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Consiglio di Stato, Sez. VI, 14/7/2014 n. 3663
Sul c.d. potere di soccorso istruttorio nelle procedure di gara.

La norma sul soccorso istruttorio (art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006) deve essere intesa, alla luce di quanto affermato con la sentenza n. 9 del 2014 dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nel senso che occorre tenere separati i concetti di regolarizzazione documentale e di integrazione documentale: la prima, consistendo nel "completare dichiarazioni o documenti già presentati" dall'operatore economico, è ammessa, per i soli requisiti generali, al fine assicurare, evitando inutili formalismi, il principio della massima partecipazione; la seconda, consistendo nell'introdurre nel procedimento nuovi documenti, è vietata per garantire il principio della parità di trattamento. La distinzione è superabile, si afferma sempre nella citata sentenza, in presenza di "clausole ambigue" che autorizzano il soccorso istruttorio anche mediante integrazione documentale. Pertanto, le prescrizioni contenute nel bando di gara che contengono clausole contrarie alla suddetta norma imperativa, così come interpretata, devono ritenersi nulle. Esse, infatti, si risolverebbero nella previsione di una causa di esclusione non consentita dalla legge.

Materia: appalti / disciplina

N. 03663/2014REG.PROV.COLL.

 

N. 01374/2013 REG.RIC.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1374 del 2013, proposto da Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Diego Vaiano e Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Lungotevere Marzio, n.3;

 

contro

Il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, in persona del Soprintendente pro tempore, il Commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti nelle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

nei confronti di

Gherardi Ing. Giancarlo s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria dell’ATI con la Re.Co. Restauratori consorziati, la B5 s.r.l., l’arch. Didier Repellin e l’arch. Marina di Guida, rappresentati e difesi dall’avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

per la riforma del dispositivo della sentenza 5 febbraio 2013, n. 1257, e della sentenza 28 febbraio 2013, n. 2180, del tribunale amministrativo regionale del lazio, roma, sezione ii-quater.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2014 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Aiello e gli avvocati Vaiano e Clarizia.

 

FATTO

1.– Il Commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti nelle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica ha indetto, con bando del 4 agosto 2011, una procedura di gara ristretta, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) per l’affidamento della progettazione esecutiva, l’esecuzione e il restauro del prospetto settentrionale e meridionale e la realizzazione delle cancellate a chiusura dei fornici del primo ordine dell’Anfiteatro Flavio (Colosseo).

Alla procedura hanno partecipato due imprese: la Società Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni s.r.l. (d’ora innanzi anche solo Lucci) e la Gherardi Ing. Giancarlo s.p.a., capogruppo mandataria dell’ATI con la Re.Co. Restauratori consorziati, la B5 s.r.l., l’Arch. Didier Repellin e l’Arch. Marina di Guida (d’ora innanzi anche solo Gherardi).

La Gherardi si è classificata al primo posto, ottenendo il punteggio di 67,475. La Lucci si è classificata al secondo posto, ottenendo il punteggio di 59,761 punti.

La Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, subentrata nella gestione della procedura al Commissario delegato, ha aggiudicato la gara, in via provvisoria il 27 luglio 2012 e in via definitiva il successivo 30 agosto, alla Gherardi.

2.– La Lucci, con il ricorso n. 8014 del 2012, ha impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. In particolare, nel ricorso sono state dedotte le seguenti illegittimità, riportate in sintesi:

a) le tre imprese facenti parti del Consorzio Re.Co – Restauratori consorziati, mandante della Gherardi, hanno omesso di rendere le dichiarazioni relative all’insussistenza di cause di esclusione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006; né varrebbe la loro regolarizzazione postuma, sia perché si tratta di un requisito essenziale imposto a pena di esclusione dalla lex specialis, sia perché poste in essere da soggetti che hanno dichiarato di agire quali rappresentanti del Consorzio e non delle imprese consorziate;

b) nessuna delle componenti della Gherardi ha elencato espressamente e per esteso, come richiesto dal bando di gara (punto III.2.1.), l’assenza delle condizioni prescritte dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006; né potrebbe ritenersi, senza violare il principio della par condicio, validamente effettuata la successiva regolarizzazione;

c) i progettisti: 1) non hanno dimostrato di possedere i requisiti previsti dal bando in misura corrispondente alla dichiarata quota di partecipazione al raggruppamento; 2) non hanno prodotto in sede di prequalifica le dichiarazioni di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, al fine di provare la sussistenza dei requisiti di ordine generale; 3) non si sono associati tra di loro, nelle forme richieste dall’art. 90, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 163 del 2006, mantenendo una netta separazione di competenze e responsabilità, senza neanche indicare la persona fisica incaricata dell’integrazione tra le varie prestazioni specialistiche;

d) l’offerta è stata sottoscritta esclusivamente dai progettisti e non anche dalle due imprese esecutrici dei lavori (la Gherardi s.p.a. e il Consorzio Re. Co.).

e) è stato omesso, in sede di redazione dell’offerta economica, di integrare la lista delle categorie di lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dei lavori, con l’indicazione delle lavorazioni e forniture costituenti le soluzioni migliorative e le integrazioni tecniche proposte e di quantificare le stesse dal punto di vista economico, con conseguente indeterminatezza ed anomalia dell’offerta;

f) è stato effettuato per i lavori in economia un ribasso non consentito rispetto al prezzo elementare (al netto cioè di spese generali ed utile);

g) è stato presentato un progetto esecutivo che, pur prevedendo la realizzazione di strutture metalliche e di impianti, è privo degli elaborati di calcolo;

h) le offerte tecniche delle due imprese partecipanti sono state valutate in maniera contraria al principio di ragionevolezza, in quanto: 1) costituisce un errore di fatto la circostanza che la Lucci fosse priva, da un lato, del requisito della specificità della progettazione perché avente ad oggetto «beni non archeologici», dall’altro, delle attrezzature necessarie per effettuare le indagini conoscitive; 2) nella struttura del gruppo di progettazione della Gherardi manca la figura dell’archeologo; 3) è stata attribuita illegittimamente rilevanza al fatto che la Gherardi avesse cantieri nell’area centrale di Roma;

i) è stata ritenuta congrua l’offerta della Gherardi sulla base del solo criterio del cosiddetto «più probabile prezzo di mercato», senza chiedere alcun «giustificativo» in ordine all’effettiva sostenibilità dei prezzi stessi.

2.1.– La Gherardi ha proposto un ricorso incidentale, volto a sostenere che la ricorrente principale dovesse essere esclusa dalla gara e fosse priva pertanto di legittimazione. In particolare, nel ricorso sono state dedotte le seguenti illegittimità, riportate in sintesi:

a) violazione dell’art. 263, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»), il quale prevede che possono essere valutati soltanto i servizi di ingegneria, ultimati ed approvati dalla stazione appaltante; nella specie la società Tecton Studio Associati s.r.l., di cui si è avvalsa la Lucci per attestare il possesso di questo requisito, avrebbe dichiarato di avere eseguito tre progetti ai quali non è seguita l’aggiudicazione e che, pertanto, non potrebbero ritenersi «approvati»;

b) violazione dell’art. 90 del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto risulta che: 1) l’ing. Giuseppe Carluccio, inserito nella struttura organizzativa della Lucci, ha collaborato all’estensione della progettazione posta a base di gara; 2) il prof. Adriano La Regina, inserito anch’egli nella struttura organizzativa della Lucci, ha curato, alla fine degli anni novanta, il progetto e il restauro di una parte del Colosseo, che è stato, poi, assunto come modello di riferimento per la realizzazione del progetto posto a base di gara;

c) violazione dell’art. 76 del d.lgs. n. 163 del 2006 e del punto II 1.9 del bando, per avere introdotto inammissibili e non consentite varianti alla cancellata; in subordine, qualora si ritenesse che tale violazione non potrebbe giustificare l’esclusione dalla procedura di gara, sarebbe illogico il punteggio attribuibile per questo aspetto;

d) omessa produzione di una relazione illustrativa inerente alle esperienze professionali dei tecnici che fanno parte della struttura tecnico-organizzativa incaricata di redigere l’esecuzione dei lavori (sono stati prodotti soltanto i curricula di alcuni consulenti); in subordine, qualora si ritenga tale omissione non sufficiente ai fini dell’esclusione dalla procedura di gara, sarebbe illogica l’attribuzione di un punteggio di 3,106 punti su cinque, con conseguente collocazione della società al terzo posto;

e) i professionisti facenti parti della struttura tecnico-organizzativa della Lucci non hanno attestato il possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006;

f) la Lucci «pur avendo proposto soluzioni migliorative, ha indicato tutti i prezzi previsti nella lista delle categorie di lavori e forniture, ivi compresi quelli afferenti le lavorazioni soppresse e, nel contempo, ha indicato i prezzi relativi alle lavorazioni correlate alle soluzioni migliorative ed alle integrazioni tecniche offerte».

3.– Nel corso del processo, così instaurato, la stazione appaltante, con atto del 22 novembre 2012, prot. n. 39127 (comunicato all’impresa il successivo giorno 23, prot. n. 39244), ha escluso dalla procedura l’aggiudicataria per non avere prodotto, ai sensi dell’art. 48, secondo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006, la documentazione necessaria a comprovare i requisiti di partecipazione. In particolare, con nota del 31 ottobre 2012, prot. n. 35805, la stazione appaltante aveva chiesto all’aggiudicataria di depositare tale documentazione entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione. L’aggiudicataria avrebbe provveduto al deposito, tardivamente, in data 7 dicembre 2012. Ricevuto l’atto di esclusione, la Gherardi, deducendo di avere effettuato il deposito in data 9 novembre 2012, ha chiesto all’amministrazione di rivedere la sua determinazione.

In particolare, su espressa richiesta della stazione appaltante, la Gherardi ha dichiarato, con atto del 3 dicembre 2012, di avere consegnato la documentazione negli uffici della Soprintendenza «al quinto piano» dove un «addetto, una signora» ha indicato una stanza, collocata «vicina agli ascensori» per effettuare il deposito, che è stato poi «protocollato» da un funzionario di cui la società riferisce di non ricordare il nome. Il Ministero, dopo avere accertato, con dichiarazione resa dai dipendenti, che nella data indicata non risulta, dall’analisi del protocollo, effettuato alcun deposito, ha confermato, con atto del 4 dicembre 2012, l’esclusione dalla procedura di gara della Gherardi.

3.1.– Quest’ultima ha proposto, avverso il suddetto provvedimento, autonomo ricorso, n. 10520 del 2012.

In particolare, con tale ricorso si è dedotto che:

a) la documentazione è stata prodotta in data 9 novembre 2012, come dimostrerebbe la ricevuta, prodotta in giudizio, recante il timbro della Soprintendenza, la data e la firma del dipendente;

b) non è stato comunicato l’avvio del procedimento; si aggiunge che «nelle date del 2 e 27 agosto era stata già trasmessa la documentazione richiesta telefonicamente (…) di talché la successiva richiesta del 31 ottobre 2012 riguardava documentazione già consegnata o, al più, da completare»;

c) il termine previsto dall’art. 48, secondo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006, in mancanza di diversa determinazione contenuta nella lex specialis, ha natura ordinatoria e non perentoria; sul punto si aggiunge che neanche l’amministrazione ha rispettato il termine di dieci giorni per la richiesta dei documenti.

Nell’ambito del medesimo giudizio:

- è intervenuta, ad opponendum, la Lucci, la quale ha, altresì, proposto ricorso incidentale assumendo che la Gherardi avrebbe dovuto essere esclusa per le ragioni già prospettate nel primo ricorso;

- la Gherardi ha proposto controricorso incidentale, che ha riprodotto il ricorso incidentale proposto nell’altro ricorso.

4.– Il Tribunale amministrativo, riuniti i giudizi, li ha decisi con dispositivo pubblicato il 5 febbraio 2013 e con successiva motivazione contenuta nella sentenza del 28 febbraio 2013, n. 2180.

In relazione al ricorso n. 10520 del 2012, il Tribunale, in primo luogo, ha annullato l’atto di esclusione, ritenendo che l’art. 48, secondo comma, del d.lgs. n. 163 del 2006 deve essere interpretato nel senso che il termine indicato dall’amministrazione per il deposito della documentazione richiesta ha valenza sollecitatoria e non perentoria. In questa prospettiva, si aggiunge, essendo incontestato che la documentazione è stata acquisita in data 7 dicembre 2012, diventa irrilevante accertare se effettivamente la Gherardi abbia consegnato detta documentazione già in data 9 novembre 2012.

In secondo luogo, il primo giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, presentato dalla Lucci in qualità di interveniente ad opponendum, in quanto «l’oggetto del giudizio è costituito (…) dal provvedimento di esclusione mentre il ricorso incidentale è volto ad impugnare il (…) provvedimento di aggiudicazione».

Infine, per le medesime ragioni appena indicate, il Tribunale amministrativo ha dichiarato inammissibile il controricorso incidentale proposto dalla Gherardi.

In relazione al ricorso n. 8014 del 2012, il Tribunale: a) ha accolto il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla Gherardi e per l’effetto, applicando i principi enunciati dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 7 aprile 2011, n. 4, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Lucci; b) ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse i motivi aggiunti al ricorso incidentale proposti dalla Gherardi.

5.– La Lucci ha proposto appello avverso il dispositivo e con successivo atto integrativo ha impugnato anche la motivazione della sentenza.

In particolare, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui:

a) non ha ritenuto perentorio il termine previsto dall’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006;

b) ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso incidentale, in quanto l’art. 263 del d.P.R. n. 207 del 2010, non richiede che i lavori vengano realizzati, essendo sufficiente la redazione del progetto.

La Lucci ha, poi, riproposto, con l’atto di appello, i motivi contenuti nel ricorso principale, sopra riportati, non esaminati dal primo giudice.

5.1.– Si è costituita in giudizio la Gherardi rilevando che la sentenza è corretta nella parte in cui ha ritenuto che il termine previsto dall’art. 48 non abbia natura perentoria.

Si aggiunge che, in ogni caso:

a) la documentazione è stata depositata entro il termine assegnato, in data 9 novembre 2012, come risulterebbe dalla apposizione, sulla nota di trasmissione dei documenti, del timbro della «Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma Piazza dei Cinquecento n. 67 00185 Roma» e dalla dicitura scritta a penna «per ricevuta 9-11-2012» sottoscritta «dall’addetto che ha materialmente preso in consegna la documentazione»;

b) non è stata data comunicazione dell’avvio del procedimento.

Sono stati, poi, riproposti i motivi contenuti nel ricorso incidentale, già indicati, non esaminati dal primo giudice.

5.2.– Si è costituito in giudizio il Ministero dei beni e delle attività culturali, chiedendo il rigetto dell’appello. In particolare, si è rilevato che la Lucci non avrebbe censurato la parte della sentenza con cui il primo giudice ha ritenuto che la stessa non sia legittimata ad interloquire sul provvedimento adottato dall’amministrazione. Nel merito, vengono dedotte le analoghe argomentazioni contenute nell’atto difensivo della società resistente.

5.3.– La Lucci ha depositato, in vista dell’udienza pubblica del 18 giugno 2013, una memoria con la quale, in relazione alla questione inerente al rispetto del termine, ha affermato che «la mera produzione di un frontespizio recante un timbro e una sigla illeggibile di un soggetto ignoto, peraltro non individuato dall’amministrazione in nessuno dei suoi dipendenti nonostante le ricerche all’uopo compiute» non può costituire prova dell’effettiva consegna dei documenti.

5.4.– La Gherardi ha anch’essa depositato una memoria, in vista della stessa udienza, con la quale ha rilevato che la Soprintendenza aveva disposto che la documentazione avrebbe dovuto essere consegnata «presso la sede del Palazzo Massimo – Piazza dei Cinquecento 67 – Segreteria del Soprintendente». Sul punto si aggiunge che «se poi l’ufficio, indicato dall’amministrazione per la ricezione della documentazione, ha provveduto o non ha provveduto tempestivamente a protocollarla è circostanza che non può essere imputata all’impresa».

6.– Con ordinanza 9 marzo 2013, n. 791, la Sezione ha rigettato la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza, ritenendo che, «all’esito di una valutazione comparativa degli interessi implicati nella vicenda per cui è causa, deve essere attribuita prevalenza agli interessi pubblici inerenti alla, per quanto possibile, celere realizzazione delle opere oggetto della procedura di gara».

7.– La prima udienza per la trattazione nel merito della causa si è avuta il 18 giugno 2013.

All’esito di tale udienza la Sezione, con ordinanza 30 luglio 2013, n. 4023, ha ritenuto che la decisione della causa imponesse la previa risoluzione da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato di due questioni: i) la prima finalizzata a dirimere il contrasto interpretativo inerente alla natura perentoria ovvero ordinatoria del termine previsto dall’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006; ii) la seconda finalizzata ad una rivisitazione del rapporto tra ricorso principale e incidentale quale definito dalla citata sentenza n. 4 del 2011 della stessa Adunanza Plenaria.

8.– L’Adunanza plenaria, con sentenza 25 febbraio 2014, n. 10, ha risolto la prima questione ritenendo che il termine posto dall’art. 48 debba ritenersi perentorio, in quanto: i) sul piano della ratio della prescrizione normativa, è necessario assicurare celerità e certezza nella fase di conclusione del procedimento di scelta del contraente; ii) sul piano della lettera della norma, la stessa è strettamente correlata a quanto disposto dal primo comma che, in relazione al controllo a campione nella fase iniziale della procedura, impone il rispetto di un termine perentorio, e, soprattutto, contempla una sanzione nel caso di sua inosservanza.

8.1.– L’Adunanza plenaria, con sentenza in pari data n. 9, cui la prima ha rinviato, ha esaminato, anche alla luce di altre ordinanze di rimessione, la questione relativa al rapporto tra ricorso principale e incidentale, risolvendola nel modo che verrà indicato nella parte in diritto della presente decisione.

8.2.– Entrambe le sentenze hanno restituito, ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. proc. amm., gli atti alla Sezione per le ulteriori pronunce sul merito della controversia e sulle spese del giudizio.

8.3.– La trattazione della causa è stata fissata per l’udienza pubblica dell’8 luglio 2014.

8.4.– Tutte le parti del giudizio hanno depositato memorie difensive.

In particolare, l’Avvocatura dello Stato ha ribadito la richiesta di rigetto dell’appello e ha depositato due relazioni della Soprintendenza del 20 e 24 giugno 2014 attestanti lo stadio di esecuzione dei lavori.

La Gherardi, nel ribadire le argomentazioni e conclusioni già rassegnate, ha aggiunto che, alal luce di quanto affermato nella sentenza n. 9 del 2014 dell’Adunanza plenaria, la società appellante, dovendo essere esclusa dalla procedura di gara, non sarebbe legittimata «a dedurre che altra impresa che la precedeva in graduatoria e che sta eseguendo l’appalto avrebbe dovuto, a sua volta, essere esclusa per non avere – asseritamente – comprovato tempestivamente i requisiti». Si fa presente, inoltre, che: i) l’amministrazione, in attuazione della sentenza di primo grado non sospesa dal Consiglio di Stato, ha adottato, con determina 21 febbraio 2013, n. 6783, un nuovo atto di aggiudicazione della gara in favore della Gherardi, che la Lucci ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale con ricorso n. 2980 del 2013; ii) «le prestazioni oggetto dell’appalto sono state consegnate in data 25 febbraio 2013 per motivate ragioni di urgenza»; iii) «il contratto di appalto è stato stipulato in data 30 aprile 2013»; iv) «i lavori sono in avanzata fase di esecuzione».

La Lucci, nel ribadire anch’essa le argomentazioni e conclusioni già rassegnate, ha aggiunto che «la questione dell’efficacia paralizzante o meno del ricorso incidentale di Gherardi non ha oramai più rilevanza» a seguito della sentenza n. 9 del 2014 che, assegnando natura perentoria al termine di consegna dei documenti, ha sancito la tardività del deposito e, dunque, la legittimità dell’atto di esclusione.

9.– La causa è stata decisa all’esito della suddetta udienza pubblica dell’8 luglio 2014.

 

DIRITTO

1.– La questione posta all’esame della Sezione attiene alla legittimità della procedura di gara ristretta, indetta dal Commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti nelle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica, per l’affidamento della progettazione esecutiva, l’esecuzione e il restauro del prospetto settentrionale e meridionale e la realizzazione delle cancellate a chiusura dei fornici del primo ordine dell’Anfiteatro Flavio (Colosseo).

La procedura è finalizzata alla stipulazione, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), di un contratto di appalto integrato avente ad oggetto la progettazione e realizzazione di lavori pubblici.

Le imprese partecipanti sono state due.

La prima impresa ha concorso in forma di raggruppamento temporaneo misto costituito da: Gherardi Ing. Giancarlo s.p.a., capogruppo mandataria; RE. CO Restauratori consorziati, impresa mandante; B 5 s.r.l., società di ingegneria mandante; Arch. Didier Repellin, professionista mandante; Arch. Marina di Guida, giovane professionista mandante (d’ora innanzi anche solo Gherardi).

La seconda impresa, Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni s.r.l., ha concorso in forma individuale (d’ora innanzi anche solo Lucci).

2.– In via preliminare, è necessario definire – alla luce di quanto sostenuto dall’Adunanza plenaria, con la sentenza 25 febbraio 2014, n. 9 e avuto riguardo alle contrapposte posizioni assunte dalle parti – l’ordine di esame dei motivi di ricorso.

L’Adunanza plenaria, con la citata sentenza, ha affermato: i) quale regola generale, il previo esame del ricorso incidentale con finalità escludente; ii) quale eccezione, il contestuale esame del ricorso principale e incidentale nei casi in cui sia necessario assicurare il rispetto del principio della parità delle parti nel processo.

In particolare, si è ribadito, in linea di continuità con la sentenza 7 aprile 2001, n. 4, della stessa Adunanza plenaria, che l’azione di annullamento, dovendo essere sorretta dalle condizioni della legittimazione ad agire e dell’interesse a ricorrere, può essere proposta dal soggetto che sia titolare di una posizione giuridica differenziata e qualificata che risulti lesa, con attualità e immediatezza, da un atto della pubblica amministrazione. Nel settore specifico dei contratti pubblici, la legittimazione si dimostra, normalmente, mediante la legittima partecipazione alla gara. Ne consegue che se il ricorrente incidentale prova che il ricorrente principale avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura, per difetto dei requisiti di partecipazione, viene meno la sua legittimazione ad agire.

La regola esposta subisce un’eccezione nel caso in cui il ricorrente principale faccia valere un vizio relativo alla stessa fase della procedura cui si riferisce il vizio fatto valere dal ricorrente incidentale. In questi casi, caratterizzati da una simmetria escludente, è necessario procedere all’esame contestuale delle censure prospettate in entrambi i ricorsi.

La ragione giustificativa di questa deroga è stata ravvisata dall’Adunanza plenaria, alla luce di quanto affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, Sez. X, 4 luglio 2013, C-100/12, nell’esigenza di assicurare il principio della parità delle parti che costituisce una proiezione processuale della tutela sostanziale della concorrenza e dei valori ad essa sottesi di libera circolazione delle persone e delle merci. L’esame contestuale dei ricorsi, in presenza di due soli concorrenti, potrebbe, pertanto, giustificare l’annullamento dell’intera procedura di gara con conseguente sua ripetizione per soddisfare l’interesse strumentale delle parti.

L’Adunanza plenaria ha chiarito, inoltre, che si è in presenza di un medesimo vizio nel caso in cui il motivo con cui viene fatto valere riguardi atti inseriti nello stesso segmento procedimentale. In questa prospettiva sono state individuate tre autonome, ancorché connesse, fasi del procedimento amministrativo di scelta del contraente, che si susseguono in sequenza cronologica: i) la prima fase è relativa alla tempestività della domanda e alla integrità dei plichi; ii) la seconda fase riguarda il riscontro della sussistenza dei requisiti generali e speciali (economico - finanziari e tecnico-organizzativi) di partecipazione della impresa; iii) la terza fase attiene all’accertamento della presenza degli elementi essenziali dell’offerta. Nella scansione procedimentale è individuabile anche una quarta fase che è quella successiva all’aggiudicazione dell’appalto nel corso della quale la stazione appaltante svolge un controllo sul possesso dei requisiti da parte del contraente scelto all’esito della gara.

In definitiva, il diritto europeo – cui l’Adunanza plenaria si è adeguata con gli ulteriori svolgimenti indicati – ha imposto, in deroga al principio generale dell’autonomia processuale degli Stati membri, la conformazione di un istituto del processo amministrativo per evitare che una sua applicazione non conforme alle esigenze di tutela della concorrenza possa alterare il funzionamento delle regole del marcato.

3.– Gli esposti principi devono essere adattati alla complessità e peculiarità della vicenda processuale in esame, distinguendo le posizioni delle parti nel giudizio di primo grado e di appello.

3.1.– Nel processo di primo grado sono stati riuniti due separati giudizi.

Nel primo giudizio la Lucci ha proposto ricorso principale con il quale ha impugnato l’atto di aggiudicazione a favore della Gherardi, assumendo, tra l’altro, che la stessa avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara. La Gherardi, nell’ambito dello stesso giudizio, ha proposto ricorso incidentale con il quale ha sostenuto che la Lucci avrebbe dovuto essere esclusa.

Nel secondo giudizio la Gherardi è ricorrente principale e contesta l’atto di esclusione – per mancato deposito, nel previsto termine perentorio successivo all’aggiudicazione, dei documenti attestanti il possesso dei requisiti di partecipazione – disposto, nei suoi confronti, dalla stazione appaltante nel corso di svolgimento del primo giudizio.

La riunione dei due giudizi impone, da un lato, l’inserimento dei ricorsi in una trama processuale unitaria con conseguenti influenze reciproche, dall’altro, non cancella la specifica posizione rivestita dalle parti nei singoli giudizi.

In particolare, la Gherardi assume una duplice posizione processuale: di ricorrente principale nel giudizio di impugnazione dell’atto di esclusione disposto dall’amministrazione; di ricorrente incidentale nel giudizio di difesa nei confronti del ricorso proposto dalla Lucci avverso l’atto di aggiudicazione della gara.

La Lucci assume anch’essa una duplice posizione processuale: di interveniente ad opponendum nel giudizio instaurato dalla Gherardi, nell’ambito del quale la posizione di parte resistente è rivestita dall’amministrazione; di ricorrente principale nel giudizio volto a contestare l’aggiudicazione a favore della Gherardi.

Il Tribunale amministrativo: i) ha accolto il ricorso principale della Gherardi e ha dichiarato illegittimo l’atto di esclusione dalla procedura di gara; ii) ha accolto il primo motivo del ricorso incidentale della Gherardi e ha dichiarato assorbiti gli altri motivi; iii) non ha, in applicazione dei principi enunciati dalla sentenza n. 4 del 2011 dell’Adunanza plenaria, esaminato i motivi del ricorso principale della Lucci aventi la medesima natura di quello contenuto nel ricorso incidentale della Gherardi.

3.2.– Nel giudizio di secondo grado, in ragione delle regole che presiedono al suo svolgimento e alla luce di quanto affermato dall’Adunanza plenaria n. 9 del 2014, l’ordine di trattazione muta parzialmente.

La Lucci è appellante principale. L’amministrazione non ha proposto appello. La Gherardi ha proposto appello incidentale con il quale ha fatto valere i motivi del ricorso incidentale non esaminati dal primo giudice.

Ne consegue che:

i) deve essere esaminato, in via prioritaria, il motivo dell’appello principale con il quale si contesta il capo della sentenza che ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso incidentale con cui si è fatto valere un vizio della seconda fase della procedura;

ii) se si ritiene infondato tale motivo di appello principale, con conferma della fondatezza del ricorso incidentale escludente, si dovranno esaminare esclusivamente, per assicurare il principio di parità delle parti, gli altri motivi dell’appello principale contenenti censure di illegittimità della medesima seconda fase della procedura;

iii) non possono, invece, essere analizzate le censure di illegittimità della terza fase della procedura per mancanza del requisito della simmetria escludente;

iv) la Lucci non ha legittimazione a proporre ricorso anche in relazione a vizi afferenti alla quarta fase, con la conseguenza che la stessa, pur potendo proporre appello in qualità di interventore titolare di una posizione giuridica autonoma (art. 102, secondo comma, cod. proc. amm.), sarebbe priva di legittimazione a contestare, nel merito, il capo della sentenza che, dichiarando l’illegittimità dell’atto di esclusione della Gherardi disposto per la tardiva dimostrazione del possesso dei requisiti dopo l’aggiudicazione, ha riguardato proprio tale fase; in altri termini, il difetto di legittimazione nel giudizio in cui le parti contestano i reciproci requisiti di ammissione si estende, per l’unitarietà del processo, anche al giudizio avente ad oggetto l’esclusione amministrativa della Gherardi che investe la fase successiva all’aggiudicazione.

4.– Con il primo motivo l’appellante principale critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla Gherardi. In particolare, il Tribunale amministrativo ha ritenuto che la Lucci avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara per non avere dimostrato il possesso dei requisiti di capacità tecnica, richiesti dal punto III 2.2., lettere b) e c), del bando di gara alla luce di quanto prescritto dall’art. 263 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2007 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»). In particolare, si deduce che il progettista indicato, la Tecnon Studio Associati s.r.l., non sarebbe in possesso dei requisiti richiesti, a pena di esclusione, dalla lex specialis. L’appellante deduce, invece, che tale requisito sussisterebbe, in quanto la stazione appaltante dovrebbe valutare anche i progetti redatti su incarico di un committente privato ai fini della partecipazione ad una determinata gara, senza che sia richiesto che l’operatore economico cui si riferiscono i progetti risulti anche aggiudicatario.

Il motivo è infondato.

Negli appalti integrati la valutazione dei requisiti di capacità economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi al servizio di progettazione, in mancanza di un sistema di qualificazione formale analogo a quello presente per i lavori pubblici, avviene mediante la dimostrazione di avere svolto, in un determinato periodo temporale, specifiche attività indicate dalla legge, dal regolamento e dal bando di gara.

L’art. 263, primo comma, del d.p.r. n. 207 del 2010 elenca alle lettere a), b) e c) quali devono essere i suddetti requisiti facendo riferimento al fatturato globale e all’espletamento di attività di progettazione per servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, di cui all’art. 252 dello stesso decreto, in un dato periodo anteriore alla pubblicazione del bando, demandando alla stazione appaltante di specificare, entro limiti predefiniti, il valore economico rapportato al valore dell’appalto.

Il secondo comma dell’art. 263, che rileva ai fini dell’esame del presente motivo di appello, nell’individuare, tra l’altro, quali sono i servizi di progettazione «attinenti all’architettura e all’ingegneria» valutabili, ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti tecnico-organizzativi, indica «quelli iniziati, ultimati e approvati nel decennio o nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, ovvero la parte di essi ultimata e approvata nello stesso periodo per il caso di servizi iniziati in epoca precedente». La norma aggiunge che «non rileva al riguardo la mancata realizzazione dei lavori ad essa relativi».

Lo stesso secondo comma prosegue disponendo che: «sono valutabili anche i servizi svolti per committenti privati documentati attraverso certificati di buona e regolare esecuzione rilasciati dai committenti privati o dichiarati dall’operatore economico che fornisce, su richiesta della stazione appaltante, prova dell’avvenuta esecuzione attraverso gli atti autorizzativi o concessori, ovvero il certificato di collaudo, inerenti il lavoro per il quale è stata svolta la prestazione, ovvero tramite copia del contratto e delle fatture relative alla prestazione medesima».

La disposizione da ultimo riportata, come risulta all’esito di una interpretazione letterale e teleologica, contiene due diversi precetti.

Il primo precetto riguarda i servizi di progettazione che, inseriti nell’ambito di una procedura amministrativa, siano stati formalmente «approvati» dal committente pubblico che, ad esempio, si è determinato nel senso di aggiudicare la gara al soggetto cui quei servizi si riferiscono. In questo caso non rileva che successivamente all’approvazione i lavori relativi alla progettazione non siano stati realizzati.

Il secondo precetto riguarda i servizi di progettazione svolti per conto di un committente privato. In questo caso i lavori connessi alla progettazione devono essere stati eseguiti.

La differenza di trattamento normativo rinviene la sua giustificazione nella diversità soggettiva dei destinatari dei servizi di progettazione: da una parte, la pubblica amministrazione che, in qualità di committente pubblico, offre garanzie di certificazione anche in mancanza della concreta attuazione del progetto; dall’altra parte, il committente privato che assicura un livello analogo di garanzie soltanto nel caso in cui il progetto abbiano ricevuto concreto svolgimento mediante l’esecuzione dei lavori.

In definitiva, la stazione appaltante, al fine di accertare il possesso della capacità tecnica dell’operatore economico che partecipa alla gara, può valutare i servizi di progettazione «approvati» da un’altra stazione appaltante ovvero i servizi di progettazione «eseguiti» per conto di un committente privato.

Nella fattispecie in esame, la Lucci, per dimostrare il possesso del requisito tecnico, ha indicato, quale progettista, la Tecnon Studio Associati s.r.l. e ha depositato agli atti di gara sei progetti da essa redatti.

In particolare, per quanto rileva ai fini del giudizio, la Tecnon ha redatto: i) un primo progetto, su incarico della Lucci, ai fini della partecipazione alla procedura di gara indetta dal Ministro per i beni e le attività culturali per l’affidamento dei lavori di adeguamento strutturale, funzionale, impiantistico ed allestimento dei locali da adibire a Discoteca di Stato e Museo Audiovistico; ii) un secondo progetto, su incarico dell’ATI Ing. Pompa s.r.l. – Fiamma s.r.l., ai fini della partecipazione alla procedura di gara indetta dal Comune di Milazzo «per la conservazione e la valorizzazione della cittadella fortificata di Milazzo quale bene della Comunità europea»; iii) un terzo progetto, su incarico dell’ATI Lucci Salvatore Impresa di costruzioni s.r.l. – Ing. Antonio Pompa s.r.l., ai fini della partecipazione alla gara indetta dal Ministero per i beni e le attività culturali per i lavori di restauro e recupero funzionale del «Vecchio Ospedale della S.S. Annunziata» in Sassari da destinare a nuove sedi della Biblioteca universitaria, ad Archivi di Stato, nonché ai servizi amministrativi centrale dell’Azienda unitaria sanitaria locale n. 1 di Sassari.

La prima gara è stata revocata dalla stessa stazione appaltante e le altre due si sono concluse mediante aggiudicazione ad un’impresa diversa da quelle cui si riferivano i servizi di progettazione.

Applicando le regole giuridiche sopra esposte alla fattispecie concreta appena descritta, ne deriva che, come correttamente rilevato dal primo giudice, la Lucci non è in possesso del requisito di capacità tecnica.

Il committente del progetto è la pubblica amministrazione. Nelle predette procedure non risulta intervenuto alcun atto di approvazione formale del progetto. Ne consegue che, ai sensi del primo precetto contenuto nell’art. 263, i servizi di progettazione non sono oggettivamente valutabili in una diversa procedura di gara. In altri termini, la stazione appaltante non avrebbe potuto giudicare della capacità della tecnica della Lucci sulla base di progetti eseguiti in passato per conto di altre stazioni appaltanti che tali progetti non hanno vagliato.

L’esito non muterebbe anche qualora si volesse ritenere che il committente sia il privato che conferisce l’incarico ai fini della partecipazione alla gara, in quanto, in questo caso, mancherebbe il requisito della concreta realizzazione dei lavori previsti dal secondo precetto dell’art. 263.

La carenza di una certificazione idonea a dimostrare l’effettiva capacità tecnica di progettazione assume, in un appalto integrato quale quello in esame avente ad oggetto un monumento di unica rilevanza storica risalente al primo secolo dopo Cristo, giustifica l’affermata mancanza di requisiti di partecipazione e dunque di legittimazione ad impugnare l’esito della gara.

4.1– Il rigetto del suddetto motivo di appello consente di non esaminare gli altri motivi del ricorso incidentale della Gherardi, dichiarati assorbiti dal primo giudice e riproposti con appello incidentale.

5.– Devono, invece, essere esaminati, per assicurare il principio della parità processuale, i motivi dell’appello principale con i quali l’appellante ripropone i motivi del ricorso principale, dichiarati inammissibili dal primo giudice, contenenti censure afferenti alla medesima seconda fase della procedura.

5.1.– Con un primo motivo si assume che le tre imprese facenti parti del Consorzio Re.Co – Restauratori consorziati, mandante della Gherardi, hanno omesso di rendere le dichiarazioni relative all’insussistenza di cause di esclusione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006. Si aggiunge che la successiva richiesta di regolarizzazione della stazione appaltante sarebbe illegittima perché violerebbe il principio della par condicio venendo in rilievo un requisito essenziale e, comunque, anche le dichiarazioni corrette sarebbero inidonee perché rese dalle singole persone fisiche non a titolo personale ma in qualità di legali rappresentanti del Consorzio.

Il motivo non è fondato.

L’art. 35 del d.lgs. n. 163 del 2006 consente la partecipazione alle gare dei Consorzi che, ad eccezione delle ipotesi in cui si crea una società consortile e dei casi specifici previsti dalla legge, non sono autonome persone giuridiche private. Essi realizzano una forma di cooperazione tra imprenditori che mantengono la loro individualità.

La dichiarazione attestante il possesso dei requisiti generali previsti dall’art. 38 deve, pertanto, essere resa anche dai singoli imprenditori partecipanti al Consorzio (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8).

La suddetta dichiarazione è sottoposta, tra l’altro, al regime contemplato dal primo e secondo comma dell’art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Il primo comma del suddetto articolo, nel disciplinare il cosiddetto soccorso istruttorio, prevede che «le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati».

Il secondo comma dello stesso art. 46 ha introdotto il principio di tassatività della cause di esclusione stabilendo che la stazione appaltante esclude i concorrenti soltanto nei casi previsti dalla legge e nelle ipotesi elencate nella disposizione in esame. La norma puntualizza che i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione e se lo fanno dette prescrizioni sono nulle.

La norma sul soccorso istruttorio deve essere intesa, alla luce di quanto affermato con la sentenza n. 9 del 2014 dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nel senso che occorre tenere separati i concetti di regolarizzazione documentale e di integrazione documentale: la prima, consistendo nel «completare dichiarazioni o documenti già presentati» dall’operatore economico, è ammessa, per i soli requisiti generali, al fine assicurare, evitando inutili formalismi, il principio della massima partecipazione; la seconda, consistendo nell’introdurre nel procedimento nuovi documenti, è vietata per garantire il principio della parità di trattamento. La distinzione è superabile, si afferma sempre nella citata sentenza, in presenza di «clausole ambigue» che autorizzano il soccorso istruttorio anche mediante integrazione documentale.

Le prescrizioni contenute nel bando di gara che contengono clausole contrarie alla suddetta norma imperativa, così come interpretata, devono ritenersi nulle. Esse, infatti, si risolverebbero nella previsione di una causa di esclusione non consentita dalla legge.

Nella fattispecie in esame, il bando di gara, al punto III .1.2., prevede che i concorrenti devono allegare alla domanda, a pena di esclusione, una dichiarazione con la quale il legale rappresentante attesti che non sussistono le condizioni previste dall’art. 38, primo comma, del d.lgs. n 163 del 2006 «elencandole espressamente e specificamente per esteso».

Lo stesso bando dispone che «la mancata o incompleta compilazione, anche di una sola delle dichiarazioni richieste, è considerata motivo di esclusione ai fini della partecipazione del concorrente».

Nella specie, il Consorzio risulta composto dalle signore Giovannella Falchetti, Paola Rossi, Maria Cristana Passeri.

Esse, con un’unica dichiarazione da tutte sottoscritta, hanno affermato, «in qualità di legali rappresentati e direttori tecnici del Consorzio» di «non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione previste dall’art. 38, comma 1, lettere b) e c) ed m-ter del d.lgs. n. 163 del 2006 e di non avere subito condanne con il beneficio della non menzione».

La stazione appaltante, con nota 24 ottobre 2011, prot. 9532, ha invitato il concorrente a «regolarizzare la dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.p.r. n. 445 del 2000 relativamente all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, in conformità al testo (…) per tutti i soggetti previsti dall’art. 38, anche con riferimento al comma 2».

Le signore, sopra indicate, a seguito della comunicazione della predetta nota, hanno reso tre distinte dichiarazioni riportando per esteso il contenuto delle prescrizioni contenute nelle lettere da a) ad m-quater del primo comma dell’art. 38.

Applicando le regole giuridiche esposte alla fattispecie concreta, le dichiarazioni rese risultano legittime per le seguenti ragioni.

In primo luogo, il potere di soccorso è stato esercitato in maniera corretta, venendo in rilievo non una illegittima integrazione documentale ma una mera regolarizzazione consistente nel completare la dichiarazione presentata. La clausola del bando che, secondo l’appellante, non consentirebbe detta regolarizzazione deve, pertanto, essere interpretata in modo conforme al precetto legale. Se si ritenesse che ciò non sia possibile per il suo tenore letterale, l’esito non muterebbe in quanto detta clausola sarebbe nulla per contrasto con l’art. 46.

In secondo luogo, la circostanza che le dichiarazioni successive alla richiesta siano state rese «nella qualità di legali rappresentante» non impedisce la loro riconducibilità soggettiva alle singole imprese consorziate. Non essendo, infatti, il Consorzio una persona giuridica è evidente che non sussiste il rischio di imputare la dichiarazione all’ente e non alla persona fisica.

5.2.– Con un secondo motivo si assume che nessuna delle componenti della Gherardi avrebbe elencato espressamente e per esteso, come richiesto dal bando di gara (punto III.2.1., sopra indicato), l’assenza delle condizioni prescritte dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006. La documentazione prodotta, a seguito della ricezione della nota della stazione appaltante n. 9532 del 2011, non sarebbe, secondo l’appellante, legittima, risolvendosi in un non consentita integrazione postuma della dichiarazione.

Il motivo non è fondato.

I componenti del raggruppamento hanno depositato un documento con il quale hanno dichiarato di non trovarsi «nelle condizioni previste dalle lettere b, c, ed m-ter dell’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2005».

A seguito della comunicazione della suddetta nota, gli stessi soggetti hanno reso una dichiarazione indicando per esteso il contenuto delle singole lettere del comma 1 dell’art. 38.

E’ evidente come, alla luce delle considerazioni svolte nel precedente punto, si sia trattato di una consentita regolarizzazione di una dichiarazione incompleta e non di una vietata integrazione documentale.

5.3.– Con un terzo motivo, si assume che i progettisti non hanno prodotto in sede di prequalifica le dichiarazioni di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, al fine di provare la sussistenza dei requisiti di ordine generale. Né varrebbe rilevare, si sottolinea, che, a seguito della più volte citata nota n. 9532 del 2011, tale dichiarazione sia stata resa.

Il motivo non è fondato.

I progettisti che hanno partecipato al raggruppamento temporaneo di imprese sono gli architetti Repellin e Di Guida, nonché la società di ingegneria B 5 s.r.l.

Il bando non prevede che anche i progettisti debbano rendere, a pena di esclusione, le dichiarazioni prescritte dall’art. 38.

La lex specialis, anzi, limita espressamente l’obbligo alle sole «imprese». Gli architetti svolgono attività professionale e non attività di impresa. Le società di ingegneria – ancorché costituite nella forma delle società di capitali (v. art. 90 del d.lgs. n. 163 del 2006) – hanno pur sempre ad oggetto l’esercizio in comune di una attività professionale. Ciò non esclude che tale esercizio possa in concreto costituire elemento di una attività organizzata in forma di impresa (cfr. art. 2238 cod. civ.). L’appellante non ha, però, dedotto alcun elemento probatorio per dimostrare che la società B 5 svolgesse tale tipologia di attività né essa risulta dagli atti del giudizio.

Ma anche qualora così fosse, si sarebbe in presenza di una omessa dichiarazione di uno solo dei progettisti causata da una ambigua formulazione della suddetta clausola del bando che consente la successiva integrazione documentale.

6.4.– Con un quarto motivo si deduce che i progettisti non si sarebbero associati tra di loro, nelle forme richieste dall’art. 90, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 163 del 2006, mantenendo una netta separazione di competenze e responsabilità, senza neanche indicare la persona fisica incaricata dell’integrazione tra le varie prestazioni specialistiche. Si assume, inoltre, che la società di ingegneria B 5 non possiederebbe i requisiti previsti dal bando in misura percentuale superiore rispetto agli altri progettisti, con conseguente violazione dell’art. 261, comma 7, del d.p.r. n. 207 del 2010.

Il motivo non è fondato.

L’art. 53, comma 3, del d.lgs. n 163 del 2006 prevede che quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione gli operatori economici «devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione».

L’art. 90 dello stesso decreto dispone, al comma 1, che le prestazioni relative alla progettazione sono rese, tra gli altri, da: liberi professionisti; società di professionisti; società di ingegneria; raggruppamenti temporanei costituiti dai suddetti soggetti. Il comma 7 dello stesso art. 90 prevede che deve essere indicata «sempre nell’offerta la persona fisica incaricata dell’integrazione tra le varie prestazioni specialistiche».

L’art. 261, comma 7, del d.p.r. n. 207 del 2010 stabilisce, in caso di raggruppamenti temporanei tra progettisti, che la mandataria deve possedere «i requisiti in misura percentuale superiore rispetto a ciascuno dei mandanti».

Nel caso in esame, i progettisti hanno partecipato al raggruppamento temporaneo in modo individuale ancorché coordinato senza costituire una analoga forma di aggregazione tra di essi.

Tale partecipazione risulta conforme alle norme sopra riportate.

Esse, infatti, come risulta dal loro tenore letterale, consentono agli operatori economici di partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione senza imporre il rispetto di determinate forme organizzative. I progettisti, pertanto, possono partecipare anche individualmente senza essere costretti a creare una ulteriore entità associativa.

Né può ritenersi che siano rimaste inosservate le prescrizioni contenute nel comma 7 dello stesso art. 90 e nel comma 7 dell’art. 261, in quanto: i) in relazione alla prima norma, l’appellante non ha dimostrato che sussistono i presupposti oggettivi per la sua applicazione; ii) in relazione alla seconda, la sua evocazione è inconferente, avendo essa come destinatari esclusivamente i raggruppamenti temporanei tra progettisti.

6.5.– Con un quinto motivo si assume che i progettisti non hanno dimostrato di possedere i requisiti previsti dal bando al punto punto III. 1.2. lettera a), b) e c) (riportati oltre nel testo), in linea con quanto stabilito dal primo comma, lettera a), b) e c) dall’art. 261 del d.lgs. n. 163 del 2006, in misura corrispondente alla dichiarata quota di partecipazione al raggruppamento. In particolare, si assume che: i) il requisito di cui alla lettera a) del bando, non sarebbe stato dimostrato dall’Arch. Di Guida; ii) il requisito di cui alla lettera b) del bando non sarebbe stato dimostrato né dall’Arch. Di Guida né da B 5 s.r.l. (l’importo da dimostrare era di 10.144.181,83; l’importo dimostrato dalla società è stato di 913.652,83); iii) il requisito di cui alla lettera c) del bando sarebbe stato dimostrato soltanto dall’Arch. Repellin.

Il motivo non è fondato.

L’art. 263, primo comma, lettere a), b) e c), del d.P. R. n. 207 del 2010 prevede, come già sottolineato, quali sono i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi di partecipazione alle gare.

L’art. 261, comma 8, dello stesso decreto dispone che il requisito di cui alla lettera c) non è frazionabile per i raggruppamenti temporanei: la valutazione oggettiva e unitaria di tale requisito consente l’applicazione analogica di questa norma anche in presenza di più progettisti non associati nella forma disciplinata.

I singoli operatori riuniti in un raggruppamento devono indicare, ai sensi dell’art. 37, comma 4, «le parti del servizio» che saranno da essi eseguite.

Il comma 13 dello stesso art. 37, vigente ratione temporis, stabiliva che «i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento». Tale norma, che pone la regola della simmetria tra quote di partecipazione, qualificazione ed esecuzione, non si applica agli appalti di servizi per i quali, in ragione della loro natura, non è configurabile un rigida e precisa corrispondenza (il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha espressamente così delimitato il campo di applicazione della norma; l’art. 12, comma 8, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, ne ha disposto l’abrogazione).

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenze 13 giugno 2012, n. 22 e 5 luglio 2012, n. 26, di analogo contenuto, nel ritenere applicabile il comma 4 dell’art. 31 anche alle associazioni temporanee di imprese orizzontali, ha affermato che: i) «l’indicazione delle “parti” di servizio imputate alle singole imprese associate o associande si rende (…) necessaria per evitare l’esecuzione di quote rilevanti dell’appalto da parte di soggetti sprovvisti delle qualità all’uopo occorrenti» e per rendere così possibile l’effettuazione delle dovute verifiche; ii) «la conoscenza preventiva del soggetto, che in concreto eseguirà il servizio, consente una maggiore speditezza nella fase di esecuzione del contratto, essendo individuato il responsabile della prestazione delle singole parti dell’appalto». Nelle stesse sentenze si afferma che «dovrà adottarsi un approccio ermeneutico di natura sostanzialistica, nel senso che l’obbligo deve ritenersi assolto sia in caso di indicazione, in termini descrittivi, delle singole parti del servizio da cui sia evincibile il riparto di esecuzione tra le imprese associate, sia in caso di indicazione, in termini percentuali, della quota di riparto delle prestazione che saranno eseguite tra le singole imprese».

Ne consegue che la finalità perseguita risulta assicurata anche nel caso in cui non vi sia una perfetta e sovrapponibile corrispondenza tra la percentuale di partecipazione e il requisito tecnico -organizzativo purché le indicazioni delle parti possano consentire di perseguire le esigenze sopra prospettate e, comunque, il complesso degli operatori, chiamati ad eseguire le prestazioni, siano in possesso della richiesta capacità tecnica. Del resto, se è consentita anche la sola descrizione dei servizi da eseguire con inevitabile impossibilità di effettuare un giudizio di perfetta sovrapponibilità tra tali servizi e i requisiti posseduti è evidente che una marginale diversità tra la percentuale dichiarata e il requisito tecnico posseduto non potrebbe giustificare un giudizio negativo di non ammissione.

Le regole esposte possono subire una parziale deroga qualora faccia parte dei gruppo dei progettisti un giovane professionista.

L’art. 253, comma 5, del d.P.R. n. 207 del 2010, in attuazione dell’art. 90, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 20056, dispone che i raggruppamenti temporanei «devono prevedere quale progettista la presenza di almeno un professionista laureato abilitato da meno di cinque anni all’esercizio della professione secondo le norme dello Stato membro dell’Unione europea di residenza».

La norma persegue una finalità di carattere promozionale (Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 2006, n. 6347): le regole generali devono, pertanto, essere adattate alla specificità della figura professionale con riferimento almeno ai casi in cui è richiesta la dimostrazione di una esperienza lavorativa incompatibile con la natura della figura stessa.

Nella fattispecie concreta all’esame del Collegio, il bando di gara prevede che l’operatore economico deve dimostrare il possesso dei requisiti previsti dall’art. 263, primo comma, del d.p.r. n. 207 del 2010, depositando documentazione dalla quale risulti di avere espletato: a) negli ultimi cinque esercizi antecedenti la pubblicazione del bando, servizi di progettazione per un fatturato globale pari a tre volte l’importo a base d’asta; b) negli ultimi dieci anni servizi di progettazione relativi a lavori appartenenti alla classe di categoria dei lavori per un importo globale pari a due volte l’importo stimato da progettare; c) negli ultimi dieci anni due servizi di cui all’art. 252 del d.lgs. n. 163 del 2006 relativi ai lavori da progettare, appartenenti alla classe e categoria da progettare, per un importo globale totale non inferire allo 0,50 l’importo stimato dei lavori da progettare.

Le quote di partecipazione dei singoli progettisti sono le seguenti: 60% la società B5 s.r.l.; 30% l’arch. Diedie Repellin; 10% l’Arch. Marina Di Guida.

Applicando le norme sopra riportate alla fattispecie concreta descritta nei suoi svolgimenti, risulta che la Gherardi è in possesso del requisito tecnico in esame per le seguenti ragioni.

L’asserito mancato possesso del requisito di cui alla lettera a) del bando, del solo giovane professionista, Arch. Di Guida, nella percentuale di partecipazione indicata, non rileva in ragione della sua qualificazione professionale, purché, come è accaduto nella specie, il complesso dei progettisti possieda la complessiva capacità tecnica richiesta.

L’asserito mancato possesso del requisito di cui alla lettera b) del bando da parte della B5 s.r.l. è contestata dall’appellata mediante produzione documentale e non dimostrata, nella sua oggettività, dall’appellante. In ogni caso, si tratta di una differenza marginale che non assume giuridica rilevanza in presenza di servizi per i quali, come rilevato, non sussiste un criterio di rigida corrispondenza tra quota di partecipazione e quota di qualificazione. In altri termini, la circostanza che l’importo di lavori eseguiti sia inferiore all’importo dei lavori da dimostrare alla luce della percentuale di partecipazione dichiarata non può condurre a ritenere violata la lex specialis nei casi, come quello in esame, in cui quella differenza è di poco entità e comunque risulta “coperta” dalla qualificazione di altro progettista (nella specie dall’Arch. Repellin). Per quanto attiene alla posizione dell’Arch. Di Guida valgono le considerazioni già svolte.

L’asserito mancato possesso del requisito di cui alla lettera c) in capo alla B 5 s.r.l. e all’Arch. Di Guida non rileva, in quanto, come dimostrato dall’appellato, venendo in rilievo servizi di punta infrazionabili, è sufficiente che siano posseduti da uno solo dei progettisti, nella specie dall’Arch. Repellin.

7.– I motivi, contenuti nell’atto di appello, relativi alla terza fase della procedura di gara non possono essere esaminati, in quanto, in relazione ad essi, in applicazione del principio generale sancito dalla sentenza n. 9 del 2014 del Consiglio di Stato, la ricorrente principale è priva di legittimazione ad agire.

8.– I motivi, contenuti nell’atto di appello, relativi alla quarta fase della procedura avente ad oggetto il controllo dei requisiti dell’aggiudicatario non possono anch’essi essere esaminati. L’accertamento, infatti, del difetto di legittimazione a ricorrere per motivi diversi da quelli afferenti alla seconda fase comporta, in ragione della unitarietà del giudizio, il difetto di legittimazione a contestare il capo della sentenza che si è pronunciata su un vizio afferente alla quarta fase della procedura.

In altri termini, la unitarietà del giudizio, conseguente alla riunione disposta dal Tribunale amministrativo, comporta che il vizio della quarta fase della procedura accertato dall’amministrazione deve essere considerato, processualmente, equivalente ad uno dei vizi escludenti afferenti alle altre fasi della stessa procedura fatti valere con il ricorso principale della Lucci. Se, pertanto, il vizio della quarta fase viene ritenuto, come nella specie, fondato dal primo giudice esso può essere oggetto di motivo di appello inserendosi, però, nell’ordine di trattazione indicato dalla sentenza n. 9 del 2014 dell’Adunanza plenaria. Ne consegue che, essendo l’appellante priva dei requisiti di partecipazione afferenti alla seconda fase della procedura, la stessa non ha interesse a fare valere un vizio relativo ad una fase successiva della procedura medesima.

In definitiva: i) la Lucci non è legittimata a criticare nel merito il capo della sentenza in esame; ii) il Ministero, pur essendo stato dichiarato illegittimo un atto adottato dall’amministrazione statale, non ha proposto formale impugnazione avverso detto capo della sentenza; iii) ergo, la decisione assunta dal Tribunale amministrativo, in ordine alla illegittimità dell’esclusione della Gherardi per tardivo deposito dei documenti nella fase di controllo successiva alla aggiudicazione, è divenuta definitiva.

9.– La complessità delle questioni trattate, unitamente alla novità di alcune di esse conseguenti a sopravvenuti orientamenti giurisprudenziali, giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto, con il ricorso indicato in epigrafe, da Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni s.r.l. e, per l’effetto, conferma la sentenza 28 febbraio 2013, n. 2180 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma;

b) dichiara integralmente compensate tra le parti del presente giudizio le spese processuali relative ad entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi,            Presidente

Aldo Scola,     Consigliere

Maurizio Meschino,    Consigliere

Sergio De Felice,        Consigliere

Vincenzo Lopilato,     Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/07/2014

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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