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Consiglio di Stato, Sez. III, 22/7/2015 n. 3636
Sulla finalità dell'informativa antimafia c.d. atipica.

L'informativa c.d. atipica, nel testo risalente all'art. 4, c.10, del d.lgs. n. 490 del 1994, ora tradotto nell'art. 84 del d.lgs. 159 del 2011, dà rilievo, agli effetti dell'adozione della misura di prevenzione, al riscontro di elementi significativi di tentativi di infiltrazione mafiosa. La nozione di tentativo comporta che la situazione di condizionamento dell'impresa da parte della criminalità organizzata non debba essere in atto, ma che ciò possa avvenire con azioni dirette in modo non equivoco, allo scopo anzidetto, di cui emergano quantomeno elementi rivelatori anche se solo sul piano indiziario. Le cautele antimafia non obbediscono, infatti, a finalità di accertamento di responsabilità. Esse possono muovere da un insieme di elementi e circostanze che, pur non dovendo necessariamente essere sostenute da rilevanze probatorie tipiche del diritto penale e del diritto processuale in genere, siano tali da formare un mosaico di condotte, intrecci, interferenze e contiguità che incidano sull'affidabilità dell'impresa che debba intrattenere rapporti economici con lo Stato o altri organismi di diritto pubblico. L'innalzamento della soglia di anticipata tutela delle condizioni di sicurezza e ordine pubblico non esime, tuttavia, da una prudente, esatta ed esaustiva acquisizione e valutazione dei presupposti del provvedere, considerata anche l'incidenza della misura interdittiva sulla sfera di libertà e di iniziativa economica del destinatario. Le conclusioni cui pervenga Autorità di pubblica sicurezza non si sottraggono al controllo esterno di legittimità, nei limiti del vizio di eccesso di potere nei profili dell' adeguatezza e della sufficienza dell'istruttoria, del corretto apprezzamento dei presupposti del provvedere, della ragionevolezza delle statuizioni adottate e della proporzionalità della scelta provvedimentale al fine di interesse pubblico perseguito.

Materia: appalti / disciplina

N. 03636/2015REG.PROV.COLL.

 

N. 06679/2014 REG.RIC.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6679 del 2014, proposto da f.lli Iembo s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Antonino Galletti, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, Piazzale Don Giovanni Minzoni, 9;

contro

Ministero dell'Interno - U.T.G. - Prefettura di Reggio Emilia;, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge presso la sede della stessa in Roma, Via dei Portoghesi 12;

 

nei confronti di

- Iren Emilia s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Giancarlo Cantelli, Francesca Giuffre', con domicilio eletto presso la seconda in Roma, Via dei Gracchi n. 39;

- Comune di Reggiolo, rappresentato e difeso dagli avv. Ermes Coffrini e Massimo Colarizi, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 87;

 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - SEZ. STACCATA DI PARMA: n. 202 del 2014, resa tra le parti, concernente informativa interdittiva antimafia

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno, di Iren Emilia s.p.a. e del Comune di Reggiolo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2015 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Antonino Galletti, Francesca Giuffrè, Massimo Colarizi e l'avv. dello Stato Anna Collabolletta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per l’ Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, la società f.lli Iembo a r.l. impugnava per dedotti motivi di violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili il diniego di iscrizione nella c.d. white list provinciale - assunto dal Prefetto di Reggio Emilia il 24 gennaio 2014 e notificato alla parte il 31 gennaio 2014 – unitamente alla successiva interdittiva antimafia assunta il 6 febbraio 2014 e comunicata a Iren Emilia s.p.a.

L’impugnativa era altresì rivolta contro la comunicazione di tale ultima società in data 24 febbraio 2014, di applicazione della clausola risolutiva espressa di cui all’accordo quadro relativo alla gara 2309 – CIG 0759393EE9 per l’esecuzione di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e edifici industriali, nonché contro la determinazione del Comune di Reggiolo in data 8 marzo 2014 di risoluzione del contratto di cottimo fiduciario del 7 novembre 2013 stipulato con la società ricorrente.

Con sentenza in forma semplificata n. 2002 del 2014, il T.A.R. adito dichiarava la tardiva proposizione del ricorso avverso il diniego di iscrizione nella white list provinciale ai sensi dell’art. 5 bis del d.l. n. 74 del 2012, convertito con legge n. 122 del 2012 e, in via consequenziale, l’inammissibilità dell’impugnativa contro la determinazione di interdittiva, non potendo da esso la soc. Lembo trarre utilità per la cristallizzazione dell’ atto di inibitoria dell’iscrizione nell’apposita lista delle imprese meritevoli di concludere contratti con la pubblica amministrazione.

Il T.A.R. riconosceva, inoltre, il carattere consequenziale e dovuto degli atti di risoluzione dei rapporti contrattuali in corso in base a specifiche clausole risolutive in essi contenute, nonché in relazione al disposto di cui all’art. 84, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011.

Avverso la sentenza n. 202 del 2014, la soc. Lembo ha proposto atto di appello e ha contestato le conclusioni del T.A.R. e insistito, anche in sede di successive note di udienza, nei motivi tutti articolati in primo grado.

Resiste il Ministero dell’ Interno che ha contraddetto i motivi di impugnazione e concluso per la conferma della sentenza impugnata.

Si sono costituiti altresì in giudizio il Comune di Reggiolo e la soc. Iren Emilia opponendosi all’accoglimento dell’ appello. La soc. Iren Emilia ha, in particolare, eccepito il difetto di giurisdizione del g.a. in ordine all’atto risolutivo del rapporto contrattuale e l’inammissibilità del ricorso in parte qua per la mancata articolazione di motivi in ordine alla legittimità dell’atto impugnato.

All’udienza del 9 aprile 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. La soc. f.lli Iembo fondatamente contesta la sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’ informativa del Prefetto di Reggio Emilia rilasciata il 6 febbraio 2014 sul presupposto della tardiva impugnazione del precedente provvedimento - comunicato il 31 gennaio 2014 - recante il diniego di inclusione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori, non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, previsto dall’art. 5 bis del d.l. n. 74 del 2012 (c.d. detta white list).

Le contestazioni contro il diniego di iscrizione nella white list provinciale (di cui, come innanzi detto, era stata data comunicazione il 31 gennaio 2014) sono state, invero, formulate oltre il prescritto termine decadenziale con il ricorso notificato il 18 aprile 2014.

Tuttavia la condizione di inoppugnabilità di detto provvedimento non determina l’inammissibilità del ricorso contro il successivo atto di interdittiva, adottato dal Prefetto di Reggio Emilia il 6 febbraio 2014 e comunicata il successivo 24 febbraio.

Fra i due provvedimento non vi è, invero, rapporto di presupposizione, né identità di oggetto, tantomeno il secondo provvedimento può essere qualificato atto meramente confermativo del primo.

Ed invero:

- l’iscrizione nelle lista dei fornitori, prestatori ed esecutori di lavori, prevista dall’art. 5 bis del d.l. n. 74 del 2012 ha una valenza territoriale limitata agli interventi di ricostruzione connessi agli eventi simici che hanno interessato la Regione Emilia Romagna, mentre il successivo atto di interdittiva, assunto ai sensi dell’ art. 82 del d.lgs. n. 159 del 2011 ha effetti su tutto il territorio nazionale e preclude per la società l’assunzione della qualità di parte in rapporti con lo Stato o altri organismi di diritto pubblico che comportino il trasferimento di risorse economiche per l’esecuzione di lavori, forniture e servizi; segue che l’acquiescenza al provvedimento con più limitato effetto a livello regionale non pregiudica l’interesse a rimuovere l’atto radicalmente espulsivo dell’impresa dal mercato dei lavori, delle forniture e dei servizi pubblici;

- la su riferita diversità di oggetto, oltreché delle disposizioni di legge cui è stata data applicazione, porta ad escludere che l’atto di interdittiva del 6 febbraio 2014 possa essere qualificato come meramente confermativo del diniego di iscrizione nella white list.

2.1. Eccepisce inoltre il Ministero convenuto l’inammissibilità del ricorso proposto avanti al T.A.R. perché la chiamata in giudizio è avvenuta nei confronti del solo U.T.G. – Prefettura di Reggio Emilia e non anche del Ministero dell’ Interno

L’eccezione, per la prima volta proposta in appello, oltre che inammissibile ai sensi dell’ art. 104, comma 1, c.p.a., è infondata nel merito, poiché la chiamata in giudizio è ritualmente avvenuta nei confronti dell’organo che ha adottato i provvedimenti oggetto di contestazione, desumibile dal contenuto essenziale degli stessi ed identificato nella Prefettura di Reggio Emilia – Ufficio territoriale del Governo.

2.2. La soc. Iren Emilia eccepisce, inoltre, l’inammissibilità del ricorso della soc. Fratelli Lembo per difetto di giurisdizione del T.A.R.; genericità dei motivi di impugnativa; tardività della notifica del ricorso e del deposito, dovendo a suo dire trovare applicazione le regole processuali del rito abbreviato per gli appalti pubblici.

2.3 L’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata in memoria ,va dichiarata inammissibile perché - una volta che il primo giudice abbia riconosciuto la giurisdizione - la questione va introdotta con ricorso incidentale contro la sentenza del T.A.R. e non in via di eccezione (Cons. St., sez. V, n. 2002 del 30 aprile 2015; n. 1158 del 09 marzo 2015 n. 1158).

2.4. La riduzione dei termini processuali, invocata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 119, lett. a), c.p.a., riguarda i provvedimenti concernenti procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture e coinvolge, quindi, la fase di evidenza pubblica di scelta del contraente, in garanzia della rapida definizione del contenzioso agli effetti del pronto impiego delle risorse economiche a tal fine destinate (cfr. Cons. St., Sez. III, n. 289 del 22 gennaio 2014).

Il provvedimento di risoluzione del contratto adottato dalla soc. Iren Emilia – finalizzato alla cura dei diversi interessi di rilevo pubblico di prevenzione del condizionamento mafioso dei soggetti destinatari di trasferimenti di risorse pubbliche – interviene, invece, nella fase di esecuzione del contratto, un volta esauritasi l’attività di selezione del contraente, e non resta, quindi, assoggettato alle regole acceleratorie del processo.

2.5. Non ha pregio la reiterata eccezione di inammissibilità del ricorso in primo grado per mancata specificità dei motivi, ove si consideri che l’atto introduttivo del giudizio individua compiutamente il thema decidendum e le ragioni di illegittimità degli atti impugnati, con richiamo alle disposizioni di legge che regolano l’azione dell’ Amministrazione del settore della prevenzione antimafia, nonché i profili di eccesso di potere per difetto istruttoria, errore e travisamento dei fatti.

3. Nel merito l’appello è fondato.

3.1. La misura di interdittiva è stata adottata ai sensi dell’art. 84 e segg. del d.lgs. n. 159 del 2011 sulla base di acquisiti elementi giudicati idonei a far ritenere il pericolo di infiltrazione mafiosa tendente a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’attività della ditta interessata.

Obietta l’appellante che gli elementi accertati, da cui ha tratto ragione il provvedimento impugnato, in alcun modo coinvolgono in via diretta l’attività della compagine sociale interessata; eventuali rapporti o dazioni della stessa verso appartenenti alla criminalità organizzata; deviazioni nell’esercizio dell’attività sociale sul piano fiscale, ovvero il coinvolgimento in processi penali, anche solo per ragioni tributarie, di soci o amministratori.

E’, inoltre, posta in rilievo la frammentarietà e la risalenza nel tempo degli elementi valorizzati a sostegno del provvedimento di interdittiva e, in ogni caso, l’inidoneità, anche per sommatoria, ad identificare i presupposti per l’adozione della misura di rigore.

Osserva il collegio che l’informativa c.d. atipica, nel testo risalente all’art. 4, comma 10, del d.lgs. n. 490 del1994, ora tradotto nell’art. 84 del d.lgs. 159 del 2011, dà rilievo, agli effetti dell’adozione della misura di prevenzione, al riscontro di elementi significativi di tentativi di infiltrazione mafiosa. La nozione di tentativo comporta che la situazione di condizionamento dell’impresa da parte della criminalità organizzata non debba essere in atto, ma che ciò possa avvenire con azioni dirette in modo non equivoco, allo scopo anzidetto, di cui emergano quantomeno elementi rivelatori anche se solo sul piano indiziario.

Le cautele antimafia non obbediscono, infatti, a finalità di accertamento di responsabilità. Esse possono muovere da un insieme di elementi e circostanze che, pur non dovendo necessariamente essere sostenute da rilevanze probatorie tipiche del diritto penale e del diritto processuale in genere, siano tali da formare un mosaico di condotte, intrecci, interferenze e contiguità che incidano sull’affidabilità dell’impresa che debba intrattenere rapporti economici con lo Stato o altri organismi di diritto pubblico.

L’innalzamento della soglia di anticipata tutela delle condizioni di sicurezza e ordine pubblico non esime, tuttavia, da una prudente, esatta ed esaustiva acquisizione e valutazione dei presupposti del provvedere, considerata anche l’incidenza della misura interdittiva sulla sfera di libertà e di iniziativa economica del destinatario.         Le conclusioni cui pervenga Autorità di pubblica sicurezza non si sottraggono al controllo esterno di legittimità, nei limiti del vizio di eccesso di potere nei profili dell’ adeguatezza e della sufficienza dell’istruttoria, del corretto apprezzamento dei presupposti del provvedere, della ragionevolezza delle statuizioni adottate e della proporzionalità della scelta provvedimentale al fine di interesse pubblico perseguito.

Ciò posto, dagli atti cui il provvedimento di interdittiva rinvia ob relationem emerge che gli elementi indiziari cui il provvedimento impugnato riconduce il pericolo di infiltrazione mafiosa sono in gran parte risalenti nel tempo (un tentativo di estorsione consumato dal clan Arena in danno di Iembo Giovanni del 2004 per la cessione a terzo di lavori di urbanizzazione; il riferimento alla persona di Iembo Salvatore in una conversazione telefonica registrata nel 2007 fra persone cui si ascrive l’appartenenza ad associazioni malviste di matrice ‘ndranghetista; un contratto di compravendita di terreno nel 2002 in favore di Muto Benito e Gerardo, ai cui fratelli Antonio e Cesare si ascrivono rapporti e contiguità con cosche malavitose).

E’ possibile rilevare il carattere isolato e non collegato all’attualità dei riscontri che hanno dato ingresso alla misura interdittiva, in parte connessi a situazioni e contesti ambientali che di per sé favoriscono l’esposizione degli operatori economici a contatti da parte di cosche operanti sul territorio. Privo di valore indiziante è la vendita di un terreno in favore di soggetto al quale non sono ascritti direttamente mende e pregiudizi, ma solo a persone a lui legate da rapporto di parentela.

Quanto alla titolarità da parte di Iembo salvatore del 20 % delle quote della s.r.l. Cofim Immobiliare - cui partecipano nella misura del 40 % persona imputata per reati fallimentari e per altra quota la nuora di soggetto imputato per i medesimi reati - il collegio reputa che detto assetto societario non possa assurgere ad elemento indiziante del condizionamento criminale della soc. f.lli Iembo, sia per la natura dei reati cui è fatto riferimento che non attengono al fenomeno della criminalità organizzata, sia perché non sono indicati in che modo e per quali ragioni le partecipazioni sociali attenzionate si riflettano in via derivata sull’indirizzo e gestione della società appellante.

Per le considerazioni che precedono si configurano fondate le doglianze di eccesso di potere nei profili della non congruità e sufficienza dei presupposti presi in considerazione al fine di delineare una situazione ambientale che, con carattere di attualità, metta in pericolo l’autonomia di indirizzo dell’ attività sociale o che possa essere espressione di un’ infiltrazione anche potenziale della criminalità organizzata.

L’accertata illegittimità nell’informativa del Prefetto determina l’invalidità in via derivata degli atti di risoluzione dei rapporti contrattuali in corso, adottati da Iren Emilia e dal Comune di Reggiolo, che nel provvedimento prefettizio trovano il loro antecedente procedimentale e provvedimentale.

L’appello va quindi, accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, nei limiti di cui in motivazione va accolto il ricorso di primo grado e vanno annullati il provvedimento di interdittiva antimafia del Prefetto di Reggio Emilia del 6 febbraio 2014 e gli atti di risoluzione dei rapporti contrattuali adottati da Iren Emilia e dal Comune di Reggiolo.

In relazione ai profili della controversia e alla natura degli interessi di rilievo pubblico coinvolti spese e onorari vanno compensati fra le parti per i due gradi di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado nei limiti di cui in motivazione ed, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento di interdittiva antimafia del Prefetto di Reggio Emilia del 6 febbraio 2014 e gli atti di risoluzione dei rapporti contrattuali adottati da Iren Emilia e dal Comune di Reggiolo.

Dispone la compensazione di spese e onorari per i due gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo,         Presidente

Carlo Deodato,           Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore

Angelica Dell'Utri,     Consigliere

Dante D'Alessio,        Consigliere

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/07/2015

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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