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Consiglio di Stato, Sez. V, 29/12/2009 n. 8970
Sui presupposti necessari affinché sussista il requisito del c.d. controllo analogo richiesto per ritenere legittimo l'affidamento "in house" di servizi pubblici nel caso di società partecipata da più enti.

Nel caso di affidamento"in house" di un servizio pubblico ad una società partecipata da più enti, ai fini della legittimità dell'affidamento, non è la circostanza della configurabilità di un controllo totale ed assoluto di ciascun ente pubblico sull'intera società in house, bensì l'esistenza di strumenti giuridici (di diritto pubblico o di diritto privato) idonei a garantire che ciascun ente, insieme a tutti gli altri azionisti della società in house, sia effettivamente in grado di controllare ed orientare l'attività della società controllata.
Pertanto, nel caso di specie, è corretto l'operato di un comune e di altre amministrazioni locali che, al fine del perseguimento della migliore gestione economica ed operativa del servizio di smaltimento dei rifiuti nei relativi territori, hanno aderito ad una struttura comune costituita ad hoc e partecipata esclusivamente dai piccoli comuni della comunità. Siffatta modalità operativa di affidamento in house consente, infatti, ai piccoli enti locali, da un lato di gestire il servizio con rilevanti margini di economia, dall'altro di controllare i livelli della prestazione dello stesso servizio pubblico essenziale, collaborando a tal fine con altri comuni limitrofi e creando le premesse per un servizio d'ambito per rendere più efficiente la gestione ed abbattere i costi del servizio.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 9780 del 2008, proposto da:

Comunita' Montana Val Cavallina, rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Manzi, Marco Mazzarelli, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

 

contro

Ecosviluppo Soc.Coop. Onlus, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Pafundi, Vito Salvadori, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare, 14 Sc A/4;

 

nei confronti di

Val Cavallina Servizi S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto presso Benedetto Giovanni Carbone in Roma, via degli Scipioni N.288; Comune di Trescore Balneario, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Benedetti, Francesco Crisci, con domicilio eletto presso Francesco Crisci in Roma, via degli Scipioni N.8;

Sul ricorso numero di registro generale 9919 del 2008, proposto da:

Val Cavallina Servizi S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto presso Benedetto Giovanni Carbone in Roma, via degli Scipioni N.288;

 

contro

Ecosviluppo Soc. Coop. Onlus, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Pafundi, Vito Salvadori, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare, 14 Sc A/4;

 

nei confronti di

Comunita' Montana di Val Cavallina, Comune di Trescore Balneario;

 

per la riforma

quanto al ricorso n. 9780 del 2008:

della sentenza del Tar Lombardia - Brescia n. 01440/2008, resa tra le parti, concernente CONVENZIONE PER GESTIONE SERVIZIO RACCOLTA, TRASPORTO E SMALTIMENTO R.S.U..

 

quanto al ricorso n. 9919 del 2008:della sentenza del Tar Lombardia - Brescia n. 01440/2008, resa tra le parti, concernente CONVENZIONE PER GESTIONE SERVIZIO RACCOLTA, TRASPORTO E SMALTIMENTO R.S.U..

Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Val Cavallina Servizi S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2009 il dott. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati avv. M. Reggio D'Arci su delega di Manzi L., Mazzarelli M. e Pafundi G.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

La Ecosviluppo soc. coop. Onlus, operante nel settore economico della gestione dei rifiuti, con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, premesso, in punto di fatto, che:

1) il Comune di Trescore Balneario ha aderito – in virtù della deliberazione consiliare n. 55 del 24/10/1994 – alla gestione in forma associata del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento RSU e assimilabili, demandando alla Comunità Montana Val Cavallina il ruolo di capofila mandataria e stipulando con essa apposita convenzione (della durata di 6 anni), che contemplava l’incarico di scegliere il miglior modello gestionale;

2) con deliberazione n. 94 del 23/12/1998 la Comunità Montana individuava la Società pubblica Val Cavallina Servizi S.r.l. – partecipata dalla prima nella misura del 77,49% delle quote – quale gestore del servizio con decorrenza 1/1/1999; il conseguente atto convenzionale sottoscritto il 20/10/2000 prevedeva la durata permanente dell’affidamento – sino ad eventuale revoca – e la possibilità di estendere il rapporto ai Comuni interessati;

3) lo schema aggiornato di convenzione tra Comuni ed Ente capofila per la disciplina della gestione associata è stato approvato con le deliberazioni dell’Assemblea della Comunità Montana n. 14 del 5/12/2000 e n. 17 del 16/12/2005, che hanno fissato la scadenza rispettivamente al 31/12/2006 e al 31/12/2012, quest’ultima ulteriormente prorogabile di altri 6 anni;

4) anche il Comune di Trescore Balneario – in possesso di una quota pari allo 0,484% del capitale della Società controinteressata – disponeva il rinnovo della convenzione con la Comunità Montana dapprima sino al 31/12/2006 e da ultimo – con il provvedimento consiliare n. 18/2007 – fino al 31/12/2012, con facoltà di estenderne gli effetti fino al 31/12/2018.

Tanto premesso, la ricorrente impugnava i provvedimenti summenzionati, deducendo i seguenti motivi di diritto:

A) “Violazione dell’art. 204 del D. Lgs. 252/2006 e dell’art. 113 del D. Lgs. 267/2000”, in quanto i soggetti che esercitano il servizio R.S.U. senza il previo esperimento di gara d’appalto mantengono la gestione soltanto fino al 31/12/2006, senza che le amministrazioni possano accordare dilazioni o disporre ulteriori affidamenti diretti, anche nel caso di mancata costituzione degli Ambiti Territoriali Ottimali;

B) “Violazione dell’art. 113 comma 5 del D. Lgs. 267/2000 ed eccesso di potere per difetto dei presupposti”, in quanto la disposizione richiamata è inderogabile ed integrativa delle normative di settore, per cui le concessioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cessano comunque di avere efficacia alla data del 31/12/2006, difettando in ogni caso i requisiti per l’affidamento in house;

C) “Violazione dell’art. 113 comma 5 lett. c) del D. Lgs. 267/2000 ed eccesso di potere per difetto dei presupposti”, dato che in concreto non sussiste il requisito del controllo analogo per l’irrilevanza della partecipazione del Comune e la totale assenza di poteri suscettibili di incidere sull’attività della Società;

D) “Violazione dell’art. 11 della Direttiva comunitaria 2004/18/CE e dell’articolo 33 del D. Lgs. 163/2006”, in quanto la Comunità Montana ha agito come una centrale di committenza, e ad essa incombeva il conseguente obbligo di rispettare i principi comunitari che impongono l’esperimento di una gara;

E) “Violazione dell’art. 23 della L. 18/4/2005 n. 62 e del principio di libera concorrenza”, essendo vietato il rinnovo dei contratti pubblici scaduti, viceversa disposto con l’atto impugnato n. 17/2008;

F) “Incompetenza della Comunità Montana ad individuare il modello dell’affidamento in house”, in quanto il rapporto di immedesimazione organica deve coinvolgere direttamente il Comune affidante e il suo apparato amministrativo, senza possibilità di delega a soggetti terzi;

G) “Difetto di motivazione” nella scelta di privilegiare la delegazione interorganica, rinunciando all’opzione della gara pubblica;

H) “In subordine, ove si ritenesse l’affidamento in house uno strumento alternativo a quello generale – e non meramente residuale – violazione del Trattato U.E.”, con istanza di deferire la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

La ricorrente chiedeva altresì il risarcimento del danno patito per perdita di chance, non avendo potuto partecipare alla gara, quantificandolo nel 10% del valore del rapporto contrattuale.

Si costituivano in giudizio l’Amministrazione comunale, la Comunità Montana e la controinteressata, eccependo in rito l’inammissibilità del gravame sotto diversi profili e chiedendone la reiezione nel merito siccome infondato, tra l’altro evidenziando che lo Statuto di Val Cavallina Servizi S.r.l. è stato modificato il 23/5/2006, inserendo clausole rafforzative del meccanismo del controllo analogo.

Con ordinanza istruttoria collegiale n. 113, depositata in Segreteria il 25/10/2007, il Tribunale chiedeva al Comune di Trescore Balneario una relazione sui fatti di causa, con particolare riguardo al ruolo e ai poteri della Consulta dei Sindaci e ai caratteri del contratto di servizio. L’incombente veniva adempiuto con deposito effettuato il 26/11/2007.

Con ordinanza n. 971 del 20/12/2007, il Tribunale accoglieva la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, mentre questa Sez. V del Consiglio di Stato – con ordinanze n. 411 e 412 del 25/1/2008 – accoglieva l’appello, riformando il provvedimento cautelare di primo grado.

In data 26/2/2008 l’Assemblea Straordinaria di Val Cavallina Servizi S.r.l. apportava allo Statuto ulteriori modifiche.

Con motivi aggiunti depositati il 5/3/2008 la ricorrente impugnava il nuovo Statuto aggiornato, deducendo le stesse censure già enunciate nel gravame originario.

In prossimità dell’udienza di discussione del 4/6/2008 il Comune produceva in giudizio l’atto di approvazione delle modifiche statutarie, ossia la deliberazione consiliare 8/5/2008 n. 21.

Con motivi aggiunti depositati il 16/6/2008 la ricorrente impugnava anche quest’ultimo atto, sviluppando le stesse doglianze esposte nel ricorso introduttivo.

Trattenuta per la decisione la causa, il TAR Brescia accoglieva parzialmente il ricorso con la sentenza n. 1440 del 27.10.2008, appellata in questa sede.

In primo luogo, sul piano pregiudiziale, i giudici di prime cure hanno respinto le eccezioni sollevate dalla Comunità Montana e dal Comune, tese a far rilevare l'inammissibilità del ricorso per la tardiva impugnazione della già richiamata delibera 23.12.1998, n. 94, del Consiglio Direttivo della Comunità Montana, nonché della correlata convenzione 20.10.2000 (di perfezionamento del rapporto di delegazione interorganica tra la Comunità Montana e Val Cavallina Servizi s.r.l.).

Quanto al merito del gravame di Ecosviluppo, il TAR ha negato la sussistenza del requisito del "controllo analogo" esercitato congiuntamente dagli Enti soci nei confronti della partecipata Val Cavallina Servizi s.r.L.

I giudici di primo grado hanno ritenuto che la partecipazione societaria della Comunità Montana sia irrilevante ai fini della configurazione del requisito del "controllo analogo" sulla predetta società.

In sostanza, l'appellata sentenza n. 1440/2008 afferma che il controllo analogo debba sussistere, autonomamente, in capo a ciascun Ente socio, quantomeno nella forma di diritto individuale di veto all'adozione di qualsivoglia rilevante decisione di amministrazione ordinaria o straordinaria.

Cosicché, il TAR ha osservato che "lo Statuto non riconosce a ciascun socio pubblico un reale potere di ingerenza sull'azione societaria, difettando l'indispensabile ruolo propulsivo nei confronti degli organi sociali che si sviluppa non soltanto con sollecitazioni e proposte ma anche attraverso direttive vincolanti sull'espletamento del servizio".

Soprattutto, i giudici di prime cure hanno rilevato che "al contempo il singolo Comune è privo di poteri di veto sulle modifiche statutarie e tariffarie e sugli indirizzi da formulare agli organi sociali e più in generale sulle questioni di spessore".

Con riguardo all'impugnativa delle nuove previsioni dello statuto di Val Cavallina Servizi s.r.l., approvate con delibera dell'assemblea straordinaria della società del 26.2.2008, il TAR ha, invece, denegato la propria giurisdizione, mentre ha accolto il ricorso per motivi aggiunti avverso la delibera consiliare 21/2008 del Comune di Trescore Balneario, di approvazione delle predette modifiche statutarie.

Infine, l'appellata sentenza ha dichiarato assorbite le rimanenti censure del ricorso ed ha respinto la richiesta di risarcimento del danno per equivalente.

Quanto alle spese ed onorari di causa, ha condannato le amministrazioni intimate e la controinteressata al loro pagamento, quantificandole complessivamente in euro 8.800,00.

Tale sentenza n. 1440/2008 del TAR Lombardia-Brescia, in quanto asseritamene erronea ed ingiusta, è stata impugnata sia dalla Comunità Montana Val Cavallina (con ricorso r.g. n. 9780/2008), sia dalla società Val Cavallina Servizi s.r.l. (con ricorso r.g. n. 9919/2008), che ne hanno chiesto l’annullamento e/o la riforma, previa sospensione dell’efficacia.

Deducono articolate censure, che possono essere raggruppate in quattro distinte parti, ed in specie:

sub I) in via pregiudiziale, la nullità della pronuncia, in quanto scaturita in difetto dell'integrazione del contraddittorio a tutela degli Enti aderenti alla convenzione intercomunale, così come affetta dai vizi di extrapetizione ed ultrapetizione, nonché l'inammissibilità dell'originario gravame di primo grado per tardiva impugnazione della delibera n. 94/1998 e della correlata convenzione del 20.10.2000, oltre che per difetto di interesse, essendo la ricorrente una Onlus qualificata di tipo A) ai sensi dell’art. 1 della L. 8.11.1991, n. 381, che quindi non potrebbe svolgere attività imprenditoriale di gestione del servizio RSU;

sub II), nel merito, l'erronea applicazione dell'art. 113, comma 5, lett. c), D.Lgs. 267/2000, avuto riguardo alla giurisprudenza comunitaria, in special modo alle considerazioni sull'ammissibilità del "controllo analogo", congiunto da parte di più Amministrazioni socie, svolte nella sentenza 13.11.2008, causa C-324/07 (Coditel Brabant SA), della Sez. III della Corte di Giustizia CE;

sub III), parimenti nel merito, replicando alle restanti doglianze rassegnate nel ricorso di Ecosviluppo, che il giudice di primo grado ha ritenuto assorbite;

sub IV), sul piano cautelare, contestando i presupposti per la sospensione degli effetti dell'impugnata sentenza, nelle more del giudizio di merito, essendo in corso la gestione del servizio.

La società appellata si è costituita in entrambi gli appelli, replicando, mediante analitiche controdeduzioni, ai motivi di gravame avversari ed eccependo, quanto all’appello proposto dalla Val Cavallina Servizi, l’inamissibilità del medesimo, in quanto notificato personalmente alla parte presso il procuratore costituito, in violazione degli artt. 330 c.p.c. e 28, comma 2, L. n. 1034/1971.

Con ordinanze nn. 239 e 240 del 9.1.2009 è stata accolta l’istanza cautelare e, per l’effetto, è stata sospesa l’efficacia della sentenza impugnata, con la seguente motivazione: “Considerato, sia pure in questa sede di sommaria delibazione, che l’appello appare sorretto da sufficienti elementi di fumus boni iuris, in specie in relazione alla censura concernente la configurabilità di “controllo analogo” sull’azione societaria, con riguardo alla peculiarità della gestione associata e tenuto conto dei principi recentemente ribaditi anche dalla pronunzia del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia CE;

Ritenuta, in ogni caso, la prevalenza dell’interesse pubblico alla continuità dell’erogazione dei servizi di cui trattasi rispetto all’interesse privato dell’appellata all’indizione di gara ad evidenza pubblica”.

In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie illustrative; la causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 27.10.2009.

 

DIRITTO

E’ impugnata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, n. 1440/2008, che ha accolto il ricorso proposto dalla società Ecosviluppo soc. coop Onlus avverso le determinazioni con le quali l’Amministrazione comunale di Trescore Balneario ha rinnovato l’adesione alla gestione associata del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento R.S.U. e differenziata, nonché gli atti assunti dalla Comunità Montana Val Cavallina aventi per oggetto il conferimento del servizio alla Val Cavallina Servizi S.r.l.

Gli appelli proposti dalla Comunità Montana Val Cavallina e dalla Val Cavallina Servizi devono essere riuniti, in quanto rivolti avverso la medesima sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo.

Essi sono fondati e, pertanto, devono essere accolti. Il Collegio può, pertanto, prescindere dall’affrontare le eccezioni pregiudiziali di rito sollevate dalle Amministrazioni intimate e dalla società controinteressata in primo grado e riproposte in questa sede come motivi di appello, dal momento che il ricorso di primo grado andava comunque respinto nel merito.

Prima di passare ad affrontare il merito della causa, tuttavia, occorre esaminare l’eccezione, proposta dalla società appellata, Ecosviluppo soc. coop. Onlus, con cui si deduce l’inammissibilità dell’appello proposto dalla Val Cavallina Servizi per “giuridica inesistenza della notificazione”, in quanto effettuata non presso il procuratore costituito in primo grado, ma personalmente alla società presso il procuratore costituito. Tale notificazione sarebbe non nulla, ma inesistente, con conseguente inammissibilità insanabile dell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., applicabile al processo amministrativo per effetto dell'art. 28 comma 2, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, l’atto di appello deve essere notificato, a pena di inammissibilità insanabile, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nell'atto di notificazione della sentenza, oppure, in difetto, presso il procuratore costituito nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio di primo grado.

L’eccezione non è fondata.

L’art. 330, primo comma, c.p.c. va interpretato nel senso che nell’ipotesi di mancanza della dichiarazione di residenza o dell’elezione di domicilio al momento della notificazione della sentenza, l’atto di impugnazione va notificato alla parte in uno qualsiasi dei luoghi indicati dall’art. 330 c.p.c. (presso il procuratore costituito nel giudizio “a quo”, ovvero nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per detto giudizio), a scelta della parte impugnante (cfr. Cass., Sez. I, sent. n. 17003 del 26.8.2004; Cass. Sez. V, sent. n. 16925 del 31.7.2007).

Fermo restando quanto ora detto, a ciò si aggiunga, comunque, che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza ordinaria e amministrativa (Cfr., Cass., Sez. I, 15 gennaio 2007 , n. 621; Cons. St., Sez. V, 31 dicembre 2007, n. 6908; idem, 9 ottobre 2007, n. 5263; Sez. IV, 26 luglio 2004, n. 5311, per citare solo le più recenti), la notificazione è inesistente quando manchi del tutto ovvero sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbiano alcun riferimento con il destinatario della notificazione stessa, risultando a costui del tutto estranea, mentre è affetta da nullità (sanabile con effetto "ex tunc" attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario.

Alla stregua di tale orientamento, l’inosservanza delle modalità di notificazione dell’appello previste dall’art. 330 c.p.c., contrariamente a quanto eccepito dall’appellata, comporta la nullità della notificazione, ma non la sua inesistenza né la nullità dell’appello, con la conseguenza che in materia trova applicazione il principio della sanatoria dell’atto processuale nullo in caso di raggiungimento dello scopo con effetto retroattivo (art. 156 c.p.c.); pertanto, la costituzione dell’appellato sana, con effetto ex tunc, ogni eventuale vizio della notificazione dell’atto di appello (cfr. Cons. St., Sez. IV, 3 novembre 2008, n. 5478).

Tanto premesso, occorre ora passare ad esaminare il merito della questione controversa. Come si è già anticipato in sede cautelare (cfr. ordd. della Sezione nn. 239 e 240 del 2009 cit. nella parte in fatto), l’impostazione seguita dal giudice di primo grado risulta smentita dalla sentenza 13.11.2008, causa C-324/07 (“Coditel”), della Corte di Giustizia CE, con la quale i giudici comunitari hanno finalmente preso esplicitamente posizione sull’ipotesi di controllo analogo congiunto, chiarendo che gli Enti partecipi di una società in house possono esercitare il controllo collettivamente, deliberando a maggioranza all’interno degli organi sociali nei quali siedono i loro rappresentanti.

Ad analoghe conclusioni la Corte è peraltro giunta in due successive pronunce.

Dapprima, con la sentenza 9.6.2009, causa C-480/06, oltre a richiamare le considerazioni già espresse nella causa “Coditel”, la Corte ha escluso che l’accordo tra la città-stato di Amburgo e quattro circondari amministrativi (Landkreise), finalizzato ad istituire una cooperazione intercomunale per lo smaltimento dei rifiuti presso l’inceneritore di Amburgo, desse luogo ad una violazione della direttiva 92/50 sugli appalti di servizi.

Più di recente i giudici comunitari hanno ribadito la configurabilità del controllo analogo in forma congiunta nella sentenza 10.9.2009, causa C-573/07.

Quest’ultima pronuncia si rivela particolarmente interessante ai fini dell’odierna causa, poiché consegue ad un rinvio pregiudiziale disposto dal medesimo TAR di Brescia, che nella propria ordinanza aveva messo in dubbio che il tipo legale della società per azioni potesse conciliarsi con l’esercizio del controllo analogo da parte di ciascun Comune socio, tenuto conto che l’art. 2380 bis c.c. riserva la gestione agli amministratori.

Nel risolvere la questione sollevata dai giudici bresciani, la Corte ha reputato che i Comuni fossero in grado di esercitare un controllo analogo a quello sui propri servizi, in ragione delle prerogative loro riconosciute dallo statuto, sia con riguardo al potere interdittivo dell’assemblea dei soci, sia in relazione all’obbligo di anteporre alle decisioni più importanti la richiesta di un parere conforme, espresso da un comitato formato dagli stessi Comuni soci.

Si tratta di una forma di controllo molto simile a quella posta in essere nel caso di specie per Val Cavallina Servizi.

Invero, come dedotto dalla Comunità Montana, con precipuo riferimento a Val Cavallina Servizi, spetta all’Assemblea dei soci la formulazione degli indirizzi vincolanti sulla gestione, sia ordinaria che straordinaria, la cui attuazione è oggetto di un’apposita relazione infrannuale che il consiglio di amministrazione è tenuto a sottoporre alla stessa Assemblea (cfr. statuto, artt. 9 e 21).

Parallelamente, in forza dell’art. 7 della convenzione intercomunale versata in atti, una commissione formata dai Sindaci dei Comuni convenzionati e dal Presidente della Comunità Montana è chiamata ad esprimere il parere obbligatorio sul bilancio preventivo e consuntivo della società, nonché su ogni altra spesa non preventiva attinenti i servizi oggetto della gestione associata.

Siffatto organismo è stato peraltro recepito nel novellato art. 22 dello statuto di Val Cavallina Servizi s.r.l.

Il concetto di controllo analogo congiunto, elaborato dalla sentenza "Coditel", è stato, del resto, ripetutamente ripreso da questa Sezione (cfr. Sez. V, decc. 9.3.2009, n. 1365; id., 30.4.2009, n. 2765; id., 26.8.2009, n. 5082; id., 28.9.2009, n. 5808).

In particolare, appare utile richiamare la recente decisione di questa Sezione n. 1365 del 9 marzo 2009, con cui - premesso che la dottrina giurisprudenziale dell’in house providing, intesa quale eccezione alla regola generale dell’affidamento tramite gara dei servizi riviene una precisa matrice comunitaria nei pronunciati della Corte di Lussemburgo, per cui l’interpretazione della normativa interna (art. 113, comma 5, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000 e s.m.i.) va condotta sul filo di quei vincolanti precedenti - quanto alla possibilità di concepire il requisito del “controllo analogo” come risultato dell’intermediazione delle regole civilistiche sulla governance societaria, ha affermato che in una società compartecipata - ancorché in via totalitaria - da più enti pubblici, che sia anche diretta affidataria di un servizio pubblico locale, il “controllo analogo”, inteso nei sensi della “dottrina Teckal”, non postula necessariamente anche il “controllo”, da parte del socio pubblico, sulla società e, in via consequenziale, su tutta l’attività, sia straordinaria sia ordinaria, da essa posta in essere, assimilabile a quello, individuale, delineato dai primi due commi dell’art. 2359 c.c., essendo, invece, sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario sia effettivo, ancorché esercitato congiuntamente e, deliberando a maggioranza, dai singoli enti pubblici associati.

In sintesi, il requisito del controllo analogo non sottende una logica “dominicale”, rivelando piuttosto una dimensione “funzionale”: affinché il controllo sussista anche nel caso di una pluralità di soggetti pubblici partecipanti al capitale della società affidataria non è dunque indispensabile che ad esso corrisponda simmetricamente un “controllo” della governance societaria.

In definitiva, il requisito del “controllo analogo” postula un rapporto che lega gli organi societari della società affidataria con l’ente pubblico affidante, in modo che quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica, di indirizzare “tutta” l’attività sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento; risulta quindi indispensabile che le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalità degli enti pubblici soci (cfr. in tal senso Cons. St., Sez. V, 26 agosto 2009, n. 5082).

Pertanto alla stregua di tale orientamento assunto dalla giurisprudenza interna e da quella comunitaria, resta confermata l’erroneità dell’impostazione seguita dalla sentenza impugnata, che pretende di riferire i requisiti dell’ in house a ciascun ente locale partecipante e quindi di configurare un obbligo per ciascun ente locale di controllare l’intera società incaricata di smaltire i rifiuti; tale tesi appare in contrasto con la disciplina normativa di cui al D. Lgs. n. 152/2006 ed in contrasto con l’intento del legislatore, il quale non pretende in alcun modo di imporre a ciascun ente locale di costituire una propria società, ma – ben diversamente - intende favorire la collaborazione tra piccoli enti locali chiamati a far fronte ai numerosi e complessi servizi pubblici che devono essere garantiti sul territorio, con previsione della creazione di una nuova struttura amministrativa ad hoc (l'ATO) incaricata di stimolare la organizzazione del servizio oltre i ristretti limiti del territorio comunale, favorendo anche la collaborazione tra i tanti enti locali.

Le decisioni sopra richiamate considerano infatti come del tutto corretta e legittima la modalità organizzativa dell’in house providing c.d. frazionato, nel quale cioè la società in house costituisce longa manus ed organo di gestione del servizio per tante e diverse amministrazioni ed è strumentale ad una gestione associata ed economica della attività dalle medesime prestate; in sostanza, ciò che rileva ai fini della legittimità dell’affidamento non è la circostanza - che il giudice di prime cure pretende invece di considerare come conditio sine qua non, vale a dire - la configurabilità di un controllo totale ed assoluto di ciascun ente pubblico sull’intera società in house, bensì l’esistenza di strumenti giuridici (di diritto pubblico o di diritto privato) idonei a garantire che ciascun ente, insieme a tutti gli altri azionisti della società in house, sia effettivamente in grado di controllare ed orientare l’attività della società controllata.

Nel caso di specie, come fondatamente dedotto in appello dalla Val Cavallina Servizi, la società Val Cavallina è partecipata solo da enti pubblici locali e per statuto le sue azioni non possono essere mai cedute a soggetti imprenditori privati, che pertanto non potrebbero mai entrare nella compagine sociale; inoltre, tutti gli enti pubblici soci della Val Cavallina svolgono sulla società e sulle relative modalità di operare nel rendere il servizio rispetto alla specifica area di pertinenza un controllo puntuale e approfondito, secondo quanto sancito nello specifico contratto di servizio che anche statutariamente lega la società con ciascun Comune.

La società è stata infine costituita sulla base dell'art. 113, comma 5, del D. Legs. n. 267/2000 e delle corrispondenti norme regionali di cui alla legge 26 del 2003 ed è sorretta da un regime tale da escluderne autonomia decisionale e terzietà rispetto ai Comuni che ne partecipano, mentre è insito, nel sistema predisposto dalla Comunità Montana, il criterio di obbligatorietà delle prestazioni nei confronti dei Comuni aderenti alla società e di svolgimento del servizio dietro il ripianamento dei costi sostenuti..

Ne discende perciò che l’intervenuto affidamento del servizio da parte del Comune di Trescore Balneario e degli altri Comuni della Comunità di Val Cavallina a favore della Società Val Cavallina Servizi concretava legittimamente un affidamento in house e non già un contratto di appalto assegnato in violazione delle norme comunitarie in materia di affidamento di contratti.

Difatti, la società che esegue il servizio di gestione dei rifiuti per tutti i comuni che compongono la compagine sociale costituisce una longa manus dei singoli Comuni e il rapporto con gli stessi non può in alcun modo essere assimilato ad una relazione contrattuale fra soggetti terzi.

La delibera impugnata in primo grado è infatti volta a aderire ad un modello organizzatorio della pubblica amministrazione, la quale provvede allo svolgimento di competenze ed attività amministrative che le spettano (tra cui anche la gestione dei rifiuti urbani sul territorio) attraverso una struttura operativa dalla stessa dipendente: in questo caso cioè il Comune di Trescore Balneario ha deliberato di aderire alla gestione associata del servizio svolto da una società interamente pubblica, la Val Cavallina Servizi s.r.l., della quale il Comune di Trescore è socio.

Alla luce delle esposte considerazioni, appare del tutto ingiustificata la posizione assunta dal Tribunale con la sentenza impugnata, stante la piena legittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado e la correttezza dell’operato del Comune di Trescore Balneario e delle altre amministrazioni locali che, al fine del perseguimento della migliore gestione economica ed operativa del servizio di smaltimento dei rifiuti nei relativi territori, hanno aderito ad una struttura comune costituita ad hoc e partecipata esclusivamente dai piccoli comuni della comunità della Val Cavallina.

Siffatta modalità operativa di affidamento in house consente infatti ai piccoli enti locali, da un lato di gestire il servizio con rilevanti margini di economia, dall’altro di controllare i livelli della prestazione dello stesso servizio pubblico essenziale, collaborando a tal fine con altri comuni limitrofi e creando le premesse per un servizio d’ambito per rendere più efficiente la gestione ed abbattere i costi del servizio.

Quanto alla censura di primo grado, riproposta dalla società appellata in sede di memoria, inerente alla pretesa violazione dell’art. 23, legge 62/2005, sul divieto di rinnovo dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, occorre rilevare che l’impugnata delibera consiliare n. 18/2007 del Comune di Trescore Balneario di adesione alla vigente convenzione intercomunale e di affidamento dei servizi ambientali a Val Cavallina Servizi s.r.l. non può intendersi quale rinnovo di un precedente contratto.

Il Comune ha infatti deliberato l’approvazione e la sottoscrizione di una nuova convenzione intercomunale, cui peraltro ha aderito successivamente alla sottoscrizione da parte degli altri Enti convenzionati, avvalendosi di un’apposita clausola (l’art. 4 della convenzione), che ha consentito all’Amministrazione di Trescore Balneario di negoziare ex novo le condizioni economiche ed operative del servizio affidato a Val Cavallina Servizi s.r.l..

Inoltre, con riguardo al contratto di servizio stipulato il 31.7.2007, è agevole constatare come si tratti di una novazione oggettiva del rapporto, frutto di una intervenuta rinegoziazione degli aspetti economici della gestione.

Con riferimento, invece, all’attuale convenzione, pare utile chiarire che la facoltà di proroga per ulteriori sei anni, riconosciuta ad ogni Comune convenzionato dall’art. 8, non implica alcun tacito o, comunque, automatico, rinnovo.

La clausola ha il solo effetto di attribuire a ciascun Comune un diritto d’opzione, in forza del quale la Comunità Montana è vincolata a proseguire nel rapporto convenzionale, qualora ciascuna singola amministrazione comunale intenda avvalersi della gestione associata per l’ulteriore periodo di sei anni.

Resta però ferma l’autonomia di ogni ente comunale di provvedere altrimenti per la gestione del pubblico servizio.

Per tutte le suesposte considerazioni, gli appelli in esame, previamente riuniti, devono essere accolti e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie gli appelli in epigrafe, previamente riuniti e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado proposto dalla Ecosviluppo soc. coop. Onlus.

Condanna l’appellata al pagamento delle spese ed onorari del doppio grado di giudizio in favore delle appellanti, che liquida complessivamente in euro 7.000,00, pari ad euro 3.500,00 per ciascuna, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2009 con l'intervento dei Signori:

Stefano Baccarini, Presidente

Cesare Lamberti, Consigliere

Marzio Branca, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/12/2009

 

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