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TAR Puglia, Lecce, sez. II, 12/2/2015 n. 548
E' legittima la scelta di un'azienda sanitaria di autoprodurre i servizi di pulizia e sanificazione delle proprie strutture e di assumere il personale utilizzato dai precedenti gestori del servizio.

L'affidamento diretto, in house - lungi dal configurarsi come un'ipotesi eccezionale e residuale di gestione dei servizi pubblici locali costituisce invece una delle (tre) normali forme organizzative delle stesse, con la conseguenza che la decisione di un ente in ordine alla concreta gestione dei servizi pubblici locali, ivi compresa quella di avvalersi dell'affidamento diretto, in house (sempre che ne ricorrano tutti i requisiti delineatisi per effetto della normativa comunitaria e della relativa giurisprudenza), costituisce frutto di una scelta ampiamente discrezionale, che deve essere adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano e che, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed arbitrarietà ovvero non sia fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti. I suesposti principi, benché riferiti alla materia dei servizi pubblici locali, ben possono essere estesi all'odierna fattispecie, concernente la scelta di un'azienda sanitaria di autoprodurre i servizi di pulizia e sanificazione delle proprie strutture, considerato che il modello dell'in house providing nasce a livello comunitario proprio come alternativa all'appalto di servizi. Chiarito che l'opzione tra in house providing e otsoursing si risolve in una scelta discrezionale fra modelli organizzativi alternativi, che ogni P.A. è chiamata a operare entro margini di autonomia pienamente riconosciuti dall'ordinamento comunitario, nel caso di specie, la motivazione addotta dall'ASL a fondamento della propria scelta gestionale (maggiore convenienza economica della gestione in house rispetto all'acquisizione del servizio sul mercato) non è manifestamente illogica, irrazionale e arbitraria né fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti. Il costo stimato per l'affidamento in house risulta, infatti, essere inferiore a quelli finora sostenuti con gli operatori privati e persino a quello che l'Amministrazione si era impegnata a sostenere all'esito della adesione alla convenzione CONSIP.

E' legittima la delibera impugnata nella parte in cui, richiamato l'art. 30 della L.R. 4/2010 (dichiarato incostituzionale da Corte Cost. n. 68/2011), prevede l'assunzione a tempo indeterminato del personale utilizzato dai precedenti gestori del servizio, limitandosi però a prevedere l'assunzione a tempo indeterminato del solo personale già titolare di un contratto di lavoro subordinato sine die con il precedente gestore. La delibera dunque, si limita a conservare lo status quo ante e non valica i limiti della clausola sociale (non crea nuovi diritti, ma conserva solo quelli esistenti): non vi è pertanto violazione dei principi del pubblico concorso e del buon andamento, ma mero rispetto delle garanzie dei diritti dei lavoratori previste dalla legge e dai contratti collettivi per le ipotesi di subentro nell'appalto e di trasferimento d'azienda (la clausola sociale anche nota come clausola di "protezione" o di "salvaguardia" sociale o "clausola sociale di assorbimento" è un istituto previsto dalla contrattazione collettiva e da specifiche disposizioni legislative statali, es. l'art. 69 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, l'art. 63, comma 4, del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, l'art. 29, comma 3, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che opera nell'ipotesi di cessazione d'appalto e subentro di imprese o società appaltatrici e risponde all'esigenza di assicurare la continuità del servizio e dell'occupazione, nel caso di discontinuità dell'affidatario; la conservazione dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda è prevista dalla Direttiva 12 marzo 2001, 2001/23/CE e dall'art. 2112 c.c., la cui applicabilità, ricorrendo determinate condizioni, è stata estesa dalla giurisprudenza ai casi in cui il trasferimento derivi non da un contratto fra cedente e cessionario, ma da un atto autoritativo della P.A.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

00548/2015 REG.PROV.COLL.

 

N. 02224/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2224 del 2014, proposto da:

Chemipul Italiana Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Nilo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonio P. Nichil in Lecce, viale Leopardi, 151;

 

contro

Azienda Sanitaria Locale Brindisi, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanna Corrente, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Daniele Montinaro in Lecce, Via G. Boccaccio, 25;

 

nei confronti di

Sanitaservice Asl Br, non costituita in giudizio;

 

per l'annullamento

- della deliberazione del D.G. della ASL Brindisi n. 1487 del 13.8.2014, pubblicata in pari data, con la quale è stato disposto di "affidare alla Società in house Sanitaservice ASL BR srl per il periodo di anni sei a decorrere dall'1.10.2014, salvo rinnovo alla scadenza, la gestione del Servizio di Pulizia e Sanificazione di tutte le strutture della ASL attualmente gestito dalle Ditte e dalla Cooperative come specificatamente dettagliato in premessa......";

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso, segnatamente della DGR Puglia n. 2271 del 3.12.2013 per quanto di interesse della ricorrente ed in parte qua;

- di ogni atto preparatorio, presupposto, connesso e consequenziale, con particolare riferimento al Business plan triennio 2014-2016 della Sanitaservice ASL TA Srl approvato con l'anzidetta DDG n. 603 del 14.5.2014 e, per quanto possa occorrere, della Delibera della Giunta Regionale della Regione Puglia n. 2271/2013.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale Brindisi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2015 il dott. Marco Rinaldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

La società ricorrente, attuale gestore (in regime di proroga dal luglio 2010) del servizio di pulizia di alcuni plessi della Azienda Sanitaria Locale di Brindisi, ha chiesto l’annullamento della deliberazione del Direttore Generale dell'ASL di Brindisi n. 1487 del 13 agosto 2014 con cui è stato disposto l’affidamento in house a Sanitaservice ASL BR s.r.l. per il periodo di anni sei, a decorrere dal 1° ottobre 2014 (termine poi posticipato al 31 dicembre 2014), salvo rinnovo alla scadenza, del servizio di pulizia e sanificazione di tutte le strutture della ASL.

L'illegittimità di tale scelta gestionale è invocata dalla ricorrente deducendo la violazione delle disposizioni in materia di revoca dei provvedimenti amministrativi; in quanto il servizio da autoprodurre determinerebbe un maggior costo del lavoro e avrebbe incluso anche i servizi di pulizia straordinaria e non già solo quelli oggetto della gara bandita nel 2010; infine, che la società Sanitaservice non potrebbe procedere a nuove assunzioni di personale.

Si è costituita in giudizio l’ASL BR contrastando analiticamente le avverse pretese.

Il ricorso non merita accoglimento.

Il motivo di gravame con cui la società Chemi Pul Italiana deduce l’illegittimità dell’affidamento in house per inesistenza o indisponibilità dell’oggetto (per essere ancora in piedi la gara bandita nel 2010) non coglie nel segno.

La gara bandita nel 2010 era già stata revocata dall’Asl BR nel 2013 allorchè decideva di affidare i servizi di pulizia e sanificazione delle proprie strutture ospedaliere mediante attivazione di una convenzione CONSIP (decisione poi annullata da questo T.a.r. con sentenza 1781/2014 per le ragioni ivi esposte, con la precisazione che “l'annullamento degli atti di ritiro della gara non impone alla ASL di riprendere necessariamente quella procedura, residuando sul punto, a distanza di anni, margini di discrezionalità nella valutazione dell'interesse pubblico concreto e attuale").

Con l’impugnato affidamento in house l’Azienda sanitaria ha implicitamente ribadito la volontà di revocare la gara avviata nel 2010. Tale decisione - che, secondo quanto risulta dagli atti, è giustificata da una pluralità di fattori: il lungo tempo trascorso, le modifiche intervenute nell’organizzazione aziendale (sopravvenuta chiusura di alcuni ospedali, attivazione di nuove strutture, trasformazione di altri plessi sanitari), la convenienza economica della scelta di autoprodurre il servizio - appare immune dalle censure dedotte, considerati gli ampi margini di discrezionalità attributi all’amministrazione sanitaria.

Privo di pregio è, altresì, il motivo con cui la ricorrente lamenta l’illegittimità della revoca perché non preceduta dalla comunicazione di avvio di cui all’art. 7 legge n. 241/990.

La giurisprudenza ha, infatti, chiarito che prima dell’aggiudicazione definitiva, la stazione appaltante non ha l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di revoca o annullamento d’ufficio al concorrente, sebbene aggiudicatario provvisorio (cfr. Cons. Stato, III, 24 maggio 2013, n. 2838; Cons. Stato, V, 18 luglio 2012, n. 4189; 21 novembre 2007, n. 5925; 24 marzo 2006, n. 1525): ciò in quanto l'aggiudicazione provvisoria è atto endoprocedimentale ad effetti instabili e interinali, rispetto al quale l’aggiudicatario può vantare una mera aspettativa alla conclusione del procedimento e non già una posizione giuridica qualificata; essa, a differenza dell'aggiudicazione definitiva, non è idonea a ingenerare il legittimo affidamento che impone l'instaurazione del contraddittorio procedimentale prima di agire in autotutela (cfr. Cons. Stato, III, 11 luglio 2012, n. 4116; V, 23 giugno 2010, n. 3966).

L’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di autotutela deve ritenersi a maggior ragione insussistente nel caso all’esame relativo a una fattispecie in cui la revoca della precedente gara è stata disposta dalla stazione appaltante prima ancora che fosse disposta l’aggiudicazione provvisoria: la ricorrente non aveva, pertanto, acquisito, in relazione allo stato della procedura, una posizione di vantaggio concreta e consolidata, tale da far sorgere in capo alla stessa un interesse qualificato e differenziato meritevole di tutela attraverso detta comunicazione.

Con riferimento alle ulteriori censure formulate dalla ricorrente il Collegio non ha motivo di discostarsi dai principi enunciati nella sentenza n. 2986/2014, avente ad oggetto analoghe questioni, le cui motivazione vengono, pertanto, di seguito richiamate.

“3.1.- Con il primo motivo di gravame la società Markas deduce la violazione dell'art. 4 del D.L. 95/2012, conv. con mod. in L. 135/2012: la scelta di affidare in house il servizio (strumentale) di pulizia e sanificazione si porrebbe in contrasto con la citata disposizione normativa che, nell’interpretazione fornitane dalla ricorrente, vieterebbe l’affidamento diretto di servizi strumentali ovvero la costituzione di società strumentali in house (società che svolgono la loro attività a favore della P.A. controllante, prestando alla stessa servizi e forniture).

L’assunto non può essere condiviso.

Il Collegio non ignora quanto disposto dall’art. 4, comma 7, del d.l. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 135/2012, e successive modificazioni, a tenore del quale “Al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell'articolo 2, comma 1 del citato decreto, acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo”.

La norma, che enuncia il principio dell’evidenza pubblica, è tuttavia derogata dal successivo comma 8, primo periodo, secondo cui “A decorrere dal 1° gennaio 2014 l'affidamento diretto può avvenire solo a favore di società a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in house”.

La possibilità per l’ASL BR di ricorrere al modello dell’in house per la gestione del servizio di pulizia e sanificazione degli ambienti ospedalieri non può dirsi neanche venuta meno per effetto della sentenza della Corte costituzionale 23 luglio 2013, n. 229 che ha reso inapplicabile alle Regioni a statuto ordinario il comma 8 dell'art. 4 del D.L. 95/2012 e s.m.i. (ma solo per un problema di competenze legislativa): detta norma doveva, infatti, ritenersi pleonastica, limitandosi a recepire la giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di generale operatività dell’in house nel campo degli appalti e dei servizi pubblici. L’immediata applicabilità erga omnes delle sentenze della Corte di giustizia, con riguardo all’affermazione dei principi e all’interpretazione, rende pleonastica la norma contenuta nel citato art. 4, comma 8, poiché quanto dalla stessa disposto sarebbe stato egualmente desumibile, pure in sua assenza, dai principi comunitari in materia.

3.2.- Con il secondo motivo di ricorso la società istante contesta la legittimità della delibera impugnata nella parte in cui, al punto 5 del dispositivo, richiamato l'art. 30 della L.R. 4/2010 (dichiarato incostituzionale da Corte Cost. n. 68/2011), prevede l'assunzione a tempo indeterminato del personale utilizzato dai precedenti gestori del servizio: tale previsione, perpetuando il vizio che affliggeva i commi 1 e 4 dell'art. 30 della L.R. 4/2010, si porrebbe in contrasto con l’insegnamento di Corte Cost. n. 68/2011 nonché con le varie disposizioni, susseguitesi nel tempo, che hanno esteso alle società in house gli stessi divieti, in materia di assunzione del personale, vigenti per le amministrazioni che le controllano.

L’assunto è infondato. E invero, ad onta di alcune ambiguità terminologiche ravvisabili nell’atto impugnato, in particolare al punto 5 del dispositivo, la delibera gravata non contrasta con la citata pronuncia del Giudice delle Leggi, che anzi richiama, limitandosi a prevedere l’assunzione a tempo indeterminato del solo personale già titolare di un contratto di lavoro subordinato sine die con il precedente gestore. Nelle premesse della delibera l’azienda sanitaria richiama, infatti, la sentenza della Corte Cost. n. 68/2011 e nella parte motiva specifica che l’assunzione a tempo indeterminato non riguarderà in modo automatico e generalizzato tutti i lavoratori transitati, compresi quelli assunti con contratto a termine, ma solo quelli già occupati sine die dal precedente gestore (così testualmente la delibera: ” RITENUTO che l'affidamento alla società in house Sanitaservice Asl Br s.r.l. della gestione del servizio in parola possa essere disposto per la durata di sei anni, salvo proroga, autorizzando conseguentemente l'Amministratore Unico della stessa Società, in applicazione della richiamata clausola sociale, ad assumere con contatto di lavoro subordinato a tempo indeterminato gli operatori aventi diritto se ed in quanto titolari di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con gli attuali Gestori esterni”).

La delibera dunque, seppur in modo non sempre perspicuo e con espressioni a tratti anfibologiche, si limita a conservare lo status quo ante e non valica i limiti della clausola sociale (non crea nuovi diritti, ma conserva solo quelli esistenti): non vi è pertanto violazione dei principi del pubblico concorso e del buon andamento, ma mero rispetto delle garanzie dei diritti dei lavoratori previste dalla legge e dai contratti collettivi per le ipotesi di subentro nell’appalto e di trasferimento d’azienda (la clausola sociale anche nota come clausola di «protezione» o di «salvaguardia» sociale o «clausola sociale di assorbimento» è un istituto previsto dalla contrattazione collettiva e da specifiche disposizioni legislative statali, es. l’art. 69 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, l’art. 63, comma 4, del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, l’art. 29, comma 3, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che opera nell’ipotesi di cessazione d’appalto e subentro di imprese o società appaltatrici e risponde all’esigenza di assicurare la continuità del servizio e dell’occupazione, nel caso di discontinuità dell’affidatario; la conservazione dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda è prevista dalla Direttiva 12 marzo 2001, 2001/23/CE e dall’art. 2112 c.c., la cui applicabilità, ricorrendo determinate condizioni, è stata estesa dalla giurisprudenza ai casi in cui il trasferimento derivi non da un contratto fra cedente e cessionario, ma da un atto autoritativo della P.A.: Cass. Lav. n. 21023 del 2007, n. 5708 del 2009 e n. 21278 del 2010, Corte di Giustizia, 29 luglio 2010, C-151/09, UGT-FSP, punti 23 e 25).

3.3.- Prive di pregio sono, infine, le censure con cui la ricorrente deduce l’illegittimità della delibera gravata per difetto di motivazione e per mancata contestuale approvazione del disciplinare.

Con riferimento al prospettato vizio di motivazione, occorre preliminarmente osservare che l’istituto dell’in house, più che un’eccezione al diritto comunitario degli appalti e delle concessioni, è a sua volta espressione di un principio generale riconosciuto sia dal diritto dell’Unione che dall’ordinamento nazionale: trattasi, segnatamente, del principio di auto-organizzazione amministrativa o di autonomia istituzionale, in forza del quale gli enti pubblici possono organizzarsi nel modo ritenuto più opportuno per offrire i loro servizi o per reperire le prestazioni necessarie alle loro finalità istituzionali.

Come precisato in recenti pronunce del Consiglio di Stato “L’affidamento diretto, in house - lungi dal configurarsi come un’ipotesi eccezionale e residuale di gestione dei servizi pubblici locali costituisce invece una delle (tre) normali forme organizzative delle stesse, con la conseguenza che la decisione di un ente in ordine alla concreta gestione dei servizi pubblici locali, ivi compresa quella di avvalersi dell’affidamento diretto, in house (sempre che ne ricorrano tutti i requisiti così come sopra ricordati e delineatisi per effetto della normativa comunitaria e della relativa giurisprudenza), costituisce frutto di una scelta ampiamente discrezionale, che deve essere adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano e che, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, irragionevolezza, irrazionalità ed arbitrarietà ovvero non sia fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti (Cons. St., sez. V, 29 aprile 2014, n. 4599); Cons. St., sez. V, 30 settembre 2013, n. 4832; sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762).

I suesposti principi, benché riferiti dal Consiglio di Stato alla materia dei servizi pubblici locali, ben possono essere estesi all’odierna fattispecie, concernente la scelta di un’azienda sanitaria di autoprodurre i servizi di pulizia e sanificazione delle proprie strutture, considerato che il modello dell’in house providing nasce a livello comunitario proprio come alternativa all’appalto di servizi (Corte di Giustizia, sentenza Teckal del 18 novembre 1999, causa C-107/98).

Chiarito che l’opzione tra in house providing e otsoursing si risolve in una scelta discrezionale fra modelli organizzativi alternativi, che ogni P.A. è chiamata a operare entro margini di autonomia pienamente riconosciuti dall’ordinamento comunitario, nel caso di specie, la motivazione addotta dall’ASL BR a fondamento della propria scelta gestionale (maggiore convenienza economica della gestione in house rispetto all’acquisizione del servizio sul mercato, atteso che il costo che l’azienda sanitaria dovrà sostenere per l’affidamento del servizio a Sanitaservice Srl è stato calcolato in € 7.228.903,82 IVA compresa, a fronte di un costo di mercato pari € 7.526.306,00 deducibile dalla spesa sostenuta nell'anno 2013) non appare al Collegio manifestamente illogica, irrazionale e arbitraria né fondata su di un altrettanto macroscopico travisamento dei fatti.

Il costo stimato per l'affidamento in house risulta, infatti, essere inferiore a quelli finora sostenuti con gli operatori privati e persino a quello che l'Amministrazione si era impegnata a sostenere all'esito della adesione alla convenzione CONSIP "Facility management uffici 3", pari ad €. 7.296.462,00, poi annullata da questo T.a.r., con sentenza n. 1781 del 14 luglio 2014.”

Per tutte le suesposte considerazioni, già poste dalla Sezione a fondamento della sentenza n. 2986/2014 - pronunciata su analogo ricorso proposto da altra impresa (Markas SRL, società che gestiva un diverso lotto dei servizi oggetto della contestata internalizzazione) e confermata in sede cautelare da Cons. St., ord n. 68 del 2015 - il ricorso va dunque respinto.

Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite..

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino,        Presidente

Ettore Manca, Consigliere

Marco Rinaldi,            Referendario, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/02/2015

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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