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Consiglio di Stato, Sez. VI, 26/1/2015 n. 334
La definizione di mercato rilevante non è connotata in senso meramente geografico o spaziale, ma è relativa all'ambito di territorio in cui l'intento anticoncorrenziale è suscettibile di produrre i suoi effetti.

Il servizio di distribuzione del gas naturale è svolto in monopolio legale e l'unica forma di concorrenza possibile è quella relativa alla partecipazione alle gare per l'affidamento delle concessioni venute a scadenza (c.d. concorrenza per il mercato). Secondo l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, quindi, il mercato rilevante coincide con lo stesso servizio con riferimento al singolo accordo relativo all'area geografica locale e, quindi, con le singole gare. Come ampiamente rilevato dalla giurisprudenza, l'estensione di tale concetto (che spetta all'Autorità definire concretamente, essendo frutto di una valutazione non censurabile nel merito da parte del giudice amministrativo, se non per vizi di illogicità estrinseca), ben può essere desunta all'esito dell'esame della singola e specifica condotta della quale sia sospettata la portata anticoncorrenziale; inoltre, e correlativamente, il mercato rilevante può coincidere con la singola gara nella quale tale condotta venga ad incidere. La definizione di mercato rilevante non è, perciò, connotata in senso meramente geografico o spaziale, ma è relativa anche e soprattutto all'ambito nel quale l'intento anticoncorrenziale ha, o avrebbe, capacità di incidere e attitudine allo stravolgimento della corretta dinamica concorrenziale, sicché, nelle ipotesi di intese restrittive della concorrenza, la definizione del mercato rilevante è direttamente correlata al contesto in cui si inquadra il comportamento collusivo tra le imprese coinvolte. Come a più riprese è stato chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, in tali ipotesi l'individuazione e la definizione del mercato rilevante è successiva rispetto all'individuazione dell'intesa nei suoi elementi oggettivi, in quanto sono l'ampiezza e l'oggetto dell'intesa a circoscrivere il mercato su cui l'abuso è commesso. Pertanto il provvedimento del 17 aprile 2013, con cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha censurato la complessa operazione di concentrazione consistente nel passaggio del controllo congiunto di un impresa ad altre società operanti nel settore della distribuzione del gas naturale, si manifesta congruamente e logicamente motivato nel rilevare che indizi gravi, precisi e concordanti rendono palese l'esistenza di un intento anticoncorrenziale, preordinato a produrre effetti non occasionali mediante la partecipazione della nuova impresa comune IRG alle previste gare d'ambito. Legittimamente e condivisibilmente, quindi, l'Autorità ha ritenuto che, attraverso la suddetta operazione le società contraenti abbiano avuto lo scopo di ripartirsi il mercato, integrando così l'infrazione prevista dall'art. 2 lett. c) della l.n. 287 del 1990, mediante l'azzeramento della competizione, quantomeno tra di esse.

Materia: gas / disciplina

N. 00334/2015REG.PROV.COLL.

 

N. 05325/2014 REG.RIC.

 

N. 05327/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5325 del 2014, proposto da:

Autorità garante della concorrenza e del mercato – Antitrust in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

contro

Società italiana per il gas - Italgas s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Caia, Gianluigi Tosato, Marco Reggiani, con domicilio eletto presso Gian Luigi Tosato in Roma, via Sallustiana, 26;

 

nei confronti di

Acegas - Aps s.p.a.;

sul ricorso numero di registro generale 5327 del 2014, proposto da:

Autorità garante della concorrenza e del mercato – Antitrust in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

contro

Acegas - Aps s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Caia e Gianluigi Tosato, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Sallustiana, 26;

 

nei confronti di

Società italiana per il gas - Italgas s.p.a.;

 

per la riforma

quanto al ricorso n. 5325 del 2014:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I n. 3047/2014, resa tra le parti, concernente divieto di esecuzione di un'operazione di concentrazione consistente nel passaggio del controllo congiunto della società Irg da Eni s.p.a. ed Acegas-Aps s.p.a. ad Italgas s.p.a. ed Acegas-Aps s.p.a. (art. 18, comma 1, l. n. 287/1990)

quanto al ricorso n. 5327 del 2014:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I n. 3046/2014, resa tra le parti, avente il medesimo oggetto.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle società intimate in entrambi i ricorsi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Grasso e gli avvocati Caia e Tosato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in avanti: Autorità) chiede la riforma delle sentenze, di identico tenore, con la quali il Tribunale amministrativo del Lazio ha accolto due distinti ricorsi proposti dalla società Italgas e dalla società Acegas-Aps avverso il provvedimento del 17 aprile 2013 recante il divieto di esecuzione di un’operazione di concentrazione consistente nel passaggio del controllo congiunto della società Isontina Reti Gas (IRG) da Eni s.p.a. ed Acegas-Aps s.p.a. ad Italgas s.p.a. ed Acegas-Aps s.p.a.

I) L’operazione era stata comunicata all’Autorità il 27 dicembre 2012 e se ne prevedeva lo svolgimento in due fasi, la prima regolata da due distinti contratti preliminari di compravendita aventi ad oggetto la partecipazione di Eni in IRG; con il primo, Eni si impegna a cedere ad Italgas il 50% delle azioni possedute in IRG, mentre con il secondo, Eni si impegna a cedere ad Acegas-Aps il restante 20% delle azioni possedute in IRG.

La seconda fase è regolata da un contratto quadro stipulato tra Acegas-Aps e Italgas in data 10 dicembre 2012 (di seguito, “contratto quadro”), secondo il quale, successivamente all’esecuzione dei suddetti contratti di cessione delle partecipazioni, Italgas e Acegas-Aps avrebbero conferito in IRG i rami d’azienda attualmente gestiti singolarmente e relativi agli affidamenti e alle concessioni di distribuzione del gas naturale nei Comuni delle province di Padova, Pordenone e Trieste nei quali esse sono presenti, i relativi atti amministrativi e convenzioni, le reti, gli impianti, le dotazioni patrimoniali e gli altri beni strumentali di cui le due società sono titolari e le relative passività.

All’esito dei conferimenti, il capitale sociale di IRG sarebbe dovuto risultare in capo a Italgas per il 49%, e per il 51% a Acegas-Aps, le quali avrebbero avuto il controllo congiunto di IRG.

Con ulteriori pattuizioni il Contratto prevedeva l’attribuzione a Italgas e Acegas-Aps della gestione (operativa e amministrativa) delle attività relative alla partecipazione alle gare e della gestione delle concessioni eventualmente aggiudicate, la stipula di un contratto di affitto di ramo d’azienda tra Italgas e IRG avente ad oggetto la gestione del personale dipendente di IRG, l’astensione di Italgas e Acegas-Aps dalla partecipazione alle future gare nei territori in cui IRG avrebbe dovuto operare.

Dopo aver acquisito ulteriori informazioni dalle parti, in data 5 marzo 2013 l’Autorità ha avviato, ai sensi dell’articolo 16, comma 4, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, l’istruttoria nei confronti delle società Italgas e Acegas-Aps, ritenendo che l’operazione potesse essere idonea a costituire o rafforzare una posizione dominante con possibili effetti restrittivi della concorrenza nei mercati delle gare per le concessioni della distribuzione del gas che si svolgeranno negli ambiti territoriali minimi (Atem, costituiti con il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 19 gennaio 2011) di Padova 1, Padova 2, Padova 3, Pordenone, Trieste e Gorizia.

A seguito del procedimento svoltosi in contraddittorio con le parti, il 4 Aprile l’Autorità ha notificato alle parti la comunicazione delle risultanze istruttorie e il successivo 11 aprile si è svolta l’audizione finale davanti al collegio, in esito alla quale è stato emesso il provvedimento n. 24320 del 17 aprile 2013 il quale parte dal presupposto che lo scopo dell’operazione sia la partecipazione congiunta alle prossime gare nei sei Atem indicati; dunque, ad avviso della Autorità, l’operazione sarebbe da valutare alla luce degli effetti della stessa non già sull’attuale mercato della distribuzione del gas, bensì sui mercati rilevanti che si formeranno al momento della celebrazione delle citate gare d’ambito.

L’operazione sarebbe quindi idonea a creare una posizione dominante di IRG, con conseguente riduzione significativa della concorrenza nelle future gare relative a quattro dei sei citati Atem (Trieste, Gorizia, Pordenone e Padova 1), altrimenti essendo le parti tra loro potenziali concorrenti nelle future gare, e deve quindi essere vietata.

Le società Italgas e Acegas-Aps hanno impugnato davanti al Tribunale amministrativo del Lazio il suddetto provvedimento che, con le sentenze oggetto degli appelli in esame (che devono essere riuniti, data l’identità del decisum), è stato annullato.

II) Le sentenze impugnate hanno preliminarmente chiarito l’ambito del mercato rilevante, riconoscendo che la relativa definizione costituisce il necessario presupposto della analisi di compatibilità della operazione di concentrazione con la tutela della concorrenza.

L’Autorità, con il provvedimento impugnato, ha ritenuto (paragrafo 71 del provvedimento impugnato), che “l’operazione in questione dispiega i propri effetti nei mercati rilevanti che si formeranno al momento della effettuazione delle gare d’ambito per il rilascio delle concessioni per lo svolgimento in esclusiva dell’attività di distribuzione del gas e non nel mercato della distribuzione del gas nel suo attuale assetto. Infatti, sulla base di quanto sopra illustrato, il servizio di distribuzione del gas naturale è svolto in monopolio legale e l’unica forma di concorrenza possibile è quella relativa alla partecipazione alle gare per l’affidamento delle concessioni venute a scadenza (c.d. concorrenza per il mercato)”. Secondo l’Autorità, quindi, il mercato rilevante coincide con lo stesso servizio con riferimento al singolo accordo relativo all’area geografica locale e, quindi, con le singole gare.

Le sentenze hanno ritenuto illegittima questa ricostruzione, dal momento che la mera sussistenza di una situazione di “monopolio dal lato dell’offerta” non può in alcun modo caratterizzare l’ambito territoriale se questo non assume alcuna peculiarità rispetto ai numerosi analoghi mercati locali; inoltre, nella fattispecie appare assente il presupposto della rilevanza del mercato in considerazione del fatto che le gare in esame riguardano solo quattro Atem e, conseguentemente, una minima quota del mercato nazionale.

II.a) L’appello svolto sul punto dall’Autorità è fondato.

Come ampiamente rilevato dalla giurisprudenza (da ultimo, proprio con riferimento alle gare d’ambito, Consiglio di Stato, sez. VI, 4 novembre 2014, n. 5423), l’estensione di tale concetto (che spetta all’Autorità definire concretamente, essendo frutto di una valutazione non censurabile nel merito da parte del giudice amministrativo, se non per vizi di illogicità estrinseca), ben può essere desunta all’esito dell’esame della singola e specifica condotta della quale sia sospettata la portata anticoncorrenziale; inoltre, e correlativamente, il mercato rilevante può coincidere con la singola gara nella quale tale condotta venga ad incidere.

La definizione di mercato rilevante non è, perciò, connotata in senso meramente geografico o spaziale, ma è relativa anche e soprattutto all’ambito nel quale l’intento anticoncorrenziale ha, o avrebbe, capacità di incidere e attitudine allo stravolgimento della corretta dinamica concorrenziale, sicché, nelle ipotesi di intese restrittive della concorrenza, la definizione del mercato rilevante è direttamente correlata al contesto in cui si inquadra il comportamento collusivo tra le imprese coinvolte (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2837). Come a più riprese è stato chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, in tali ipotesi l'individuazione e la definizione del mercato rilevante è successiva rispetto all'individuazione dell'intesa nei suoi elementi oggettivi, in quanto sono l'ampiezza e l'oggetto dell'intesa a circoscrivere il mercato su cui l'abuso è commesso.

Se, quindi, l'individuazione del mercato rilevante, nel caso di intesa restrittiva della concorrenza vietata dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990, è funzionale alla delimitazione dell'ambito nel quale l'intesa può restringere o falsare il meccanismo concorrenziale, non è dubbio che le conclusioni alle quali è giunta la sentenza impugnata si manifestano, sul punto, erronee. Tali conclusioni sono, in effetti, collegate a una considerazione preventiva e aprioristica, meramente geografica e percentuale dell’ambito di riferimento, laddove, come si è detto, la rilevante peculiarità che contraddistingue l'individuazione del mercato rilevante nel caso delle intese vietate presuppone il preventivo accertamento del grado di offensività della condotta (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2008, n. 424).

Nella fattispecie in esame l’Autorità ha definito il mercato rilevante prendendo le mosse dal servizio oggetto della concessione messa in gara per un ambito di dimensione geografica locale, nel quale “l’unica forma di concorrenza possibile è quella relativa alla partecipazione alle gare per l’affidamento delle concessioni venute a scadenza (c.d. concorrenza per il mercato)”, e ha considerato, quindi, coincidente il mercato rilevante con la singola gara, poiché è in tale ambito che il comportamento dei concorrenti assume rilevanza. Non condivisibile, come si è detto, è la ricostruzione operata dal Tribunale amministrativo, il quale non ha tenuto conto del fatto che, nell’ambito del servizio di cui trattasi, non ci sono, né sono prevedibili, gare di dimensione nazionale, ma solo gare per singoli ambiti.

III) Il primo giudice ha poi preso in esame l’accertamento, da parte dell’Autorità, della finalità della operazione di concentrazione, finalità individuata nella partecipazione congiunta alle gare negli Atem interessati per il tramite di un veicolo societario comune (IRG).

Come si legge nel provvedimento impugnato, le stesse parti interessate “hanno in più occasioni dichiarato che lo scopo dell’operazione è proprio quello di avvalersi del controllo congiunto di IRG,…in vista della partecipazione alle gare per l’assegnazione delle concessioni o l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale negli ambiti di riferimento relativi al territorio delle province italiane di Padova, Pordenone, Trieste e Gorizia…..Lo stesso perimetro delle cessioni di rami d’azienda dai soci la IRG è definito in funzione dei futuri ambiti territoriali d’interesse….le Parti intendono addirittura ritirarsi dalla partecipazione alle gare nei sei Atem in questione attraverso il Patto di non concorrenza…., individuando nella IRG l’unica modalità attraverso la quale operare nella distribuzione partecipando a tali gare….Le Parti non hanno mai fornito evidenze quantitative su quali siano gli effettivi guadagni di efficienza derivanti dall’operazione….Non può, infine, essere condiviso che, come sostenuto dalla difesa delle Parti, l’operazione consentirebbe di raggiungere gli obiettivi di maggiore razionalizzazione del settore, in coerenza con la ratio del d.lgs. n. 164/2000 su cui si basa l’intera riforma del settore. Infatti, benché la riforma miri a ridurre il numero degli operatori, aumentando la dimensione media degli stessi, attraverso l’istituzione di ambiti territoriali più ampi, è tuttavia evidente che l’individuazione di ben 177 Atem sia funzionale a mantenere una pluralità di operatori che garantisca la concorrenza nella partecipazione alle gare. In tal senso l’operazione in esame, che vede due dei tre più grandi operatori nazionali nella distribuzione, decidere la partecipazione congiunta tramite un comune veicolo societario a sei gare, non risulta certamente idonea a raggiungere l’obiettivo della norma che al più potrebbe essere perseguito attraverso la fusione di operatori di minore dimensione. Da tutto quanto precede consegue, quindi, che la valutazione della presente operazione deve essere effettuata con riferimento alle dinamiche concorrenziali che ragionevolmente si realizzeranno nelle gare d’ambito future per le concessioni della distribuzione del gas naturale”.

III.2) Contrariamente a quanto hanno ritenuto le sentenze impugnate, che ravvisa nell’operazione un metodo per realizzare economie di scala e miglioramenti operativi indipendenti dalle gare di Atem, la ricostruzione dell’Autorità è immune da vizi logici.

Secondo il primo giudice, non è sufficiente a legittimare l’intervento dell’Autorità che l’accordo limiti la concorrenza tra le parti, ma esso deve “ulteriormente dimostrarsi suscettibile di incidere negativamente sulla concorrenza del mercato in misura tale da poter produrre effetti negativi sui prezzi, la produzione, l’innovazione o la varietà e la qualità dei beni e dei servizi”; richiede, quindi, “una programmazione che si proponga di incidere in maniera sensibile sul mercato”, laddove l’operazione in esame non appare idonea a modificare la situazione esistente, dato che Italgas e Acegas-Aps già detenevano individualmente, nei quattro Atem considerati, quote molto elevate nel mercato.

Osserva il Collegio che tale ultima considerazione prova troppo, poiché svuota di significato l’obbligo stesso di effettuare le gare per tutti gli ambiti sovracomunali imposto dal d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, se la presenza preponderante di un operatore significa l’automatica attribuzione del servizio.

Al contrario, l’obbligo di porre a gara la scelta dell’operatore indica la necessità del pieno svolgimento della concorrenza, della quale l’Autorità ha ravvisato l’infrazione per effetto del comportamento delle società ricorrenti in primo grado, infrazione che ben può inserirsi anche nell’ambito delle gare relative alle nuove concessioni: e in questo senso il motivo assorbito in primo grado e riproposto dalle società appellate, attinente al preteso contrasto con il dimensionamento degli Atem non è fondato, data la diversa sfera provvedimentale in cui incide l’azione dell’Autorità rispetto a quella propria dell’organizzazione sul territorio del servizio pubblico di erogazione del gas, e data la condivisibilità delle considerazioni svolte in proposito dal provvedimento impugnato, sopra ricordate.

Tale comportamento è stato correttamente esaminato nella sue componenti oggettive e soggettive, dalle quali è emerso, secondo un giudizio scevro da vizi logici e/o di fatto, che “in assenza dell’operazione, le parti avrebbero tentato di sottrarsi l’un l’altra le concessioni relative agli Atem rilevanti, partecipando con offerte concorrenziali non solo alle gare per gli Atem nei quali ognuna è il gestore uscente…ma anche alle gare per gli Atem nei quali era l’altra parte ad avere una notevole presenza pregressa” E tale potenziale concorrenza, impedita dall’accordo, deriva da almeno due evidenze istruttorie, l’una attinente alla strategia che testimonia, per entrambe le società, l’interesse ad espandersi nell’area dove si trovano gli Atem rilevanti, senza limitarsi alla conferma in quelli dove già erano dominanti, e l’altra relativa alla presenza negli Atem rilevanti e/o limitrofi, oltre che alla loro capacità finanziaria.

Tali evidenze sono di per sé idonee a legittimare il divieto contestato in giudizio, senza che assumano rilevanza, contrariamente a quanto ha ritenuto il Tribunale amministrativo, ulteriori considerazioni attinenti a pretese finalità di maggiore efficienza operativa ed economica dell’azione delle società interessate, del tutto irrilevanti nell’ambito dell’indagine circa la potenziale distorsione della concorrenza; del resto, al fine della sussistenza dell'abuso è sufficiente l'oggetto e non anche il conseguimento dell'effetto anticoncorrenziale, il cui verificarsi rileva in termini di gravità della condotta e, di conseguenza, sulla quantificazione della sanzione pecuniaria.

Indipendentemente, quindi, dal profilo sottolineato nell’appello, secondo cui la sentenza si sarebbe erroneamente basata su criteri propri delle intese restrittive della concorrenza nell’esaminare una operazione di concentrazione (considerazione ininfluente, dal momento che sia le operazioni di concentrazione, sia le intese vengono poste sotto la lente dell’Autorità in quanto comportamenti potenzialmente restrittivi della concorrenza, indipendentemente dalla veste formale che assumono nel singolo caso), le sentenze impugnate meritano anche sul punto la riforma chiesta con l’appello, poiché il provvedimento contestato in giudizio si manifesta congruamente e logicamente motivato nel rilevare che indizi gravi, precisi e concordanti rendono palese l’esistenza di un intento anticoncorrenziale, preordinato a produrre effetti non occasionali mediante la partecipazione della nuova impresa comune IRG alle previste gare d’ambito.

Legittimamente e condivisibilmente, quindi, l’Autorità ha ritenuto che, attraverso l’operazione esaminata, le società contraenti abbiano avuto lo scopo di ripartirsi il mercato, integrando così l’infrazione prevista dall’art. 2 lettera c) della legge n. 287 del 1990, mediante l’azzeramento della competizione, quantomeno tra di esse: e trattasi, quest’ultima, di considerazione di per sé sufficiente a evidenziare la lesività del comportamento.

IV) I motivi assorbiti in primo grado e riproposti in appello non sono fondati.

Quanto al primo di essi, attinente al contrasto con il dimensionamento degli Atem, si è già detto.

Neppure sussiste la pretesa violazione dell’art. 16, comma 4, della legge n. 287 del 1990, poiché il successivo comma 7 consente di superare il termine di trenta giorni per l’avvio dell’istruttoria, ivi previsto, laddove le informazioni fornite dalle imprese siano “inesatte, incomplete o non veritiere”. Nella fattispecie in esame, con la nota del 24 gennaio 2013 l’Autorità ha richiesto informazioni aggiuntive alla comunicazione del 27 dicembre 2012, giudicandone necessaria l’acquisizione, con valutazione che non appare illogica.

La possibilità di accorpamento degli Atem, valorizzata dal successivo motivo riproposto, non costituisce una circostanza rilevante, dato che il provvedimento impugnato prende in esame una concreta condotta, così come verificatasi nei suoi elementi rilevanti e secondo i dati di fatto esistenti al momento.

Quanto alla scansione del procedimento, l’esame delle varie fasi evidenzia il rispetto dei diritti partecipativi e di difesa delle società interessate, così come l’accuratezza dell’istruttoria, anche con riferimento al coinvolgimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas secondo il protocollo d’intesa previsto dall’art. 46 del d.lgs. 1° giugno 2011, n. 93 e stipulato il 13 settembre 2012, coinvolgimento che sconta l’interesse comune al procedimento, che, nella fattispecie in esame, non è dato riscontrare, come evidenzia lo stesso provvedimento impugnato: anche le successive censure sono, quindi, infondate.

V) In conclusione, l’appello è fondato e deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione dei ricorsi di primo grado.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicato, li riunisce e li accoglie e, per l’effetto, in riforma delle sentenze impugnate, respinge i ricorsi di primo grado.

Condanna ciascuna società ricorrente in primo grado a rifondere all’Amministrazione appellante le spese del doppio grado del giudizio, nella misura di cinquemila euro a carico di ciascuna appellata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Roberto Giovagnoli,   Consigliere

Claudio Contessa,       Consigliere

Gabriella De Michele,            Consigliere

Roberta Vigotti,          Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/01/2015

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Note: Nelle gare del servizio gas il mercato rilevante coincide con il singolo ambito territoriale.
di Michele Nico

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