HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, 13/3/2014 n. AG 47/13
Parere dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici rif. AG 47/13l’applicabilità del d.lgs. n. 163/2006 a società concessionaria del Servizio di Gestione Integrata dei Rifiuti Urbani partecipata indirettamente da enti locali

Materia: società / partecipazione pubblica

Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture

 

Parere sulla Normativa del 13/03/2014 - rif. AG 47/13

 

Alla SEI Toscana Scarl

 

AG 47/13

 

Oggetto: richiesta di parere di SEI Toscana S.c.a.r.l. riguardante l’applicabilità del d.lgs. n. 163/2006 a società concessionaria del Servizio di Gestione Integrata dei Rifiuti Urbani partecipata indirettamente da enti locali e affidataria del servizio in forza di procedura ad evidenza pubblica.

 

Con nota acquisita al protocollo n. 73921, in data 6 agosto 2013, codesta Società (di seguito SEI Toscana), ha sottoposto all’Autorità una richiesta di parere in merito al corretto inquadramento di una società concessionaria del servizio pubblico di gestione integrata dei rifiuti urbani, a partecipazione indiretta di enti locali e non soggetta al controllo degli stessi, avente scopo di lucro e collocata sul mercato in posizione concorrenziale con gli altri operatori del settore avendo conseguito la gestione del servizio in forza di procedura ad evidenza pubblica, tra i soggetti aggiudicatori di cui all’art. 32 del d.lgs. n. 163/2006; in particolare chiede di sapere se possa essere riconducibile ai soggetti di cui alla lettera f) dell’art. 32 del d.lgs. n. 163/2006 (concessionari di servizi) piuttosto che ai soggetti di cui alle lettere a) (organismi di diritto pubblico) e c) (società con capitale pubblico anche non maggioritario) della medesima disposizione.

Nella specie, l’istante, ritenuti non sussistenti i requisiti necessari per il proprio inquadramento tra gli organismi di diritto pubblico, propone una lettura dell’art. 32, comma 1, lett. c), del d. lgs. n. 163/2006 (che prevede l’applicabilità del titolo I della parte II e delle parti I, IV e V del Codice ai “lavori, servizi e forniture affidati dalle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113-bis, 115 e 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267”) che, in analogia con la normativa dei settori speciali, presuppone, ai fini dell’assoggettamento al Codice, l’affidamento diretto alla società mista dello svolgimento dell’attività non destinata ad essere collocata in regime di libera concorrenza. Secondo la ricostruzione di SEI Toscana, la ratio sottesa alla scelta del legislatore nazionale di imporre alle società miste che non siano organismi di diritto pubblico il rispetto del Codice risiede nell’esigenza di fronteggiare la chiusura del mercato in cui operano le società miste che sono destinatarie di affidamenti diretti garantendo il rispetto della normativa sull’evidenza pubblica negli appalti “a valle”, allo stesso modo in cui nei settori speciali l’applicazione delle disposizioni del Codice è motivata dalla circostanza che tali settori sono sottratti alla concorrenza e si trovano in una situazione di “chiusura dei mercati” causata dalla “frequente condizione di monopolio” (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n. 16 del 1 agosto 2011). A sostegno di detto assunto viene portato l’art. 32, comma 3, che, introducendo una deroga all’obbligo di applicazione del Codice nel caso in cui la scelta del socio privato della società mista sia avvenuta nel rispetto di procedure ad evidenza pubblica, starebbe ad avvalorare che requisito indefettibile ai fini della riconducibilità nell’ambito della lettera c) dell’art. 32 è l’inosservanza dell’evidenza pubblica nell’affidamento “a monte” dell’attività esercitata in regime di privativa.

Ne deriverebbe che, nel caso in esame, la società mista SEI Toscana, affidataria a seguito di procedura ad evidenza pubblica del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani dell’ATO Toscana Sud, non rientrerebbe nell’ipotesi di cui all’art. 32, lett. c), bensì in quella dell’art. 32, lett. f) (applicazione del Codice nel caso di “lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice”), data la natura di concessionaria di servizi pubblici.

Ritenuto il quesito meritevole di approfondimenti, il competente Ufficio dell’Autorità ha avviato il procedimento istruttorio, dandone contestuale notizia all’istante, con nota prot. n. 84859, del 12 settembre 2013, cui non ha fatto seguito l’invio da parte di SEI Toscana di alcuna ulteriore documentazione o ulteriori chiarimenti/elementi/osservazioni in merito alla tematica prospettata.

 

* * *

 

Nell’Adunanza del 12 e 13 marzo 2014, il Consiglio dell’Autorità ha approvato le seguenti determinazioni.

L’esame del tema proposto da codesta Società, ovvero la riconducibilità di una società avente le caratteristiche sopra descritte nell’alveo della lettera f) dell’art. 32, comma 1, del Codice, piuttosto che in quella della lettera c), presuppone che sia stata esclusa la configurabilità della società come organismo di diritto pubblico, ovvero amministrazione aggiudicatrice (art. 3, comma 25) tenuta in quanto tale all’integrale applicazione del Codice.

La configurabilità della natura di organismo di diritto pubblico va valutata, come noto, alla stregua dell’art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163/2006, che richiede, ai fini del riconoscimento di tale qualifica, il possesso cumulativo di tre requisiti: (a) essere istituito per soddisfare esigenze di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale; (b) personalità giuridica; (c) dominanza pubblica, ovvero, alternativamente, attività finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, gestione sottoposta al controllo di tali soggetti, organi di amministrazione, direzione o vigilanza costituiti in misura non inferiore alla metà da componenti designati dai medesimi soggetti.

Con specifico riferimento a SEI Toscana, dato pacificamente per ammesso il possesso del requisito della personalità giuridica, occorre soffermarsi sul requisito di cui alla lettera a) per stabilire se l’attività svolta dalla società possa essere considerata diretta a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale. A questo proposito si evidenzia che l’Autorità ha avuto modo di sottolineare, già nella deliberazione n. 1 del 19 gennaio 2005 che, secondo l’orientamento costante della Corte di Giustizia, il fine generale è quello che soddisfa una collettività di individui. Per ciò che concerne il carattere non industriale o commerciale, il diritto comunitario, a cui è ascritta l’individuazione della nozione di organismo di diritto pubblico, non indica i parametri per stabilire quando una specifica esigenza di interesse generale abbia detto carattere. La Corte di Giustizia, al riguardo, ha tuttavia fornito alcuni criteri interpretativi alla luce dei quali condurre l’analisi, caso per caso. È stato così precisato che la circostanza che l’organismo

agisca in situazione di concorrenza sul mercato può costituire un indizio a sostegno del fatto che non si tratti di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale; che questi bisogni sono, di regola, soddisfatti in modo diverso dall’offerta di beni o servizi sul mercato; che le condizioni nelle quali l’organismo esercita la sua attività, quali l’assenza di concorrenza sul mercato, la mancanza del perseguimento di uno scopo di lucro o la mancanza di assunzione dei rischi collegati all’attività svolta consentono di qualificare l’interesse generale a carattere non industriale o commerciale (cfr., ex multis, Corte di Giustizia CE 10.11.1998, causa C-360/96,  BFI Holding, punti 36 e 49; Corte di Giustizia CE 10.5.2001, causa procedimenti riuniti C-223/99 e C-260/99, Ente Autonomo Fiera internazionale di Milano, punti 40 e 42).

Detti criteri sono recepiti e applicati dalla giurisprudenza nazionale (Cass. civ. Sez. Unite, 9 maggio 2011, n 10068) che precisa che per bisogni di interesse generale “devono intendersi quelli riferibili ad una collettività di soggetti di ampiezza e contenuto tali da giustificare la creazione di un apposito organismo, sottoposto all’influenza dominante dell’autorità pubblica, deputato alla loro soddisfazione. E che non abbiano, per altro, carattere commerciale e industriale nel senso che non devono essere suscettivi - detti bisogni - di soddisfacimento mediante attività di produzione o scambio di beni o servizi connotata da imprenditorialità o scopo di lucro” (Cass. civ. Sez. Unite, 4 maggio 2006, n. 10218; in termini anche Cass. SS.UU. n. 97/2000). In linea con quanto affermato dalla Suprema Corte, la giurisprudenza amministrativa ritiene che il carattere non industriale o commerciale dell’attività dell’organismo di diritto pubblico implichi che i compiti vengano svolti dall’ente non con metodo economico ma mediante l’esercizio di una attività che non implica assunzione del rischio di impresa. Nella ricostruzione del Consiglio di Stato “la presenza di tale carattere è desunta, in primo luogo, dalla peculiare connotazione “interna” dell’assetto societario e, in particolare, dall’esistenza di relazioni finanziarie con l’ente pubblico che assicurano, secondo diverse modalità, la dazione di risorse in grado di consentire la permanenza sul mercato dell’organismo. In secondo luogo, elemento “esterno”, di valenza indiziaria, dell’assenza del metodo economico può essere costituito dal contesto in cui l’attività viene esercitata e cioè dall’esistenza o meno di un mercato di beni o servizi oggetto delle prestazioni erogate. La mancanza di un mercato non può ovviamente derivare dal fatto che in esso operi la sola società pubblica ma occorre stabilire se un mercato abbia la possibilità di esistere valutando le caratteristiche dei beni e servizi offerti, i loro prezzi, nonché la presenza anche solo potenziale di più fornitori. Quando si accerta che manchi effettivamente un mercato concorrenziale idoneo, per le sue oggettive condizioni, ad indurre gli operatori economici a svolgere in quel settore la propria attività ciò rappresenta certamente un rilevante elemento probatorio circa l’assenza del metodo economico e dunque dell’attività di impresa (cfr., tra le tante, Corte di giustizia CE, 10 maggio 2001, in cause riunite C-223/99 e C-260/99). Lo scopo dell’ente è costituito, sempre avendo riguardo a quanto previsto dall’art. 3, dall’esigenza di «soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale». Si tratta di una nozione di matrice comunitaria che, trasposta sul piano interno, significa che l’organismo deve sostanzialmente perseguire esclusivamente gli interessi pubblici previsti dalle normative di settore. In presenza dei caratteri sin qui indicati, che postulano sempre una attenta indagine casistica, la società pubblica riveste la natura di organismo di diritto pubblico con la conseguenza che l’attività che pone in essere è un’attività amministrativa soggetta in quanto tale allo statuto della pubblica amministrazione” (Consiglio di Stato, sez. VI, 20 marzo 2012 n. 1574). Viene quindi ribadita la necessità di accertare che l’ente agisca in situazione di concorrenza sul mercato, “poiché ciò è un indizio a sostegno del fatto che non si tratti di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale; che detti bisogni siano di regola soddisfatti in modo diverso dall’offerta dei beni o servizi sul mercato e che si tratti di bisogni al cui soddisfacimento, per motivi connessi all’interesse generale, lo Stato preferisce provvedere direttamente o con riguardo ai quali intende mantenere una influenza dominante” perché “in definitiva, solo la dimostrazione che l’attività della società venga svolta con metodo non economico, senza rischio di impresa, e che la stessa opera in un mercato non concorrenziale è utile al fine della qualificazione quale organismo di diritto pubblico” (Consiglio di Stato , 30 gennaio 2013, n. 570).

SEI Toscana è una società mista, indirettamente partecipata da enti locali, attualmente affidataria della gestione integrata dei rifiuti urbani nell’Ato Toscana Sud a seguito di una procedura ad evidenza pubblica. Rientra altresì nel suo oggetto sociale l’attività di gestione dei rifiuti in tutto il territorio nazionale anche attraverso la partecipazione a procedure indette da Comuni o da ambiti ottimali nonché lo sviluppo, la realizzazione, la vendita ed il noleggio di soluzioni informatiche software e hardware e di servizi e prodotti informatici e la gestione di centri elaborazioni dati per conto terzi e di servizi integrati di informatica, anche attraverso contratti di licenza, collaborazione commerciale ed accordi di ricerca e sviluppo con terze parti e società terze partecipate e/o controllate attinenti al servizio ambientale gestito (articolo 2 dello Statuto).

Secondo la disciplina di settore, l'organizzazione, l'affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti sono demandati alle Autorità d'ambito (Ato), strutture dotate di personalità giuridica costituite in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alle quali gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alle quali è trasferito l'esercizio delle loro competenze in materia di gestione integrata dei rifiuti (art. 201, d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, Norme in materia ambientale). Le Ato sono tenute ad affidare il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani “mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, secondo la disciplina vigente in tema di affidamento dei servizi pubblici locali in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché con riferimento all'ammontare del corrispettivo per la gestione svolta, tenuto conto delle garanzie di carattere tecnico e delle precedenti esperienze specifiche dei concorrenti, secondo modalità e termini definiti con decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia” (art. 202, comma 1, d.lgs. n 152/2006).

L’espresso richiamo ai principi ed alle disposizioni comunitarie e alla disciplina in tema di affidamento dei servizi pubblici locali evidenzia la scelta del legislatore di affidare ad operatori economici operanti sul mercato, scelti tramite procedure competitive, il servizio di gestione integrata dei rifiuti. In particolare, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012 dichiarativa dell'illegittimità costituzionale dell'art. 4 d.l. n. 138/2011 (convertito in L. n. 148/2011), e quindi della decadenza della disciplina nazionale regolante la materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, è divenuta immediatamente applicabile nell'ordinamento italiano la normativa comunitaria, e dunque l'espletamento di procedure ad evidenza pubblica per gli affidamenti in questione. E la recente normativa nazionale dettata dall'art. 34, comma 20, d.l. n. 179/2012 (convertito in L. n. 221/2012) ha ribadito l'obbligo del rispetto della disciplina europea e dei principi comunitari di parità di trattamento, economicità trasparenza e pubblicità negli affidamenti dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. È, infatti, previsto espressamente che debba essere assicurato il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l'economicità della gestione e che si debba garantire un'adeguata informazione alla collettività di riferimento.

Ciò importa che, tranne i casi di autoproduzione nelle ipotesi in cui ricorra l’istituto del in house providing, le Ato sono tenute a selezionare tramite procedure competitive operatori economici operanti sul mercato della gestione integrata dei rifiuti. Da ciò consegue, ulteriormente, l’esistenza di un mercato relativo ai servizi in esame in cui, almeno potenzialmente, una pluralità di operatori economici si contendono l’aggiudicazione dei contratti pubblici. La dinamica concorrenziale che in tal modo si instaura accede alla nozione di concorrenza comunitaria definita come concorrenza “per” il mercato, la quale impone che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurino il rispetto dei valori comunitari e costituzionali di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza (Corte Costituzionale n. 401/2007).

Partecipando alla gara bandita dall’Ato Toscana Sud, SEI Toscana si è prestata ad un confronto concorrenziale con altri operatori economici del settore.

La previsione dell’art. 2 dello Statuto riguardante l’attività di gestione dei rifiuti in tutto il territorio nazionale anche attraverso la partecipazione a procedure indette da Comuni o da ambiti ottimali conferma la presenza di SEI Toscana sul libero mercato e dunque la sua operatività secondo dinamiche concorrenziali.

Per quanto concerne la connotazione “interna” dell’assetto societario dell’istante, dall’art. 29 dello Statuto, che prevede la ripartizione degli utili tra i soci in proporzione alle rispettive partecipazioni, emerge il perseguimento dello scopo di lucro, in senso soggettivo, da parte di SEI Toscana. Al riguardo si rammenta che, secondo il Consiglio di Stato, “la presenza di uno scopo di lucro rappresenta, ancora una volta, un elemento riconducibile esclusivamente al modello delle società pubbliche che svolgono attività di impresa” (Consiglio di Stato, sez. VI, 20 marzo 2012 n. 1574).

Non sono inoltre previste particolari forme di relazioni finanziarie con i soci pubblici che garantiscano il permanere della società sul mercato. Conformemente alla disciplina generale delle società a responsabilità limitata, l’art. 9 dello Statuto prevede la possibilità per i soci di effettuare versamenti in conto capitale ovvero finanziamenti a favore della società. In caso di finanziamenti, il rimborso ai soci avviene secondo le modalità indicate dall’art. 2467 c.c. che ne prevede la postergazione rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e la restituzione alla società se il rimborso sia avvenuto nell’anno antecedente alla dichiarazione di fallimento. Altra forma di finanziamento prevista dall’art. 9 è l’emissione di titoli di debito sottoscrivibili solo da parte di investitori qualificati e rimborsabili secondo le modalità definite con la delibera assembleare che ha deliberato l’emissione dei titoli.

L’insieme degli elementi sopra individuati si attaglia ad un’attività esercitata secondo un metodo economico, avente i connotati tipici dell’attività di impresa e non di quella “amministrativa” quale è quella svolta, secondo le parole del Consiglio di Stato (sez. VI, cit.), da organismi di diritto pubblico e società miste di cui all’art. 32, comma 1, lett. c).

La richiamata considerazione, in uno con l’operatività di SEI Toscana su un mercato concorrenziale, alla luce dei criteri elaborati dalla giurisprudenza fa propendere per l’affermazione del carattere industriale o commerciale delle esigenze - per quanto queste possano essere qualificabili di interesse generale - per il cui perseguimento SEI Toscana è stata costituita.

Ne consegue la non configurabilità del requisito di cui alla lettera a) (“essere istituito per soddisfare esigenze di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale”) e l’esclusione della natura di organismo di diritto pubblico di SEI Toscana, rimanendo assorbita ogni valutazione in ordine alla sussistenza del requisito di cui alla lettera c) della dominanza pubblica.

La stessa motivazione che conduce a negare la natura di organismo di diritto pubblico della società istante determina anche la non riconducibilità di SEI Toscana tra le società miste di cui alla lettera c) dell’art. 32. Come osservato dal Consiglio di Stato “detta disposizione presuppone ai fini della qualificazione della società pubblica quale amministrazione aggiudicatrice, che l’attività posta in essere sia resa in un mercato non concorrenziale” (sez. VI, cit.). Nell’art. 32, lett. c), il legislatore ha inteso infatti ricomprendere tutte le tipologie di società mista, non rientranti nella nozione di organismo di diritto pubblico, che svolgono attività amministrativa, ovvero, secondo la richiamata definizione del Consiglio di Stato, non destinata ad essere posta sul mercato in regime di libera concorrenza. Come già emerso, SEI Toscana opera in un mercato in cui sono presenti, almeno potenzialmente, una pluralità di operatori economici ed è risultata aggiudicataria del servizio di gestione integrata dell’Ato Toscana Sud a seguito di un confronto competitivo secondo le procedura dell’evidenza pubblica. Viene dunque meno in radice il requisito richiesto dal legislatore ai fini del riconoscimento della natura di soggetto aggiudicatore alle società miste non qualificabili come organismi di diritto pubblico.

 

* * *

 

Per completezza, si ritiene opportuno precisare che le summenzionate conclusioni potrebbero non essere confermate nel caso in cui SEI Toscana risultasse in futuro affidataria diretta di commesse da parte di alcuno dei soci pubblici.

Una simile ipotesi, peraltro ammissibile solo nei ristretti limiti previsti dall’ordinamento, oltre a generare effetti distorsivi sul mercato di riferimento ponendo SEI Toscana in una posizione di indebito vantaggio rispetto a tutti gli altri operatori economici, per il profilo che in questa sede interessa potrebbe rappresentare una forma di relazione con i soci pubblici potenzialmente idonea a garantire il permanere della società sul mercato attraverso la garanzia dell’acquisizione in regime di privativa di alcuni contratti il cui provento sia in grado di coprire tutte, o parte, delle spese generali. Ne deriverebbe il venire meno del requisito dell’esercizio dell’attività secondo il metodo economico e la conseguente soggezione di SEI Toscana allo statuto della pubblica amministrazione implicante in primo luogo il rispetto delle regole procedimentali contenute nel Codice dei contratti pubblici, a meno che la società non fosse in grado di dimostrare “il rispetto del principio di distinzione tra le due attività al fine di evitare che i vantaggi derivanti dall’operare come pubblica amministrazione possano essere trasposti nel settore in cui lo stesso soggetto svolge attività di impresa” (Consiglio di Stato, cit.).

 

* * *

 

Da ultimo, si evidenzia che codesta Società, in quanto concessionaria di servizi pubblici, è comunque tenuta all’applicazione del Codice dei contratti per l’affidamento di lavori quando questi siano strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventino di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice (art. 32, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163/2006).

 

 

 

Lorenza Ponzone

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici