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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Liguria, 9/10/2014 n. 55
Parere su una potenziale operazione di acquisto di azienda da parte di una società a totale partecipazione comunale: compatibilità con il quadro normativo vigente in tema di modalità di reclutamento e di riduzione dei costi del personale.

Una società a totale partecipazione comunale che gestisce un servizio pubblico locale non può concludere un contratto di acquisto di azienda a titolo definitivo da cui derivi obbligatoriamente il passaggio automatico di dipendenti assunti dall'impresa alienante "in forma diretta", cioè senza il ricorso a procedure aperte di selezione pubblica. Diversamente opinando, infatti, si verrebbe a consentire un'elusione dell'art. 18, c. 1, d.l. n. 112/2008 il quale, prescrivendo invece per tali società il rispetto dei principi pubblicistici nelle procedure di reclutamento del personale, trova evidentemente ragione giustificatrice nella necessità di impedire che società soggette al controllo esclusivo dell'amministrazione pubblica, cui viene affidato direttamente l'esercizio di importanti compiti di interesse generale, sfruttando la veste formalmente privatistica possano definire gli aspetti organizzativi delle proprie strutture in modo totalmente svincolato dal rispetto di principi minimi essenziali dell'azione pubblica. Tale effetto elusivo, inoltre, si riscontrerebbe parallelamente anche nell'eventualità di passaggio solo parziale dei lavoratori a seguito di accordo raggiunto mediante consultazioni sindacali nell'ambito di una procedura fallimentare e anche nell'ipotesi considerata di assunzione successiva dei lavoratori eccedentari in virtù del diritto di precedenza ad essi spettante ex art. 47, c.. 6, l. 428/1990.

E' compito dei comuni, nell'esercizio dei poteri di indirizzo e coordinamento attribuiti dall'art. 18, c. 2-bis, d.l. n. 112/2008 e dall'art. 3, c. 5, d.l. n. 90/2014, quello di adottare le decisioni necessarie affinché, anche in caso di acquisto di azienda a titolo definitivo da parte di società controllate, sia garantito il rispetto degli obiettivi di contenimento degli oneri del personale stabiliti per tutte le società a partecipazione locale con norme di coordinamento della finanza pubblica e, concretamente specificati, dagli stessi comuni con riferimento a ciascuna società controllata.

Materia: società / partecipazione pubblica

Deliberazione n. 55  /2014

 

 

La CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LIGURIA

composta dai seguenti magistrati:

Ennio COLASANTI  Presidente

Angela PRIA  Consigliere

Francesco BELSANTI          Primo Referendario

Donato CENTRONE Referendario

Claudio GUERRINI  Referendario (relatore)

nella camera di consiglio del 24 settembre 2014 ha assunto la seguente

 

DELIBERAZIONE

            Vista la lettera n. 27680 dell’ 11 agosto 2014, trasmessa dal Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali della Liguria con nota n. 77 del 27 agosto 2014 – assunta al protocollo della segreteria della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria l’ 1 settembre 2014 con il n. 0002668-01/09/2014-SC_LIG-T85-A – con la quale il Sindaco del Comune di Imperia ha rivolto alla Sezione una richiesta di parere ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131;

            Vista l’ordinanza presidenziale n. 66/2014 del 24 settembre 2014 che ha deferito la questione all’esame collegiale della Sezione;

            Udito il magistrato relatore dott. Claudio Guerrini;

 

PREMESSO:

Il Sindaco del Comune di Imperia ha presentato una richiesta di parere in relazione ad una potenziale operazione di acquisto di azienda da parte di una società a totale partecipazione comunale.

Con una recente deliberazione (n. 65 del 15 luglio 2014) il Consiglio Comunale di Imperia ha individuato il servizio di gestione, valorizzazione e connesso completamento del nuovo approdo turistico del bacino cittadino quale servizio pubblico locale di rilevanza economica e ha adottato, per l’espletamento del servizio, il modello organizzativo dell’in house providing, mediante affidamento diretto ad una società a responsabilità limitata le cui quote sono per l’intero di proprietà del Comune.

Tale decisione ha fatto seguito all’intervenuta dichiarazione di fallimento della società, partecipata per due terzi da soggetti privati e per un terzo dallo stesso Comune, titolare di concessione demaniale marittima per la costruzione e la gestione dello stesso approdo e al conseguente avvio del procedimento di decadenza di tale società dalla concessione stessa.

La medesima deliberazione ha poi autorizzato la società affidataria del nuovo servizio a concludere con gli organi della procedura fallimentare in questione un contratto di affitto di azienda idoneo a consentirne la gestione provvisoria e ha altresì impegnato la società medesima a verificare la plausibilità dell’acquisto a titolo definitivo dell’azienda medesima attraverso la predisposizione di un piano industriale ed economico-finanziario relativo all’esercizio del servizio, idoneo ad attestare la sostenibilità dell’operazione e la congruità del prezzo richiesto, anche alla stregua dell’impatto della stessa sui vincoli di finanza pubblica e dei caratteri operativi e gestionali riferiti alle società partecipate dagli enti locali.

In esecuzione della deliberazione consiliare, la società incaricata ha quindi effettivamente stipulato il previsto contratto di affitto di azienda con effetti decorrenti dal 18 luglio 2014, data coincidente con il termine finale dell’esercizio provvisorio dell’impresa disposto dalla sentenza dichiarativa del fallimento, in modo da assicurare la continuità delle attività di gestione dell’approdo in questione, e con durata sino al 31 dicembre 2014 salvo eventuale proroga per ulteriori novanta giorni. In tale contratto è altresì prevista la futura formulazione da parte della stessa società di un’offerta irrevocabile di acquisto dell’azienda, subordinata alla previa verifica sia della sostenibilità economica dell’operazione e della congruità del prezzo offerto alla luce del redigendo piano industriale sia del rispetto degli obblighi di finanza pubblica e delle condizioni operative cui sono soggette le società controllate dagli enti locali.

Tanto premesso in punto di fatto, nella richiesta di parere vengono sostanzialmente formulati due quesiti intesi ad appurare la compatibilità dell’ipotizzata operazione di acquisto di azienda con il quadro normativo attualmente vigente in tema di modalità di reclutamento e di riduzione dei costi del personale delle società partecipate dagli enti locali.

Con il primo quesito si domanda se l’acquisto a titolo definitivo, da parte di una società a totale partecipazione comunale che gestisce un servizio pubblico locale, dell’azienda di una società a prevalente capitale privato dichiarata fallita, in quanto comportante in forza dell’articolo 2112 del codice civile il passaggio automatico in capo alla società acquirente dei dipendenti in precedenza assunti “in forma diretta” dalla società alienante, si ponga per ciò in contrasto con l’articolo 18, comma 1, del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, il quale stabilisce che nella tipologia di società in questione il reclutamento del personale avvenga secondo criteri e modalità conformi ai principi di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In caso di rilevata illegittimità di tale aspetto della procedura, si chiede altresì se occorra e sia possibile avviare, in alternativa, un procedimento di acquisizione di personale che garantisca l’espletamento di procedure selettive informate ai principi di pubblicità, trasparenza, imparzialità e pari opportunità esplicitati nella disposizione richiamata.

Nel secondo quesito, invece, la questione della legittimità dell’acquisto di azienda da parte di una società a partecipazione pubblica locale totale e della conseguente acquisizione del personale dell’impresa cedente viene posta in relazione ai principi di contenimento della spesa del personale degli organismi partecipati previsti dal comma 2-bis del già considerato art. 18, d.l. n. 112/2008 e dall’articolo 3, comma 5, del recente decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito dalla legge 11 agosto 2014 n. 114. Sulla base di tali disposizioni, infatti, le società in questione devono attenersi al principio di riduzione dei costi di personale, attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni, mentre gli enti locali sono tenuti a definire, con propri atti di indirizzo e per ciascun organismo controllato, specifici criteri e modalità di attuazione di tale principio nonché a coordinare le politiche assunzionali in modo da garantire per gli stessi soggetti la graduale riduzione dell’incidenza degli oneri di personale rispetto alle spese correnti.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO:

1.         La richiesta di parere risulta ammissibile sotto il profilo soggettivo e procedurale in quanto sottoscritta dall’organo legittimato a rappresentare l’ente e trasmessa tramite il Consiglio delle Autonomie Locali, nel rispetto quindi delle formalità previste dall’art. 7, co. 8, l. n. 131/2003.

Quanto alla legittimazione di tale organo a proporre istanze volte all’individuazione di soluzioni interpretative o applicative non riguardanti direttamente l’attività dell’Ente bensì quella di società o organismi partecipati, si richiama la deliberazione della Sezione delle Autonomie n. 4 del 2014 in cui viene in proposito affermato che “la legittimazione soggettiva alla richiesta di parere alle Sezioni regionali di controllo non viene meno nei casi in cui il criterio orientativo che si chiede di esprimere sia destinato ad avere effetti nella sfera operativo-amministrativa di un soggetto diverso dal richiedente, purché sia giustificato dall’esercizio di attribuzioni intestate all’ente formalmente legittimato”. Tale presupposto di legittimazione è senz’altro presente nel caso in esame, posto che l’istanza proviene dal Sindaco del Comune avente la qualità di socio unico della società interessata e considerati gli stretti rapporti intercorrenti tra l’Ente e la società partecipata. Al riguardo vengono in rilievo non solo le specifiche funzioni di indirizzo e coordinamento imputate all’Ente nella materia su cui vertono i quesiti e richiamate nella stessa richiesta di parere ma anche quelle generali di controllo sulle proprie società previste dall’articolo 147-quater del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) che investono, tra l’altro, anche la verifica del rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica.

2.         La richiesta di parere può ritenersi ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, in quanto le questioni interpretative concernenti le norme statali di coordinamento della finanza pubblica relative in particolare alle assunzioni e alla spesa di personale nelle società a partecipazione pubblica locale, anche in virtù dei riflessi esercitati sui bilanci degli enti locali di riferimento sul piano della tenuta degli equilibri economico-finanziari, rientrano senz’altro nella nozione di “contabilità pubblica” strumentale all’esercizio della funzione consultiva delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

3.         Nel merito, occorre anzitutto muovere dalla disciplina relativa ai contratti con cui si realizza la cessione d’azienda per coglierne i profili che rilevano in questa sede.

Le regole applicabili in generale al trasferimento d’azienda sono dettate principalmente dagli articoli 2556 e seguenti del codice civile e si ispirano essenzialmente alla finalità di favorire la conservazione dell’unità economica e l’attitudine produttiva dell’azienda nelle vicende circolatorie.

In quest’ottica, l’art. 2558 C.c. in particolare si preoccupa di agevolare il subingresso dell’acquirente dell’azienda in tutti i contratti in corso di esecuzione inerenti all’esercizio dell’impresa (salvo quelli aventi carattere personale), introducendo significative deroghe alla disciplina generale della cessione dei contratti (art. 1406 e ss. C.c.) che investono sia il rapporto alienante-acquirente, sia la posizione del terzo contraente. Le vicende traslative dei contratti aziendali si configurano pertanto come ipotesi di cessione legale del contratto, ovvero di cessione che ha titolo in determinati fatti ritenuti idonei dalla legge a trasferire automaticamente il rapporto contrattuale a prescindere dal consenso del contraente ceduto.

Di questo più generale fenomeno costituisce applicazione specifica l’art. 2112 C.c. che al primo comma prevede, in caso di trasferimento d’azienda, la prosecuzione senza soluzione di continuità con il cessionario dei rapporti di lavoro subordinato e la conservazione per il lavoratore di tutti i diritti che ne derivano.

Anche in questo caso, dunque, si produce ex lege l’effetto di successione immediata ed automatica del nuovo titolare dell’azienda nei rapporti contrattuali di lavoro subordinato. A differenza però dell’art. 2558, che è norma dispositiva (“Se non è pattuito diversamente, ….”), l’art. 2112 è invece pacificamente riconosciuta come norma imperativa, non derogabile per volontà delle parti (in giurisprudenza, Cass. Civ. Sez. lavoro 6 maggio 2009, n. 10400). Essa infatti è dettata non a protezione delle parti dell’accordo, bensì a tutela dell’interesse dei lavoratori - soggetti terzi rispetto al contratto - alla conservazione del posto di lavoro e della “posizione” raggiunta, nonché, indirettamente, dell’interesse generale alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Si consideri, al riguardo, che proprio allo specifico fine di evitare l’elusione della disciplina a tutela dei lavoratori rispondono varie disposizioni, spesso appositamente rivisitate e perfezionate dal legislatore, come ad esempio il comma 5 dell’art. 2112 sulla nozione di trasferimento di azienda e di ramo di azienda.

E’ quindi importante considerare che, essendo tale la natura della norma, l’eventuale pattuizione tra cedente e cessionario dell’azienda che, contrariamente all’art. 2112 C.c., preveda che i lavoratori dell’impresa, anche in parte, non passino alle dipendenze del cessionario, è da considerarsi nulla ai sensi degli articoli 1418 e 1419 C.c..

Oltre alla disciplina generale, il nostro ordinamento contempla poi disposizioni speciali che regolano le vicende circolatorie dell’azienda nei casi di imprese sottoposte a procedure concorsuali o in accertato stato di crisi aziendale e che, tra l’altro, incidono sull’ambito di operatività del sopra considerato art. 2112.

A questo riguardo, tenuto conto degli elementi del caso concreto offerti dalla richiesta di parere e sopra esposti, ai fini che qui interessano viene anzitutto in rilievo l’articolo 105, comma 3, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (cd. “legge fallimentare”) che riguarda la vendita dell’azienda nell’ambito della procedura di fallimento. Nella formulazione attuale tale disposizione prevede la possibilità che il curatore, l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori convengano il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente oltre che le ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti. In sostanza, dunque, tale accordo trilatero consente la disapplicazione della norma codicistica sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda poiché prevede una deroga alla regola generale del passaggio di tutti i dipendenti già esistenti in capo al cedente, oltre che all’obbligo per il cessionario di mantenere le stesse condizioni contrattuali applicate nei rapporti di lavoro in cui succede.

Una menzione va inoltre riservata anche all’articolo 47, comma 6, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, applicabile alle imprese con più di quindici lavoratori occupati, in cui è riconosciuto ai lavoratori che non passano immediatamente alle dipendenze dell’acquirente dell’azienda (cd. lavoratori eccedentari) il diritto di precedenza nelle assunzioni effettuate entro un anno dal trasferimento, salva comunque la disapplicazione dell’art. 2112 C.c in tutti i casi in cui tali lavoratori vengano assunti dall’acquirente in un momento successivo al trasferimento d’azienda.

4.         Venendo specificamente all’esame del primo quesito, occorre poi prendere in considerazione le norme che si occupano di criteri e modalità di reclutamento del personale nelle società partecipate dagli enti locali, posto che in riferimento a tali norme l’Ente istante richiede una prima verifica di compatibilità dell’ipotizzata operazione di acquisto d’azienda a titolo definitivo.

In base alla natura evidenziata, la società su cui verte la questione rientra nel campo di applicazione dell’art. 18, co. 1, d.l. n. 112/2008, il quale prescrive in materia il rispetto dei principi di cui all’art. 35, co. 3, d.lgs. n. 165/2001, prevedendo peraltro l’adozione da parte di ciascuna società di propri provvedimenti in tal senso conformi.

Secondo la norma cui viene fatto richiamo, i canoni cui devono adeguarsi anche le procedure di reclutamento di personale delle società in questione sono sostanzialmente quelli di un’adeguata pubblicità della selezione, dell’imparzialità e trasparenza nello svolgimento della procedura, dell’adozione di meccanismi oggettivi per l’accertamento della professionalità richiesta, della pari opportunità nell’accesso al lavoro.

Lo svolgimento di una disamina più approfondita di tali principi non appare necessaria ai fini della presente trattazione, posto che è assolutamente incontestabile che il metodo dell’assunzione diretta, a suo tempo seguito dalla società a prevalente capitale privato per i dipendenti di cui qui si discute in ordine al possibile passaggio alle dipendenze della società a partecipazione locale totale, non risponde ai requisiti previsti.

Ciò è del resto riconosciuto nella stessa richiesta di parere dal Comune istante, il quale, partendo da tale constatazione, pone in sostanza il dubbio se debba riscontrarsi ugualmente violazione delle considerate norme sul reclutamento del personale ove l’assunzione di dipendenti senza l’osservanza dei criteri prescritti non sia il risultato di una specifica determinazione volontaristica in tal senso dell’Ente, quanto piuttosto l’effetto per legge necessariamente collegato all’operazione volta ad acquisire il complesso dei beni aziendali di un’impresa.

5.         Tenuto conto di tutto quanto sopra rappresentato, al fine di supportare l’esercizio dei poteri di indirizzo e controllo spettanti al Comune in riferimento alla fattispecie dedotta nella richiesta di parere, questa Sezione si esprime nel senso che una società a totale partecipazione comunale che gestisce un servizio pubblico locale non possa concludere un contratto di acquisto di azienda a titolo definitivo da cui derivi obbligatoriamente il passaggio automatico di dipendenti assunti dall’impresa alienante “in forma diretta”, cioè senza il ricorso a procedure aperte di selezione pubblica.

Diversamente opinando, infatti, si verrebbe a consentire un’elusione dell’art. 18, co. 1, d.l. n. 112/2008 il quale, prescrivendo invece per tali società il rispetto dei menzionati principi pubblicistici nelle procedure di reclutamento del personale, trova evidentemente ragione giustificatrice nella necessità di impedire che società soggette al controllo esclusivo dell’amministrazione pubblica, cui viene affidato direttamente l’esercizio di importanti compiti di interesse generale, sfruttando la veste formalmente privatistica possano definire gli aspetti organizzativi delle proprie strutture in modo totalmente svincolato dal rispetto di principi minimi essenziali dell’azione pubblica.

Tale effetto elusivo, inoltre, si riscontrerebbe parallelamente anche nell’eventualità di passaggio solo parziale dei lavoratori a seguito di accordo raggiunto mediante consultazioni sindacali nell’ambito di una procedura fallimentare e anche nell’ipotesi considerata di assunzione successiva dei lavoratori eccedentari in virtù del diritto di precedenza ad essi spettante ex art. 47, co. 6, l. 428/1990.

A supporto della conclusione prospettata, appare utile evidenziare che ad essa è sottesa la stessa logica di giudizio seguita dalle Sezioni riunite in sede di controllo nella deliberazione n. 4/2012, laddove viene espresso il principio per cui, in caso di reinternalizzazione presso un Comune di servizi precedentemente affidati ad un società in house, il Comune non può trasferire nei propri ruoli il personale assunto direttamente dalla società senza il ricorso a procedure selettive pubbliche. Anche in tal caso, infatti, l’ostacolo è rinvenuto nel necessario rispetto dei principi che regolano l’accesso al pubblico impiego, mentre a diversa conclusione non dirige l’art. 31, d.lgs. n. 165/2001 che richiama l’applicazione dell’art. 2112 C.c. per il passaggio di dipendenti a seguito trasferimento di attività, posto che, per orientamento consolidato, la norma si applica soltanto “a senso unico”, vale a dire alle sole ipotesi di esternalizzazione dei servizi pubblici e non ai processi inversi di trasferimento di attività da soggetti privati a soggetti pubblici.

Quanto poi all’ipotesi adombrata dall’Ente di poter in un certo senso “sanare” tale profilo di illegittimità dell’operazione contrattuale mediante l’avvio in alternativa di procedure selettive pubbliche conformi ai dettami legislativi, non si comprende come tale soluzione sia percorribile posto che il trasferimento diretto del personale della società di cui viene rilevata l’azienda è, come già ricordato, effetto inderogabile dalle parti e l’eventuale diversa pattuizione, necessaria alla società pubblica acquirente per praticare l’opzione suggerita, sarebbe nulla.

Nel caso in esame, pertanto, il compito della società pubblica affidataria del nuovo servizio pubblico locale e dello stesso Comune nell’ambito dei poteri di indirizzo e controllo, è piuttosto quello di adottare, tra quelle in concreto possibili, soluzioni alternative a quella dell’acquisto definitivo del complesso dei beni aziendali della società fallita.

6.         La soluzione formulata con riguardo al primo quesito, contraria alla possibilità di effettuare l’acquisto di azienda a titolo definitivo alle condizioni presenti nella fattispecie, varrebbe sostanzialmente ad assorbire l’esigenza di risolvere anche il secondo quesito avanzato dal Comune.

Ciò nonostante, la Sezione ritiene ugualmente di svolgere alcune considerazioni anche in merito all’ulteriore questione prospettata, poiché la stessa può conservare valenza con riferimento all’ipotesi in astratto possibile in cui il passaggio diretto all’acquirente riguardi dipendenti assunti dall’alienante in osservanza dei principi esaminati e, di conseguenza, l’acquisto di azienda a titolo definitivo diventi effettivamente praticabile. In questo caso, appare utile valutare la realizzabilità dell’operazione anche in relazione ai vincoli e alle limitazioni afferenti la spesa del personale delle società pubbliche.

Come evidenziato nella stessa richiesta di parere, nella fattispecie vengono al riguardo in rilievo le norme dettate dall’art. 18, co. 2-bis, d.l. n. 112/2008 e dall’art. 3, co. 5, d.l. n. 90/2014. In base a tali disposizioni, le società partecipate dagli enti locali devono attenersi al principio di riduzione dei costi del personale mediante il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale. A tal fine, viene attribuito agli enti locali controllanti il potere di adottare propri atti di indirizzo per la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione del principio, i cui contenuti debbono essere recepiti dalle società destinatarie. Ai medesimi enti compete altresì un potere di coordinamento sulle politiche assunzionali delle società controllate volto a garantire anche per queste la graduale riduzione del rapporto percentuale tra spese di personale e spese correnti.

Si tratta, in entrambi i casi, di disposizioni di recentissima formulazione posto che anche la prima sopra menzionata è da considerarsi nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 4, comma 12-bis, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 (oltre che, da ultimo, dall’art. 3, co. 5-quinquies, d.l. n. 90/2014), testo che innova decisamente la precedente impostazione in cui le società partecipate venivano assoggettate ai medesimi vincoli previsti per gli enti locali in materia di assunzioni e di spese di personale. Ne consegue che la relativa analisi interpretativa rimessa a questa Sezione in questo caso non può ancora contare sulla conoscenza delle modalità applicative effettivamente adottate dagli enti e dalle società e quindi su valutazioni maturate attraverso l’esame di fattispecie concrete nell’ambito dell’attività di controllo.

Ciò detto, per quanto interessa in questa sede, si ritiene che la riflessione debba muovere dai seguenti elementi che possono trarsi dalla normativa richiamata.

Si osserva, anzitutto, che ai fini del contenimento degli oneri del personale, gli enti locali sono tenuti a svolgere le proprie funzioni di indirizzo e coordinamento con distinto riferimento a ciascuna società controllata, in considerazione delle peculiarità dei diversi settori in cui esse operano. Un comune non può limitarsi, ad esempio in tema di assunzioni, a fornire indicazioni generali valevoli per tutte le società controllate ma deve valutare i caratteri e le situazioni delle singole società ed elaborare criteri e modalità di gestione adeguati alle specificità di ciascuna di esse. E, siccome le norme in questione non prevedono deroghe o eccezioni agli obblighi imposti, le direttive impartite dal comune devono essere tali da assicurare il rispetto degli obiettivi di contenimento degli oneri anche in relazione alle ipotesi in cui effetti sul piano occupazionale siano ricollegabili all’allargamento dei settori di intervento della società o, comunque, all’ampliamento delle relative attività, come può avvenire nel caso di acquisto di azienda a titolo definitivo.

Altro profilo che merita attenzione attiene alla definizione degli obiettivi di contenimento degli oneri del personale delle società a partecipazione locale, i quali non sono indicati in modo rigoroso e puntuale, bensì sono formulati ora in termini di principio (…di riduzione dei costi del personale,…), ora in termini tendenziali (…graduale riduzione della percentuale tra spese di personale  e spese correnti…).

A ben vedere, si tratta di aspetto che può essere messo in connessione con quello precedentemente individuato. Nell’esercizio dei propri poteri di indirizzo e coordinamento i comuni potranno infatti tradurre in termini precisi e concreti tali obiettivi anche in maniera differente per ciascuna società, in relazione alle specificità del settore di riferimento o alle strategie gestionali che si prevedono per il futuro (ad esempio, sul piano dell’aumento o diminuzione delle dimensioni societarie).

In tema, può in aggiunta notarsi una differenza nella terminologia impiegata nella definizione dei vincoli in esame. In un caso viene fatto riferimento alle spese di personale in rapporto alle spese correnti, utilizzando cioè concetti riconducibili al sistema di contabilità finanziaria applicato agli enti locali, in analogia con le disposizioni legislative che pongono analoghi vincoli alla gestione del personale per gli stessi enti locali e in continuità con la linea intrapresa dal legislatore diretta ad obiettivi di consolidamento dei conti degli enti e dei rispettivi organismi partecipati. Nell’altro caso si ha riguardo alla riduzione o contenimento dei costi del personale, ricorrendo cioè ad un’espressione che nel sistema di contabilità economica applicato alle società avrebbe il significato di componente negativa del risultato d’esercizio e, quindi, offrendo in teoria lo spunto per intendere la disposizione come diretta a conseguire, sotto lo specifico profilo del personale, una maggiore economicità della gestione da definirsi e misurarsi secondo gli specifici criteri adottati dall’ente locale nei propri atti di indirizzo.

In definitiva, per quanto sopra esposto, in relazione al secondo quesito esaminato questa Sezione si esprime nel senso che, è compito dei comuni, nell’esercizio dei poteri di indirizzo e coordinamento attribuiti dall’art. 18, co. 2-bis, d.l. n. 112/2008 e dall’art. 3, co. 5, d.l. n. 90/2014, quello di adottare le decisioni necessarie affinché, anche in caso di acquisto di azienda a titolo definitivo da parte di società controllate, sia garantito il rispetto degli obiettivi di contenimento degli oneri del personale stabiliti per tutte le società a partecipazione locale con norme di coordinamento della finanza pubblica e, concretamente specificati, dagli stessi comuni con riferimento a ciascuna società controllata.

 

P.Q.M.

nelle esposte considerazioni è il parere della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria sulla richiesta avanzata dal Comune di Imperia.

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, a cura del funzionario preposto all’attività di supporto della Sezione, al Sindaco del Comune.

Così deliberato in Genova nella camera di consiglio del 24 settembre 2014.

 

            Il Magistrato Estensore          Il Presidente

            (Claudio Guerrini)      (Ennio Colasanti)

 

Depositata il 09 ottobre 2014

Il Direttore della Segreteria

(Dott. Michele Bartolotta)

 

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