento del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani di cui all’art. 10, punto 1, lett. a) e b), l.r. 24/2002 per regolare i rapporti tra Consorzio di bacino e S.E.T.A. S.p.A.; 4. di rinviare a successiva deliberazione da assumerne entro il termine di 90 giorni dalla presente, l’approvazione di un contratto di servizio tipo che S.E.T.A. dovrà stipulare con i singoli comuni; 5) di fare luogo all’affidamento nei confronti dei Comuni per i quali la società S.E.T.A. non ancora gestisce il servizio a decorrere dalla scadenza dei rispettivi rapporti contrattuali; 6) di affidare alla S.E.T.A. S.p.A. in via transitoria la gestione dei servizi nei Comuni per i quali il rapporto contrattuale in essere venga a immediata scadenza mediante contratti da eseguire sulla base dei contenuti del contratto tipo di cui al punto 4 entro 120 giorni dalla presente deliberazione; 7) di riservare l’affidamento del servizio del Comune di San Mauro T.se, attualmente non socio di S.E.T.A., a successivi provvedimenti”.

Infatti, il Comune di San Mauro Torinese, che aveva affidato a terzi la gestione del servizio in questione sul suo territorio fino al 31 dicembre 2006, solo in data 15 luglio 2004 decideva di sottoscrivere l’acquisizione di una quota azionaria della SETA S.p.A. con la deliberazione di C.C. n. 39, anche se, poi, a tale intendimento non era data concreta attuazione.

Con l’approssimarsi della scadenza del termine di affidamento del servizio sopra ricordato (comunque prorogabile fino al 30 giugno 2007), il Sindaco del Comune di San Mauro Torinese, anche in considerazione dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in relazione al c.d. affidamento “in house” di servizi pubblici da parte di enti locali o di enti esponenziali di interessi locali, con nota prot. n. 10345 del 5 dicembre 2006 indirizzata al Consorzio di Bacino 16 - e, per conoscenza, alla Regione Piemonte e alla Provincia di Torino - richiamando una precedente lettera del 10 ottobre 2006, evidenziava che, a sua opinione, per le motivazioni ivi esposte, non sussistevano “i presupposti di legittimità per l’affidamento in house da parte del Consorzio alla società SETA S.p.A. dello svolgimento del servizio di igiene urbana nel Comune di San Mauro Torinese, sia perché il Comune non è socio della Società stessa, sia perché mancano le condizioni previste dall’art. 113 del D.lgs. 267/2000. In particolare, in base alla recente sentenza del T.A.R. Piemonte (Sez. II del 13/11/2006 n. 4164), risulta che non sussistano in capo alla Società SETA S.p.A. le condizioni di ‘controllo analogo’ ed il requisito di ‘attività prevalente’ … A tal fine siamo a richiedere che … codesto Consorzio attivi una gara ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio sul territorio di San Mauro Torinese, a decorrere dal 1° luglio 2007, per una durata di almeno quattro anni …”.

Il Consorzio di Bacino 16,  con lettera del 19 dicembre 2006, comunicava tuttavia   al Comune di San Mauro Torinese che, dal 1° gennaio 2007, intendeva affidare alla SETA S.p.A. anche la gestione del servizio di igiene urbana in quel Comune.

In seguito alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 2 del 2 febbraio 2007, il Comune di San Mauro Torinese, dal canto suo, revocava la precedente deliberazione, n. 39/2004, con la quale aveva deciso di acquisire una quota nella SETA S.p.A., anche se a tale acquisto non era stata data ancora attuazione.

Pur sussistendo tali intendimenti del Comune di San Mauro Torinese, l’Assemblea del Consorzio di Bacino n. 16, con deliberazione n. 2 del 7 febbraio 2007, richiamando ampiamente nelle premesse i presupposti della vicenda, stabiliva “1) di confermare le determinazioni già a suo tempo assunte dall’assemblea straordinaria del Consorzio di Bacino nella seduta del 12 marzo 2004 n. 10 quanto al “conferimento della titolarità del servizio di gestione operativa de irifiuti urbani ai sensi degli artt. 113, comma 5, d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267, - scelta della modalità dell’affidamento” in favore della Società Seta s.p.a., con sede in Settimo Torinese; 2) di confermare in capo alla detta Società la titolarità della gestione del servizio raccolta e trasporto, ai sensi dell’art. 113, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 267/2000, nel territorio dell’intero Consorzio di Bacino 16, ivi compreso quindi quello del Comune di San Mauro …”.

Con il ricorso di primo grado il Comune di San Mauro Torinese chiedeva, previa concessione di misura cautelare, l'annullamento delle deliberazioni assembleari del Consorzio n. 2/2007 e n. 10/2004, e degli altri atti in epigrafe menzionati.

Con la sentenza appellata i primi Giudici hanno accolto il ricorso.

Propongono separati appelli il Consorzio di bacino 16 e la Seta s.p.a.

Resiste il Comune di San Mauro Torinese.

Le parti appellanti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

2. L’identità della sentenza gravata impone la riunione dei ricorsi.

3. La causa è  matura per la decisione.

 Stante anche l’opposizione formulata dal Comune appellato,  non è  suscettibile di accoglimento l’istanza di rinvio presentata nell’imminenza dell’udienza  dalle parti appellanti in relazione alla pendenza di altro giudizio che il Collegio non considera pregiudiziale rispetto al presente.

4. Gli appelli sono infondati alla stregua  delle considerazioni che seguono.

4.1. Non merita accoglimento, in primo luogo, il motivo di appello con cui entrambe le parti appellanti contestano la sussistenza, in capo al Comune originariamente ricorrente, dell’interesse e della legittimazione all’impugnazione dei provvedimenti relativi all’affidamento del servizio in parola stante  l’introduzione, per effetto della legge regionale n. 24/2002, di un nuovo modello di gestione del servizio di igiene urbana imperniato  sul trasferimento dell’esercizio del servizio ai singoli consorzi obbligatori, con conseguente sottrazione ai singoli enti locali territoriali comunali non disporrebbero più di autonomo potere sul governo ed esercizio del servizio e, di conseguenza, della relativa competenza. Osserva, al riguardo, il Collegio che la partecipazione del Comune al  consorzio ed il passaggio al secondo delle competenza in ordine alla gestione del servizio pubblico non spoglia certo il Comune della titolarità e della difesa dell’interesse della collettività comunale alla corretta gestione del servizio pubblico dei rifiuti. Non può quindi revocarsi in dubbio  la legittimazione del Comune, quale  titolare di competenze  sostanziali  proprie  ed autonome non incise  dal modello consortile, ad impugnare gli  atti promananti dal consorzio che siano suscettibili di ledere la sfera giuridica dei suoi interessi di riferimento, in relazione alle sue funzioni istituzionalmente individuate dalla legge con  riguardo alla titolarità del  servizio pubblico di gestione dei rifiuti che riguarda la collettività comunale di cui il Comune è ente esponenziale (C.G.A.R.S., 27.10.2006, n. 589; Cons. Stato, sez. VI, 27.5.2003, n. 2939). Con detta iniziativa giudiziaria, infatti, il Comune non  contesta la spettanza in capo al Consorzio delle prerogative ex lege attribuite allo stesso in ordine alla gestione ed all’affidamento  del servizio in esame ma contesta la correttezza delle modalità dell’esercizio delle sue competenze, con  precipuo riguardo alla  lesione inferta all’interesse della collettività territoriale di cui il Comune è e resta ente esponenziale per eccellenza.

In questo quadro il Tribunale  ha correttamente rimarcato che il  Consorzio obbligatorio, ai sensi della legge regionale,  costituisce un mero modulo organizzativo e di coordinamento che non espropria  i singoli comuni delle funzioni proprie riconosciute dalla normativa statale nonché dalla stessa Carta costituzionale (art. 114 Cost.), così da impedirgli addirittura la tutela in sede giurisdizionale.

4.2.  E’ infondato anche il motivo di appello con cui si reitera l’eccezione  secondo  cui  sussisterebbe carenza di interesse “in concreto” al ricorso alla luce della partecipazione adesiva di un rappresentante del Comune di San Mauro Torinese alla delibera dell’assemblea straordinaria del consorzio n. 10 del 12 marzo 2004, in cui si era dato luogo alla scelta dell’affidamento diretto a SETA S.p.A..

La Sezione conviene con il  Primo Giudice  in merito all’impossibilità di attribuire valenza preclusiva alla partecipazione del  Comune ad una delibera che non ne toccava la sfera giuridica.    Nel  dispositivo di tale delibera era infatti  esplicitamente previsto che per tutti i comuni consorziati si provvedeva all’affidamento, pur se con decorrenze differenziate,   sulla scorta del presupposto della sussistenza del controllo analogo mentre per il Comune di San Mauro Torinese, “attualmente non socio di S.E.T.A.” l’affidamento sarebbe intervenuto per mezzo di  “ successivi provvedimenti”.  Con il che è concettualmente chiaro che il rappresentante del comune di San Mauro Torinese, ha contribuito  a formare la volontà consortile relativamente ai soli altri consorziati ma non ha votato una delibera che riguardava il Comune medesimo. Ne consegue la non configurabilità di alcuna  “acquiescenza”, con riguardo alla delibera consortile del 12 marzo 2004, circa le  scelte del Consorzio di Bacino 16 sull’affidamento del servizio in questione. Dette scelte sono intervenute, con riguardo al Comune appellato, solo con  l’ approvazione della delibera n. 2/2007, che risulta, quindi, ritualmente e tempestivamente gravata.

4.3. Le considerazioni esposte evidenziano altresì l’infondatezza dell’eccezione di tardività dell’impugnazione della  delibera n. 10 del 12 marzo 2004, in relazione alla data di pubblicazione, avvenuta il 25 marzo 2004, posto che detta  delibera  non ha sortito  effetti lesivi diretti nei confronti del Comune ricorrente  prima dell’adozione dei  “successivi provvedimenti” nella stessa preannunciati, provvedimenti  materializzatisi, per l’appunto,  con  la successiva delibera n. 2 del 7 febbraio 2007, con la quale il Consorzio ha imposto al Comune l’affidamento “in house” a SETA S.p.A..

4.3. Sgombrato il campo dalle questioni preliminari, si può ora passare ai motivi di appello con cui entrambe le parti ricorrenti contestano nel merito le argomentazioni  svolte dal primo Giudice al fine di pervenire alla conclusione dell’insussistenza dei presupposti giustificativi dell’affidamento diretto in house della gestione del servizio in  favore della Seta s.p.a., ossia il cd. controllo analogo dell’affidamento rispetto all’affidatario e la  dedizione sostanzialmente esclusiva dell’attività di quest’ultimo  rispetto ai bisogni ed ai fini del primo .

4.3.1. Giova esaminare in primo luogo le questioni che ruotano attorno al presupposto del controllo analogo.

4.3.1.1. In prima battuta occorre valutare se, in caso di affidamento in favore di società partecipata da più enti pubblici, il controllo analogo debba essere esercitato da ognuno degli enti territoriali che si avvalgono della società per il soddisfacimento delle esigenze della collettività di riferimento o se sia sufficiente che detto controllo venga espletato dai soci nella loro totalità. Si deve cioè valutare se in materia debba prevalere un approccio atomistico che consideri singulatim la posizione di ogni ente locale rispetto ad un criterio sintetico che traguardi in modo complessivo la collettività dei soci governata in ambito societario attraverso il metodo maggioritario.

Il Collegio, in adesione all’impostazione di recente tracciata dalla Sezione con la decisione n. 1365/2009, reputa di dovere seguire il criterio sintetico imperniato sui rapporti tra la collettività degli enti pubblici socie rispetto alla società affidataria.

Va premesso che l’istituto dell’ in house providing riviene una precisa matrice comunitaria nei pronunciati della  Corte di Lussemburgo. L’interpretazione della normativa interna (art. 113, comma 5, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000 e s.m.i.) va dunque condotta sul filo di quei vincolanti precedenti, come accade ogniqualvolta il giudice nazionale si trovi a dover fare applicazione di nozioni forgiate in ambito sovranazionale.

La questione è stata per l’appunto esplorata, in modo esaustivo, da una recente pronuncia del Giudice comunitario.

            Si fa riferimento  alla  sentenza della Corte  di Giustizia  13 novembre 2008, in causa C-324-07, sulla vicenda “Coditel Brabant SA”.

Il Consiglio di Stato del Regno del Belgio aveva difatti sottoposto alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali pienamente conferenti rispetto all’oggetto del presente contenzioso. In dettaglio, il Consiglio di Stato  belga era  stato investito dal ricorso promosso da una società, per l’appunto la Coditel Brabant SA, avverso la decisione del Comune di Uccle di associarsi ad una società cooperativa di soli comuni (“Brutélé”) e di affidare direttamente a quest’ultima la gestione della rete di teledistribuzione. Il Consiglio di Stato belga, dopo aver premesso che le decisioni della  Brutélé erano prese, a maggioranza, dagli organi statutari composti da rappresentanti delle autorità pubbliche associate, aveva  dunque chiesto alla Corte europea:

“2) se i poteri … esercitati, tramite organi statutari, da tutti i cooperatori, o da una parte di questi nel caso di settori o sottosettori di gestione, sulle decisioni della società cooperativa possano essere considerati tali da consentire loro di esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello esercitato sui loro propri servizi.

3) Se tali poteri e tale controllo, per poter essere qualificati analoghi, debbano essere esercitati individualmente da ciascun associato o se sia comunque sufficiente che vengano esercitati dalla maggioranza degli associati”.

            La Corte di giustizia ha risposto con le seguenti statuizioni di principio.

            Con riferimento al primo quesito (sopra contrassegnato dal numero 2), il Giudice comunitario ha affermato che: “28. Per valutare se un’autorità pubblica concedente eserciti sull’ente concessionario un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi è necessario tener conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti. Da quest’esame deve risultare che l’ente concessionario è soggetto a un controllo che consente all’autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detto ente (v., in tal senso, sentenze Parking Brixen, cit., punto 65, e 11 maggio 2006, causa C 340/04, Carbotermo e Consorzio Alisei, Racc. pag. I 4137, punto 36). … 34. La circostanza che gli organi decisionali della Brutélé siano composti di delegati delle autorità pubbliche ad essa associate indica che queste ultime controllano gli organi decisionali dell’ente di cui trattasi e sono dunque in grado di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della Brutélé.”.

            Onde risolvere il problema posto dal Consiglio di Stato belga la Corte di giustizia ha quindi enunciato il seguente principio: “42. … –  Con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio dei fatti attinenti al margine di autonomia di cui fruisce la società in causa, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, ove le decisioni relative alle attività di una società cooperativa intercomunale detenuta esclusivamente da autorità pubbliche sono adottate da organi statutari di detta società composti da rappresentanti delle autorità pubbliche associate, il controllo esercitato su tali decisioni dalle autorità pubbliche in parola può essere considerato tale da consentire loro di esercitare sulla società di cui trattasi un controllo analogo a quello che esercitano sui propri servizi.”.

            Sull’altro quesito, relativo alla possibilità di considerare “controllo analogo”, ai sensi della sentenza  Teckal, anche il controllo esercitato, non individualmente, ma congiuntamente da parte di più autorità socie, deliberando, se del caso, a maggioranza, la Corte ha ricordato che la sua giurisprudenza “impone che il controllo esercitato sull’ente concessionario da un’autorità pubblica concedente sia analogo a quello che la medesima autorità esercita sui propri servizi, ma non identico ad esso in ogni elemento (v., in tal senso, sentenza Parking Brixen, cit., punto 62). L’importante è che il controllo esercitato sull’ente concessionario sia effettivo, pur non risultando indispensabile che sia individuale.”.

            La Corte, offrendo anche un’interpretazione autentica dei suoi precedenti in materia (con precipuo riferimento alle sentenze “Corame” e “Asemfo” le cui statuizioni si presentavano prima facie difficilmente conciliabili), ha poi chiarito che:

- allorquando “47. … varie autorità pubbliche scelgono di svolgere le loro missioni di servizio pubblico facendo ricorso ad un ente concessionario comune, è di norma escluso che una di tali autorità, salvo che detenga una partecipazione maggioritaria nell’ente in questione, eserciti da sola un controllo determinante sulle decisioni di tale ente. Richiedere che il controllo esercitato da un’autorità pubblica in un caso del genere sia individuale avrebbe la conseguenza d’imporre una gara di appalto nella maggior parte dei casi in cui un’autorità pubblica intendesse associarsi ad un gruppo formato da altre autorità pubbliche, come una società cooperativa intercomunale.”;

- “48. … un risultato del genere non sarebbe conforme al sistema di norme comunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni. Si riconosce, infatti, che un’autorità pubblica ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi (sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 48). 49. Detta possibilità per le autorità pubbliche di ricorrere ai propri strumenti per adempiere alle loro missioni di servizio pubblico può essere utilizzata in collaborazione con altre autorità pubbliche (v., in tal senso, sentenza Asemfo, cit., punto 65).”;

- pertanto, “50. Occorre quindi riconoscere che, nel caso in cui varie autorità pubbliche detengano un ente concessionario cui affidano l’adempimento di una delle loro missioni di servizio pubblico, il controllo che dette autorità pubbliche esercitano sull’ente in parola può venire da loro esercitato congiuntamente.”;

- inoltre “51. Trattandosi di un organo collegiale, la procedura utilizzata per adottare la decisione, segnatamente il ricorso alla maggioranza, non incide.”;

- “52. Siffatta conclusione non è inficiata dalla citata sentenza Coname. Di sicuro la Corte ha ivi considerato che una partecipazione dello 0,97% è talmente esigua da non consentire ad un comune di esercitare il controllo su un concessionario che gestisce un servizio pubblico (v. sentenza Coname, cit., punto 24). Tuttavia, in questo stralcio della sentenza considerata, la Corte non affrontava la questione se un siffatto controllo potesse essere esercitato in maniera congiunta.”;

- “53. Del resto, in una sentenza successiva, cioè la citata sentenza Asemfo (punti 56 61), la Corte ha dichiarato che, in talune circostanze, la condizione relativa al controllo esercitato dall’autorità pubblica poteva essere soddisfatta nel caso in cui tale autorità detenesse solamente lo 0,25% del capitale di un’impresa pubblica.”.

            Il Giudice di Lussemburgo ha quindi risolto la questione, così statuendo: “qualora un’autorità pubblica si associ ad una società cooperativa intercomunale i cui soci sono tutti autorità pubbliche, al fine di trasferirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorità associate a detta società esercitano su quest’ultima, per poter essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, può essere esercitato congiuntamente dalle stesse, deliberando, eventualmente, a maggioranza.”.

 I principi di diritto enunciati nel caso “Coditel Brabant SA” consentono  quindi di accedere alla tesi sostenuta dalle parti appellanti secondo cui,  ai fini della configurabilità di un “controllo analogo”, non è necessaria la  ricorrenza, in capo ad un socio pubblico, di un potere di controllo individuale del singolo socio affidante   sulla società-organo assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell’art. 2359 c.c..         La diversa linea tracciata dalla Corte di giustizia, alla quale il Collegio ovviamente aderisce, è invece nel senso dell’esigenza che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati.

In effetti,  l’impostazione del Giudice europeo trova riscontro nelle esperienze positive di molti Stati membri e, per quel che qui interessa, anche nel diritto amministrativo italiano che annovera diverse forme associative tra enti pubblici, anche per finalità di gestione in comune di pubblici servizi (si considerino, ad esempio, i consorzi di cui all’art. 31 del D.Lgs. n. 267/2000), in cui il controllo da parte del singolo ente sull’attività svolta, nell'interesse comune, dalla specifica forma associativa non è “individuale”, ma intermediato e, quindi, inevitabilmente attenuato dall’applicazione delle regole sul funzionamento interno dell’istanza associativa (conf. la recente delibera 24/ 2009 dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici).

4.3.1.2.  Muovendo da quanto testé osservato e provando a calare nella concreta fattispecie in esame gli insegnamenti della Corte di giustizia, si deve verificare se  il meccanismo di controllo congegnato dagli enti pubblici soci della Seta s.p.a. sia  idoneo ed effettivo.

A tale quesito deve darsi risposta negativa alla stregua dei principi enunciati dalla giurisprudenza  di questo Consiglio.

Va in primo luogo premesso la figura dell’in house providing si configura come un modello eccezionale, i cui requisiti vanno interpretati con rigore poiché costituiscono una deroga alle regole generali del diritto comunitario imperniate  sul modello della competizione aperta. (Cons. Stato, sez. II, parere 18.4.2008, n. 456/2007; . C.G.A.R.S., 4.7.2007, n. 719; Cons Stato, se. VI,  1514/07),

La giurisprudenza  amministrativa, recependo le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, ha rimarcato che  il controllo  analogo, idoneo ad  escludere la sostanziale terzietà dell’affidatario domestico rispetto al soggetto affidante, é da escludere in presenza di un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività del soggetto partecipato da parte dell’ente controllante-affidante che consenta  a quest’ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell’affidatario.

In definitiva, il requisito del “controllo analogo” postula un rapporto che lega gli organi societari della società affidataria con l’ente pubblico affidante, in modo che quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica,  di indirizzare “tutta” l’attività sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento. Deve quindi trattarsi di una  relazione  equivalente, ai fini degli effetti pratici –pur se non identica in  ragione della diversità del modulo  organizzatorio-  ad una relazione di subordinazione gerarchica, che si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sul soggetto societario.

Segnatamente, la giurisprudenza di questo Consiglio ha reputato necessario che  il consiglio di amministrazione della S.p.A. affidataria “in house” non abbia  rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante (nella specie la totalità di soci  pubblici), eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria,  poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria  (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514). Risulta quindi indispensabile che  le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalità degli enti pubblici soci.

 Proseguendo sul solco di questa linea di pensiero, che valorizza la vocazione istituzionale  pubblicistica della società in house,  rispetto alle logica commerciale che permea le società di diritto comune svincolate da asfissianti controlli gerarchici, va aggiunto che osta alla configurabilità del modello in parola l’acquisizione, da parte dell’impresa affidataria, di una vocazione schiettamente  commerciale tale da rendere  precario il controllo dell’ente pubblico. Detta vocazione,   può, in particolare,  risultare dall’ampliamento, anche progressivo, dell’oggetto sociale e dall’apertura obbligatoria della società ad altri capitali o dall’espansione territoriale dell’attività della società: l’affermarsi di una vocazione strategica basata sul rischio di impresa finisce infatti per condizionare le scelte strategiche dell’ente asseritamene in house, distogliendolo dalla  cura primaria dell’interesse pubblico di riferimento e, quindi, facendo impallidire la natura di costola organica, pur se  entificata, dell’ente o degli enti istituenti  (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514 e sez. V, 8.1.2007, n. 5).

Alla stregua di tali parametri il Consiglio ritiene di escludere  la ricorrenza, con riguardo alla Seta s.p.a., del requisito del controllo analogo cristallizzato dall’art.  113, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 265/2000 che esplicitamente li richiama, in relazione agli artt. 43, 49, paragrafo 1, e 86, paragrafo 1, del Trattato CE, il Collegio rileva quanto segue.

La Sezione osserva che la questione deve essere risolta  sulla base delle regole vigenti all’epoca dell’adozione della deliberazione 7.2.2007,. n. 2, con cui il Consorzio  di bacino ha proceduto al contestato affidamento sulla base della direttiva generale fissata con la precedente delibera del 12.3.2004. Non possono, quindi, essere prese in considerazione, in quanto sopravvenute al provvedimento impugnato,  le modifiche apportate  agli artt. 3,5,7,8,9,e 11 dello Statuto della società per  effetto dell’assemblea straordinaria dei soci celebratasi  in data 28 marzo 2007.

Una diversa soluzione, che annettesse rilievo sanante alle modifiche statutarie sopravvenute all’affidamento, darebbe la stura a meccanismi elusivi, imperniati su affidamenti illegittimi a posteriori sanati, in chiaro contrasto con il principio dell’effetto utile, di derivazione comunitaria, che deve presiedere alla decifrazione dell’istituto in parola. 

Va altresì osservato che, essendo il controllo  analogo una relazione organizzativa deve giustificare l’affidamento, e non certo derivare da esso come conseguenza, gli elementi  ricavabili dall’atto o contratto di affidamento hanno una valenza ancillare mentre un ruolo centrale  rivestono  le regole basilari di funzionamento della società affidataria, dettate  dall’atto costituito e dallo statuto.

La lettura delle disposizioni statutarie ratione temporis vigenti, consente di escludere che il   Consorzio di Bacino 16, quale ente affidante, ovvero, secondo l’approccio sintetico prima descritto, i soci complessivamente intesi, anche con la regola maggioritaria,   avessero nei confronti degli organi di amministrazione un potere di condizionamento  strategico ed operativo così incisivo da configurare il requisito del controllo analogo declinato secondo le coordinate prima rammentate.

Le stesse modifiche apportate allo statuto,  laddove   potenziano le forme di  ingerenza dell’assemblea ordinaria dei soci sul Consiglio di Amministrazione in sede di approvazione del budget di esercizio e di investimenti e di autorizzazione degli atti di amministrazione di rilevanti importo  extrabudget, confermano, implicitamente, l’inesistenza, in seno alla disciplina statutaria ratione temporis rilevante ai fini del presente giudizio, di strumenti adeguati e rilevanti  di controllo  assembleare sull’azione dell’organo amministrativo. Con riguardo alla disciplina temporalmente rilevante, in definitiva, l’assemblea dei soci, e quindi i comuni che la componevano, non avevano il (necessario ma non sufficiente) potere di influire direttamente sulla gestione sulla scorta di una preventiva e vincolante autorizzazione della  programmazione operativa e finanziaria che doveva da essi preventivamente essere approvata ed autorizzata. Si devono riproporre al riguardo, le considerazioni svolte nella precedente decisione n. 1365/2009 con la quale  questa Sezione, basandosi si di una logica funzionale piuttosto che dominicale, ha considerato decisiva la circostanza non ricorrente nella specie, dell’istituzione  di  un organo, denominato Assemblea dei Sindaci, con il quale i Comuni soci si erano  riservati, oltre a rafforzati poteri di controllo sulla gestione, il potere, ad esercizio necessariamente congiunto di approvare in via preventiva tutti gli atti più rilevanti della società, ovverosia, tra le altre, tutte le deliberazioni da sottoporre all’assemblea straordinaria, quelle in materia di acquisti e cessioni di beni e partecipazioni, quelle relative alle modifiche dei contratti di servizio, quelle in tema di nomina degli organi e quelle in ordine al piano industriale).

Il quadro statutario delinea, in definitiva,  un margine di significativa autonomia dell’organo amministrativo nell’ambito di una società a vocazione commerciale statutariamente legittimata ad operare senza  limiti territoriali  e ad acquisire partecipazioni  in altre compagini  societarie.

 Si percepisce pertanto l’affermazione di quella  vocazione commerciale, basata sulla prevalenza della  logica d’impresa rispetto a quella pubblicistica, che contraddice la stessa nozione di in house providing  come modello di organizzazione domestica ed istituzionale  del  servizio pubblico.

4.3.3. Il Collegio deve altresì escludere che, sempre con riguardo alla disciplina statutaria rilevante  ai fini del presente giudizio, ricorresse  l’ulteriore requisito dell’“attività prevalente”.

L’art. 3 dello Statuto consentiva infatti alla società di agire senza vincoli di territorialità , di ricevere l’affidamento dei servizi anche da consorzi e comuni non soci e di si acquisire  partecipazioni ed interessenze in altre società o imprese, anche estere. Ne deriva  la ricorrenza di un’apertura generale e commerciale  al mercato che elude in radice  la necessità, ben sottolineata dalla giurisprudenza (v. C.G.A.R.S., n. 719/07 cit.) che la  “parte più importante” dell’attività (nella versione inglese:  the essential part of his activities”; in francese: “l’essentiel de son activité”; in tedesco: im wesentlichen), da intendersi quale  sostanziale esclusività o  quasi esclusività, sia svolta per conto degli enti pubblici soci (concetto espresso in francese nel senso che l’attività debba essere : “substantiellement destinée à cette seule collectivité”, ed in inglese nel senso che “undertaking’s services be intended mostly for that authority alone”).

4. Le considerazioni che precedono inducono alla reiezione dell’appello. Ne consegue  la  conferma, pur se con diversa motivazione, della sentenza gravata,.

La complessità e l’opinabilità delle questioni di diritto giustificano la compensazione  delle spese dei due gradi di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, Riunisce i ricorsi e li respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 31 Marzo 2009  con l’intervento dei Sigg.ri:

Pres. Stefano Baccarini 

Cons. G.Paolo Cirillo 

Cons. Filoreto D'Agostino

Cons. Aniello Cerreto 

Cons. Francesco Caringella Est.

ESTENSORE                                    IL PRESIDENTE

F.to Francesco Caringella F.to Stefano Baccarini

 

IL SEGRETARIO

F.to Silvana Giovannini

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il 26.08.2009

(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE

f.to Antonio Natale 

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