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Corte di giustizia europea, Sez. I, 12/2/2015 n. C-396/13
Sulla nozione di tariffe minime salariali dei lavoratori distaccati.

La direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi, letta alla luce dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, osta a che una normativa dello Stato membro in cui ha sede l'impresa che ha distaccato alcuni lavoratori nel territorio di un altro Stato membro, in forza della quale è vietata la cessione di crediti derivanti da rapporti di lavoro, possa impedire la presentazione di un ricorso da parte di un sindacato, come il Sähköalojen ammattiliitto ry, dinanzi a un giudice del secondo di tali Stati membri, nel quale viene eseguita la prestazione lavorativa, al fine di recuperare, a favore dei lavoratori distaccati, taluni crediti salariali attinenti al salario minimo, ai sensi della direttiva 96/71, che sono stati ad esso ceduti, essendo tale cessione conforme al diritto vigente in quest'ultimo Stato membro.

L'art.3, paragrafi 1 e 7, della direttiva 96/71, letto alla luce degli artt.56 TFUE e 57 TFUE, deve essere interpretato nel senso che:
- esso non osta a un calcolo del salario minimo orario e/o a cottimo, basato sull'inquadramento dei lavoratori in gruppi retributivi, come previsto dai pertinenti contratti collettivi dello Stato membro ospitante, purché tale calcolo e tale inquadramento siano effettuati sulla base di norme vincolanti e trasparenti, accertamento questo che spetta al giudice nazionale;
- un'indennità giornaliera, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo a condizioni identiche a quelle cui è subordinata l'inclusione di tale indennità nel salario minimo versato ai lavoratori locali in occasione di un loro distacco all'interno dello Stato membro interessato.
- un'indennità per il tragitto giornaliero, che è versata ai lavoratori a condizione che la durata del tragitto giornaliero che essi effettuano per recarsi sul loro luogo di lavoro e per fare da esso ritorno ecceda un'ora, deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo dei lavoratori distaccati, sempreché tale condizione sia soddisfatta, accertamento questo che spetta al giudice nazionale;
- l'accollo dei costi di alloggio di tali lavoratori non deve essere considerato un elemento del salario minimo degli stessi;
- un'indennità concessa sotto forma di buoni pasto distribuiti ai suddetti lavoratori non deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo degli stessi, e
- la gratifica per ferie che deve essere accordata ai lavoratori distaccati per la durata minima delle ferie annuali retribuite corrisponde al salario minimo cui tali lavoratori hanno diritto durante il periodo di riferimento.


Materia: lavoro / disciplina

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

 

12 febbraio 2015 (*)

 

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 56 TFUE e 57 TFUE – Direttiva 96/71/CE – Articoli 3, 5 e 6 – Lavoratori di una società con sede in uno Stato membro A, distaccati per effettuare lavori in uno Stato membro B – Salario minimo previsto dai contratti collettivi dello Stato membro B – Legittimazione ad agire di un’organizzazione sindacale con sede nello Stato membro B – Normativa dello Stato membro A che vieta le cessioni a terzi di crediti relativi alle retribuzioni»

 

Nella causa C-396/13,

 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Satakunnan käräjäoikeus (Finlandia), con decisione del 12 luglio 2013, pervenuta in cancelleria il 15 luglio 2013, nel procedimento

 

Sähköalojen ammattiliitto ry

 

contro

 

Elektrobudowa Spólka Akcyjna,

 

LA CORTE (Prima Sezione),

 

composta da S. Rodin, presidente della Sesta Sezione, facente funzione di presidente della Prima Sezione, A. Borg Barthet, E. Levits (relatore), M. Berger e F. Biltgen, giudici,

 

avvocato generale: N. Wahl

 

cancelliere: I. Illessy, amministratore

 

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 giugno 2014,

 

considerate le osservazioni presentate:

 

        per il Sähköalojen ammattiliitto ry, da J. Kailiala, asianajaja, e J. Hellsten;

 

        per la Elektrobudowa Spólka Akcyjna, da V.-M. Lanne, asianajaja, e W. Popiolek, adwokat;

 

        per il governo finlandese, da J. Heliskoski, in qualità di agente;

 

        per il governo belga, da M. Jacobs e L. Van den Broeck, in qualità di agenti;

 

        per il governo danese, da M. Wolff e C. Thorning, in qualità di agenti;

 

        per il governo tedesco, da T. Henze e B. Beutler, in qualità di agenti;

 

        per il governo austriaco, da G. Hesse, in qualità di agente;

 

        per il governo polacco, da B. Majczyna, M. Arciszewski, J. Faldyga e D. Lutosyanska, in qualità di agenti;

 

        per il governo svedese, da A. Falk e C. Hagerman, in qualità di agenti;

 

        per il governo norvegese, da P. Wennerås, in qualità di agente;

 

        per la Commissione europea, da E. Paasivirta e J. Enegren, in qualità di agenti,

 

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 settembre 2014,

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, degli articoli 12 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), del protocollo (n. 30) sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea alla Polonia e al Regno Unito, allegato al Trattato FUE, degli articoli 3, 5, secondo comma, e 6 della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU 1997, L 18, pag. 1, rettifiche GU 2007, L 301, pag. 28, e L 310, pag. 22), nonché dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU L 177, pag. 6, rettifica GU 2009, L 309, pag. 87).

 

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra il Sähköalojen ammattiliitto ry (in prosieguo: il «Sähköalojen ammattiliitto»), sindacato finlandese del settore dell’energia elettrica, e la Elektrobudowa Spólka Akcyjna (in prosieguo: l’«ESA»), società con sede in Polonia, in merito ai crediti salariali derivanti da rapporti di lavoro.

 

 Contesto normativo

 

 Il diritto dell’Unione

 

3        La direttiva 96/71 così prevede al suo articolo 1, intitolato «Campo d’applicazione»:

 

«1.      La presente direttiva si applica alle imprese stabilite in uno Stato membro che, nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale, distacchino lavoratori, a norma del paragrafo 3, nel territorio di uno Stato membro.

 

(...)

 

3.      La presente direttiva si applica nella misura in cui le imprese di cui al paragrafo 1 adottino una delle misure transnazionali seguenti:

 

(...)

 

b)      distacchino un lavoratore nel territorio di uno Stato membro, in uno stabilimento o in un’impresa appartenente al gruppo, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo invia; (…)

 

(…)».

 

4        Ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Condizioni di lavoro e di occupazione»:

 

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, le imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 1[,] garantiscano ai lavoratori distaccati nel loro territorio le condizioni di lavoro e di occupazione relative alle materie in appresso indicate che, nello Stato membro in cui è fornita la prestazione di lavoro, sono fissate:

 

      da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, e/o

 

      da contratti collettivi o da arbitrati dichiarati di applicazione generale, a norma del paragrafo 8, sempreché vertano sulle attività menzionate in allegato:

 

(...)

 

b)      durata minima delle ferie annuali retribuite;

 

c)      tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario; (...)

 

(...)

 

Ai fini della presente direttiva, la nozione di tariffa minima salariale di cui al primo comma, lettera c)[,] è definita dalla legislazione e/o dalle prassi nazionali dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato.

 

(...)

 

7.      I paragrafi da 1 a 6 non ostano all’applicazione di condizioni di lavoro e di occupazione che siano più favorevoli ai lavoratori.

 

Le indennità specifiche per il distacco sono considerate parte integrante del salario minimo, purché non siano versate a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco, come le spese di viaggio, vitto e alloggio.

 

8.      Per contratti collettivi o arbitrati, dichiarati di applicazione generale, si intendono quelli che devono essere rispettati da tutte le imprese situate nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate.

 

(...)».

 

5        L’articolo 5 della citata direttiva, intitolato «Misure», prevede quanto segue:

 

«Gli Stati membri adottano misure adeguate in caso di inosservanza della presente direttiva.

 

In particolare, fanno sì che i lavoratori e/o i loro rappresentanti dispongano di mezzi adeguati per ottemperare agli obblighi prescritti dalla presente direttiva».

 

6        L’articolo 6 della medesima direttiva, intitolato «Competenza giudiziaria», è così formulato:

 

«Per far valere il diritto alle condizioni di lavoro e di occupazione garantite all’articolo 3 può essere promosso un procedimento giudiziario nello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è o era distaccato, ferma restando, se del caso, la facoltà di promuovere, in base alle convenzioni internazionali vigenti in materia di competenza giudiziaria, un procedimento giudiziario in un altro Stato».

 

7        Nell’allegato alla direttiva 96/71 sono elencate le attività di cui all’articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, della medesima direttiva. Queste ultime comprendono tutte le attività del settore edilizio riguardanti la realizzazione, il riattamento, la manutenzione, la modifica o l’eliminazione di edifici, quali specificate in tale allegato.

 

 Il diritto finlandese

 

8        L’articolo 7 del capo 2 della legge sui contratti di lavoro [Työsopimuslaki (55/2001)] stabilisce quanto segue:

 

«Il datore di lavoro è tenuto a osservare almeno le prescrizioni previste da un contratto collettivo nazionale considerato rappresentativo del settore di cui trattasi (contratto collettivo di applicazione generale), relative alle condizioni di lavoro e di occupazione applicabili alle mansioni svolte dal dipendente o a quelle ad esse più analoghe.

 

Una clausola di un contratto di lavoro in contrasto con la corrispondente disposizione contenuta nel contratto collettivo di applicazione generale è invalida e deve essere sostituita dalla disposizione contenuta nel contratto collettivo di applicazione generale.

 

(...)».

 

9        L’articolo 2, quarto comma, della legge sui lavoratori distaccati [Laki lähetetyistä työntekijöistä (1146/1999)] prevede quanto segue:

 

«Un lavoratore distaccato deve percepire il salario minimo, ossia una retribuzione determinata sulla base di un contratto collettivo ai sensi dell’articolo 7 del capo 2 della legge finlandese sui contratti di lavoro (...)».

 

10      I contratti collettivi di lavori pertinenti, ai sensi dell’articolo 7 del capo 2 della legge sui contratti di lavoro, sono quelli relativi alle branche «elettrificazione» e «impiantistica elettrica», nel settore degli impianti tecnici di edificio, e riguardano attività di cui all’allegato della direttiva 96/71. Tali contratti collettivi sono di applicazione generale, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva 96/71. Essi contengono disposizioni che prevedono la ripartizione dei lavoratori in classi di retribuzione, la concessione a questi ultimi di una gratifica per ferie, il pagamento di un’indennità giornaliera e di un’indennità per il tragitto, nonché disposizioni relative ai costi dell’alloggio.

 

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

 

11      L’ESA, società con sede in Polonia, opera nel settore dell’energia elettrica. Essa dispone di una succursale in Finlandia.

 

12      Per eseguire lavori di elettrificazione sul cantiere della centrale nucleare di Olkiluoto, nel comune di Eurajoki (Finlandia), l’ESA ha concluso, in Polonia e in applicazione del diritto polacco, contratti di lavoro con 186 lavoratori. Questi ultimi sono stati distaccati presso la succursale finlandese di detta società. Gli stessi sono stati assegnati al cantiere di Olkiluoto e alloggiati in appartamenti siti a Eurajoki, a circa 15 km da tale cantiere. Le parti nel procedimento principale controvertono in merito al tempo dedicato ai tragitti giornalieri che i suddetti lavoratori effettuano per recarsi dal luogo dell’ubicazione dell’alloggio al suddetto cantiere e per fare da esso ritorno.

 

13      I lavoratori di cui trattasi, a detta dei quali l’ESA non ha concesso loro la retribuzione minima spettante in base ai contratti collettivi finlandesi delle branche dell’elettrificazione e degli impianti tecnici di edificio, applicabili a norma del diritto dell’Unione, hanno individualmente ceduto i propri crediti al Sähköalojen ammattiliitto affinché ne garantisse la riscossione.

 

14      Dinanzi al giudice del rinvio il Sähköalojen ammattiliitto sostiene che i suddetti contratti collettivi prevedono un calcolo della retribuzione minima dei lavoratori basato su criteri più favorevoli ai lavoratori rispetto a quelli applicati dall’ESA. Tali criteri riguardano in particolare la classificazione dei lavoratori in gruppi retributivi, la considerazione di una retribuzione a tempo o a cottimo, la concessione ai lavoratori di una gratifica per ferie, di un’indennità giornaliera, di un’indennità per il tragitto nonché l’accollo dei costi di alloggio.

 

15      Pertanto, con due ricorsi presentati rispettivamente l’8 agosto 2011 e il 3 gennaio 2012, il Sähköalojen ammattiliitto ha chiesto che l’ESA fosse condannata a versargli un importo totale di EUR 6 648 383,15, oltre ai relativi interessi, corrispondente ai crediti cedutigli.

 

16      L’ESA ha chiesto il rigetto di tali ricorsi. Essa afferma, in particolare, che il Sähköalojen ammattiliitto non dispone della legittimazione ad agire in nome dei lavoratori distaccati, in quanto il diritto polacco vieta la cessione di crediti derivanti da un rapporto di lavoro.

 

17      Su domanda del Sähköalojen ammattiliitto, il giudice del rinvio ha disposto il sequestro, sugli attivi dell’ESA, di una somma diretta a che fosse garantito il credito di tale sindacato fino a concorrenza di un importo pari a EUR 2 900 000. Essendo divenuta definitiva la decisione che ha disposto tale misura conservativa, l’ESA ha consegnato all’autorità competente una cauzione bancaria di tale importo, valida fino al 30 settembre 2015.

 

18      Il Satakunnan käräjäoikeus (Tribunale di primo grado di Satakunta), nutrendo dubbi in merito alla corretta interpretazione del diritto dell’Unione e, in particolare, dell’articolo 3 della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1)      Se un sindacato che agisca nell’interesse dei lavoratori possa far valere direttamente l’articolo 47 della Carta quale fonte immediata di diritti avverso un prestatore di servizi di un altro Stato membro in una situazione in cui la norma che si afferma essere contraria all’articolo 47 (ossia l’articolo 84 del Codice del lavoro polacco) è una norma meramente nazionale.

 

2)      Se derivi dal diritto dell’Unione, in particolare dal principio della tutela giurisdizionale effettiva sancito dall’articolo 47 della Carta e dagli articoli 5, secondo comma, e 6 della direttiva 96/71, in combinato disposto con la libertà di associazione sindacale, garantita dall’articolo 12 della Carta, nell’ambito di un procedimento giurisdizionale relativo a crediti esigibili nello Stato di esecuzione della prestazione lavorativa ai sensi della menzionata direttiva, che un giudice nazionale debba astenersi dall’applicare una norma del diritto del lavoro dello Stato di origine dei lavoratori la quale osta alla cessione di un credito retributivo a fini di riscossione ad un sindacato dello Stato di esecuzione della prestazione lavorativa, allorché la corrispondente norma di quest’ultimo Stato permetta la cessione del credito retributivo dovuto, e quindi dello status di soggetto legittimato ad agire, a fini di riscossione, ad un sindacato del quale sono membri tutti i lavoratori i quali hanno ceduto il loro credito a fini di riscossione.

 

3)      Se le clausole del protocollo (n. 30) allegato al Trattato FUE debbano essere interpretate nel senso che anche i giudici nazionali situati in uno Stato diverso dalla Polonia o dal Regno Unito sono tenuti a prenderle in considerazione qualora la controversia in questione presenti elementi di collegamento importanti con la Polonia, ed in particolare quando la legge applicabile ai contratti di lavoro è la legge polacca. In altre parole, se tale protocollo impedisca a un giudice finlandese di dichiarare che le leggi, norme o disposizioni, prassi o misure amministrative della Polonia sono in contrasto con principi, libertà e diritti fondamentali sanciti dalla Carta.

 

4)      Se l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 593/2008 debba essere interpretato, tenendo conto dell’articolo 47 della Carta, nel senso che vieta l’applicazione della legislazione di uno Stato membro ai sensi della quale è vietato cedere crediti e diritti derivanti da un rapporto di lavoro.

 

5)      Se l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 593/2008 debba essere interpretato nel senso che la legge applicabile alla cessione dei crediti derivanti da un contratto di lavoro è la legge applicabile al contratto di lavoro in questione a norma del regolamento n. 593/2008, a prescindere dal fatto che sul contenuto del singolo diritto fatto valere influiscano anche disposizioni di un’altra legge.

 

6)      Se l’articolo 3 della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, debba essere interpretato nel senso che la nozione di tariffe minime salariali include la retribuzione oraria di base a seconda dell’inquadramento in gruppi salariali, il salario garantito per il lavoro a cottimo, la gratifica per ferie, l’indennità giornaliera fissa e l’indennità per il tragitto giornaliero, conformemente alla definizione di tali condizioni di lavoro in un contratto collettivo di applicazione generale rientrante nell’allegato a tale direttiva.

 

a)      Se gli articoli 56 TFUE e 57 TFUE e/o l’articolo 3 della direttiva 96/71 debbano essere interpretati nel senso che, nella normativa nazionale (contratto collettivo di applicazione generale) del cosiddetto “Stato ospitante”, gli Stati membri impongono a prestatori di servizi di altri Stati membri l’obbligo di pagare un’indennità per il tragitto e un’indennità giornaliera ai lavoratori distaccati sul loro territorio, tenendo conto del fatto che, secondo la normativa nazionale in parola, qualunque lavoratore distaccato viene considerato in regime di trasferta di lavoro per tutta la durata del distacco, il che conferisce loro il diritto sia alle indennità per il tragitto che alle indennità giornaliere.

 

b)      Se gli articoli 56 TFUE e 57 TFUE e/o l’articolo 3 della direttiva 96/71 debbano essere interpretati nel senso che essi non permettono ad un giudice nazionale di rifiutare di riconoscere la ripartizione dei lavoratori in classi di salario, concepita ed applicata da una società di un altro Stato membro nel suo Stato di origine, qualora la stessa sia stata effettuata.

 

c)      Se gli articoli 56 TFUE e 57 TFUE e/o l’articolo 3 della direttiva 96/71 debbano essere interpretati nel senso che essi permettono al datore di lavoro di un altro Stato membro di fissare validamente, ed in maniera vincolante per il giudice dello Stato di esecuzione della prestazione lavorativa, l’inquadramento dei lavoratori in gruppi salariali in una situazione in cui nel contratto collettivo di applicazione generale di quest’ultimo Stato si esige di porre in essere un inquadramento in gruppi salariali diverso quanto al risultato finale, oppure se lo Stato membro ospitante, nel quale sono stati distaccati i lavoratori del prestatore di servizi dell’altro Stato membro, possa imporre al prestatore di servizi di rispettare le disposizioni relative ai criteri di inquadramento dei lavoratori in categorie salariali.

 

d)      Se, nell’interpretare l’articolo 3 della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, occorra considerare l’accollo dei costi di alloggio imposto al datore di lavoro dal contratto collettivo di lavoro menzionato nella sesta questione ed i buoni pasto accordati conformemente al contratto di lavoro concluso dal prestatore di servizi di un altro Stato membro come rimborsi delle spese sostenute a causa del distacco oppure come rientrante nella nozione di tariffe minime salariali ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71.

 

e)      Se l’articolo 3 della direttiva 96/71, in combinato disposto con gli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, possa essere interpretato nel senso che un contratto collettivo di lavoro di applicazione generale dello Stato di esecuzione della prestazione lavorativa debba considerarsi giustificato da esigenze di ordine pubblico nell’interpretare la questione del salario a cottimo, dell’indennità di viaggio e delle indennità giornaliere».

 

 Sulle questioni pregiudiziali

 

 Sulle questioni dalla prima alla quinta

 

19      Con le sue prime cinque questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente di chiarire se, in circostanze come quelle oggetto del procedimento principale, la direttiva 96/71, letta alla luce dell’articolo 47 della Carta, osti a che una normativa dello Stato membro in cui ha sede l’impresa che ha distaccato alcuni lavoratori nel territorio di un altro Stato membro, in forza della quale è vietata la cessione di crediti derivanti da rapporti di lavoro, possa ostare a che un sindacato, come il Sähköalojen ammattiliitto, presenti un ricorso dinanzi a un giudice del secondo di tali Stati membri, nel quale viene eseguita la prestazione lavorativa, al fine di recuperare taluni crediti salariali di tali lavoratori distaccati che sono stati ad esso ceduti.

 

20      A tal riguardo, occorre constatare che risulta non solo dalle informazioni fornite alla Corte dal giudice del rinvio, ma altresì dalle risposte alle questioni sollevate in udienza dinanzi alla Corte, che la legittimazione ad agire, dinanzi al giudice del rinvio, del Sähköalojen ammattiliitto è disciplinata dal diritto processuale finlandese, applicabile in base al principio della lex fori. È peraltro pacifico che, secondo il suddetto diritto finlandese, il ricorrente dispone della legittimazione ad agire in nome dei lavoratori distaccati.

 

21      Pertanto, la normativa contenuta nel codice del lavoro polacco, fatta valere dall’ESA, non è pertinente con riferimento alla legittimazione ad agire, dinanzi al giudice del rinvio, del Sähköalojen ammattiliitto e non osta al diritto di quest’ultimo di presentare un ricorso dinanzi al Satakunnan käräjäoikeus.

 

22      Si deve peraltro rilevare che l’oggetto del procedimento principale riguarda la determinazione della portata della nozione di «tariffe minime salariali», ai sensi della direttiva 96/71, cui possono aver diritto i lavoratori polacchi distaccati in Finlandia.

 

23      Orbene, risulta senza ambiguità dall’articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, della suddetta direttiva che le questioni vertenti sulle tariffe minime salariali ai sensi di quest’ultima sono disciplinate, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, dalla normativa dello Stato membro in cui i lavoratori sono distaccati per fornire la prestazione lavorativa, ossia, nel caso di specie, la Repubblica di Finlandia.

 

24      Inoltre, risulta in particolare dal tenore letterale della seconda questione sollevata dal giudice del rinvio che la cessione dei crediti salariali di cui ha beneficiato il Sähköalojen ammattiliitto al fine di recuperarli a favore dei lavoratori distaccati è conforme al diritto finlandese e che, peraltro, l’impresa polacca che ha assunto tali lavoratori dispone in Finlandia di una succursale presso la quale questi ultimi sono stati distaccati.

 

25      In tale contesto, contrariamente a quanto afferma l’ESA dinanzi al giudice del rinvio, non sussiste nel caso di specie alcun motivo che possa rimettere in discussione l’azione promossa dal Sähköalojen ammattiliitto dinanzi al Satakunnan käräjäoikeus.

 

26      Si deve dunque rispondere alle prime cinque questioni dichiarando che, in circostanze come quelle oggetto del procedimento principale, la direttiva 96/71, letta alla luce dell’articolo 47 della Carta, osta a che una normativa dello Stato membro in cui ha sede l’impresa che ha distaccato alcuni lavoratori nel territorio di un altro Stato membro, in forza della quale è vietata la cessione di crediti derivanti da rapporti di lavoro, possa impedire la presentazione di un ricorso da parte di un sindacato, come il Sähköalojen ammattiliitto, dinanzi a un giudice del secondo di tali Stati membri, nel quale viene eseguita la prestazione lavorativa, al fine di recuperare, a favore dei lavoratori distaccati, taluni crediti salariali attinenti al salario minimo, ai sensi della direttiva 96/71, e che sono stati ad esso ceduti, essendo tale cessione conforme al diritto vigente in quest’ultimo Stato.

 

 Sulla sesta questione

 

27      Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3 della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, debba essere interpretato nel senso che osta a che siano esclusi dal salario minimo taluni elementi retributivi, come quelli oggetto del procedimento principale, che risultano dalla nozione di salario orario di base o di salario a cottimo garantito, a seconda dell’inquadramento in gruppi salariali, dalla concessione di una gratifica per ferie, di indennità giornaliere e per il tragitto giornaliero, nonché di un rimborso delle spese dell’alloggio, i quali sono definiti da un contratto collettivo rientrante nell’allegato di tale direttiva, di applicazione generale nello Stato membro in cui è avvenuto il distacco dei lavoratori interessati, oppure, per quanto riguarda la concessione di buoni pasto, sono previsti dal rapporto di lavoro tra i lavoratori distaccati e il loro datore di lavoro nello Stato membro di origine.

 

28      A tale riguardo, occorre ricordare che il legislatore dell’Unione europea ha adottato la direttiva 96/71, come risulta dal considerando 6 della stessa, al fine di prevedere, nell’interesse dei datori di lavoro e del loro personale, le condizioni di lavoro e di occupazione applicabili al rapporto di lavoro nel caso in cui un’impresa stabilita in un certo Stato membro distacchi temporaneamente lavoratori sul territorio di un altro Stato membro nell’ambito di una prestazione di servizi (sentenze Laval un Partneri, C-341/05, EU:C:2007:809, punto 58, e Isbir, C-522/12, EU:C:2013:711, punto 33).

 

29      Infatti, al fine di garantire il rispetto di un nucleo di norme imperative di protezione minima, l’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 96/71 dispone che gli Stati membri provvedano affinché, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, nell’ambito di una prestazione di servizi transnazionale le imprese garantiscano ai lavoratori distaccati nel loro territorio le condizioni di lavoro e di occupazione relative alle materie indicate in tale disposizione (sentenza Laval un Partneri, EU:C:2007:809, punto 73).

 

30      In tale contesto, si deve osservare che l’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 96/71 ha un duplice obiettivo. Da un lato, esso mira a garantire una leale concorrenza tra le imprese nazionali e quelle che svolgono una prestazione di servizi transnazionale, imponendo a queste ultime di riconoscere ai loro dipendenti, in una limitata serie di materie, le condizioni di lavoro e di occupazione stabilite nello Stato membro ospitante. Dall’altro lato, la medesima disposizione ha lo scopo di garantire ai lavoratori distaccati l’applicazione delle norme di protezione minima dello Stato membro ospitante per quanto riguarda le condizioni di lavoro e di occupazione relative alle materie di cui trattasi nel periodo in cui gli stessi svolgono temporaneamente un’attività lavorativa sul territorio di tale Stato membro (sentenza Laval un Partneri, EU:C:2007:809, punti 74 e 76).

 

31      Tuttavia, è opportuno sottolineare che la suddetta direttiva non ha armonizzato il contenuto sostanziale di tali norme vincolanti di protezione minima, sebbene essa fornisca talune informazioni in merito ad esso.

 

32      Si deve infatti osservare, da un lato, che l’articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 96/71 fa espresso rinvio, ai fini della medesima direttiva, per determinare le tariffe minime salariali di cui all’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva alla legislazione o alla prassi nazionale dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato (sentenza Isbir, EU:C:2013:711, punto 36).

 

33      Dall’altro lato, l’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della suddetta direttiva precisa, per quanto riguarda le indennità specifiche per il distacco, in che misura tali elementi retributivi sono considerati parte integrante del salario minimo nel contesto delle condizioni di lavoro e di occupazione di cui all’articolo 3 della medesima direttiva.

 

34      Pertanto, fatto salvo quanto indicato all’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 96/71, la definizione di quali siano gli elementi costitutivi della nozione di salario minimo, per l’applicazione di tale direttiva, rientra nell’ambito del diritto dello Stato membro in cui avviene il distacco, fermo restando che tale definizione, come risulta dalla legislazione o dai pertinenti contratti collettivi nazionali o dall’interpretazione che ne danno i giudici nazionali, non può avere l’effetto di ostacolare la libera prestazione dei servizi tra gli Stati membri (sentenza Isbir, EU:C:2013:711, punto 37).

 

35      A questo proposito, va osservato che la Corte ha già avuto occasione di qualificare taluni elementi retributivi come non facenti parte del salario minimo.

 

36      È infatti giurisprudenza costante della Corte che le maggiorazioni e i supplementi che non sono riconosciuti quali componenti della retribuzione minima dalla normativa o dalla prassi nazionale dello Stato membro sul territorio del quale il lavoratore è distaccato e che modificano il rapporto tra la prestazione del lavoratore, da un lato, ed il corrispettivo percepito, dall’altro, non possono essere considerati, a termini delle disposizioni della direttiva 96/71, come componenti di tal genere (sentenze Commissione/Germania, C-341/02, EU:C:2005:220, punto 39, e Isbir, EU:C:2013:711, punto 38).

 

37      È alla luce delle considerazioni sin qui svolte che occorre esaminare i diversi elementi retributivi menzionati dal giudice del rinvio, al fine di stabilire se essi siano parte integrante del salario minimo, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 96/71.

 

 Il salario garantito per il lavoro su base oraria e/o a cottimo, a seconda dell’inquadramento dei lavoratori in gruppi retributivi

 

38      Ai fini della risoluzione della controversia pendente dinanzi ad esso, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, debba essere interpretato nel senso che esso osta a un calcolo del salario minimo orario e/o a cottimo basato sull’inquadramento dei lavoratori in gruppi retributivi, come previsto dai pertinenti contratti collettivi dello Stato membro ospitante.

 

39      A tal riguardo, occorre rilevare che risulta esplicitamente dal tenore letterale dell’articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 96/71 che le tariffe minime salariali sono definite dalla legislazione e/o dalle prassi nazionali dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato. Tale formulazione implica che anche le modalità di calcolo delle suddette tariffe e i criteri ad esso applicati siano di competenza dello Stato membro ospitante.

 

40      Da quanto precede deriva che, in primo luogo, le norme vigenti nello Stato membro ospitante possono determinare se il calcolo del salario minimo debba essere effettuato su base oraria o a cottimo. Tuttavia, per essere opponibili al datore di lavoro che distacca i suoi lavoratori in tale Stato membro, tali norme devono essere vincolanti e soddisfare i requisiti di trasparenza, il che implica, in particolare, che esse siano accessibili e chiare.

 

41      Pertanto, in applicazione di tali criteri, il salario minimo calcolato facendo riferimento ai contratti collettivi pertinenti non può dipendere dalla libera scelta del datore di lavoro che distacca alcuni dipendenti al solo fine di proporre un costo del lavoro minore rispetto a quello dei lavoratori locali.

 

42      Nel procedimento principale, spetta al giudice nazionale verificare il carattere vincolante e trasparente delle norme sul calcolo del salario minimo applicate in forza dei pertinenti contratti collettivi.

 

43      Da quanto precede risulta che, in secondo luogo, le norme sull’inquadramento dei lavoratori in gruppi retributivi, applicate nello Stato membro ospitante sulla base di diversi criteri, quali, in particolare, la qualifica, la formazione, l’esperienza dei lavoratori e/o la natura del lavoro svolto da questi ultimi, si applicano al posto delle norme applicabili ai lavoratori distaccati nello Stato membro di origine. È soltanto nell’ambito di un raffronto tra le condizioni di lavoro e di occupazione, di cui all’articolo 3, paragrafo 7, primo comma, della direttiva 96/71, applicate nello Stato membro di origine e quelle vigenti nello Stato membro ospitante che l’inquadramento effettuato dallo Stato membro di origine deve essere preso in considerazione, qualora sia più favorevole per il lavoratore.

 

44      Tuttavia, per essere opponibili al datore di lavoro che distacca alcuni lavoratori, le norme di inquadramento di questi ultimi in gruppi retributivi, applicate nello Stato membro ospitante, devono anche essere vincolanti e soddisfare i requisiti di trasparenza, il che significa, in particolare, che esse devono essere accessibili e chiare. Spetta al giudice nazionale verificare se tali requisiti sono soddisfatti nel procedimento principale.

 

45      Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, si deve concludere che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a un calcolo del salario minimo orario e/o a cottimo, basato sull’inquadramento dei lavoratori in gruppi retributivi, come previsto dai pertinenti contratti collettivi dello Stato membro ospitante, purché tale calcolo e tale inquadramento siano effettuati sulla base di norme vincolanti e trasparenti, accertamento questo che spetta al giudice nazionale.

 

 L’indennità giornaliera

 

46      Riguardo alla questione se un’indennità giornaliera, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, sia parte integrante del salario minimo, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 96/71, occorre osservare che dal fascicolo a disposizione della Corte emerge che i pertinenti contratti collettivi di lavoro in Finlandia prevedono la concessione di un’indennità giornaliera ai lavoratori distaccati. Conformemente a tali contratti, la suddetta indennità è concessa sotto forma di pagamento giornaliero di una somma fissa, il cui importo, nel periodo di cui trattasi, era compreso tra EUR 34 e 36.

 

47      Emerge dal fascicolo che tale indennità non è versata ai lavoratori a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 96/71.

 

48      Infatti, l’indennità in parola è destinata a garantire la tutela sociale dei lavoratori interessati, compensando i disagi dovuti al distacco rappresentati dall’allontanamento degli stessi dal loro ambiente abituale.

 

49      Ne consegue che una siffatta indennità deve essere qualificata come «indennità specifica per il distacco», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 96/71.

 

50      Orbene, conformemente alla suddetta disposizione, tale indennità è parte integrante del salario minimo.

 

51      Ciò premesso, detta indennità giornaliera deve essere versata a taluni lavoratori distaccati, come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, nella stessa misura in cui ne beneficiano i lavoratori locali in occasione di un distacco nel territorio finlandese.

 

52      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte si deve concludere che un’indennità giornaliera, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo a condizioni identiche a quelle cui è subordinata l’inclusione di tale indennità nel salario minimo versato ai lavoratori locali in occasione di un loro distacco all’interno dello Stato membro interessato.

 

 L’indennità per il tragitto giornaliero

 

53      Va osservato, in via preliminare, che nella parte in cui riguarda l’indennità per il tragitto giornaliero, la questione sollevata verte non già sulla compensazione dei costi per gli spostamenti effettuati dai lavoratori interessati per recarsi al loro luogo di lavoro e fare da esso ritorno, bensì soltanto sull’aspetto relativo a se l’articolo 3 della direttiva 96/71 debba essere interpretato nel senso che una compensazione per il tempo del tragitto giornaliero deve essere considerata un elemento del salario minimo di tali lavoratori.

 

54      Secondo le pertinenti disposizioni dei contratti collettivi finlandesi, un’indennità per il tragitto è versata ai lavoratori se la durata del tragitto di andata e ritorno che questi ultimi effettuano quotidianamente eccede un’ora.

 

55      Occorre precisare a tal riguardo che, per calcolare tale durata, è importante determinare il tempo effettivamente impiegato dai lavoratori distaccati di cui trattasi, nelle circostanze specifiche del caso in questione, per effettuare il tragitto dal luogo dell’ubicazione dell’alloggio in Finlandia a quello del loro lavoro sul cantiere situato in tale Stato membro. Spetta al giudice del rinvio decidere, alla luce dei fatti oggetto del procedimento principale, se i lavoratori di cui trattasi soddisfano il requisito relativo alla durata, previsto dalla normativa applicabile in Finlandia per il versamento dell’indennità per il tragitto.

 

56      Al riguardo occorre considerare che qualora una siffatta indennità per il tragitto non sia versata a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute dal lavoratore a causa del distacco, essa deve essere considerata, conformemente all’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 96/71, come un’indennità specifica per il distacco e, dunque, come facente parte integrante del salario minimo.

 

57      Si deve dunque considerare che un’indennità per il tragitto, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che è versata ai lavoratori a condizione che la durata del tragitto giornaliero che essi effettuano per recarsi sul loro luogo di lavoro e per fare da esso ritorno ecceda un’ora, deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo dei lavoratori distaccati, sempreché tale condizione sia soddisfatta, accertamento questo che spetta al giudice nazionale.

 

       Accollo dei costi di alloggio

 

58      Riguardo alla questione se l’articolo 3 della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, debba essere interpretato nel senso che l’accollo dei costi di alloggio dei lavoratori di cui trattasi deve essere considerato un elemento del salario minimo degli stessi, si deve constatare che così non può essere stando alla formulazione dell’articolo 3, paragrafo 7, di detta direttiva.

 

59      Infatti, sebbene tale formulazione escluda soltanto il rimborso delle spese di alloggio effettivamente sostenute a causa del distacco, e se è vero che, secondo le informazioni a disposizione della Corte, l’ESA abbia preso a carico tali spese dei lavoratori interessati senza che questi ultimi abbiano dovuto anticiparle e chiederne il rimborso, la modalità dell’accollo dei costi scelta dall’ESA non rileva ai fini della qualificazione giuridica di tali spese.

 

60      In aggiunta, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 111 delle sue conclusioni, l’obiettivo stesso dell’articolo 3, paragrafo 7, della direttiva 96/71 non può consentire che vengano prese in considerazione, nel calcolo del salario minimo dei lavoratori distaccati, le spese connesse all’alloggio di questi ultimi.

 

 I buoni pasto

 

61      Relativamente all’interpretazione dell’articolo 3 della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, per quanto riguarda la nozione di salario minimo con riferimento alla presa in considerazione di buoni pasto distribuiti dall’ESA ai lavoratori di cui trattasi, si deve osservare che la distribuzione di tali buoni non trova fondamento né nelle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro ospitante, né nei pertinenti contratti collettivi fatti valere dal Sähköalojen ammattiliitto, bensì trae origine dal rapporto di lavoro costituito, in Polonia, tra i lavoratori distaccati e l’ESA, loro datore di lavoro.

 

62      Inoltre, al pari del versamento delle indennità accordate al fine di compensare le spese di alloggio, tali indennità sono versate a titolo di compensazione del costo della vita effettivamente sostenuto dai lavoratori a causa del loro distacco.

 

63      Pertanto, risulta chiaramente dallo stesso tenore letterale dell’articolo 3, paragrafi 1 e 7, della direttiva 96/71 che le suddette indennità non devono essere considerate come facenti parte integrante del salario minimo, ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva.

 

 La gratifica per ferie

 

64      Riguardo alla concessione di una gratifica per ferie, occorre ricordare, in via preliminare, che, a norma dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, ogni lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite.

 

65      Tale diritto, precisato all’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9), a cui tale direttiva non consente di derogare, riconosce a ogni lavoratore il diritto di beneficiare di un periodo di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Il diritto alle ferie annuali retribuite, che, secondo costante giurisprudenza, deve essere considerato come un principio di diritto sociale dell’Unione che riveste un’importanza particolare, è dunque accordata a ogni lavoratore, indipendentemente dalla sua sede di servizio nell’Unione (v., in tal senso, sentenze Schultz-Hoff e a., C-350/06 e C-520/06, EU:C:2009:18, punto 54, nonché Lock, C-539/12, EU:C:2014:351, punto 14).

 

66      Inoltre, risulta chiaramente dalla giurisprudenza della Corte che l’espressione «ferie annuali retribuite», che compare all’articolo 31 della Carta e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, significa che, per la durata delle ferie annuali ai sensi di tali disposizioni, la retribuzione deve essere mantenuta e che, in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (v. sentenze Robinson-Steele e a., C-131/04 e C-257/04, EU:C:2006:177, punto 50, nonché Lock, EU:C:2014:351, punto 16).

 

67      Infatti, secondo tale giurisprudenza, la direttiva 2003/88 tratta il diritto alle ferie annuali e quello all’ottenimento di un pagamento a tal titolo come due aspetti di un unico diritto. L’obbligo di monetizzare queste ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro (v. sentenza Lock, EU:C:2014:351, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

 

68      Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 89 delle sue conclusioni, la gratifica per ferie è intrinsecamente correlata alla retribuzione che il lavoratore riceve in cambio dei servizi resi.

 

69      Ne consegue che l’articolo 3 della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, deve essere interpretato nel senso che la gratifica minima per ferie, che deve essere accordata al lavoratore, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, lettera b), di tale direttiva, per la durata minima delle ferie annuali retribuite, corrisponde al salario minimo cui tale lavoratore ha diritto durante il periodo di riferimento.

 

70      Dall’insieme delle considerazioni sin qui svolte risulta che si deve rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafi 1 e 7, della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, deve essere interpretato nel senso che:

 

        esso non osta a un calcolo del salario minimo orario e/o a cottimo, basato sull’inquadramento dei lavoratori in gruppi retributivi, come previsto dai pertinenti contratti collettivi dello Stato membro ospitante, purché tale calcolo e tale inquadramento siano effettuati sulla base di norme vincolanti e trasparenti, accertamento questo che spetta al giudice nazionale;

 

        un’indennità giornaliera, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo a condizioni identiche a quelle cui è subordinata l’inclusione di tale indennità nel salario minimo versato ai lavoratori locali in occasione di un loro distacco all’interno dello Stato membro interessato;

 

        un’indennità per il tragitto giornaliero, che è versata ai lavoratori a condizione che la durata del tragitto che essi effettuano per recarsi sul loro luogo di lavoro e per fare da esso ritorno ecceda un’ora, deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo dei lavoratori distaccati, sempreché tale condizione sia soddisfatta, accertamento questo che spetta al giudice nazionale;

 

        l’accollo dei costi di alloggio di tali lavoratori non deve essere considerato un elemento del salario minimo degli stessi;

 

        un’indennità concessa sotto forma di buoni pasto distribuiti ai suddetti lavoratori non deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo degli stessi, e

 

        la gratifica per ferie che deve essere accordata ai lavoratori distaccati per la durata minima delle ferie annuali retribuite corrisponde al salario minimo cui tali lavoratori hanno diritto durante il periodo di riferimento.

 

 Sulle spese

 

71      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

1)      In circostanze come quelle oggetto del procedimento principale, la direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, letta alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, osta a che una normativa dello Stato membro in cui ha sede l’impresa che ha distaccato alcuni lavoratori nel territorio di un altro Stato membro, in forza della quale è vietata la cessione di crediti derivanti da rapporti di lavoro, possa impedire la presentazione di un ricorso da parte di un sindacato, come il Sähköalojen ammattiliitto ry, dinanzi a un giudice del secondo di tali Stati membri, nel quale viene eseguita la prestazione lavorativa, al fine di recuperare, a favore dei lavoratori distaccati, taluni crediti salariali attinenti al salario minimo, ai sensi della direttiva 96/71, che sono stati ad esso ceduti, essendo tale cessione conforme al diritto vigente in quest’ultimo Stato membro.

 

2)      L’articolo 3, paragrafi 1 e 7, della direttiva 96/71, letto alla luce degli articoli 56 TFUE e 57 TFUE, deve essere interpretato nel senso che:

 

        esso non osta a un calcolo del salario minimo orario e/o a cottimo, basato sull’inquadramento dei lavoratori in gruppi retributivi, come previsto dai pertinenti contratti collettivi dello Stato membro ospitante, purché tale calcolo e tale inquadramento siano effettuati sulla base di norme vincolanti e trasparenti, accertamento questo che spetta al giudice nazionale;

 

        un’indennità giornaliera, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo a condizioni identiche a quelle cui è subordinata l’inclusione di tale indennità nel salario minimo versato ai lavoratori locali in occasione di un loro distacco all’interno dello Stato membro interessato.

 

        un’indennità per il tragitto giornaliero, che è versata ai lavoratori a condizione che la durata del tragitto giornaliero che essi effettuano per recarsi sul loro luogo di lavoro e per fare da esso ritorno ecceda un’ora, deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo dei lavoratori distaccati, sempreché tale condizione sia soddisfatta, accertamento questo che spetta al giudice nazionale;

 

        l’accollo dei costi di alloggio di tali lavoratori non deve essere considerato un elemento del salario minimo degli stessi;

 

        un’indennità concessa sotto forma di buoni pasto distribuiti ai suddetti lavoratori non deve essere considerata come facente parte integrante del salario minimo degli stessi, e

 

        la gratifica per ferie che deve essere accordata ai lavoratori distaccati per la durata minima delle ferie annuali retribuite corrisponde al salario minimo cui tali lavoratori hanno diritto durante il periodo di riferimento.

 

Firme

 

* Lingua processuale: il finlandese.

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