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Corte di Cassazione, sez. II, 15/1/2015 n. 596
Sulla rimessione alla Corte Costituzionale della q. di leg. Cost. dell'art. 17 D.Lgs. C.P.S. n. 233/1946, per valutare se la Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie rispetta il princ. di terzietà e di indipendenza del giudice.

E' rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 108 Cost., c. 2, art. 111 Cost. e art. 117 Cost., c. 1, quest'ultimo in riferimento all'art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 17 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), nella parte in cui prevede che della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie fanno parte due componenti designati dal Ministero della salute, un dirigente amministrativo del Ministero ed un dirigente di seconda fascia medico (o, a seconda dei casi, veterinario o farmacista). Come stabilito dalla Corte costituzionale, il principio di terzietà e di indipendenza del giudice "concerne non solo l'ordine giudiziario nel suo complesso ... ma anche i singoli organi, ordinari ... o speciali ..., al fine di assicurare che l'attività giurisdizionale, nelle sue varie articolazioni, come la sua intrinseca essenza esige, sia esercitata senza inammissibili influenze esterne" (sent.n. 284 del 1986). Tale principio è "applicabile ad ogni giudice", anche delle giurisdizioni speciali, "ed in qualsiasi processo" (sent.n. 353 del 2002), quindi anche nel caso di specie, dovendo essere comunque "osservata la regola che il giudice rimanga sempre super partes ed estraneo rispetto agli interessi oggetto del processo" (sent. n. 193 del 2014, cit.). In particolare, "per qualsiasi dipendente in servizio presso una amministrazione pubblica, che sia parte in senso sostanziale ... o che gestisca o concorra a gestire un determinato settore di attività amministrativa, si esigono particolari e puntuali garanzie ... di indipendenza e terzietà, anche attraverso una nuova e speciale posizione di stato giuridico ... quando il medesimo sia chiamato a funzioni giurisdizionali nella stessa materia comunque affidata all'amministrazione di provenienza o di codipendenza" (sentenza n. 353 del 2002. La norma censurata, inoltre - non fornendo adeguate garanzie quanto ai meccanismi di selezione e alla presenza di regole di autonomia dei componenti della Commissione centrale designati dal Ministero della salute - non sembra superare nemmeno il test di conformità con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la quale vuole che sia assicurato il diritto di ogni persona ad un processo equo davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge: di qui il dubbio del contrasto anche con l'art. 117 Cost., comma 1, in riferimento all'art. 6, par. 1, della Convenzione.

Materia: lavoro / disciplina

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           

Dott. BUCCIANTE Ettore   - Presidente   - 

Dott. MATERA Lina            - Consigliere  - 

Dott. ORICCHIO Antonio   - Consigliere  - 

Dott. GIUSTI Alberto           - rel. Consigliere  - 

Dott. PICARONI Elisa         -  Consigliere  - 

ha pronunciato la seguente:                                         

ordinanza interlocutoria

sul ricorso proposto da:

S.G.,  rappresentato  e  difeso,  in  forza  di  procura  speciale,  dall'Avv.  NASCIMBENE Bruno, con  domicilio  eletto  nello  studio  dell'Avv. Giovanni Valeri in Roma, Viale G. Mazzini,  n.  11,  palazzina H;

                                                       - ricorrente -

 

contro

ORDINE  PROVINCIALE  DEI  MEDICI CHIRURGHI  E  DEGLI  ODONTOIATRI  DI

MILANO,  in  persona  del  presidente pro  tempore,  rappresentato  e  difeso,  in  forza  di procura speciale a margine del  controricorso, dagli  Avv. PENNASILICO Enrico e Sergio Smedile, con domicilio eletto  nello studio di quest'ultimo in Roma, Via G. Ferrari, n. 12;

                                                 - controricorrente -

                             

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore;

                                                         - intimato -

e contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO;

                                                         - intimato -

 

avverso la decisione della Commissione centrale per gli esercenti  le professioni sanitarie n. 12 del 19 ottobre 2011.

Udita, la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del  2  dicembre 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

uditi gli Avv. Bruno Nascimbene ed Enrico Pennasilico;

udito  il  Pubblico  Ministero, in persona del Sostituto  Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto  del

ricorso.

                

RITENUTO IN FATTO

1. - Nella seduta del 26 ottobre 2009, il Consiglio dell'ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Milano ha deliberato di non accogliere la richiesta del Dott. S.G., cittadino siriano nato ad Aleppo nel 1962, di iscrizione all'albo degli odontoiatri custodito presso l'Ordine.

La richiesta è stata esaminata alla luce: (a) del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 9, comma 2 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), il quale stabilisce che "possono essere anche iscritti all'albo gli stranieri che abbiano conseguito il titolo di abilitazione in Italia o all'estero, quando siano cittadini di uno Stato con il quale il Governo italiano abbia stipulato, sulla base della reciprocità, un accordo speciale che consenta ad essi l'esercizio della professione in Italia, purchè dimostrino di essere di buona condotta e di avere il godimento dei diritti civili"; (b) dello Scambio di note 30 gennaio-28 maggio 1958 tra l'Italia e la Repubblica Araba Unita, che la Siria ha dichiarato di considerare operante con nota del 7 giugno 1966, con cui si convenne "l'application du principe de la reciprocitè entre la Syrie et l'Italie, pour l'exercise de la profession medicale. En consequence, les medecins de nationalitè syrienne seront autorises à exercer leur profession en Italie aux memes conditions que les medecins italiens seront autorises à exercer leur profession en Syrie".

L'Ordine provinciale ha rilevato che il diploma di "Chirurgien Dentiste" conseguito dal Dott. S. presso l'Università Libanese - Facoltà di scienze mediche in data 2 luglio 1988, riconosciuto successivamente (in data 28 luglio 1993) dal Ministero della sanità siriano, non è titolo idoneo, mancando tra i titoli prodotti il decreto ministeriale di riconoscimento del diploma di laurea rilasciato dal Ministero della salute italiano. Il Consiglio dell'ordine ha osservato inoltre che lo Scambio di note tra Italia e Repubblica Araba Unita per regolare l'esercizio della professione medica in Italia e in Siria non può essere esteso ai titoli conseguiti in un Paese terzo e successivamente dichiarati equipollenti in Siria, in quanto il riconoscimento automatico del titolo esercita i suoi effetti esclusivamente tra le parti contraenti.

2. - La Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, con decisione depositata in data 19 ottobre 2011, ha respinto il ricorso del Dott. S..

2.1. - La Commissione ha ribadito che lo Scambio di note del 1958 è applicabile esclusivamente nei confronti dei cittadini siriani in possesso di un titolo conseguito in Siria, non contenendo detto accordo nessuna clausola che consenta di estenderne gli effetti anche ai titoli conseguiti in Paesi terzi e successivamente riconosciuti in Siria.

La Commissione ha poi rilevato che il Dott. S. ha comunque acquisito la cittadinanza italiana, restando quindi soggetto alle norme riguardanti i cittadini italiani, con tutte le conseguenze del caso, ivi compreso il rispetto delle condizioni alle quali la L. 24 luglio 1985, n. 409 e successive modificazioni ed integrazioni, subordina il rilascio da parte delle competenti autorità nazionali dei titoli necessari al legittimo esercizio della professione di odontoiatra sul territorio italiano. Tra questi condizioni, vi è - ha sottolineato la Commissione - il riconoscimento, a cura del Ministero della salute, della validità del titolo conseguito in un Paese non appartenente all'Unione europea, riconoscimento nella specie mancante.

3. per la cassazione della decisione della Commissione centrale il Dott. S. ha proposto ricorso, con atto notificato il 27 dicembre 2011, il 10 gennaio 2012 e l'8 febbraio 2012.

L'Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Milano ha resistito con controricorso.

Gli altri intimati - il Ministero della salute e il Procuratore della Repubblica di Milano - non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

3.1. - Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza o del procedimento, in relazione all'art. 112 c.p.c., artt. 108, 111 e 117 Cost., per omessa pronuncia in relazione ad una delle questioni poste dal ricorrente dinanzi alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, relativa alla composizione del collegio giudicante, con conseguente "iniquità" della decisione per violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, e violazione dei canoni del giusto processo per la mancanza di un giudice terzo, autonomo e indipendente, in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, cosi come interpretati dalla Corte di Strasburgo, e dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonchè in relazione alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, facente parte dei principi generali del nostro ordinamento, che impone l'obbligo di motivazione di qualunque atto amministrativo.

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 9 e dello Scambio di note tra Italia e Siria del 30 gennaio 1958 e del 28 maggio 1958, anche in relazione all'art. 10 Cost., comma 2, nella parte in cui prevedono il riconoscimento automatico, in Italia, del titolo di studio conseguito in uno Stato con il quale il Governo italiano abbia stipulato un accordo speciale.

Il terzo motivo lamenta nullità della sentenza o del procedimento in relazione all'art. 112 c.p.c., artt. 111 e 117 Cost., per ultrapetizione, nella parte in cui - violando il principio secondo cui il giudice nell'adottare la propria statuizione è vincolato al petitum e alla causa petendi - è stato introdotto il tema, assente nel provvedimento impugnato, della cittadinanza italiana del ricorrente, anche con riferimento alle norme di diritto dell'Unione europea eventualmente applicabili.

4. - In prossimità dell'udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Con particolare riguardo al primo motivo di ricorso, la difesa del Dott. S. ha osservato che sebbene il mancato esame, da parte della Commissione centrale, della sollevata eccezione di legittimità costituzionale delle norme relative alla composizione di quell'organo giurisdizionale non integri di per sè un vizio di omessa pronuncia, tuttavia la questione di legittimità costituzionale resterebbe deducibile e rilevabile in cassazione.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. - Con il primo motivo di ricorso e con la successiva memoria illustrativa il ricorrente eccepisce l'illegittimità costituzionale del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 17 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), anche in riferimento o in combinato disposto con del D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, artt. 63, 74 e 76 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del D.Lgs. 13 settembre 1946, n. 233, sulla ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), per supposta violazione dell'art. 108 Cost., comma 2, art. 111 Cost. e art. 117 Cost., comma 1, quest'ultimo in relazione all'art. 6, par. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

2. - Ad avviso del Collegio, il dubbio di legittimità costituzionale del D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 17 è non manifestamente infondato, nei termini di seguito precisati.

2.1. - La Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie è un organo di giurisdizione speciale chiamato ad esaminare, tra l'altro, i ricorsi avverso i provvedimenti degli Ordini e Collegi professionali locali in materia di albo e di irrogazione di sanzioni disciplinari.

La nomina e la composizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie sono disciplinate dal D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 17.

In base a questa disposizione, la Commissione centrale è "nominata con decreto del Capo dello Stato, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per la grazia e giustizia, presieduta da un consigliere di Stato e costituita da un membro del Consiglio superiore di sanità e da un funzionario dell'Amministrazione civile dell'interno di grado non inferiore al sesto. Fanno altresì parte della Commissione: (...) c) per l'esame degli affari concernenti la professione di odontoiatra, un ispettore generale medico e otto odontoiatri di cui cinque effettivi e tre supplenti".

Questa disposizione ha ricevuto alcune modifiche implicite di dettaglio.

Per un verso, l'atto di nomina non assume più la forma del D.P.R., ma quello del D.P.C.M.. Ciò in forza della L. 12 gennaio 1991, n. 13, art. 2 (Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma del D.P.R.), ai sensi del quale "Gli atti amministrativi, diversi da quelli previsti dall'art. 1, per i quali è adottata alla data di entrata in vigore della presente legge la forma del D.P.R., sono emanati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o con decreto ministeriale, a seconda della competenza a formulare la proposta sulla base della normativa vigente di cui sopra. Gli atti amministrativi di cui al comma 1, ove proposti da più Ministri, sono emanati nella forma del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri".

Per l'altro verso, la costituzione (con legge 13 marzo 1958, n. 296) del Ministero della sanità, prima, e la nascita, poi, del Ministero della salute (cfr. del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 2, numero 13, e art. 47 bis e segg. e L. 13 novembre 2009, n. 172) non solo hanno determinato l'intervento di questo Ministero nella fase della formulazione della proposta di nomina, ma hanno anche comportato che la scelta di uno dei componenti non avviene più tra i funzionari dell'Amministrazione civile dell'interno, ma tra i dirigenti del Ministero della salute.

Di queste modifiche è specchio e testimonianza il D.P.C.M. 23 maggio 2011, recante la nomina - "sulla proposta del Ministero della salute e del Ministero della giustizia" - della Commissione centrale per il quadriennio 2011-2015, della quale fanno parte - oltre ad un consigliere di Stato in veste di presidente, ad un membro designato dal Consiglio superiore di sanità e ad otto sanitari liberi professionisti (di cui cinque effettivi e tre supplenti) designati dai Comitati centrali delle rispettive Federazioni nazionali - un dirigente amministrativo di seconda fascia del Ministero della salute e un dirigente medico (o, a seconda della categoria interessata, veterinario o farmacista) di seconda fascia, l'uno e l'altro designati dal Ministero della salute.

La disciplina, cosi modificata, è tuttora vigente e l'organo continua ad operare in base ad essa. Il D.L. 13 settembre 2012, n. 158, art. 15, comma 3-bis (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), aggiunto dalla Legge di Conversione 8 novembre 2012, n. 189, ha, infatti, stabilito: "In considerazione delle funzioni di giurisdizione speciale esercitate, la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, di cui al D.Lgs.C.P.C. 13 settembre 1946, n. 233, art. 17 e successive modificazioni, è esclusa dal riordino di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 2, comma 4 e continua ad operare, sulla base della normativa di riferimento, oltre il termine di cui al D.L. 28 giugno 2012, n. 89, art. 1, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 132, come modificato dal comma 3-ter del presente articolo.

All'allegato 1 annesso al citato D.L. n. 89 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 132 del 2012, il n. 29 è abrogato".

Da ultimo, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 193 del 2014, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato art. 17, primo e secondo comma, per la mancata previsione della nomina di membri supplenti della Commissione centrale che consentano la costituzione, per numero e categoria, di un collegio giudicante diversamente composto rispetto a quello che abbia pronunciato una decisione annullata con rinvio dalla Corte di cassazione.

2.2. - Questa Corte ha più volte esaminato eccezioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto il D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 17 (e la connessa normativa regolamentare contenuta nel D.P.R. n. 221 del 1950) per dedotta violazione dei principi di terzietà ed indipendenza degli organi giurisdizionali conseguente alla attribuzione della facoltà di nomina e revoca dei membri della Commissione stessa al potere esecutivo, e li ha sempre dichiarati manifestamente infondati (Sez. Un., 18 aprile 1988, n. 3032; Sez. Un., 5 giugno 1997, n. 11129; Sez. Un., 7 agosto 1998, n. 7753; Sez. 3, 5 febbraio 1999, n. 4761; Sez. 3, 6 aprile 2001, n. 5141; Sez. 3, 30 luglio 2001, n. 10396; Sez. 3, 19 maggio 2003, n. 7760; Sez. 3, 21 maggio 2004, n. 9704; Sez. 3, 18 aprile 2006, n. 8958; Sez. 3, 21 febbraio 2013, n. 4371).

Si è in particolare osservato:

- che il valore dell'autonomia e dell'indipendenza dell'organo di giurisdizione speciale in questione (istituito prima della Costituzione e, quindi, sottratto al divieto di istituzione di giudici speciali di cui all'art. 102 Cost.) non è automaticamente vulnerato dalla nomina dei giudici da parte del potere esecutivo, dovendosi aver riguardo allo status di essi, che deve essere tale da escludere una situazione di soggezione nei confronti dell'autorità che ha proceduto alla nomina;

- che le regole di funzionamento dell'organo evidenziano che, una volta avvenuta la nomina, non è rinvenibile un vincolo con l'autorità nominante;

- che la permanenza nell'ufficio è congrua (quattro anni);

- che il potere disciplinare nei confronti del componenti professionisti è esercitato dalla stessa Commissione centrale;

- che non è suscettibile di condurre a diversa conclusione la disciplina del D.P.R. n. 221 del 1950, art. 74, recante approvazione del regolamento d'esecuzione del D.Lgs. n. 223 del 1946, il quale prevede, indipendentemente dall'esercizio del potere disciplinare, la revoca dei componenti professionisti della Commissione (con lo stesso procedimento per la nomina) "qualora ciò si renda necessario per il miglior funzionamento di essa e per la dignità della classe": ciò in quanto, trattandosi di norma regolamentare, sprovvista dunque di forza di legge, la stessa è estranea allo scrutinio di costituzionalità da parte del giudice delle leggi, mentre può costituire oggetto di censura di legittimità secondo le regole generali.

2.3. - Il Collegio intende rimeditare tale orientamento. Occorre muovere da una duplice premessa: (a) parte nel procedimento giurisdizionale che si svolge dinanzi alla Commissione centrale è - oltre al procuratore della Repubblica ed all'Ordine professionale interessato - il Ministero della salute (Sez. Un., 5 aprile 1991, n. 3556 e n. 3557; Sez. Un., 17 febbraio 1992, n. 1915; Sez. Un., 3 giugno 1992, n. 6782; Sez. 3, 26 ottobre 2000, n. 14138); (b) in base al D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 17, lo stesso Ministero della salute, proponente insieme al Ministero della giustizia la nomina della Commissione centrale, ne designa due componenti: uno tra i dirigenti amministrativi del Ministero, l'altro tra gli ispettori generali (oggi tra i dirigenti di seconda fascia, medici, veterinari o farmacisti).

Siffatta designazione, ad avviso di questo giudice a quo, non assicura la terzietà e l'indipendenza dei predetti componenti, sotto un triplice profilo.

Innanzitutto La designazione governativa è un atto, non adottato in esito ad una selezione resa oggettiva da criteri predeterminati o di efficacia predeterminata, ma discrezionale.

Inoltre, i dirigenti ministeriali nominati componenti della Commissione centrale, anche durante lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali, continuano a rimanere incardinati e ad espletare le funzioni istituzionali presso il Ministero della salute, parte del processo, e quindi rimangono soggetti a tutti i condizionamenti dovuti alla loro posizione di dipendenza dall'amministrazione stessa, che ne garantisce lo stato giuridico ed economico. Vero è che, ai sensi del D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 18, la Commissione centrale esercita il potere disciplinare nei confronti dei propri componenti: questo vale tuttavia non nei confronti di tutti i componenti, ma soltanto "dei ... membri professionisti e dei membri dei Comitati centrali delle Federazioni nazionali", per cui i dirigenti ministeriali componenti della Commissione continuano ad essere sottoposti al potere disciplinare dell'amministrazione di appartenenza.

Infine, la terzietà dei membri della Commissione centrale designati dal Ministero della salute appare compromessa anche dalla disposizione del citato art. 17, comma 5, che prevede, al termine del quadriennio, la possibilità di riconferma nell'incarico, secondo il discrezionale apprezzamento del Ministero stesso, posto che la sola prospettiva del reincarico esclude l'indipendenza di costoro dall'amministrazione designante (cfr. Corte cost., sentenza n. 25 del 1976).

2.4. - Questo giudice a quo dubita che il D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 17, nella parte in cui prevede che della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie fanno parte due componenti designati dal Ministero della salute, un dirigente amministrativo del Ministero ed un dirigente di seconda fascia medico (o, a seconda dei casi, veterinario o farmacista), possa violare, per gli anzidetti profili, l'art. 108 Cost., comma 2 e art. 111 Cost..

Come ha ricordato la Corte costituzionale, il principio di terzietà e di indipendenza del giudice "concerne non solo l'ordine giudiziario nel suo complesso ... ma anche i singoli organi, ordinari ... o speciali ..., al fine di assicurare che l'attività giurisdizionale, nelle sue varie articolazioni, come la sua intrinseca essenza esige, sia esercitata senza inammissibili influenze esterne" (sentenza n. 284 del 1986). Tale principio è "applicabile ad ogni giudice", anche delle giurisdizioni speciali, "ed in qualsiasi processo" (sentenza n. 353 del 2002), quindi anche in quello in esame, dovendo essere comunque "osservata la regola che il giudice rimanga sempre super partes ed estraneo rispetto agli interessi oggetto del processo" (sentenza n. 193 del 2014, cit.).

In particolare, "per qualsiasi dipendente in servizio presso una amministrazione pubblica, che sia parte in senso sostanziale ... o che gestisca o concorra a gestire un determinato settore di attività amministrativa, si esigono particolari e puntuali garanzie ... di indipendenza e terzietà, anche attraverso una nuova e speciale posizione di stato giuridico ... quando il medesimo sia chiamato a funzioni giurisdizionali nella stessa materia comunque affidata all'amministrazione di provenienza o di codipendenza" (sentenza n. 353 del 2002, cit.).

2.4.1. - Ad avviso di questo Collegio, la norma censurata - non fornendo adeguate garanzie quanto ai meccanismi di selezione e alla presenza di regole di autonomia dei componenti della Commissione centrale designati dal Ministero della salute - non sembra superare nemmeno il test di conformità con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 4 agosto 1955, n. 848, la quale vuole che sia assicurato il diritto di ogni persona ad un processo equo davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge: di qui il dubbio del contrasto anche con l'art. 117 Cost., comma 1, in riferimento all'art. 6, par. 1, della Convenzione.

Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, infatti, "in order to determine whether a body can be considered to be independent of the executive it is necessary to have regard to the manner of appointment of its members and thè duration of their term of office, thè existence of guarantees against outside pressures and thè question whether the body presents an appearance of independence" (Laufco v. Slovakla, 2 settembre 1998, 63). D'altra parte, "thè appointment of judges by thè executive is permissible, provided thè appointees are free from influence or pressure when carrying out their adjudicatory role" (Flux - no. 2 - v. Moldova, 3 luglio 2007, 27).

2.5. - Il dubbio di legittimità costituzionale del D.Lgs.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 17, è rilevante ai fini della definizione di questo giudizio.

Infatti, la decisione impugnata con il ricorso per cassazione è stata emessa dalla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie con la presenza dei componenti designati dal Ministero della salute, sicchè, qualora la sollevata questione di costituzionalità venisse accolta, la decisione stessa dovrebbe essere cassata per essere stata resa da un organo privo in radice, per struttura e composizione, dei requisiti di terzietà ed indipendenza necessari per l'esercizio della giurisdizione.

3. - Quanto all'oggetto del dubbio di legittimità costituzionale, il Collegio ritiene di non potere estendere la questione di legittimità costituzionale ad altre norme denunciate dalla parte ricorrente, ossia: (a) al D.P.R. n. 221 del 1950, art. 63, il quale prevede in quali casi i componenti della Commissione centrale che abbiano la qualità di presidente o di membro del Comitato centrale della Federazione nazionale o del Consiglio dell'Ordine o del Collegio non possono prendere parte alle decisioni della Commissione stessa; (b) all'art. 74 dello stesso D.P.R., il quale stabilisce che, indipendentemente dall'esercizio del potere disciplinare, può essere revocata - con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della giustizia, sentite le rispettive Federazioni - la nomina di uno o più componenti professionisti della Commissione, "qualora ciò si renda necessario per il miglior funzionamento di essa e per la dignità della classe"; (c) all'art. 76 del citato D.P.R., in base al quale alla segreteria della Commissione centrale è addetto personale in servizio e dipendente dal Ministero della salute.

Si tratta, infatti, di norme, contenute in un regolamento di esecuzione, prive di forza di legge, sulle quali pertanto non può essere invocato un sindacato di legittimità costituzionale, mancando uno specifico collegamento di queste (nel senso indicato da Corte cost., sentenze n. 1104 del 1988, n. 456 del 1994, n. 354 del 2008 e n. 34 del 2011) con la norma legislativa (cfr. Corte cost., ordinanza n. 389 del 2004 e sentenza n. 162 del 2008).

4. - Il giudizio deve essere quindi sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale.

 

P.Q.M.

LA CORTE Visto l'art. 134 Cost. e della L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23:

- dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 108 Cost., comma 2, art. 111 Cost. e art. 117 Cost., comma 1, quest'ultimo in riferimento all'art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 4 agosto 1955, n. 848, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, art. 17 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), nei termini di cui in motivazione;

- sospende il presente giudizio;

- dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio di cassazione, al pubblico ministero presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei ministri;

- dispone, altresì, che l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;

- ordina l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2014.

 

Depositato in Cancelleria

il 15 gennaio 2015

 

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