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Consiglio di Stato, Sez. VI, 24/11/2011 n. 6194
Il divieto di rinnovo tacito dei contratti della p.a. esprime un principio generale, attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato CE che, in quanto tale, è estensibile anche alle concessioni di beni pubblici.

Secondo un costante orientamento giurisprudenziale, il principio del divieto di rinnovo dei contratti d'appalto scaduti, stabilito dall'art. 23 della l. n. 62/05, ha valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni dell'ordinamento. E' vero che la giurisprudenza ha distinto l'ipotesi in cui la possibilità di proroga non sia stata espressamente indicata nella lex specialis, da quella in cui il bando contempli detta eventualità, facendone discendere la possibilità che le amministrazioni motivatamente dispongano la proroga dei rapporti in corso. Sennonché, costituisce principio consolidato quello secondo cui, anche laddove una tal previsione sia contenuta nella lex specialis, essa potrebbe consentire una limitata deroga al principio del divieto di rinnovo, purché l'amministrazione, con puntuale motivazione, dia conto degli elementi che conducono a disattendere il principio generale. Del resto, il divieto di rinnovo tacito dei contratti della p.a., anche se riferito agli appalti di servizi, opere e forniture, esprime un principio generale, attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato CE che, in quanto tale, è estensibile anche alle concessioni di beni pubblici. Ne consegue, nel caso di specie, la legittimità dell'operato della P.A. (in cui il bando di gara prevedeva la possibilità di proroga) avendo essa applicato la regola ordinaria, che prevede l'esperimento della procedura pubblica al cessare del contratto in corso, e tale determinazione non è censurabile per violazione di legge, né per eccesso di potere.

Materia: appalti / contratti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3876 del 2006, proposto da:

Co.La.Coop.- Consorzio Laziale Cooperative s.c.ar.l., in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Gaetano Tafuri, Luigi Tafuri, con domicilio eletto presso Studio Magnano Di San Lio in Roma, via dei Gracchi,187;

 

contro

Ministero dell'interno, Ministero dell'interno - Dipartimento Vigiili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati per legge;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del LAZIO – Sede di ROMA- SEZIONE I BIS n. 01786/2006, resa tra le parti, concernente LICITAZIONE PRIVATA - APPALTO SERVIZI PULIZIA LOCALI

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2011 il Consigliere Fabio Taormina e udito per le appellate amministrazioni l’Avvocato dello Stato Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio– Sede di Roma - decidendo il merito della causa in sede di adunanza camerale di delibazione sulla domanda di sospensione degli effetti degli impugnati provvedimenti ha respinto il ricorso di primo grado proposto dalla CO.LA.COOP – Consorzio Laziale Cooperative s.c.a.r.l., volto a ottenere l’annullamento del bando pubblico di gara spedito in G.U.C.E. il 30 novembre 2005 e della successiva lettera di invito per l’aggiudicazione dell’appalto dei servizi di pulizia locali presso varie sedi dei Vigili del Fuoco, nonché avverso il conseguente diniego di rinnovo dei contratti in corso con il Consorzio odierno appellante e degli atti connessi.

Il Consorzio – titolare di tre contratti di appalto con l’Amministrazione – aveva impugnato l’atto auumento come illegittimo che, all’atto della scadenza degli stessi, l’Aaministrazione avesse indetto una pubblica gara per licitazione privata finalizzata all’aggiudicazione dei relativi servizi (riguardanti la pulizia locali presso scuole ed istituti del Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile), pur potendo rinnovare per un triennio i rapporti contrattuali in scadenza.

Il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso perché il divieto di rinnovo dei contratti in scadenza, seppur senza portata assoluta (ove il principio di rinnovabilità dei rapporti contrattuali intrattenuti fosse stato sancito dalla lex specialis di gara, ovvero contenuto nel contratto), assurgeva comunque a principio generale, il cui rispetto non necessita di apposita e dettagliata motivazione (semmai necessaria se la stazione appaltante avesse ritenuto di procedere al rinnovo dei contratti in scadenza). Doveva del resto escludersi che il titolare del pregresso rapporto contrattuale avesse una pretesa giuridicamente tutelabile.

L’ originario ricorrente, rimasto soccombente, ha impugnato la sentenza: ha contestato che nell’ambito del procedimento potessero essere individuati soggetti controinteressati in quanto sconosciutile, né comunque vi erano portatori di un interesse giuridicamente tutelabile.

Nel merito, il primo giudice aveva inammissibilmente integrato la motivazione del provvedimento (posto che l’amministrazione si era limitata ad affermare che la l. 18 aprile 2005, n.62 aveva abrogato l’art. 7 d.dgs 17 marzo 1995, n. 157).

L’appellata amministrazione ha depositato un controricorso, chiedendo la reiezione dell’appello ed ha eccepito la tardività dell’appello e la sua inammissibilità, per non essere stato notificato ad alcun controinteressato (i soggetti che avevano presentato le domande di partecipazione alle gare erano conoscibili, in quanto erano scaduti i termini di proposizione delle domande previste nei bandi).

All’adunanza camerale del 23 maggio 2006 fissata per la domanda di sospensione dell’esecutività dell’appellata setneza, la Sezione, con ordinanza n. 2498/2006 ha respinto l’istanza di sospensione cautelare della sentenza.

Alla odierna pubblica udienza del 25 ottobre 2011 la causa è stata posta in decisione.

 

DIRITTO

1.L’appello è infondato e va respinto.

2.Il ricorso di primo grado era ammissibile, posto che l’appellante si doleva di una condotta che si poneva a valle dell’esperimento della nuova gara da parte dell’amministrazione e prospettava una domanda che, se accolta, avrebbe impedito di bandire la procedura pubblica. Perciò non potevano riscontrarsi posizioni di controinteresse immediatamente identificabili. Va pertanto affermata la infondatezza dell’ eccezione di inammissibilità del mezzo di primo grado riproposta dall’appellata amministrazione.

3. Nel merito, il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi dal costante orientamento della giurisprudenza secondo cui il principio del divieto di rinnovo dei contratti (di appalto) scaduti, stabilito dall’art. 23 l. 18 aprile 2005, n.62, ha valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni dell’ordinamento (Cons. Stato, IV, 31 ottobre 2006, n. 6462).

E’ vero che la giurisprudenza ha distinto l’ipotesi in cui la possibilità di proroga non è stata espressamente indicata nella lex specialis, da quella in cui il bando contempla detta eventualità, facendone discendere, in tale seconda ipotesi, la possibilità che le amministrazioni motivatamente dispongano la proroga dei rapporti in corso. Ed è altresì vero che, nel caso di specie, l’art. 6 del bando di gara espressamente contemplava detta eventualità prevedendo “la facoltà, prevista dall’art. 7 secondo comma lettera f) del d.lgs. 17 marzo 1995. n. 157, di affidare l’appalto al medesimo contraente per il successivo triennio”.

Sennonché, costituisce principio consolidato che anche laddove una tal previsione sia contenuta nella lex specialis, essa potrebbe, al limite ed, consentire una limitata deroga al principio del divieto di rinnovo, purché con puntuale motivazione l’amministrazione dia conto degli elementi che conducono a disattendere il principio generale.

Tale rapporto tra regola ed eccezione si riflette sul contenuto della motivazione. Se l’amministrazione opta per l’indizione della gara, nessuna particolare motivazione è necessaria. Non così, invece, se si avvale della possibilità di proroga prevista dal bando. Detta ultima opzione dovrà essere analiticamente motivata, dovendo essere chiarite le ragioni per le quali si sia stabilito di discostarsi dal principio generale. Del resto, il divieto di rinnovo tacito dei contratti della p.a., anche se posto dalla legge con espresso riferimento agli appalti di servizi, opere e forniture, esprime un principio generale, attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato CE che, in quanto tale, opera per la generalità dei contratti pubblici ed è estensibile anche alle concessioni di beni pubblici (Cons. Stato, V, 7 aprile 2011, n. 2151).

Ne consegue che l’operato dell’Amministrazione è esente da censure, perché essa ha applicato la regola ordinaria, che prevede l’esperimento del procedimento pubblico al cessare del contratto in corso, e che tale determinazione non è censurabile per violazione di legge né per eccesso di potere.

Sotto altro profilo, posto che il dovere di bandire la nuova gara scaturiva dalla legge, nessuna garanzia infraprocedimentale doveva essere assicurata all’appellante (per il bando la stessa possibilità di proroga era prevista coime meramente eventuale e rientrava nella latissima discrezionalità dell’amministrazione).

Si rileva in proposito che i contratti di cui l’appellante era parte erano venuti in scadenza, perciò non è possibile ravvisare in capo al medesimo una posizione qualificata (quasi un “diritto di insistenza”) da tutelare sotto il profilo infraprocedimentale. In ogni caso, l’Amministrazione, conformandosi alle prescrizioni di legge, non avrebbe potuto fare altro che bandire la nuova procedura evidenziale: il che porta ad affermare che comunque l’eventuale carenza infraprocedimentale rientrerebbe nella clausola dell’art. 21-octies l. 7 agosto 1990, n. 241.

La impugnata sentenza – che comunque non ha in alcun modo integrato la motivazione del provvedimento impugnato, avendo fatto riferimento al medesimo principio del divieto di rinnovo automatico dei contratti in corso tenuto presente dall’amministrazione appellata - resiste dunque alle censure proposte.

4.Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

5. Le spese processuali seguono la soccombenza e pertanto l’appellante deve essere condannato al pagamento delle medesime in favore dell’appellata Amministrazione in misura che appare congruo quantificare, avuto riguardo alla natura della controversia, in euro quattromila/00 (€ 4.000,00) oltre accessori di legge, se dovuti.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)definitivamente pronunciando sull'appello, numero di registro generale 3876 del 2006, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali nella misura di euro quattromila/00 (€ 4.000,00) in favore dell’appellata amministrazione, oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Bernhard Lageder, Consigliere

   

L'ESTENSORE  IL PRESIDENTE

   

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/11/2011

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