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TAR Lazio, sez. II ter, 23/10/2015 n. 12133
Una gara di affidamento di servizi in concessione bandita dalla società in house ben può prevedere un termine di scadenza del servizio successivo alla scadenza del rapporto che lega l'organo gestore all'ente locale.

La scadenza del contratto di servizio tra l'ente locale ed una propria società di gestione "in house" determina, in assenza di un rinnovo, il subentro del primo nella gestione e nelle funzioni in precedenza affidate alla seconda, senza soluzione di continuità sotto il profilo degli effetti dell'azione amministrativa, secondo il normale modello della successione tra enti. Pertanto, una gara di affidamento di servizi in concessione bandita e celebrata dalla società in house ben può prevedere un termine di scadenza del servizio successivo alla scadenza del rapporto che lega l'organo gestore all'ente locale, perché sarà quest'ultimo, eventualmente, a subentrare nel rapporto in essere con il privato affidatario nel caso in cui non dovesse essere rinnovata la delega alla società in house.

Materia: concessioni / disciplina

N. 12133/2015 REG.PROV.COLL.

 

N. 08202/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 8202 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Società La Limonaia Srl, in persona del proprio rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Arturo Cancrini, Pietro Pomanti, Francesco Vagnucci, Massimo Nunziata, con domicilio eletto presso Arturo Cancrini in Roma, Via G. Mercalli, 13;

 

contro

Società Zetema Progetto Cultura Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Paoletti ed Emanuela Paoletti, con domicilio eletto presso Francesco Paoletti in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, 118;

Roma Capitale, rappresentata e difesa dall' avv.Antonio Ciavarella, dell’Avvocatura capitolina, domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove, 21;

 

nei confronti di

Società Food Service Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. John Riccardo Paladini e Valeria Pecorone, con domicilio eletto presso John Riccardo Paladini in Roma, Via Premuda, 3;

Società Palazzo Carpegna Srl, Società Bar Banqueting Srl, Società Retail Food Srl, ciascuna in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, non costituite;

 

per l'annullamento

del provvedimento prot. L 256/2015 – AR/ni del 18.5.2015, con cui Zètema Progetto Cultura S.r.l. ha aggiudicato in via definitiva la “Procedura aperta per l’affidamento in concessione del punto di ristoro della limonaia presso villa Torlonia previo allestimento dell'area” (cig 6068482dc1) all’Impresa Food Service S.r.l;

degli atti e dei verbali della procedura, nonché di tutta l’attività della Commissione giudicatrice, nella parte in cui si è disposta l’ammissione alla gara, e/o non se ne è disposta l’esclusione, delle imprese Food Service S.r.l., Palazzo Carpegna S.r.l., Bar Banqueting S.r.l. e Retail Food S.r.l.;

ove occorra, di tutti i verbali (dal n. 1 al n. 8) della Commissione di Gara;

del verbale nr. 8 del 12.5.2015, della Commissione di gara, relativo al sub-procedimento di valutazione dell’anomalia nei confronti della Food Service S.r.l.;

ove occorra:

- del Bando di gara d.d. 19.12.2014, anche nella parte in cui ha consentito l’ammissione alla gara delle imprese concorrenti;

- del Disciplinare di gara, anche nella parte in cui ha consentito l’ammissione alla gara delle imprese concorrenti;

- del Disciplinare di gara anche nella parte in cui non ha esplicitato l’obbligo per i concorrenti di specificare gli oneri di sicurezza aziendali;

- del Disciplinare di gara anche nella parte in cui non ha esplicitato l’obbligo dei concorrenti di acquisire il parere della Soprintendenza di compatibilità del progetto tecnico presentato con il vincolo che caratterizza l’area;

- del Capitolato d’oneri, anche nella parte in cui ha consentito l’ammissione alla gara delle imprese concorrenti:

del diniego parziale frapposto da Zètema Progetto Cultura S.r.l. all’istanza di accesso presentata dalla Limonaia S.r.l. in data 18.5.2015;

del verbale di accesso agli atti del 28.5.2015, nella parte in cui non si è consentita l’estrazione di copia del progetto tecnico della Food Service S.r.l.;

nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, ancorchè attualmente non conosciuti;

con conseguente declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente nelle more stipulato con l’illegittimo aggiudicatario;

e per la condanna dell’Ente intimato a risarcire il danno cagionato alla ricorrente in forma sepcifica, mediante aggiudicazione nei confronti della medesima della commessa oggetto di affidamento e subentro nell’esecuzione del contratto eventualmente stipulato ex art. 122 c.p.c., proponendosi sin d’ora anche la subordinata richiesta di risarcimento per equivalente monetario nella misura che sarà determinata in corso di causa.

Con motivi aggiunti:

anche in parte qua del provvedimento prot. l. 256/2015 – AR/ni del 18.5.2015, con cui Zètema Progetto Cultura s.r.l. ha aggiudicato in via definitiva la “Procedura aperta per l’affidamento in concessione del punto di ristoro della Limonaia presso Villa Torlonia, previo allestimento dell’area” all’impresa Food Service S.r.l.; anche in parte qua dell’operato della Commissione di gara laddove ha proceduto alla valutazione ed alla non esclusione dell’Impresa Food Service S.r.l.; anche in parte qua, del Bando di gara d.d. 19 dicembre 2014 e della complessiva procedura di gara; di ogni altro atto comunque connesso a quelli impugnati.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Società Zetema Progetto Cultura S.r.l., della Società Food Service S.r.l. e di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm. in ordine alla regolarità e completezza dell’istruttoria e del contraddittorio ai fini della eventuale decisione sulla causa nel merito con sentenza in forma semplificata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La società ricorrente espone di avere preso parte alla procedura di evidenza pubblica indetta da Zètema Progetto Cultura S.r.l., Ente strumentale di Roma Capitale, per l’affidamento in concessione del servizio di ristoro da condursi all’interno della limonaia di Villa Torlonia, in Roma, previo allestimento dell’area (CIG 6068482DC1) per un importo complessivo di euro 5.750.000,00 di cui 2.750.000,00 per il periodo fino al 31.12.2007 ed euro 3.000.000,00 per l’eventuale rinnovo (previsto per un massimo di ulteriori tre anni).

Al confronto venivano ammesse, oltre alla ricorrente, anche le imprese Palazzo Carpegna S.r.l., Bar Banqueting S.r.l., Retail Food S.r.l. e Food Service S.r.l.; quest’ultima si aggiudicava definitivamente la gara in data 18.5.2015; la ricorrente risultava ultima classificata.

Dopo aver richiesto l’accesso, ed ottenuto solo parziale visione e copia dei documenti di gara, la società La Limonaia S.r.l. ha proposto l’odierno ricorso con il quale chiede l’annullamento degli atti impugnati, nella misura in cui sono state ammesse o non escluse tutte le proprie concorrenti e quindi con diritto all’aggiudicazione; oppure ai fini del rifacimento della gara, per i seguenti articolati motivi di fatto e di diritto.

I) Violazione dei principi ordinamentali di buon andamento imparzialità, proporzionalità e ragionevolezza (art. 97 Cost.), violazione e/o falsa applicazione di legge, con particolare riferimento agli artt. 32, 35 e 41 Cost., agli artt. 46, co. 1bis, 86, co. 3 bis e 87 co.4 del D.lgs. n. 163/2006 ed all’art. 26 co. 6 D.lgs. n. 81/2008, eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto (tutte le imprese concorrenti avrebbero dovuto essere escluse per omessa indicazione degli oneri di sicurezza nelle rispettive offerte economiche e conseguente incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta per difetto di elemento essenziale di essa, con richiamo all’A.P., sentenza nr. 3 del 20.3.2015); II) dei principi ordinamentali di buon andamento imparzialità, proporzionalità e ragionevolezza (art. 97 Cost.), violazione e/o falsa applicazione di legge, con particolare riferimento all’all. IV del Dlgs n. 81/2008; violazione e falsa applicazione della legge di gara, art. 6 del capitolato d’oneri, eccesso di potere per carenza e lacunosità dell’istruttoria, difetto di motivazione ed ingiustizia manifesta (tutti i progetti tecnici delle controinteressate sarebbero contrastanti con le prescrizioni in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori; III) Illegittimità per violazione degli artt. 10, 13, 16, 21 del Dlgs n. 42/2004, eccesso di potere per falsità dei presupposti, carenza di istruttoria, erronea valutazione e travisamento dei fatti (ogni progetto tecnico prodotto dalle controinteressate avrebbe dovuto essere escluso o comunque non valutato, per assenza del previo parere della Soprintendenza sulla compatibilità delle soluzioni progettuali proposte con il regime vincolato cui è interessata l’area oggetto di affidamento); IV) violazione dei principi ordinamentali di buon andamento imparzialità, proporzionalità e ragionevolezza (art. 97 Cost.), violazione e/o falsa applicazione di legge, art. 74, 86 ss., Dlgs nr. 163/2006; artt. 2423 e 2435 bis c.c.; violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara; art. 5 del disciplinare, art. 6 del capitolato; eccesso di potere per perplessità dell’azione amministrativa, difetto e lacunosità dell’istruttoria e della motivazione, omessa presentazione del piano economico finanziario ed omessa indicazione degli oneri della sicurezza e delle spese di giardinaggio nella redazione del prospetto costi-ricavi (sarebbe stata omessa l’allegazione dei piani economico-finanziari alle offerte economiche, così come richiesti dalla lex specialis, e comunque i prospetti costi-ricavi presentati sarebbero manifestamente lacunosi; la valutazione di congruità dell’offerta e di assenza di anomalia sarebbe conseguentemente carente e lacunosa. V) nullità complessiva dei provvedimenti della procedura per carenza assoluta di attribuzione, violazione o falsa applicazione di legge, con particolare riferimento agli artt. 21 septies, l n. 241/90 e 31 c.p.a.; contrarietà con precedenti determinazioni.

Con il ricorso, la società La Limonaia propone altresì domande istruttorie, volte ad ottenere il deposito in giudizio di tutti gli atti ed i documenti non ancora esibiti, con particolare riferimento al progetto tecnico integrale presentato dall’aggiudicataria e comunque propone domanda ex art. 116, comma 2 c.p.a. in tal senso. Chiede altresì il risarcimento del danno.

Si sono costituite sia Zètema Progetto Cultura srl, che la controinteressata Nicolai Ricevimenti srl, che resistono al ricorso di cui chiedono il rigetto, eccependone l’inammissibilità e l’infondatezza.

La società Zètema ha depositato la documentazione amministrativa del procedimento di gara, oggetto dell’istanza istruttoria.

Parte ricorrente ha quindi proposto motivi aggiunti, con i quali sviluppa nuove articolate censure avverso gli atti già impugnati ed altri conosciuti solo a seguito del deposito da parte di Zètema, deducendo (numerazione progressiva rispetto a quella dei motivi trattati in ricorso) VI) Violazione dei principi fondamentali di buon andamento, imparzialità e ragionevolezza (art. 97 Cost.), Violazione e/o falsa applicazione di legge, con particolare riferimento all’all. IV del D.lgs. n. 81/2008, Violazione e/o falsa applicazione della legge di gara, art. 6 del Capitolato d’oneri, eccesso di potere per carenza e lacunosità dell’istruttoria, difetto di motivazione ed ingiustizia manifesta (la documentazione inerente il progetto tecnico dell’aggiudicataria dimostrerebbe la fondatezza del secondo motivo di ricorso); VII) Violazione dei principi fondamentali di buon andamento, imparzialità e ragionevolezza (art. 97 Cost.), violazione e/o falsa applicazione di legge, con particolare riferimento agli artt. 43 e ss. del Dlgs n. 81/2008, eccesso di potere per carenza e lacunosità dell’istruttoria, difetto di motivazione ed ingiustizia manifesta (il progetto tecnico dell’aggiudicataria Food Service S.r.l. sarebbe carente in ordine alla normativa di sicurezza antincendio e di sicurezza; VIII), Nullità complessiva dei provvedimenti della procedura per carenza assoluta di attribuzione, violazione e/o falsa applicazione di legge, con particolare riferimento agli artt. 21 septies, l. n. 241/90 e 31 c.p.a., incompetenza (il locale della Limonaia non rientrerebbe tra quelli oggetto del Contratto di Servizi tra Roma Capitale e Zètema, con la conseguenza che quest’ultima avrebbe agito in assoluta carenza di potere).

La società Zètema Progetto Cultura ha depositato memorie e deduzioni avverso i motivi aggiunti.

Alla camera di consiglio dell’8 ottobre 2015, dopo approfondito dibattito tra i difensori delle parti, che sono stati anche sentiti sulla regolarità e completezza sia del contraddittorio che dell’istruttoria, la causa, chiamata per l’esame della domanda cautelare, è stata trattenuta in decisione con possibilità di essere risolta nel merito con sentenza in forma semplificata.

 

DIRITTO

I) Nell’odierno giudizio le parti controvertono in ordine alla legittimità dell’aggiudicazione della gara disposta con gli atti indicati in epigrafe, avendo riguardo sia alla mancata esclusione delle concorrenti controinteressate, con conseguente aspettativa della ricorrente a conseguire l’affidamento; sia, subordinatamente, alla mancanza di legittimazione della società Zètema a disporre del bene entro il quale è previsto l’esercizio dell’attività oggetto di concessione, nonché ad altre ragioni che comporterebbero l’annullamento dell’intera gara.

II) Va preliminarmente rilevato che in ordine all’istanza di accesso ed alla conseguente acquisizione dei documenti di gara, la produzione della parte resistente ha comportato la cessazione della materia del contendere, con le relative conseguenze in ordine alla domanda ex art. 116 c.p.a., così come confermato durante la discussione in camera di consiglio dai procuratori delle parti.

III) In punto di interesse al ricorso, osserva da subito il Collegio che la ricorrente è il gestore uscente del medesimo servizio in concessione e quindi agisce sia per ottenerne il rinnovo, sia per ottenere il rifacimento della procedura di gara che comporterebbe il mantenimento della gestione uscente in termini di proroga o di affidamento temporaneo (oltre alla rinnovata chance di aggiudicazione derivante dalla possibilità di partecipare alla futura gara).

IV) Con il primo gruppo di censure, parte ricorrente contesta l’ammissione o la mancata esclusione dalla gara di tutte le imprese concorrenti: essa, invero, si è classificata al quinto posto della relativa graduatoria e dunque, con i motivi di ricorso in esame, agisce per conseguire l’aggiudicazione della gara.

IV.a) In ordine all’oggetto del primo motivo di ricorso, attinente alla mancata esclusione di tutti i concorrenti meglio classificati rispetto alla ricorrente a causa dell’omessa indicazione dei costi per la sicurezza aziendale, trovano la condivisione del Collegio le tesi difensive di Zètema.

Dirimente è il rilievo, in punto di fatto, secondo il quale, in conformità del disciplinare di gara (punto A.7) le concorrenti hanno espressamente attestato di aver tenuto conto, nel redigere l’offerta, degli obblighi connessi alle disposizioni in materia di sicurezza e protezione dei lavoratori, nonché alle condizioni di lavoro: quindi le offerte, pur non dovendo esplicitare la quantificazione di tali oneri, si presume siano state coerenti con tali indicazioni, e tale presunzione conduce a ritenere – assente ogni contraria deduzione sul merito dell’offerta medesima – che ogni concorrente si sia attenuto a quanto dichiarato. Peraltro, la concorrente Bar Banqueting S.r.l. (terza in graduatoria) ha comunque indicato specificatamente nella propria offerta economica l’importo degli oneri per la sicurezza (vedasi tabella previsionale delle spese complessive, laddove al primo anno di gestione corrisponde un importo a tale titolo di euro 3.550,00, al secondo anno euro 1.250,00, ed al terzo anno euro 800,00) e ciò comporta l’infondatezza della doglianza nei confronti di quest’ultima e, conseguentemente, la sopravvenuta carenza di interesse della censura in esame nei confronti delle altre concorrenti , dal momento che – attesa la circostanza appena esposta – essa non potrebbe comunque conseguire l’aggiudicazione anche se la censura fosse fondata in punto di diritto nei confronti delle predette altre concorrenti diverse da Bar Banqueting S.r.l.

Tuttavia, nessun ulteriore indagine è necessaria sul punto, perché, come eccepito da Zètema, l’appalto in esame per il suo oggetto (servizi di ristorazione) rientra nell’elencazione di cui all’allegato II B del D.lgs. 163/06, con conseguente applicabilità della disciplina ordinaria, ex art. 20, nei limiti degli artt. 68, 65 e 225 del codice degli appalti; l’omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendale non può dunque costituire causa di esclusione per l’inapplicabilità dell’art. 86, comma 3 – bis ed 87, comma 4 del Dlgs 163/06 (sul punto vedasi Consiglio di Stato, V, 10 febbraio 2015, n. 689 richiamata dalla difesa di Zètema), non essendo tra l’altro sancito tale obbligo neppure nel bando o nel disciplinare di gara, e così neppure integrando la sua violazione una incisione latamente riconducibile ai principi generali di cui all’art. 27 del codice.

La mancanza di una previsione di bando, sul punto, costituisce impedimento all’esclusione anche a norma dell’art. 46, co. 1 bis del Codice degli Appalti, e del principio di tassatività delle cause di espulsione (v. Consiglio di Stato, VI, 9 aprile 2015, n. 1797, ancora una volta richiamata dalla difesa di Zètema e Consiglio di Stato, III 13 maggio 2015, nr. 2388), potendo rilevare al più in sede di verifica dell’anomalia (T.A.R. L’Aquila, 22 luglio 2015, nr. 571 e T.A.R. Torino, I, 10 luglio 2015, nr. 1170), ovvero in termini di sostenibilità dell’offerta, che nel caso di specie non è revocata in dubbio dalla censura.

Il primo motivo di gravame è dunque infondato.

IV.b) Il secondo motivo di ricorso (illegittimità per mancata esclusione delle concorrenti per avvenuta violazione delle prescrizioni relative alla previsione di spogliatoi separati per il personale maschile e femminile, punto 1.12.2, all. IV del Dlgs n. 81/2008 e servizi igienici separati per il personale maschile e femminile, punto 1.13.2 del medesimo testo) è infondato perché, da quanto è emerso dagli atti di gara, le caratteristiche planovolumetriche dell’ambiente ove è prevista la collocazione del servizio comprendono un ambiente ristretto, nel quale non vi sono gli spazi per differenziare tali ambienti, tanto che la stessa ricorrente – eccepisce Zètema – nella gestione pregressa ha sempre operato in tali condizioni. Ne deriva che le previsioni progettuali redatte in conformità a tali condizioni di fatto e nell’assenza di una specifica previsione del bando che autorizzava le concorrenti a prevedere mutamenti strutturali dell’ambiente con opere di adeguamento interno, non avrebbero potuto essere escluse dalla gara per la violazione delle previsioni normative invocate a fondamento della censura, tanto che neppure la ricorrente ha previsto nella propria proposta tecnica una separazione degli ambienti, vedasi tavola estratta prodotta da Zètema sub 11 degli allegati alla propria memoria di costituzione, laddove i servizi igienici, riportati in alto a sinistra nella pianta, risultano suddivisi per genere solo in relazione all’utenza, senza differenziazioni per disabili; mentre l’ambiente di servizio per il personale e l’antistante locale spogliatoio è unico; specie poi in considerazione del fatto che il bando di gara ed il relativo disciplinare non risultano specificatamente impugnati nella parte d’interesse.

Più precisamente, come puntualmente dedotto dalla difesa della controinteressata aggiudicataria, si rileva che all’art. 3 del Capitolato d’oneri è previsto che “gli spazi oggetto di concessione verranno resi disponibili nello stato di fatto in cui si trovano attualmente”; e nelle tavole allegate l’area interna al piano terra, ove è collocata la sala ristorazione/caffetteria, è servita da “n. 2 bagni (uomini e donne) aperti al pubblico con antibagno comune e n. 1 bagno per il personale con antistante spogliatoio…”. Dal momento che il bando ed il disciplinare non risultano specificatamente impugnati sul punto (la censura è formulata solamente avverso la mancata esclusione delle offerte delle concorrenti), è insufficiente la generica impugnazione della legge di gara “in parte qua” o nella parte d’interesse laddove consente l’ammissione delle controinteressate alla gara, così come formulato nell’oggetto dell’epigrafe.

Infine, ed ancora una volta in adesione alle difese della controinteressata, si osserva che le prescrizioni invocate a fondamento della censura ammettono eccezioni per il ridotto numero di personale, inferiore a dieci unità: ancorchè nelle previsioni progettuali l’aggiudicataria si riferisce ad un numero maggiore di personale da impiegare, quest’ultimo nei relativi turni è pari a cinque o sei unità, con picco massimo, nei mesi estivi, di otto unità per quattro ore, con la conseguenza che risultano integrate (nella previsione progettuale) le condizioni per la deroga all’obbligo di differenziazione degli ambienti di lavoro di cui si tratta.

IV.c) Il terzo motivo di ricorso (con cui si censura la mancata esclusione delle offerte delle concorrenti per mancata correlazione del progetto tecnico ad un previo parere della Soprintendenza circa la compatibilità delle soluzioni proposte con il vincolo che grava su Villa Torlonia ed, in parte qua, anche del bando nella misura in cui non ha previsto tale obbligo) è infondato.

A tacere dell’interesse della ricorrente a contestare l’ammissione dei progetti delle proprie controparti essendo essa stessa nelle medesime condizioni (in quanto neppure La Limonaia S.r.l. ha il previo parere della Soprintendenza sugli allestimenti), si osserva che il bando pone a carico delle parti l’onere “di ottenere ogni autorizzazione, permessso, licenza e nulla osta eventualmente occorrenti per l’esecuzione degli interventi previsti nel progetto di allestimento approvato”, e dunque, ove necessario, anche del parere della Soprintendenza.

Si tratta, all’evidenza, di una scelta di merito dell’Amministrazione, ovvero quella di configurare tale onere tra gli adempimenti a carico del concessionario, così che esso costituisce un coelemento della prestazione cui quest’ultimo si obbliga, con la conseguenza che si assume il rischio della non conformità o non ammissibilità degli arredi siccome proposti e nel caso in cui non dovesse risultare possibile eseguire l’allestimento come proposto in sede di gara, risulterà inadempiente, con ogni rilievo in termini di esecuzione del contratto.

In questi termini, la stazione appaltante ha esercitato un potere discrezionale nel configurare in siffatti termini la procedura di gara, ovvero rinviando alla fase esecutiva della concessione l’acquisizione del parere della Soprintendenza, scelta che non appare irragionevole per evidenti ragioni di economia del procedimento di gara attesi i ristretti termini per confezionare e proporre le offerte (il bando risulta spedito il 29.12.2014 ed il termine di ricezione delle offerte risulta fissato al 18.2.2015), nonché, soprattutto, attesa l’esiguità dell’impatto degli allestimenti sul decoro e sul regime vincolistico dell’immobile, sia in termini economici che strutturali e tecnici, che non giustifica sotto il profilo dell’efficienza dell’azione amministrativa un appesantimento del procedimento in fase istruttoria.

Peraltro, sotto quest’ultimo profilo non risulta neppure dimostrato il presupposto in concreto della necessità del parere, attinendo le proposte progettuali a mere condizioni di arredo dell’immobile del quale non si prevedono alterazioni o trasformazioni strutturali di qualunque genere, anche solo estetico o del prospetto.

Tale dimostrazione avrebbe dovuto essere fornita a carico della difesa della parte ricorrente (la quale si è limitata ad asserirne in linea di principio la necessità), specie laddove la sua domanda possa ricondursi anche ad una critica del bando di gara (ai fini di una eventuale ripetizione della procedura), nella parte in cui non ha previsto l’obbligo del previo parere della Soprintendenza a pena di esclusione delle offerte.

Quest’ultimo argomento porta, inoltre, a respingere il motivo di ricorso anche in applicazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, non incidendo la mancata acquisizione del parere sulla proposta di progetto, né sulla par condicio delle concorrenti, né sulla segretezza dell’offerta.

Per queste ragioni, va infine precisato che invano la difesa della ricorrente, durante la discussione in camera di consiglio, ha richiamato i precedenti costituiti dalle sentenze nr 10491/2015 e 11008/2015 della sezione seconda di questo Tribunale, che confermerebbero l’essenzialità della previa acquisizione del parere della Soprintendenza sul progetto di allestimento, perché si tratta di fattispecie basate su presupposti del tutto diversi.

Invero, per quanto qui di maggiore interesse, nei casi esaminati dalle decisioni richiamate si trattava di una procedura qualificata in termini di appalto di opera pubblica (e non di servizi), avente ad oggetto interventi sia di manutenzione che di riqualificazione per i quali la procedura di gara contemplava la redazione di veri e propri progetti definitivi previa predisposizione di uno studio di fattibilità ai sensi dell’art. 14 del DPR 207/2010 (nell’ambito della quale avrebbe dovuto essere acquisito il parere dell’organo preposto alla tutela).

La censura è dunque infondata e come tale va respinta.

IVd) Con il settimo motivo di ricorso (secondo dei motivi aggiunti), parte ricorrente contesta alcuni presupposti e contenuti del progetto di Food Service s.r.l., in ordine al rispetto delle regole della sicurezza, con particolare riguardo al rapporto tra arredi e bocchette antincendio (che non sarebbero fruibili in ragione del posizionamento dei primi).

La difesa della controinteressata si diffonde ampiamente sulle ragioni di infondatezza della censura, ma non v’è luogo ad affrontarne i presupposti perché è inammissibile in quanto formulata dalla quinta in graduatoria rispetto alla sola aggiudicataria.

II) Con il secondo gruppo di censure, parte ricorrente contesta la legittimazione della Zètema a disporre dell’immobile nel quale è individuato il servizio oggetto dell’appalto in concessione, che difetterebbe sia per scadenza del contratto di servizio tra Zètema stessa e Roma Capitale in un tempo di poco successivo alla celebrazione della gara (argomento di censura svolto in ricorso), sia per mancata inclusione del bene stesso tra quelli che sono stati affidati da Roma Capitale a Zètema nella configurazione del rapporto di servizio della società in house (argomento dedotto ed approfondito con i motivi aggiunti).

Quanto al primo aspetto della censura, osserva il Collegio che la scadenza del contratto di servizio tra l’Ente locale ed una propria società di gestione “in house”, come (incontroverso tra le parti) è da qualificarsi la resistente, determina, in assenza di un rinnovo, il subentro del primo nella gestione e nelle funzioni in precedenza affidate alla seconda, senza soluzione di continuità sotto il profilo degli effetti dell’azione amministrativa, secondo il normale modello della successione tra Enti.

Ne deriva che una gara di affidamento di servizi in concessione bandita e celebrata dalla società in house ben può prevedere un termine di scadenza del servizio successivo alla scadenza del rapporto che lega l’organo gestore all’ente locale, perché sarà quest’ultimo, eventualmente, a subentrare nel rapporto in essere con il privato affidatario nel caso in cui non dovesse essere rinnovata la delega alla società in house.

Quanto al secondo aspetto precedentemente considerato, in fatto riferisce Zètema di avere avviato la procedura comparativa essendo stata a ciò espressamente sollecitata dall’Assessorato alle Politiche Culturali (con comunicazione prot QD38951 del 3 novembre 2014, prodotta in giudizio); secondo parte ricorrente, quest’ultima nota, nel fare riferimento all’affidamento “dei locali di ristoro all’interno dei musei e degli spazi culturali, previsti nel contratto di servizio in essere con Roma Capitale”, confermerebbe che il bando sarebbe stato pubblicato in carenza assoluta di potere, non essendo ricompresa la Limonaia entro il perimetro dei musei e spazi culturali affidati alla gestione di Zètema dal Contratto di Servizio.

La censura, affidata ad una lettura meramente formale degli atti che regolano il rapporto di servizio tra Roma Capitale e Zètema Progetto Cultura S.r.l., è tanto infondata, quanto più radicalmente inammissibile.

Secondo la tesi di parte ricorrente, dovrebbe ritenersi esclusa dal mandato di Zètema la gestione della “Limonaia”, ovvero locale autonomo rispetto alla più ampia ludoteca di Villa Torlonia, quest’ultima espressamente inclusa tra gli immobili affidati alla gestione della società in house.

La differenziazione fisica tra gli immobili (confermata dalla differenza catastale) in uno alla limitazione formale che deriverebbe al mandato di gestione dall’elencazione pedissequa e nominativa degli immobili d’interesse, comporterebbe l’assenza di legittimazione di Zètema a disporre del locale in questione e dunque di affidarne in procedura di evidenza pubblica la concessione.

Dalla produzione documentale offerta agli atti del giudizio in replica ai motivi aggiunti, si rileva che la deliberazione della Giunta nr. 165 del 19.5.2015 e pedissequo contratto di affidamento-concessione con la società Zètema (con scadenza al 31.12.2015) ha come proprio oggetto una complessa e strutturata serie di funzioni ed attività, parametrata ad un’ancora più ampia esposizione in fatto (nella premessa della delibera, cui si rinvia) delle condizioni e degli scopi di connotazione causale della funzione dell’atto. Rispetto ad essa, l’oggetto della concessione è l’affidamento di “servizi strumentali di supporto all’Amministrazione Capitolina. In particolare, il contratto prevede i seguenti servizi: gestione di attività e servizi del Sistema di Musei della Sovraintendenza, degli interventi di supporto alla valorizzazione e conservazione dei siti archeo-monumentali e del patrimonio storico artistico e documentale di pertinenza della Sovraintendenza Capitolina…attività strumentali volte alla gestione di attività e servizi del Diparimento Servizi Educativi e Scolastici, Giovani e Pari Opportunità, gestione del servizio….e delle ludoteche di Villa Borghese e di Villa Torlonia…..”.

Si tratta, all’evidenza, di un mandato ampio, che è funzionalmente connotato dall’interesse pubblico alla cura non tanto di beni immobili nominativamente individuati in quanto tali, ma della loro fruizione da parte del pubblico e della loro valorizzazione.

In questi termini, l’affidamento ha ad oggetto funzioni, non immobili: e rispetto ad esse, la concessione dell’uso di quest’ultimi va intesa in senso ampio, strumentale all’assolvimento delle responsabilità di gestione.

Il collegamento funzionale tra l’affidamento in concessione del servizio nella Limonaia rispetto al villino mediovale/ludoteca Technotown in villa Torlonia (questi ultimi beni espressamente elencati tra quelli affidati) è ampiamente illustrato nelle memorie difensive di Zètema con argomenti e richiami che non sono specificatamente contestati da parte della difesa della ricorrente (con particolare riferimento all’analisi degli allegati alla convenzione di affidamento ed alle previsioni di capitolato che sono finalizzate ad armonizzare il funzionamento della caffetteria con il servizio alle famiglie ed ai visitatori della ludoteca), cui pertanto il Collegio ritiene sufficiente rinviare.

Rispetto al rilievo causale che l’interesse pubblico esplica nell’affidamento in concessione, l’atto deliberativo in esame ed il contratto di affidamento contengono peraltro una clausola generale di chiusura secondo la quale “oltre alle suindicate prestazioni, dettagliate negli allegati al presente contratto, l’Amministrazione potrà affidare a Zètema Progetto Cultura S.r.l. tutte le attività strumentali volte alla valorizzazione e promozione del patrimonio artistico, culturale e alla promozione turistica, per le quali si ritenga utile avvalersi delle competenze…” della società, con modalità descritte nell’art. 4 della convenzione, che, a sua volta, indica la necessità di un atto dirigenziale che individui obiettivi e controlli, salvo escludere l’insorgenza di nuovi oneri a carico del corrispettivo del servizio svolto da Zètema.

Pertanto, nel caso in esame, l’affidamento in concessione del servizio in esame nella sede indicata dagli atti di gara oggetto dell’odierno ricorso, trova legittimazione da parte della società Zètema nel rapporto di servizio in essere tra detta società e Roma Capitale, sia in forza della sua naturale inclusione nel complesso delle attività direttamente contemplate nell’oggetto della convenzione, attesa la strumentalità funzionale – ancorchè in assenza di un effettivo collegamento strutturale – con la ludoteca Technotown di Villa Torlonia; sia in forza della clausola generale di riserva che si è dapprima riportata e che è sufficiente ad includere nell’affidamento tutte quelle attività residuali ed atipiche che siano comunque funzionalmente connesse all’espletamento del mandato ricevuto.

Rispetto a tale ultima considerazione non rileva, in quanto non oggetto di censura, la mancata adozione di specifici atti dirigenziali quali previsti dall’art. 4 della convenzione; tuttavia può osservarsi che tali provvedimenti sono diretti a regolare i rapporti tra le parti ai fini del controllo e della verifica della rispondenza dell’attività di Zètema rispetto agli obiettivi dell’affidamento, funzione che può comunque essere assolta in concreto anche ex post.

Infine che quella sin qui esposta sia la più corretta interpretazione del contratto in essere tra Roma Capitale e Zètema Progetto Cultura S.r.l., e che da ciò consegua la legittimazione di quest’ultima a disporre del bene, è confermato anche dal comportamento delle parti durante l’esecuzione del rapporto, laddove risulta che la Zètema ha precedentemente sempre curato l’affidamento della gestione del compendio (tanto che la stessa ricorrente ne ha beneficiato essendo il gestore uscente).

L’infondatezza nel merito dell’argomento di censura sin qui considerato esime il Collegio dal doverne approfondire i pur rilevanti profili di inammissibilità per carenza d’interesse: nel contestare la legittimazione a disporre del bene, la domanda di parte ricorrente è formulata in termini tali che se fosse fondata non si giustificherebbe neppure la prosecuzione da parte sua della gestione del servizio, del momento che tale servizio è svolto in forza di affidamento ottenuto da parte della stessa Zètema.

Per tutte queste ragioni, il ricorso ed i motivi aggiunti sono infondati e come tali vanno respinti.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente alle spese di lite che liquida in ragione di euro 1.000,00 (mille(00) per ciascuna controparte costituita, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Renzo Conti,  Presidente

Maria Laura Maddalena,        Consigliere

Salvatore Gatto Costantino,  Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/10/2015

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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