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Avvocato Generale Melchior Wathelet, 23/4/2015 n. C-689/13
Direttiva 89/665/CEE - Appalti pubblici - Ricorso di annullamento avverso l'atto di attribuzione dell'appalto pubblico - Ricorso incidentale inteso a contestare la partecipazione all'appalto di offerenti respinti.

Regola giurisprudenziale nazionale secondo la quale il giudice nazionale può statuire nel merito del ricorso principale soltanto se il ricorso incidentale è infondato - Carattere vincolante dei principi enunciati dall'adunanza plenaria del giudice amministrativo supremo nazionale, anche in caso di non conformità al diritto dell'Unione.

L'interpretazione dell'art. 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2007, fornita dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza Fastweb (C?100/12, EU:C:2013:448), è parimenti applicabile nel caso in cui, da un lato, un ricorso venga proposto da un solo offerente, mentre più imprese erano state ammesse a partecipare alla procedura di gara d'appalto e, dall'altro, l'aggiudicatario proponga a sua volta un ricorso incidentale nell'ambito della medesima procedura e sia l'offerente ricorrente che l'aggiudicatario abbiano un analogo interesse legittimo all'esclusione dell'altro operatore.

Qualora la disposizione di una direttiva sia già stata interpretata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno deve interpretare il diritto nazionale conformemente al senso precisato dalla Corte e, qualora una siffatta interpretazione risulti impossibile, disapplicare la disposizione del diritto nazionale di cui trattasi, senza che ad essa possa essere imposto o vietato di sottoporre in via preliminare a quest'ultima una domanda di pronuncia pregiudiziale.

L'art. 267 TFUE osta ad una disposizione come l'art. 99, c. 3, del codice del processo amministrativo italiano, interpretato nel senso che impone alla sezione di un organo giurisdizionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale, qualora essa non condivida un principio di diritto enunciato dall'adunanza plenaria di questo stesso organo giurisdizionale, di rinviare a quest'ultimo la decisione oggetto del ricorso, senza avere la possibilità di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea.

Materia: appalti / disciplina

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

 

presentate il 23 aprile 2015 (1)

 

Causa C-689/13

 

Puligienica Facility Esco SpA (PFE)

contro

Airgest SpA

 

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana (Italia)]

 

«Direttiva 89/665/CEE – Appalti pubblici – Ricorso di annullamento avverso l’atto di attribuzione dell’appalto pubblico – Ricorso incidentale inteso a contestare la partecipazione all’appalto di offerenti respinti – Regola giurisprudenziale nazionale secondo la quale il giudice nazionale può statuire nel merito del ricorso principale soltanto se il ricorso incidentale è infondato – Carattere vincolante dei principi enunciati dall’adunanza plenaria del giudice amministrativo supremo nazionale, anche in caso di non conformità al diritto dell’Unione – Sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448) – Articolo 267 TFUE – Primato – Interpretazione conforme»

 

 

I –    Introduzione

 

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte, da un lato, sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (2), come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007 (3) (in prosieguo: la «direttiva 89/665»), e, dall’altro, sull’interpretazione dell’articolo 267 TFUE, nonché dei principi del primato del diritto dell’Unione e di interpretazione conforme.

 

2.        Infatti, le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, riguardano due problemi giuridici distinti. La prima questione pregiudiziale verte sulla portata della sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448), mentre la seconda interpella la Corte sull’interpretazione dell’articolo 267 TFUE nell’ipotesi di una legislazione nazionale che impone ad un giudice di rinviare la causa alla sua adunanza plenaria in caso di dubbio sulla conformità al diritto dell’Unione di un principio di diritto enunciato dalla medesima.

 

II – Contesto normativo

 

A –    Diritto dell’Unione

 

3.        L’articolo 1 della direttiva 89/665, intitolato «Ambito di applicazione e accessibilità delle procedure di ricorso», dispone:

 

«1.      La presente direttiva si applica agli appalti di cui alla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi [(GU L 134, pag. 114)], a meno che tali appalti siano esclusi a norma degli articoli da 10 a 18 di tale direttiva.

 

Gli appalti di cui alla presente direttiva comprendono gli appalti pubblici, gli accordi quadro, le concessioni di lavori pubblici e i sistemi dinamici di acquisizione.

 

Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva 2004/18/CE, le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della presente direttiva, sulla base del fatto che hanno violato il diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali che lo recepiscono.

 

(…)

 

3.      Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure d ricorso, secondo modalità dettagliate che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione.

 

(…)».

 

4.        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Requisiti per le procedure di ricorso», prevede al suo paragrafo 1:

 

«Gli Stati membri provvedono affinché i provvedimenti presi in merito alle procedure di ricorso di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che consentono di:

 

(…)

 

b)      annullare o far annullare le decisioni illegittime (…)».

 

B –    La normativa italiana

 

1.      La Costituzione

 

5.        Ai sensi dell’articolo 111, ultimo comma, della Costituzione italiana, «contro le decisioni del Consiglio di Stato (…) il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione».

 

2.      Il codice del processo amministrativo

 

6.        Il decreto legislativo del 2 luglio 2010, n. 104 (supplemento ordinario alla GURI del 7 luglio 2010, n. 156), ha istituito il codice del processo amministrativo.

 

7.        Ai sensi dell’articolo 6, comma 1, di tale codice, «[il] Consiglio di Stato è organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa». Il comma 6 di tale articolo precisa, inoltre, che «[g]li appelli avverso le pronunce del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia sono proposti al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, nel rispetto delle disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione».

 

8.        L’articolo 42 di detto codice prevede che «[l]e parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale».

 

9.        Infine, ai sensi del suo articolo 99:

 

«1.      La sezione cui è assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o d’ufficio può rimettere il ricorso all’esame dell’adunanza plenaria. L’adunanza plenaria, qualora ne ravvisi l’opportunità, può restituire gli atti alla sezione.

 

2.      Prima della decisione, il presidente del Consiglio di Stato, su richiesta delle parti o d’ufficio, può deferire all’adunanza plenaria qualunque ricorso, per risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali.

 

3.      Se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall’adunanza plenaria, rimette a quest’ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

 

4.      L’adunanza plenaria decide l’intera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente.

 

5.      Se ritiene che la questione è di particolare importanza, l’adunanza plenaria può comunque enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l’estinzione del giudizio. In tali casi, la pronuncia dell’adunanza plenaria non ha effetto sul provvedimento impugnato».

 

3.      Il decreto legislativo 24 dicembre 2003, n. 373

 

10.      Il 24 dicembre 2003, il legislatore italiano ha adottato il decreto legislativo n. 373, intitolato «Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l’esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato» (supplemento ordinario alla GURI n. 10, del 14 gennaio 2004).

 

11.      Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 2 «[i]l Consiglio di giustizia amministrativa [per la Regione siciliana] ha sede in Palermo ed è composto da due Sezioni, con funzioni, rispettivamente, consultive e giurisdizionali, che costituiscono Sezioni staccate del Consiglio di Stato».

 

III – Fatti

 

12.      Con bando pubblicato il 18 gennaio 2012, la Airgest SpA, società di gestione dell’Aeroporto civile di Trapani-Birgi, ha avviato una procedura aperta, avente ad oggetto l’affidamento del servizio di pulizia e manutenzione delle aree verdi presso tale aeroporto civile.

 

13.      L’appalto è stato attribuito, con provvedimento di aggiudicazione definitiva del 22 maggio 2012, all’associazione temporanea di imprese (in prosieguo: l’«associazione temporanea di imprese») creata fra la società Gestione Servizi Ambientali Srl (in prosieguo: la «GSA») e la società Zenith Services Group Srl.

 

14.      La Puligienica Facility Esco SpA (PFE) (in prosieguo: la «PFE»), che aveva parimenti partecipato all’appalto e che si era classificata seconda, ha impugnato tale provvedimento dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia. Essa ha chiesto, segnatamente, l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione e, in via consequenziale, l’aggiudicazione dell’appalto.

 

15.      A sostegno del proprio ricorso, la PFE ha ritenuto che l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe dovuto escludere l’associazione temporanea di imprese aggiudicataria per violazione dell’articolo 38, primo comma, lettera h) e m), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (GURI n. 100, del 2 maggio 2006) e del punto III.2.1. del bando di gara nonché del punto c) del piano di fabbisogni.

 

16.      La GSA, capogruppo dell’associazione temporanea di imprese, si è allora costituita in giudizio e ha interposto un ricorso incidentale diretto a far valere il difetto di interesse della PFE alla coltivazione dell’impugnativa. Tale ricorso incidentale si fondava, segnatamente, sul fatto che, secondo la GSA, la PFE non soddisfaceva i requisiti di ammissione alla gara d’appalto a causa del carattere impreciso della sua offerta, ed avrebbe pertanto dovuto essere esclusa dal procedimento di aggiudicazione dell’appalto.

 

17.      Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha esaminato gli argomenti delle due parti e ha accolto i due ricorsi.

 

18.      A seguito di tale sentenza, l’amministrazione aggiudicatrice ha escluso le imprese in questione. Al termine del controllo effettuato in esecuzione di detta sentenza, essa ha parimenti escluso tutte le altre imprese inizialmente inserite nella graduatoria, a causa di uno stesso vizio attinente alla mancanza di indicazione specifica dei costi di sicurezza. Veniva dunque avviata una procedura negoziata per l’attribuzione dei summenzionati servizi.

 

19.      La PFE ha impugnato tale sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia dinanzi al giudice del rinvio, mentre la GSA ha interposto appello incidentale, adducendo, segnatamente, che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia aveva disatteso l’ordine di esame dei ricorsi fissato dalla sentenza n. 4/2011 dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (in prosieguo: la «sentenza n. 4/2011») secondo la quale, in caso di ricorso incidentale inteso a contestare la ricevibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale doveva essere esaminato prima del ricorso principale.

 

20.      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ricorda che il principio sancito dalla sentenza n. 4/2011 era già stato al centro del dibattimento nel rinvio pregiudiziale sfociato nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448).

 

21.      Nella causa all’origine di tale sentenza, due offerenti erano stati selezionati in via preliminare dall’amministrazione aggiudicatrice ed erano stati invitati a presentare delle offerte. Ritenendo che l’offerta dell’aggiudicatario non rispettasse il piano di fabbisogni, l’offerente la cui offerta non era stata prescelta aveva proposto un ricorso. L’aggiudicatario aveva reagito interponendo a sua volta un ricorso incidentale, con il quale faceva valere che l’offerta che non era stata prescelta avrebbe dovuto essere esclusa in quanto non rispettava neanche uno dei requisiti minimi previsti dal piano di fabbisogni.

 

22.      Secondo il giudice nazionale investito della controversia, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, le due offerte non erano idonee, ed occorreva pertanto accogliere le due azioni, sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale, con conseguente annullamento della procedura di aggiudicazione dell’appalto nel suo complesso. Tuttavia, in forza del principio di diritto sancito dalla sentenza n. 4/2011, il ricorso incidentale avrebbe dovuto essere esaminato prima del ricorso principale, in quanto il primo era diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale attraverso l’impugnazione della sua ammissione alla procedura di gara.

 

23.      Investito in via pregiudiziale dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, la Corte ha ritenuto che un ricorso incidentale dell’aggiudicatario non potesse comportare il rigetto del ricorso principale di un offerente nell’ipotesi in cui la legittimità dell’offerta di entrambi gli operatori veniva contestata nell’ambito del medesimo procedimento e per motivi identici. In una situazione del genere, infatti, ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri (4).

 

24.      Di conseguenza, essa ha dichiarato che l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 ostava al fatto che il ricorso dell’offerente escluso fosse dichiarato inammissibile al termine dell’esame preliminare dell’eccezione di irricevibilità sollevata dall’aggiudicatario, senza pronunciarsi sulla compatibilità con le specifiche tecniche definite nel piano di fabbisogni sia dell’offerta dell’aggiudicatario, sia di quella dell’offerente che ha proposto il ricorso principale (5).

 

25.      Nonostante tale richiamo, il giudice del rinvio attira l’attenzione della Corte sul fatto che, nella causa principale, diversamente che nella causa sfociata nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448), le imprese partecipanti sono più di due, sebbene solo due di esse siano parti nel procedimento principale.

 

26.      Il giudice del rinvio attira parimenti l’attenzione della Corte sulla regola sancita all’articolo 99, comma 3, del codice del processo amministrativo, secondo la quale esso, qualora intenda discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale definito dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, è obbligato a rimettere la decisione controversa alla stessa adunanza plenaria.

 

27.      Di conseguenza, il giudice del rinvio, alla luce delle peculiarità della causa sulla quale è chiamato a statuire, ha deciso di interpellare la Corte in merito all’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 e sull’interpretazione dell’articolo 267 TFUE.

 

IV – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

 

28.      Con decisione del 26 settembre 2013, pervenuta alla Corte il 24 dicembre 2013, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1)      Se i principi dichiarati dalla CGUE con la sentenza [Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448)], con riferimento alla specifica ipotesi, oggetto di quel rinvio pregiudiziale, in cui due soltanto erano le imprese partecipanti a una procedura di affidamento di appalti pubblici, siano anche applicabili, in ragione di un sostanziale isomorfismo della fattispecie contenziosa, anche nel caso sottoposto al vaglio di questo Consiglio in cui le imprese partecipanti alla procedura di gara, sebbene ammesse in numero maggiore di due, siano state tutte escluse dalla stazione appaltante, senza che risulti l’intervenuta impugnazione di detta esclusione da parte di imprese diverse da quelle coinvolte nel presente giudizio, di guisa che la controversia che ora occupa questo Consiglio risulta di fatto circoscritta soltanto a due imprese;

 

2)      se, limitatamente alle questioni suscettibili di essere decise mediante l’applicazione del diritto dell’Unione europea, osti con l’interpretazione di detto diritto e, segnatamente con l’art. 267 TFUE, l’art. 99, comma 3, c.p.a., nella parte in cui tale disposizione processuale stabilisce la vincolatività, per tutte le Sezioni e i Collegi del Consiglio di Stato, di ogni principio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria, anche laddove consti in modo preclaro che detta Adunanza abbia affermato, o possa aver affermato, un principio contrastante o incompatibile con il diritto dell’Unione europea; e, in particolare,

 

        se la Sezione o il Collegio del Consiglio di Stato investiti della trattazione della causa, laddove dubitino della conformità o compatibilità con il diritto dell’Unione europea di un principio di diritto già enunciato dall’Adunanza plenaria, siano tenuti a rimettere a quest’ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso, in ipotesi ancor prima di poter effettuare un rinvio pregiudiziale alla CGUE per accertare la conformità e compatibilità europea del principio di diritto controverso, ovvero se invece la Sezione o il Collegio del Consiglio di Stato possano, o piuttosto debbano, in quanto giudici nazionali di ultima istanza, sollevare autonomamente, quali giudici comuni del diritto dell’Unione europea, una questione pregiudiziale alla CGUE per la corretta interpretazione del diritto dell’Unione europea;

 

        se nell’ipotesi in cui la risposta alla domanda posta nel precedente alinea fosse nel senso di riconoscere a ogni Sezione e Collegio del Consiglio di Stato il potere/dovere di sollevare direttamente questioni pregiudiziali davanti alla CGUE ovvero, in ogni caso in cui la CGUE si sia comunque espressa, viepiù se successivamente all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, affermando la sussistenza di una difformità, o di una non completa conformità, tra la corretta interpretazione del diritto dell’Unione europea e il principio di diritto interno enunciato dall’Adunanza plenaria – ogni Sezione e ogni Collegio del Consiglio di Stato, quali giudici comuni di ultima istanza del diritto dell’Unione europea possano o debbano dare immediata applicazione alla corretta interpretazione del diritto dell’Unione europea per come interpretato dalla CGUE o se, invece, anche in tali casi siano tenuti a rimettere, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso all’Adunanza plenaria, con l’effetto di demandare all’esclusiva valutazione di quest’ultima, e alla sua discrezionalità giurisdizionale, l’applicazione del diritto dell’Unione europea, già vincolativamente dichiarato dalla CGUE;

 

        se, infine, un’esegesi del sistema processuale amministrativo della Repubblica italiana nel senso di rimandare all’esclusiva valutazione dell’Adunanza Plenaria l’eventuale decisione in ordine al rinvio pregiudiziale alla CGUE – ovvero anche soltanto la definizione della causa, allorché questa direttamente consegua all’applicazione di principi di diritto eurounitario già declinati dalla CGUE – non sia di ostacolo, oltre che con i principi di ragionevole durata del giudizio e di rapida proposizione di un ricorso in materia di procedure di affidamento degli appalti pubblici, anche con l’esigenza che il diritto dell’Unione europea riceva piena e sollecita attuazione da ogni giudice di ciascuno Stato membro, in modo vincolativamente conforme alla sua corretta interpretazione siccome stabilita dalla CGUE, anche ai fini della massima estensione dei principi del cd. “effetto utile” e del primato del diritto dell’Unione europea sul diritto (non solo sostanziale, ma anche processuale) interno del singolo Stato membro (nella specie: sull’art. 99, comma 3, del c.p.a. della Repubblica italiana)».

 

29.      Hanno presentato osservazioni scritte la PFE, la GSA, il governo italiano, nonché la Commissione europea. Essi si sono inoltre tutti espressi all’udienza svoltasi l’11 marzo 2015.

 

V –    Analisi

 

A –    Sulla prima questione pregiudiziale

 

30.      Con la prima questione, il giudice del rinvio si chiede se l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 data dalla Corte nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448) si applichi nell’ipotesi in cui le imprese partecipanti alla procedura di gara controversa, sebbene ammesse inizialmente in numero maggiore di due, siano state tutte escluse dalla stazione appaltante senza che venga proposto un ricorso avverso detta esclusione da parte di imprese diverse da quelle coinvolte nella controversia principale, la quale era circoscritta a due soltanto di queste imprese.

 

31.      Per risolvere tale questione, mi sembra necessario individuare, in primo luogo, l’effetto concreto dell’interpretazione data dalla Corte nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448), al fine di stabilire, in un secondo tempo, se il numero di candidati l’influenzi o ne sia una condizione. Infatti, qualora risulti che il numero di imprese di cui trattasi nella causa principale non interferisce sugli effetti dell’applicazione della regola, come interpretata dalla Corte, la questione posta dal giudice del rinvio dovrà essere risolta affermativamente. In caso contrario, qualora emerga che l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, come interpretato dalla Corte nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448) non può esplicare i suoi effetti in una situazione come quella di cui alla causa principale, occorrerà allora risolvere negativamente la prima questione pregiudiziale.

 

1.      La determinazione degli effetti dell’interpretazione data all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448)

 

32.      Nella causa sfociata nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448), l’elemento determinante risiede nel fatto che l’offerta prescelta non era stata, a torto, esclusa al momento della verifica delle offerte, nonostante essa non rispettasse le specifiche tecniche del piano di fabbisogni (6).

 

33.      Secondo la Corte, nell’ambito di un procedimento instaurato da un offerente, «il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso [dell’]offerente nell’ipotesi in cui la legittimità dell’offerta di entrambi gli operatori venga contestata nell’ambito del medesimo procedimento e per motivi identici [in quanto, in] una situazione del genere (…) ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare» (7).

 

34.      L’obbligo che risulta da tali constatazioni è dunque il divieto di dichiarare irricevibile il ricorso principale dell’offerente escluso sulla base dell’esame preliminare dell’eccezione di irricevibilità sollevata in via incidentale dall’aggiudicatario, senza pronunciarsi sulla conformità delle due offerte (8). Qualora le due offerte vengano giudicate non conformi, la conseguenza concreta di tale obbligo è l’impossibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di procedere alla scelta di un’offerta regolare, il che comporta la necessità di procedere ad una nuova gara d’appalto.

 

2.      L’applicabilità dell’interpretazione data all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448)

 

35.      Nella causa principale, le imprese ammesse a partecipare alla procedura controversa erano più di due. Tuttavia, si evince dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio che, ad eccezione della ricorrente principale (e, tramite ricorso incidentale, dell’impresa aggiudicataria), nessuna delle altre imprese escluse dalla gara d’appalto ha contestato la sua esclusione presso l’amministrazione o in via giudiziaria.

 

36.      In una fattispecie del genere, se il giudice adito dovesse accertare l’irregolarità delle due offerte in questione, l’aggiudicatore non sarebbe obbligato a procedere ad una nuova gara d’appalto ma potrebbe, se del caso, scegliere di attribuire l’appalto ad una altra impresa figurante nella graduatoria redatta dall’amministrazione aggiudicatrice.

 

37.      Ciò premesso, non è escluso che una delle irregolarità all’origine dell’annullamento delle offerte del ricorrente principale e dell’aggiudicatario vizi parimenti tutte le offerte presentate. In tali circostanze, l’aggiudicatore dovrebbe allora avviare necessariamente una nuova procedura (9).

 

38.      In tali circostanze, in maniera analoga a quanto statuito dalla Corte, al punto 33, nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448), «ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare».

 

39.      A tal riguardo, rilevo peraltro che, nella summenzionata sentenza, la Corte non intendeva limitare la sua constatazione all’ipotesi di una gara d’appalto che aveva suscitato unicamente l’interesse di due imprese (e dunque, alla presentazione di due offerte soltanto), in quanto essa prende in considerazione in maniera generale l’interesse legittimo di «ciascuno dei concorrenti» (10) all’esclusione dell’offerta, non dell’altro bensì «degli altri» (11).

 

40.      Di conseguenza, ritengo che l’obbligo al quale era pervenuta la Corte nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448) e secondo il quale l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, vieta di dichiarare irricevibile il ricorso principale di un offerente escluso in conseguenza dell’esame preliminare dell’eccezione di irricevibilità sollevata in via incidentale dall’aggiudicatario, senza pronunciarsi sulla conformità delle due offerte (12), si applichi parimenti nelle circostanze che caratterizzano la causa principale.

 

3.      L’incidenza eventuale della differenza dei motivi di irregolarità dedotti a sostegno del ricorso principale e del ricorso incidentale

 

41.      Sotto il profilo formale, il giudice del rinvio ha limitato il contesto fattuale rilevante al fatto che le imprese partecipanti alla procedura di gara, sebbene ammesse in numero maggiore di due, sono state tutte escluse dall’amministrazione aggiudicatrice, senza che detta esclusione venga impugnata da parte di imprese diverse da quelle coinvolte nel presente giudizio, di guisa che la controversia di cui esso è investito è circoscritta a queste due imprese.

 

42.      Ho appena spiegato in che termini tale peculiarità non interferisce nell’applicazione della regola elaborata dalla Corte nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448).

 

43.      Nelle sue osservazioni scritte, confermate in udienza, la GSA invoca cionondimeno un secondo criterio di distinzione rispetto alla sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448). Essa ritiene, infatti, che l’interpretazione data in tale sentenza si applichi unicamente qualora i vizi dedotti a sostegno del ricorso principale e del ricorso incidentale siano identici.

 

44.      Orbene, stando alle sue spiegazioni, il suo ricorso incidentale sarebbe fondato su un motivo diverso da quello dedotto dalla PFE a sostegno del ricorso principale. La PFE chiederebbe l’annullamento dell’attribuzione dell’appalto alla GSA a causa di una violazione degli obblighi di dichiarazione imposti agli offerenti; essa dedurrebbe dunque un motivo concernente un’irregolarità formale. Per contro, la GSA chiederebbe l’esclusione della PFE a causa dell’imprecisione della sua offerta, ossia un’irregolarità attinente al merito della controversia.

 

45.      Osservo anzitutto, a tal riguardo, che l’utilizzazione del plurale nella lingua processuale (l’italiano) («nell’ambito del medesimo procedimento e per motivi identici» (13)) e dell’espressione più generale «de nature identique» nella lingua della deliberazione (il francese), depone a favore di un’interpretazione ampia della nozione di «identità dei motivi» (e non del motivo) dedotti a sostegno di ciascuno dei due ricorsi (14). Il carattere eccezionale di un’identità perfetta dei motivi avvalora tale interpretazione.

 

46.      Penso inoltre che l’identità delle censure fatte valere a sostegno del ricorso principale e del ricorso incidentale, così come il numero degli offerenti, non sia un elemento determinante nell’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 fornita dalla Corte nella sua sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448).

 

47.      Infatti, allorché la Corte afferma, al punto 33 di tale sentenza, che «il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non può comportare il rigetto del ricorso di un offerente nell’ipotesi in cui la legittimità dell’offerta di entrambi gli operatori venga contestata nell’ambito del medesimo procedimento e per motivi identici», l’essenziale risiede nel fatto, come ho già illustrato in precedenza, che «[i]n una situazione del genere, infatti, ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare» (15).

 

48.      Queste due frasi costituiscono, congiuntamente, un unico elemento della sentenza e non possono pertanto essere lette separatamente l’una dall’altra.

 

49.      Condivido pertanto l’opinione della Commissione allorché scrive, nelle sue osservazioni, che risulta determinante il fatto che il ricorso principale e il ricorso incidentale creano un interesse legittimo equivalente alla riapertura della gara d’appalto.

 

50.      Orbene, nella causa principale risulta – fatto salvo un esame più approfondito da parte del giudice del rinvio – che i motivi dedotti dalla PFE e dalla GSA, anche se non sono identici, potrebbero avere la stessa natura (nella parte in cui essi hanno ad oggetto la regolarità dell’offerta dell’altra) e, in ogni caso, creano in capo a ciascuno degli operatori presenti dinanzi al giudice del rinvio un «analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta dell’altro» ai sensi della sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448).

 

51.      Inoltre, come ha rilevato la Commissione all’udienza dell’11 marzo 2015, oltre alla preservazione degli interessi degli offerenti, la regola elaborata dalla Corte nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448), preserva l’interesse dell’autorità aggiudicatrice, la quale deve poter scegliere l’offerta regolare migliore. Orbene, nella causa principale, l’applicazione rigorosa del criterio dell’«identità dei motivi» dedotto a sostegno del ricorso principale e del ricorso incidentale potrebbe comportare che l’autorità aggiudicatrice sia tenuta ad attribuire l’appalto ad un’impresa la cui offerta era, tuttavia, irregolare.

 

4.      Conclusione intermedia

 

52.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 data nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448) è parimenti applicabile nel caso in cui, da un lato, un ricorso venga proposto da un solo offerente, mentre più imprese erano state ammesse a partecipare alla procedura di gara d’appalto e, dall’altro, l’aggiudicatario proponga a sua volta un ricorso incidentale nell’ambito della medesima procedura e sia l’offerente ricorrente che l’aggiudicatario abbiano un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’altro operatore.

 

B –    Sulla seconda questione pregiudiziale

 

53.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE osti al meccanismo istituito dall’articolo 99, paragrafo 3, del codice del processo amministrativo, il quale prevede un rinvio obbligatorio all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato da parte di ciascuna sezione di tale organo giurisdizionale, qualora quest’ultima ritenga necessario non seguire un principio di diritto enunciato dall’adunanza plenaria. Il giudice del rinvio si chiede se tale meccanismo gli impedisca, in primo luogo, di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte oppure, in secondo luogo, di statuire conformemente al diritto dell’Unione in maniera diretta e autonoma, senza rispettare tale meccanismo.

 

54.      Poiché il giudice del rinvio ha deciso, con la sua prima questione pregiudiziale, di interrogare la Corte in merito all’interpretazione della direttiva applicabile, la necessità di rispondere alla prima parte della seconda questione pregiudiziale potrebbe essere messa in discussione.

 

55.      Tuttavia, così come la Corte aveva scelto di risolvere tutte le questioni sollevate nella causa sfociata nella sentenza Cartesio (C-210/06, EU:C:2008:723), ritengo che «sarebbe contrario allo spirito di cooperazione che deve presiedere alle relazioni tra i giudici nazionali e la Corte, così come alle esigenze di economia processuale, pretendere che un giudice nazionale debba dapprima presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale con la quale si limiti a chiedere se tale organo giurisdizionale rientri tra quelli previsti all’[articolo 267], terzo comma, [TFUE] prima di poter eventualmente formulare, successivamente e mediante una seconda domanda di pronuncia pregiudiziale, questioni relative a determinate disposizioni del diritto comunitario riguardanti il merito della controversia ad esso sottoposta» (16).

 

56.      Tuttavia, prima di risolvere tale aspetto della questione pregiudiziale, esaminerò la sua seconda sfaccettatura, ossia la competenza del giudice del rinvio a statuire direttamente in maniera conforme al diritto dell’Unione.

 

1.      La competenza del giudice del rinvio a statuire direttamente in maniera conforme al diritto dell’Unione

 

57.      Poiché il giudice del rinvio ha deciso di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale in applicazione dell’articolo 267 TFUE, la risposta al secondo aspetto sollevato dalla seconda questione pregiudiziale troverà la sua soluzione nella giurisprudenza costante della Corte, in forza della quale il giudice è vincolato, ai fini della soluzione della controversia principale, dall’interpretazione delle disposizioni in questione fornita dalla Corte in risposta alla prima questione sollevata. Il giudice del rinvio dovrà pertanto discostarsi dal principio di diritto sancito nella sentenza n. 4/2001 qualora esso ritenga, in considerazione di detta interpretazione della Corte, che quest’ultimo non sia conforme al diritto dell’Unione (17).

 

58.      Rilevo inoltre che l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha modificato, con la sentenza del 25 febbraio 2014, n. 9/2014 (in prosieguo: la «sentenza n. 9/2014»), il principio di diritto che essa ha aveva proclamato nella sentenza n. 4/2011. Se detto principio di diritto, come modificato, può essere interpretato in maniera conforme al senso dato all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 da parte della Corte nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448) e nella presente causa, esso non dovrà essere disapplicato. L’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale è infatti inerente al sistema del Trattato, in quanto permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolve la controversia ad esso sottoposta (18).

 

59.      Il principio di interpretazione conforme esige infatti che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva 89/665 e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (19).

 

60.      Se, al contrario, il principio di diritto sancito nella sentenza n. 4/2011, come modificato dalla sentenza n. 9/2014, non si dovesse prestare ad un’interpretazione conforme all’articolo 1, paragrafo 3, direttiva 89/665, il giudice nazionale non avrebbe altra scelta se non di disapplicarlo (20), in forza del primato del diritto dell’Unione (21).

 

61.      A tal riguardo, sebbene il problema non si ponga nella specie – dal momento che la Corte è investita di una questione pregiudiziale –, non è certo inutile ricordare che l’obbligo di un giudice nazionale di disapplicare la norma nazionale contraria al diritto dell’Unione per la quale risulti impossibile un’interpretazione conforme a quest’ultimo non incide sul principio secondo il quale al giudice nazionale non può essere «imposto né (…) vietato di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale» (22).

 

62.      Resta cionondimeno da interrogarsi sull’incidenza che potrebbe avere l’articolo 267 TFUE su una modalità procedurale come quella prevista dall’articolo 99 del codice del processo amministrativo.

 

2.      L’incidenza dell’articolo 267 TFUE sul meccanismo di rinvio obbligatorio all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato

 

63.      In via preliminare, non posso che condividere la constatazione effettuata dall’avvocato generale Mazák secondo la quale la Corte, nelle controversie in cui le disposizioni di diritto nazionale limitavano la possibilità per un giudice nazionale di presentare una questione pregiudiziale in applicazione dell’articolo 267 TFUE, si è «sistematicamente pronunciata a favore della più ampia facoltà per i giudici nazionali di sottoporre questioni alla Corte sulla validità e sull’interpretazione del diritto dell’Unione» (23).

 

64.      Tre considerazioni supportano tale riflessione di ordine generale:

 

        in primo luogo, la Corte ha ritenuto, per quanto attiene ai giudici che non si pronunciano in ultimo grado, che «qualora ritenga[no] che il vincolo a rispettare le valutazioni contenute nella sentenza di rinvio del tribunale superiore possa risolversi in pratica in una sentenza incompatibile con il diritto [dell’Unione], [essi debbano], rimanere liber[i], di interpellar[la] (…) sui punti che (…) paiono [loro] nebulosi» (24);

 

        in secondo luogo, i giudici nazionali avverso le cui decisioni non sia esperibile ricorso giurisdizionale di diritto interno sono tenuti, quanto ad essi, in forza dell’articolo 267, comma 3, TFUE, ad adire in via pregiudiziale la Corte quando si trovano di fronte ad una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione, e ciò in modo da «evitare che in uno Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme [del diritto dell’Unione]» (25), e

 

        in terzo luogo, la Corte ha dichiarato che un giudice nazionale, adito in una controversia concernente il diritto dell’Unione, il quale consideri che una norma nazionale non solo è contraria al diritto dell’Unione, ma è anche inficiata da vizi di incostituzionalità, non è privato della facoltà né dispensato dall’obbligo, di cui all’articolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte di giustizia questioni relative all’interpretazione o alla validità del diritto dell’Unione per il fatto che la constatazione dell’incostituzionalità di una norma di diritto nazionale sia soggetta a ricorso obbligatorio dinanzi alla Corte costituzionale (26).

 

65.      È in tale preciso contesto che deve iscriversi la soluzione della seconda questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio.

 

66.      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del decreto legislativo del 24 dicembre 2003, n. 373, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana è composto di due sezioni che costituiscono sezioni staccate del Consiglio di Stato. La sua natura giurisdizionale ai sensi dell’articolo 267 TFUE non è dunque messa in dubbio e la possibilità per il medesimo di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte è pacifica (27).

 

67.      In tali circostanze, la sola questione che potrebbe porsi è se, alla luce dell’obbligo di rinvio all’adunanza plenaria instaurato dall’articolo 99, paragrafo 3, del codice del processo amministrativo, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana debba essere considerato un giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, oppure se la decisione di tale giudice sia suscettibile di un ricorso giurisdizionale.

 

68.      Nella seconda ipotesi, il giudice del rinvio è libero di sottoporre alla Corte le questioni con cui deve confrontarsi, qualora ritenga che la valutazione in diritto formulata dall’istanza superiore potrebbe condurlo ad emettere un giudizio contrario al diritto dell’Unione. Nella prima ipotesi, il giudice del rinvio è, al contrario, tenuto a rivolgere alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora esso nutra un dubbio sulla conformità al diritto dell’Unione di un principio di diritto fissato dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

 

69.      Come ho appena rammentato, l’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo del 24 dicembre 2003, n. 373, stabilisce che il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana è composto di due sezioni che costituiscono sezioni staccate del Consiglio di Stato.

 

70.      Orbene, secondo l’articolo 6, comma 1, del codice del processo amministrativo, «[il] Consiglio di Stato è organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa».

 

71.      Se, ai sensi dell’articolo 111, ultimo comma, della Costituzione italiana, è ammesso il ricorso in Cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato, esso è tuttavia limitato ai soli motivi inerenti alla ripartizione delle competenze fra le diverse giurisdizioni italiane.

 

72.      In tali condizioni, così come la Corte ha recentemente ritenuto che la possibilità di presentare dinanzi ad un giudice costituzionale un ricorso limitato alla verifica di un’eventuale violazione dei diritti e delle libertà garantite dalla Costituzione nazionale o da una convenzione internazionale non consenta di ritenere che ad una Corte suprema debba essere negata la qualifica di giurisdizione avverso le cui decisioni non può essere proposto un ricorso giurisdizionale di diritto interno ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE (28), non intendo mettere in dubbio la qualifica di giudice di «ultimo grado» del Consiglio di Stato e delle sezioni distaccate che lo compongono.

 

73.      La stessa Corte suprema di cassazione ha ritenuto, nella sentenza n. 2403, pronunciata a Sezioni Unite il 4 febbraio 2014, che, nel plesso della giurisdizione amministrativa italiana, spettasse al Consiglio di Stato, alle sue sezioni e all’adunanza plenaria, senza distinzioni, statuire quale giudice di ultima istanza ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE.

 

74.      Il rinvio obbligatorio all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato previsto all’articolo 99, comma 3, del codice del processo amministrativo non mi sembra idoneo a modificare tale analisi, in quanto esso non può essere qualificato come «ricorso» ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE.

 

75.      Infatti, tale modalità procedurale non è a disposizione delle parti ma unicamente della sezione del Consiglio di Stato investita della controversia. Inoltre, il suo esercizio non consente di riformare la decisione che sarebbe stata adottata da un giudice di grado inferiore bensì, al contrario, la giurisprudenza dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato stesso.

 

76.      Inoltre, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato citata dal governo italiano, l’inosservanza dell’articolo 99, paragrafo 3, del codice del processo amministrativo non comporterebbe sanzioni procedurali (29).

 

77.      Di conseguenza, in conformità alla finalità sottesa all’obbligo di cui all’articolo 267, terzo comma, TFUE, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, investito di una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione, dovrebbe essere tenuto ad adire la Corte, in modo da evitare che si consolidi (o perduri) una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme del diritto dell’Unione (30).

 

78.      È vero che il rischio di assistere allo sviluppo di una giurisprudenza nazionale contraria al diritto dell’Unione è limitato dal fatto che se il rinvio di una decisione all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, sulla base dell’articolo 99, comma 3, del codice del processo amministrativo, è fondato sulla critica di un principio di diritto in ragione della sua presunta contrarietà al diritto dell’Unione, detta adunanza plenaria non può, a fortiori, sottrarsi al suo obbligo di interpellare la Corte in via pregiudiziale.

 

79.      Tuttavia, malgrado tale peculiarità procedurale, ravviso perlomeno due ragioni che impediscono di interpretare l’articolo 267 TFUE nel senso che esso vieta ad una sezione del Consiglio di Stato investita di una controversia di interpellare essa stessa la Corte, prima di un eventuale rinvio all’adunanza plenaria.

 

80.      Da un lato, negare alla sezione di un organo giurisdizionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso di diritto interno la possibilità di interpellare la Corte per la sola ragione che l’adunanza plenaria di tale giurisdizione sarebbe tenuta a farlo, sarebbe contrario alla giurisprudenza costante della Corte, che ha sempre riconosciuto «ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora essi ritengano che una causa dinanzi ad essi pendente faccia sorgere questioni che richiedono un’interpretazione o un esame della validità delle disposizioni del diritto dell’Unione essenziali ai fini della soluzione della lite di cui sono investiti» (31).

 

81.      Dall’altro, la Corte ha dichiarato che un giudice nazionale, adito in una controversia concernente il diritto dell’Unione, il quale consideri che una norma nazionale non solo è contraria al diritto dell’Unione, ma è anche inficiata da vizi di incostituzionalità, non è privato della facoltà né dispensato dall’obbligo, di cui all’articolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte di giustizia questioni relative all’interpretazione o alla validità del diritto dell’Unione per il fatto che la constatazione dell’incostituzionalità di una norma di diritto nazionale sia soggetta a ricorso obbligatorio dinanzi alla Corte costituzionale (32).

 

82.      La Corte ha statuito che tale articolo del Trattato ostava alla normativa di uno Stato membro che instaura un procedimento incidentale di controllo della legittimità costituzionale delle leggi nazionali, se il carattere prioritario di siffatto procedimento abbia l’effetto di impedire alla giurisdizione nazionale di esercitare la sua facoltà o di adempiere il suo obbligo di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte, tanto prima della trasmissione di una questione di legittimità costituzionale all’organo giurisdizionale nazionale incaricato di esercitare il controllo di costituzionalità delle leggi, quanto, eventualmente, dopo la decisione di siffatto organo giurisdizionale su detta questione (33).

 

83.      Tale soluzione si impone a maggior ragione nella specie, in quanto la disposizione in questione obbliga il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana a declinare la propria competenza a favore dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, contrariamente alla questione prioritaria di legittimità costituzionale di cui alla causa sfociata nella sentenza Melki e Abdeli (C-188/10 e C-189/10, EU:C:2010:363). Infatti, ai sensi dell’articolo 99, comma 4, del codice del processo amministrativo, qualora sia adita l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, essa «decide l’intera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente».

 

84.      Il mero fatto che, nel sistema procedurale di cui al procedimento principale, non si sia in presenza di un rinvio obbligatorio e preliminare ad un altro organo giurisdizionale bensì all’adunanza plenaria del giudice adito della controversia principale, non mi sembra idoneo a giustificare una deroga ai diversi principi che hanno forgiato l’interpretazione ampia dell’articolo 267 TFUE e alla libertà di tale giurisdizione nazionale di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte.

 

85.      È vero che la Corte non è mai stata chiamata a pronunciarsi su tale peculiarità. Tuttavia, la soluzione accolta nella sentenza Parfums Christian Dior (C-337/95, EU:C:1997:517) mi sembra avvalorare l’analisi suggerita ed essere applicabile, mutatis mutandis, all’ipotesi in cui si trova il giudice del rinvio.

 

86.      Infatti, in tale causa, ove il giudice nazionale chiedeva alla Corte quale fosse – se la Corte del Benelux o esso stesso – il giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno e chi fosse, per tale motivo, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, la Corte è pervenuta alla conclusione che entrambi gli organi giurisdizionali fossero tenuti a rivolgersi alla Corte, ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE quando erano chiamati a pronunciarsi su una questione d’interpretazione del diritto dell’Unione.

 

87.      Tuttavia, in tale tipo di situazione, la Corte ha dichiarato che i due organi giurisdizionali non erano effettivamente tenuti ad adirla, in quanto l’autorità dell’interpretazione data ai sensi dell’articolo 267 TFUE poteva «far cadere la causa [dell’]obbligo [di rinvio pregiudiziale] e così renderlo senza contenuto» (34).

 

88.      Sebbene si fosse in presenza, in quel caso, di due organi giurisdizionali distinti, tale situazione particolare è nondimeno simile alla fattispecie nella quale si iscrivono una sezione del Consiglio di Stato e la sua adunanza plenaria: entrambe sono giurisdizioni nazionali avverso le cui decisioni non può proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno.

 

89.      Di conseguenza, il ragionamento seguito dalla Corte nella sentenza Parfums Christian Dior (C-337/95, EU:C:1997:517) mi sembra possa essere trasposto, se necessario, nella presente causa: «se un organo giurisdizionale come [la sezione del Consiglio di Stato], prima [del rinvio all’adunanza plenaria], si avvale della sua facoltà di deferire la questione sollevata alla Corte di giustizia, l’autorità dell’interpretazione data da quest’ultima può liberare una giurisdizione come [l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato] dall’obbligo di sottoporre una questione materialmente identica prima di emettere la sua sentenza. Per converso, in assenza di una previa adizione della Corte di giustizia da parte di un organo giurisdizionale come [la sezione del Consiglio di Stato], un organo giurisdizionale come [l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato] è tenuto a sottoporre la questione sollevata alla Corte, la cui decisione esonera a quel punto [la sezione del Consiglio di Stato] dall’obbligo di deferire una questione materialmente identica prima di emettere la sua sentenza» (35).

 

3.      Conclusione intermedia

 

90.      In primo luogo, se il principio di diritto enunciato nella sentenza n. 4/2011 e modificato nella sentenza n. 9/2014 non fosse idoneo ad essere interpretato conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, nei termini precisati dalla Corte nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448) e nella presente causa, il giudice del rinvio dovrà disapplicarlo.

 

91.      In secondo luogo, ritengo che l’articolo 267 TFUE osti ad una disposizione come l’articolo 99, comma 3, del codice del processo amministrativo, interpretato nel senso che impone alla sezione di un organo giurisdizionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale, qualora essa non condivida un principio di diritto enunciato dall’adunanza plenaria di questo stesso organo giurisdizionale, di rinviare a quest’ultimo la decisione oggetto del ricorso, senza avere la possibilità di sottoporre in via preliminare una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia.

 

92.      Pertanto, salvo interpretare l’articolo 99 del codice del processo amministrativo in maniera conforme al diritto dell’Unione, una sezione del Consiglio di Stato che desideri interpellare la Corte sulla base dell’articolo 267 TFUE dovrebbe disapplicare l’articolo 99, paragrafo 3, del codice del processo amministrativo. Infatti, «[i]n forza del principio del primato del diritto [dell’Unione], il conflitto tra una disposizione normativa nazionale e una disposizione del Trattato direttamente applicabile si risolve, per un giudice nazionale, con l’applicazione del diritto [dell’Unione], disapplicando, se necessario, la disposizione nazionale confliggente, e non dichiarando la nullità della disposizione nazionale, in quanto la competenza al riguardo degli organi e dei giudici è riservata a ciascuno Stato membro» (36).

 

VI – Conclusione

 

93.      Alla luce delle considerazioni che precedono, invito la Corte a risolvere nei seguenti termini le questioni pregiudiziali sollevate dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana:

 

1)      L’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007, fornita dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448), è parimenti applicabile nel caso in cui, da un lato, un ricorso venga proposto da un solo offerente, mentre più imprese erano state ammesse a partecipare alla procedura di gara d’appalto e, dall’altro, l’aggiudicatario proponga a sua volta un ricorso incidentale nell’ambito della medesima procedura e sia l’offerente ricorrente che l’aggiudicatario abbiano un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’altro operatore.

 

2)      Qualora la disposizione di una direttiva sia già stata interpretata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno deve interpretare il diritto nazionale conformemente al senso precisato dalla Corte e, qualora una siffatta interpretazione risulti impossibile, disapplicare la disposizione del diritto nazionale di cui trattasi, senza che ad essa possa essere imposto o vietato di sottoporre in via preliminare a quest’ultima una domanda di pronuncia pregiudiziale.

 

L’articolo 267 TFUE osta ad una disposizione come l’articolo 99, comma 3, del codice del processo amministrativo italiano, interpretato nel senso che impone alla sezione di un organo giurisdizionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale, qualora essa non condivida un principio di diritto enunciato dall’adunanza plenaria di questo stesso organo giurisdizionale, di rinviare a quest’ultimo la decisione oggetto del ricorso, senza avere la possibilità di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

 

1 –       Lingua originale: il francese.

 

2 –       GU L 395, pag. 33.

 

3 –       GU L 335, pag. 31.

 

4 –       Sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448, punto 33).

 

5 –       Ibidem (punto 34 e dispositivo).

 

6 –       V. punto 32 di tale sentenza.

 

7 –       Ibidem, punto 33. Il corsivo è mio.

 

8 –       V. sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448, punto 34 e dispositivo).

 

9 –       È peraltro questa situazione che sembra essersi verificata nella controversia principale, stando alla descrizione effettuata dal giudice del rinvio (v. punto C4, pag. 12 della domanda di pronuncia pregiudiziale) e alle informazioni fornite dalle parti nel procedimento principale (v. pag. 2 delle osservazioni scritte della PFE e punto 9 delle osservazioni scritte della GSA).

 

10 –     Sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448, punto 33). Il corsivo è mio.

 

11 –     Idem, il corsivo è mio. Secondo la versione italiana della sentenza (lingua processuale facente fede), «ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare» (il corsivo è mio).

 

12 –     V. punto 34 e dispositivo della sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448).

 

13 –     Sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448, punto 33). Il corsivo è mio.

 

14 –     Come già rilevato dall’avvocato generale Kokott in relazione ad una sentenza del Tribunale dell’Unione europea, qualora la versione francese non faccia fede (non essendo la lingua processuale), ma sia più precisa di quella redatta nella lingua processuale, tale versione, «che corrisponde alla lingua nella quale è stato redatto il progetto della sentenza impugnata e nella quale essa è stata deliberata, può fornire spunti supplementari in merito a ciò cui il Tribunale voleva riferirsi in realtà» (conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C-413/06 P, EU:C:2007:790, paragrafo 253).

 

15 –     Sentenza Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448, punto 34).

 

16 –     Punto 70. Inoltre, come precisava la Corte stessa, essa aveva «già risolto una questione relativa alla natura del giudice del rinvio alla luce dell’[articolo 267], terzo comma, [TFUE] in un contesto che presenta indubbie analogie con quello di cui alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale, senza che sia stata messa in discussione la ricevibilità della questione [nella sentenza Lyckeskog (C-99/00, EU:C:2002:329)]» (punto 71). Una situazione analoga ha caratterizzato la causa sfociata nella sentenza Melki e Abdeli (C-188/10 e C-189/10, EU:C:2010:363).

 

17      V., in tal senso, sentenze Elchinov (C-173/09, EU:C:2010:581, punto 30) e Križan e a. (C-416/10, EU:C:2013:8, punto 69).

 

18 –     V. sentenza Pfeiffer e a. (da C-397/01 a C-403/01, EU:C:2004:584, punto 114); Kücükdeveci (C-555/07, EU:C:2010:21, punto 48); Dominguez (C-282/10, EU:C:2012:33, punto 24), nonché Amia (C-97/11, EU:C:2012:306, punto 28). Secondo una giurisprudenza costante, il giudice nazionale chiamato ad interpretare il proprio diritto nazionale è tenuto a farlo per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva in questione, onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima [oltre alle sentenze menzionate nella presente nota, v., parimenti, le sentenze fondamentali von Colson e Kamann (14/83, EU:C:1984:153, punto 26), nonché Marleasing (C-106/89, EU:C:1990:395, punto 8)].

 

19 –     V., segnatamente, sentenze Dominguez (C-282/10, EU:C:2012:33, punto 27) e Amia (C-97/11, EU:C:2012:306, punto 29).

 

20 –     V., segnatamente, a proposito della direttiva 89/665, sentenza Uniplex (UK) (C-406/08, EU:C:2010:45, punto 49). Se la Corte ritiene, in maniera ormai costante, che «la questione se una disposizione nazionale che sia contraria al diritto dell’Unione debba essere disapplicata si pone solo se non risulta possibile alcuna interpretazione conforme di tale disposizione» [sentenze Dominguez (C-282/10, EU:C:2012:33, punto 23); Amia (C-97/11, EU:C:2012:306, punto 27) o ancora, recentemente, Spedition Welter (C-306/12, EU:C:2013:650, punto 28)], l’obbligo di «disapplicazione», affermato nella sentenza Simmenthal (106/77, EU:C:1978:49, punti 21 e 24), non viene rimesso in discussione. V., a tal riguardo, il dispositivo della sentenza Amia (C-97/11, EU:C:2012:306), nonché sentenza A (C-112/13, EU:C:2014:2195, punto 36).

 

21 –     V., in tal senso, sentenza Kücükdeveci (C-555/07, EU:C:2010:21, punto 54).

 

22 –     Ibidem (punto 53).

 

23 –     Presa di posizione dell’avvocato generale Mazák nelle cause Melki e Abdeli (C-188/10 e C-189/10, EU:C:2010:319, paragrafo 62). V. parimenti, per l’affermazione del principio da parte della Corte, sentenza Rheinmühlen-Düsseldorf (166/73, EU:C:1974:3, punto 3) e, per la sua conferma, sentenze Mecanarte (C-348/89, EU:C:1991:278, punto 44); Palmisani (C-261/95, EU:C:1997:351, punto 20), nonché Cartesio (C-210/06, EU:C:2008:723, punto 88). La giurisprudenza successiva alla presa di posizione dell’avvocato generale Mazák non smentiscono tale constatazione: v. sentenze Melki e Abdeli (C-188/10 e C-189/10, EU:C:2010:363, punto 41); Elchinov (C-173/09, EU:C:2010:581, punto 26); Kelly (C-104/10, EU:C:2011:506, punto 61); Križan e a. (C-416/10, EU:C:2013:8, punto 64), o ancora, molto recentemente, A (C-112/13, EU:C:2014:2195, punto 35).

 

24 –     V. sentenza Rheinmühlen-Düsseldorf (166/73, EU:C:1974:3, punto 4) e, per la sua conferma costante, sentenze Cartesio (C-210/06, EU:C:2008:723, punto 94); ERG e a. (C-378/08, EU:C:2010:126, punto 32); Melki e Abdeli (C-188/10 et C-189/10, EU:C:2010:363, punto 42); Elchinov (C-173/09, EU:C:2010:581, punto 27); Kelly (C-104/10, EU:C:2011:506, punto 61), nonché Križan e a. (C-416/10, EU:C:2013:8, punto 68).

 

25 –     Sentenza Lyckeskog (C-99/00, EU:C:2002:329, punto 14 e la giurisprudenza citata).

 

26 –     V. sentenze Melki e Abdeli (C-188/10 et C-189/10, EU:C:2010:363, punto 45), che rimanda ai punti 39, 45 e 46 della sentenza Mecanarte (C-348/89, EU:C:1991:278), nonché A (C-112/13, EU:C:2014:2195, punto 38).

 

27 –     Rilevo, peraltro, che la Corte ha già risposto a più domande di pronuncia pregiudiziale che le erano state presentate dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana [v. sentenza Valvo (C-78/07, EU:C:2008:171); ordinanza Rizzo (C-107/11, EU:C:2012:96), nonché sentenza Ottica New Line di Accardi Vincenzo (C-539/11, EU:C:2013:591)].

 

28      V. sentenza Križan e a. (C-416/10, EU:C:2013:8, punto 72).

 

29 –     Sentenza del 6 agosto 2014, n. 4185, della terza sezione del Consiglio di Stato.

 

30 –     Sentenza Lyckeskog (C-99/00, EU:C:2002:329, punto 14 e la giurisprudenza citata).

 

31 –     Sentenza Križan e a. (C-416/10, EU:C:2013:8, punto 64 e la giurisprudenza citata). Il corsivo è mio.

 

32 –     V, sentenze Melki e Abdeli (C-188/10 e C-189/10, EU:C:2010:363, punto 45), che rimanda ai punti 39, 45 e 46 della sentenza Mecanarte (C-348/89, EU:C:1991:278), nonché A (C-112/13, EU:C:2014:2195, punto 38).

 

33 –     Sentenza Melki e Abdeli (C-188/10 e C-189/10, EU:C:2010:363, punto 57 e dispositivo). V. parimenti sentenza A (C-112/13, EU:C:2014:2195, punto 46 e dispositivo).

 

34 –     Sentenza Parfums Christian Dior (C-337/95, EU:C:1997:517, punto 29).

 

35 –     Sentenza Parfums Christian Dior (C-337/95, EU:C:1997:517, punto 29). Osservo, infatti, che, secondo l’articolo 99, paragrafo 4, del codice del processo amministrativo, l’adunanza plenaria può statuire sull’intera controversia oppure decidere di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente.

 

36 –     Sentenza Filipiak (C-314/08, EU:C:2009:719, punto 82).

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