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Consiglio di Stato, Sez. V, 26/6/2015 n. 3236
Le funzioni in materia di gestione del servizio idrico sono devolute all'ATO.

La giurisprudenza ha da tempo chiarito che l'ATO è una struttura organizzativa dotata di una distinta soggettività giuridica. Le autorità d'ambito, infatti, erano già previste dagli artt. 8 e 9 della l. n. 36 del 1994 e dagli artt. da 24 a 26-bis della l. 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), che ne consentivano l'istituzione, da parte delle Regioni, con strutture e forme giuridiche diverse alle quali pure partecipavano necessariamente gli enti locali, come le convenzioni, i consorzi, le unioni di comuni, l'esercizio associato delle funzioni. Tali disposizioni sono state attuate dalla legislazione regionale mediante l'adozione di moduli organizzativi scelti tra quelli consentiti dalle disposizioni stesse, seppure diversamente denominati (agenzie, consorzi, autorità). La Corte cost. con la sentenza n. 246/2009 ha chiarito che l'art. 148 D.Lgs. n. 152/2006, ha razionalizzato il suddetto quadro normativo, superando la frammentazione della gestione del servizio idrico, nel rispetto delle preesistenti competenze degli enti territoriali ed unificando le modalità di esercizio della gestione delle risorse idriche, prevedendo espressamente il trasferimento delle relative competenze dagli enti locali all'autorità d'àmbito; autorità della quale gli enti locali necessariamente fanno parte. La necessità di attribuire le funzioni ad un autonomo soggetto giuridico è rimasta ferma anche all'indomani dell'abrogazione del citato art. 148. Sul punto è intervenuta la pronuncia della Corte cost., n. 50/2013, secondo la quale: "Per quanto riguarda le Autorità d'ambito, preposte alla programmazione ed alla gestione del servizio idrico integrato nel territorio delle Regioni, l'art. 2, c. 186-bis, della l.23 dicembre 2009, n. 191 (l. finanziaria 2010), nel sopprimere le Autorità d'ambito territoriale, di cui agli artt. 148 e 201 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha stabilito che "le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza". Con la modifica del 2009, la legislazione statale ha inteso realizzare, mediante l'attuazione dei principi di cui sopra, una razionalizzazione nella programmazione e nella gestione del servizio idrico integrato, superando la precedente frammentazione. Perché ciò avvenga, è innanzitutto necessario che i soggetti cui sono affidate le funzioni abbiano una consistenza territoriale adeguata, ma è anche indispensabile che i piani d'ambito abbiano natura integrata e unitaria, in modo da realizzare l'efficienza, l'efficacia e l'economicità del servizio. Il rispetto dei principi di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza, richiamati dal sopra citato art. 2, c. 186-bis, della l.n. 191/2009, implica che non possa essere trascurato, nella prefigurazione normativa regionale della struttura e delle funzioni dei soggetti tributari dei servizi, il ruolo degli enti locali e che debba essere prevista la loro cooperazione in vista del raggiungimento di fini unitari nello spazio territoriale che il legislatore regionale reputa ottimale. Si deve ritenere, pertanto, che un organismo come l'assemblea dei sindaci (ASSI) ben si inserisca nell'organizzazione dell'ente regionale unitario, allo scopo di mantenere un costante rapporto tra programmazione e gestione del servizio su scala regionale ed esigenze dei singoli territori compresi nell'ambito complessivo dell'ERSI". Da ciò deriva, nel caso di specie, che spetta all'ATO3, cui appartiene l'amministrazione comunale appellante, assumere iniziative per garantire l'efficacia della convenzione prevista dall'art. 7 c. 1 della L.R. Lazio, n. 7/1996 e di conseguenza il comune è privo di legittimazione attiva.

Materia: acqua / servizio idrico integrato

N. 03236/2015REG.PROV.COLL.

 

N. 09228/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9228 del 2014, proposto dal Comune di Petrella Salto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Rosalba Genovese, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, viale Ippocrate, n. 92;

 

contro

Regione Lazio, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Stefania Ricci, domiciliato in Roma, Via Marcantonio Colonna, n. 27;

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Graziosi, domiciliato in Roma, Via del Tempio di Giove, n. 21;

Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale Ato 2 Lazio Centrale – Roma e Città Metropolitana di Roma Capitale - già Provincia di Roma - ciascuna in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanna De Maio, domiciliato in Roma, Via IV Novembre, n. 119/A presso l’Avvocatura della Città metropolitana di Roma Capitale;

Acea S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandra Siracusano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Michele Mercati, n. 51;

Ato3 Provincia di Rieti, non costituita;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio – Roma - Sezione I ter, n. 6398 del 17 giugno 2014, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall'amministrazione sull'istanza di adozione di un provvedimento necessario ad assicurare l'immediata corresponsione della quota di indennizzo per lo sfruttamento delle sorgenti Peschiera - Le Capore.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio, di Roma Capitale, dell’Ato 2 Lazio Centrale – Roma, della Città Metropolitana di Roma Capitale già Provincia di Roma e della società Acea s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2015 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Rosalba Genovese, Stefania Ricci, Antonio Graziosi e Giovanna De Maio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Lazio il Comune di Petrella Salto ha contestato il silenzio-inadempimento serbato sull'istanza di adozione di un provvedimento necessario ad assicurare l'immediata corresponsione della quota di indennizzo per lo sfruttamento delle sorgenti Peschiera - Le Capore - indennizzo spettante in virtù della legge regionale Lazio n. 6/96 e della delibera G.R. Lazio n. 936/06 - e comunque dei provvedimenti indispensabili per concludere il procedimento di rinnovo della concessione di sfruttamento delle su menzionate sorgenti.

2. Il primo giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso, sulla scorta dei seguenti motivi:

a) difetto di legittimazione attiva in capo all’amministrazione comunale, essendo rimessa all’ATO di appartenenza (nella fattispecie all’ATO3) ogni competenza e responsabilità nella regolamentazione delle interferenze, e spettando allo stesso ATO 3 il potere di rappresentanza di tutti i soggetti facenti parte dell’Autorità d’Ambito;

b) insussistenza della denunciata inerzia, in quanto per effetto della L.R. finanziaria 29 aprile 2013 n. 2 la concessione di derivazione d’acqua Peschiera – Le Capore è stata prorogata fino al 31 dicembre 2015: la Regione Lazio dispone pertanto di un ampio intervallo di tempo per poter provvedere sul rinnovo della concessione di derivazione, il che comporta che non sussiste lo stato di inerzia imputabile; la convenzione allegata alla delibera G.R. n. 936/06 non è stata sottoscritta da entrambe le parti, e dunque non è ancora efficace.

3. Con l’appello in esame l’amministrazione comunale denuncia l’erroneità della sentenza di primo grado, chiedendone la riforma per le seguenti ragioni:

a) l’amministrazione comunale vanterebbe una posizione giuridica soggettiva, che gli deriva direttamente dalle legge, essendo il destinatario delle somme individuate nella convenzione a ristoro degli oneri che sopporta e che limitano l’uso del suo territorio;

b) il TAR avrebbe inteso erroneamente la domanda proposta, che non sarebbe volta alla corresponsione delle somme, ma all’adozione degli atti attuativi della convenzione, sicché la mancata sottoscrizione della convenzione da parte dell’ATO2 non rappresenterebbe un ostacolo all’adozione dei provvedimenti richiesti, ma la causa stessa della richiesta di adozione dei provvedimenti. Né potrebbe essere di ostacolo il rinnovo ex lege della concessione, che non eliderebbe l’obbligo di provvedere alla corresponsione degli indennizzi;

c) non rileverebbe, infine, la problematica accennata nella sentenza impugnata, in ordine al fatto che la determinazione degli indennizzi non sarebbe più di competenza dell’ATO.

4. Si sono costituite in giudizio la Regione Lazio, Roma capitale, l’Ato 2 Lazio Centrale – Roma, la Città Metropolitana di Roma Capitale già Provincia di Roma e la società Acea s.p.a. deducendo l’infondatezza dell’appello in fatto e diritto.

4.1. In particolare, Roma Capitale sostiene non solo il difetto di legittimazione attiva dell’amministrazione comunale, ma anche il proprio difetto di legittimazione passiva. Inoltre, sarebbe erronea la correlazione delle compensazioni tra ATO per l’uso delle acque e la loro necessaria devoluzione in favore dell’appellante, dal momento che le sorgenti del Peschiera-Le Capore sarebbero ubicate in altri comuni. Né sarebbe convincente la tesi che la determinazione della tariffa sarebbe estranea alle rivendicazioni economiche del ricorso.

4.2. Nelle proprie difese ACEA s.p.a. pone in luce l’inammissibilità dell’iniziativa giurisdizionale dell’amministrazione comunale, in quanto:

a) la domanda proverrebbe da un soggetto non legittimato, titolare di una mera pretesa economica avente ad oggetto la quota di un futuro, incerto e determinando indennizzo;

b) il provvedimento che si richiede sia emanato, ossia lo schema della convenzione del 2006, sarebbe superato da successivi accadimenti normativi e provvedimentali fra cui spicca la delibera dell’ATO 2 n. 1/2012 impugnata davanti al TAR per il Lazio dalla Provincia di Rieti (anche in qualità di ente responsabile del coordinamento degli enti ricadenti nell’ATO3 tra i quali anche l’amministrazione appellante);

c) l’operatività della convenzione sarebbe subordinata al rinnovo della concessione, non ancora intervenuto.

4.3. Con memoria prodotta in vista dell’udienza la Città metropolitana di Roma Capitale, ente responsabile del coordinamento dell’ATO2 Lazio - Centrale, auspica la conferma della pronuncia di primo grado in quanto i comuni ricadenti nei singoli ambiti territoriali ottimali sarebbero raggruppati e rappresentati dai rispettivi ATO, tanto che proprio l’ATO3, di cui il comune appellante fa parte, avrebbe impugnato dinanzi al TAR per il Lazio la delibera ATO2 n. 1/2012 ed avrebbe adito, altresì, il Tribunale civile di Roma per accertare il diritto al ristoro per gli oneri diretti ed indiretti sostenuti da ATO3 e dagli enti locali che ne fanno parte. L’ATO, quindi, non sarebbe semplicemente un modulo organizzativo, ma l’ente esponenziale al quale i singoli comuni hanno trasferito le competenze a tutela dei propri interessi, tanto che l’art.7, l.r. Lazio, n. 6/96, gli riserverebbe la stipula della Convenzione. L’appello sarebbe, altresì, infondato dal momento che le condizioni di efficacia della convenzione indicate dall’art. 12, DGR n. 396/2006, non si sarebbero ancora verificate. In particolare, il rinnovo della concessione di derivazione in favore di Roma Capitale non vi sarebbe stato, mentre la concessione sarebbe stata prorogata ex art. 8, comma 3, n. 12, l.r. Lazio n. 2/2013. Né la conferenza dei Sindaci e dei Presidente dell’ATO2 avrebbe sottoscritto lo schema di approvato dalla DGR n. 936/2006, rilevando numerosi punti di illegittimità tra i quali proprio la previsione di un corrispettivo. Inoltre, la sottoscrizione della convenzione sarebbe impedito dal fatto che la determinazione delle tariffe sarebbe ormai in capo all’AEEG. Infine, la competenza sull’adozione del nuovo schema di convenzione sarebbe in capo all’amministrazione regionale. Infine, dovrebbe riconoscersi il difetto di legittimazione passiva in capo alla Città metropolitana di Roma Capitale, che sarebbe solo uno degli enti partecipanti all’ATO2.

4.4. Con propria memoria la Regione Lazio sostiene che non le sarebbe imputabile alcun impedimento dal momento che il suo compito terminerebbe con la predisposizione di uno schema di convenzione, il cui contenuto deve essere condiviso dagli ATO, senza che lo stesso possa essere loro imposto da un’iniziativa regionale.

5. Con memoria di replica l’amministrazione comunale ricorrente ribadisce la propria legittimazione ad agire e nega il carattere conformativo dei vincoli imposti. Inoltre, sottolinea che la determinazione degli oneri per le interferenze d’ambito sarebbe preliminare rispetto alla fissazione delle tariffe idriche.

6. L’appello è infondato e non può essere accolto in ragione del difetto di legittimazione attiva del Comune appellante, le cui funzioni in materia di gestione del servizio idrico sono devolute all’ATO. La giurisprudenza costituzionale ed amministrativa ha, infatti, da tempo chiarito che l’ATO è una struttura organizzativa dotata di una distinta soggettività giuridica (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 5243 del 2009; Sez. VI, n. 2948 del 2007 quest’ultima relativa proprio agli Ato disciplinati dalla l.r. Lazio n. 6/1996).

Le autorità d'ambito, infatti, erano già previste dagli artt. 8 e 9 della legge n. 36 del 1994 e dagli articoli da 24 a 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), che ne consentivano l'istituzione, da parte delle Regioni, con strutture e forme giuridiche diverse alle quali pure partecipavano necessariamente gli enti locali, come le convenzioni, i consorzi, le unioni di comuni, l'esercizio associato delle funzioni. Tali disposizioni sono state attuate dalla legislazione regionale mediante l'adozione di moduli organizzativi scelti tra quelli consentiti dalle disposizioni stesse, seppure diversamente denominati (agenzie, consorzi, autorità).

Così Corte cost., n. 246/2009 ha chiarito che l'art. 148 D.Lgs. n. 152/2006, ha razionalizzato il suddetto quadro normativo, superando la frammentazione della gestione del servizio idrico, nel rispetto delle preesistenti competenze degli enti territoriali ed unificando le modalità di esercizio della gestione delle risorse idriche, prevedendo espressamente il trasferimento delle relative competenze dagli enti locali all'autorità d'àmbito; autorità della quale - come visto - gli enti locali necessariamente fanno parte.

La necessità di attribuire le funzioni ad un autonomo soggetto giuridico è rimasta ferma anche all’indomani dell’abrogazione del citato art. 148. Sul punto è intervenuta la pronuncia della Corte costituzionale, n. 50/2013, secondo la quale: “Per quanto riguarda le Autorità d'ambito, preposte alla programmazione ed alla gestione del servizio idrico integrato nel territorio delle Regioni, l'art. 2, c. 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (l. finanziaria 2010), nel sopprimere le Autorità d'ambito territoriale, di cui agli artt. 148 e 201 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152(Codice dell'ambiente), ha stabilito che "le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza". Con la modifica del 2009, la legislazione statale ha inteso realizzare, mediante l'attuazione dei principi di cui sopra, una razionalizzazione nella programmazione e nella gestione del servizio idrico integrato, superando la precedente frammentazione. Perché ciò avvenga, è innanzitutto necessario che i soggetti cui sono affidate le funzioni abbiano una consistenza territoriale adeguata, ma è anche indispensabile che i piani d'ambito abbiano natura integrata e unitaria, in modo da realizzare l'efficienza, l'efficacia e l'economicità del servizio. Il rispetto dei principi di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza, richiamati dal sopra citato art. 2, c. 186-bis, della legge n. 191/2009 , implica che non possa essere trascurato, nella prefigurazione normativa regionale della struttura e delle funzioni dei soggetti tributari dei servizi, il ruolo degli enti locali e che debba essere prevista la loro cooperazione in vista del raggiungimento di fini unitari nello spazio territoriale che il legislatore regionale reputa ottimale. Si deve ritenere, pertanto, che un organismo come l'assemblea dei sindaci (ASSI) ben si inserisca nell'organizzazione dell'ente regionale unitario, allo scopo di mantenere un costante rapporto tra programmazione e gestione del servizio su scala regionale ed esigenze dei singoli territori compresi nell'ambito complessivo dell'ERSI”.

Da ciò deriva che spetta all’ATO3, cui appartiene l’amministrazione comunale appellante, assumere iniziative per garantire l’efficacia della convenzione prevista dall’art. 7 c. 1 della L.R. Lazio, n. 7/1996.

7. A questo deve aggiungersi che non è comunque configurabile una situazione di inadempimento imputabile alle resistenti amministrazioni in quanto l’erogazione dell’indennizzo a favore del comune appellante è subordinata all’operatività della convenzione per la quale, però, non risultano essersi verificate le due condizioni ivi previste, ossia: a) la sua approvazione da parte delle conferenze dei Sindaci e dei Presidenti dell’ambito ATO2 e ATO3; b) il rinnovo trentennale della concessione di derivazione delle sorgenti Peschiera e Le Capore a favore del Comune di Roma.

8. A causa del difetto di legittimazione attiva in capo all’amministrazione comunale l’appello non può che essere respinto, assorbita ogni altra questione, con ciò che ne consegue in termini di conferma della pronuncia impugnata.

9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il Comune di Petrella Salto al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali), in favore di ciascuna delle altre parti costituite nel presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:

Vito Poli,        Presidente FF

Antonio Amicuzzi,     Consigliere

Doris Durante,            Consigliere

Nicola Gaviano,         Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino,           Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/06/2015

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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