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TAR Lazio, Sez. III, 2/12/2015 n. 13653
Sul procedimento sanzionatorio ai sensi dell'art. 40, co. 9-quater, del d.lgs. 163/2006.

E' illegittimo il procedimento sanzionatorio ai sensi dell'art. 40, co. 9-quater, del d.lgs. 163/2006 e s.m.i. nei confronti dell'operatore economico atteso che le verifiche in ordine alla veridicità della documentazione spetta in capo agli organismi di attestazione. Gli eventuali errori in ordine alle modalità con le quali i controlli vengono svolti, non possono ricadere in danno degli operatori economici che hanno confidato nel diligente operato dei soggetti responsabili: le società organismo di attestazione e l'Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC). La colpa "grave", quale elemento soggettivo dell'illecito deve incentrarsi in concreto sul comportamento specifico dell'agente. L'art. 40, c. 9-quater, del d.lgs. n. 163/06 chiarisce, infatti, che l'ANAC deve svolgere un'indagine, nel riscontrare dolo o colpa grave, che deve essere fondata sulla rilevanza o gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione. Sono dunque i "fatti" specifici ad essere oggetto dell'indagine non l'astratta configurabilità di un mancato controllo, sia pure nell'ambito dei requisiti professionali che connotano l'esercizio dell'impresa, sui dati delle certificazioni in sé considerabili, altrimenti dovendosi configurare sempre e comunque, in presenza di mancata corrispondenza tra documentazione e certificazione, un'ipotesi di gravità della colpa, con esclusione quindi di ogni graduazione e di ogni approfondimento istruttorio specifico che la norma su riportata non sembra prevedere, lasciando invece un margine di discrezionalità all'Autorità di settore che però deve essere reso esplicito sulla base degli specifici fatti alla sua attenzione.

Sebbene in tema di qualificazione delle imprese valgano comunque i principi generali di responsabilità e di diligenza degli operatori economici deve comunque ragionevolmente ritenersi che tali principi operino in massimo grado soltanto in relazione ai fatti e alle circostanze che siano nella diretta conoscenza e disponibilità dell'impresa. Al contrario, nelle ipotesi in cui tali fatti e circostanze risultino solo indiretti e de relato, può certamente considerarsi conforme ai canoni della diligenza in concreto esigibile in capo all'operatore economico il fatto che quest'ultimo abbia fatto affidamento sulla correttezza ed attendibilità dell'operato di un soggetto particolarmente qualificato come la SOA. Del resto, l'art. 70, c. 1, lett. f) del d.P.R. 207/2010 impone alle SOA di "verificare la veridicità e la sostanza delle dichiarazioni, delle certificazioni e delle documentazioni, di cui agli articoli 78 e 79, presentate dai soggetti cui rilasciare l'attestato, nonché il permanere del possesso dei requisiti di cui all'articolo 78". In altri termini laddove sussiste un'attestazione rilasciata da un organismo specificamente preposto non può, in linea generale e in assenza di specifici elementi sintomatici o di allarme, pretendersi che l'azienda interessata svolga un'ulteriore verifica della documentazione che ha consentito il rilascio delle medesime attestazioni. Pertanto, nel caso di specie, l'impresa ricorrente poteva ben ritenere che i titoli specifici in base ai quali aveva ottenuto le precedenti attestazioni fossero stati correttamente valutati dal soggetto a ciò deputato, quale la società di attestazione SOA.

Materia: appalti / disciplina

N. 13653/2015 REG.PROV.COLL.

 

N. 03310/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3310 del 2015, proposto da:

Soc Gepi Appalti S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Callea e Andrea Pistilli, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via C. Beccaria, 88;

 

contro

l’Anac - Autorità Nazionale Anti Corruzione, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Soc Organismo di Attestazione La Soatech S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Strano e Riccardo Modica, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via degli Scipioni, 288;

per l'annullamento

- della nota Prot. n. 18067, trasmessa via PEC il 18.02.2015, con la quale l’ANAC ha comunicato l’inserimento nel Casellario informatico della seguente annotazione: “La SOA la Soatech s.p.a., con nota prot. RM/134/2015 del 16.2.2015, acquisita al prot. Autorità n. 17197 del 16.2.2015 ha comunicato la decadenza della attestazione n. 8487/17/00 del 2/11/2009 rilasciata all’impresa G.E.P.I. (C.F. 106156810032). Ai sensi e per gli effetti dell’art. 40, c. 9-quater, del d.lvo n. 163/06, si dà atto che il Consiglio dell’Autorità, con provvedimento n. 87-S del 4 febbraio 2015, ha accertato la riferibilità all’impresa G.E.P.I. Appalti S.r.l. (C.F. 106156810032), in termini di colpa grave, della presentazione, ai fini del conseguimento dell’attestazione di qualificazione, di documentazione che non ha trovato riscontro oggettivo da parte del soggetto emittente, con conseguente operatività della causa ostativa prevista dall’art. 38, c. 1, lettera m-bis), del d.lvo n. 163/06, per mesi quattro a far data dall’inserimento della presente annotazione”;

- del provvedimento, trasmesso a mezzo PEC il 16.2.2015, con il quale la Soatech S.p.A. ha dichiarato la decadenza dell’attestazione di qualificazione n. 8487/1700 del 2.11.2009 rilasciata all’impresa G.E.P.I. Appalti s.r.l.-;

- del provvedimento n. 87-S del Consiglio ANAC (nonché della nota PEC del 13.2.2015, Prot. n. 0016477 di trasmissione dall’Ufficio UVA);

- della nota Prot. n. 0134184 del 28.11.2014, con la quale l’ANAC – Ufficio Vigilanza Attestazioni ha comunicato “la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 40, c. 9-quater del D.lgs. n. 163/06, con conseguente operatività della causa ostativa prevista dall’art. 38, c. 1, lett. m-bis) ed operatività della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 6 c. 11, del medesimo decreto legislativo, che sarà determinata dal Consiglio in sede di emanazione del provvedimento finale”;

- della nota ANAC Prot. n. 78432, di avvio del procedimento ex art. 40, comma 9-quater, del d.lgs. n. 163/2006;

- della nota PEC, Prot. RM/601/2014 del 15.04.2014, con la quale la Soatech ha chiuso il procedimento ex art. 40, c. 9-ter trasmettendo gli atti all’Autorità ex art. 40, c. 9-quater, D. Lgs. 163/2006, nonché della nota PEC Prot. n. RM/434/2014 della stessa Soatech di avvio del procedimento;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale a quelli sopra indicati;

e per la condanna

al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi da G.E.P.I. Appalti a causa dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Anac - Autorità Nazionale Anti Corruzione e della Soc Organismo di Attestazione La Soatech S.p.a.-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2015 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con contratto di “Cessione di ramo d’azienda” del 7.10.2009, Rep. n. 75345 e Racc. n. 13864, Notaio Pierandrea Fabiani in Roma, la GE.W.CO. S.r.l. ha ceduto alla G.E.P.I. Appalti S.r.l. il ramo d’azienda costituito dal “settore di lavori edili, stradali, forestali, ferroviari ed elettrici ricadenti nelle categorie maturate secondo il DPR n. 34/2000”.

A seguito di tale trasferimento la G.E.P.I. appalti S.r.l. conseguiva, in data 2.11.2009, la certificazione SOA n. 8487/17/2000 rilasciata da La Soatech S.p.a. nelle categorie OG1 – class. III; OG2 – class. I; OG11 – class. I.

In data 20.12.2012 la GEPI ha ottenuto dalla stessa Soatech il rilascio di una nuova attestazione SOA nella categoria OG1 – class. IV, sulla base di documentazione ottenuta dalla cedente GE.W.CO. S.r.l., e dalla medesima utilizzata in precedenza per il conseguimento di attestazione rilasciata da parte della stessa Soatech.

Con provvedimento n. 94 del 9.5.2013, il Consiglio dell’AVCP (oggi ANAC) disponeva a carico della SOA controinteressata “una verifica straordinaria dei procedimenti di attestazione, circoscritta agli attestati rilasciati tra il 1.1.2009 e il 6.8.2011”.

Nel corso delle verifiche il CEL “Lavori di manutenzione straordinaria infrastrutture militari presso la Caserma Ulivelli” è stato disconosciuto dall’ente emittente, per cui la Soatech con PEC del 15.4.2014 (nota prot. n. RM/601/2014), a conclusione del procedimento di cui all’art. 40, comma 9 ter, del d.lgs. n. 163/2006, ha comunicato di ritenere sussistenti i presupposti per la decadenza dell’attestazione di qualificazione n. 8487/17/00, in quanto emessa sulla base di un documento non confermato dal soggetto emittente.

In seguito l’ANAC, al termine dell’istruttoria avviata, con nota del 28.11.2014 Prot. n. 0134184, ha comunicato alla GEPI di ritenere “la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 40, c. 9-quater del D.lgs. n. 163/06, con conseguente operatività della causa ostativa prevista dall’art. 38, c. 1, lett. m-bis) ed operatività della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 6 c. 11, del medesimo decreto legislativo, che sarà determinata dal Consiglio in sede di emanazione del provvedimento finale”, concedendo il termine di 15 giorni per la presentazione di deduzioni e documenti.

In seguito l’Autorità ha adottato il provvedimento n. 87-S, disponendo l’interdizione per mesi quattro e la multa di € 1.500,00 a carico della ricorrente.

Avverso gli atti in epigrafe ha quindi proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti motivi:

1)         Violazione e falsa applicazione dell’art. 40, c. 9-quater del d.lgs. n. 163/2006 e dell’art. 70 del DPR n. 207/2010. Eccesso di potere. Travisamento, difetto di motivazione, illogicità manifesta, difetto di istruttoria, contraddittorietà. Insussistenza dei profili di colpa grave.

Il certificato in questione sarebbe stato già utilizzato dalla società cedente GEWCO per il conseguimento di tre attestazioni (la n. 4305/17/00, la n. 5350/17/00 e la n. 8147/17/00), per cui era stato più volte esaminato da parte della stessa Soatech S.p.a.-.

Non sussisterebbe alcuna responsabilità in capo alla ricorrente atteso che le verifiche in ordine alla veridicità della documentazione spetta in capo agli organismi di attestazione. Gli eventuali errori in ordine alle modalità con le quali i controlli vengono svolti, non possono ricadere in danno degli operatori economici che hanno confidato nel diligente operato dei soggetti responsabili: le società organismo di attestazione e l’Autorità;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 40, c. 9-quater del d.lgs. n. 163/2006 sotto ulteriore profilo. Eccesso di potere. Travisamento, difetto di motivazione, carenza di istruttoria.

Il CEL successivamente disconosciuto sarebbe stato prodotto in buona fede. Esso peraltro non sarebbe stato fondamentale, in quanto lo stesso certificato non era necessario ai fini dell’ottenimento dell’attestazione SOA n. 8487/17/00, essendo relativo all’esecuzione di lavori pari a circa € 106.000,00, a prescindere dai quali la ricorrente possedeva comunque i requisiti per ottenere l’OG1, II classifica.

La successiva attestazione SOA n. 14756/17/00 del 20.12.2012 era stata conseguita dalla GEPI sulla base di titoli autonomi rispetto a quelli posti a fondamento della prima attestazione, con conseguente validità della seconda SOA, per cui non sussisterebbero i presupposti per comminare sanzioni interdittive alla GEPI;

3) Violazione 40, c. 9-quater del d.lgs. n. 163/2006 sotto ulteriore profilo. Eccesso di potere. Travisamento. Motivazione errata e/o carente. Difetto di istruttoria.

L’Autorità si sarebbe soffermata “in via generale”, sulla nozione di “diligenza” e sul carattere di imputazione della colpa, affermando che “nello specifico settore in cui si inserisce la vicenda in esame” l’omissione di controlli circa “la rispondenza dei dati riportati nei certificati di esecuzione lavori alla entità e tipologia delle lavorazioni effettivamente svolte” comporta di per sé “la violazione degli ordinari doveri di diligenza”.

La condotta gravemente colposa della GEPI si fonderebbe solo sull'omesso controllo di veridicità della documentazione da parte della ricorrente.

L’Autorità, tuttavia, avrebbe dovuto, ai sensi dell'art. 40, comma 9-quater del d.lgs. n. 163/2006, indagare specificamente l’elemento soggettivo della società ritenuta responsabile;

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, c. 4, del D. Lgs. 163/2006 e degli artt. 35 e 48 del “Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità”. Violazione del principio di buon andamento (art. 97 Costituz.).

Nel caso di specie la Soatech ha comunicato (all’Autorità ed alla ricorrente) la conclusione del procedimento di cui all’art. 40, c. 9 ter, del d.lgs. n. 163/2006 e l’esito dei propri accertamenti con PEC del 15.4.2014. L’Autorità ha poi comunicato l’avvio del procedimento ex art. 40, c. 9-quater del d.lgs. n. 163/2006, con raccomandata del 17.7.2014 oltre il termine di 90 giorni previsto dall’art. art. 35, c. 1 del “Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture di cui all’art. 8, c. 4, del D. Lgs. 163/2006”.

Il termine di 90 giorni sarebbe perentorio secondo quanto stabilito dall’art. 48, c. 2, del Regolamento. Ciò premesso l'avvio del procedimento ex art. 40, c. 9-quater dovrebbe essere individuato nella nota ANAC del 17.7.2014, in cui si fa riferimento alla segnalazione della Soatech acquisita agli atti dell'Autorità in data 16.04.2014, ma in realtà dalla medesima ricevuta a mezzo PEC il giorno precedente;

5) violazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento e carenza di motivazione. In subordine illegittimità derivata.

La sanzione interdittiva applicata sarebbe sproporzionata e priva di motivazione quanto alla sua entità.

L’autorità non avrebbe considerato circostanze che avrebbero dovuto condurre ad escludere l’applicabilità della sanzione: mancherebbe infatti il dolo; il CEL era già stato oggetto di verifica da parte di una SOA; la GEPI non avrebbe tratto alcun vantaggio dalla falsità accertata in quanto avrebbe ottenuto l’attestazione anche senza il certificato in esame; la ricorrente avrebbe comunque successivamente conseguito una nuova attestazione a prescindere dal CEL disconosciuto.

In conclusione è chiesto il risarcimento dei danni subiti e subendi dalla GEPI a causa dell’illegittima azione amministrativa posta in essere dall’Autorità.

Atteso che, ai sensi dell’art. 135, c. 1-bis del Codice, la ricorrente non potrebbe partecipare a gare pubbliche e aggiudicarsi (e stipulare) i relativi contratti, dovendo altresì subire la risoluzione da contratti – di appalto e subappalto – già stipulati e tutt’ora in corso di esecuzione. Rispetto a tali contratti si chiede che venga risarcito il lucro cessante, nella misura forfetaria del 10% del loro valore, al netto dei pagamenti già ricevuti, oltre ad un ulteriore 3% per danno curriculare, in relazione alle procedura di gara cui la ricorrente non potrà partecipare a causa della sanzione ostativa, ovvero la diversa somma ritenuta congrua dal Tribunale.

Si richiede inoltre, per il danno emergente, il rimborso di tutte le spese sostenute dalla GEPI per la partecipazione a procedure in relazione alle quali dovrà ritirare la propria domanda, ovvero dalle quali la GEPI sarà esclusa a causa del provvedimento sanzionatorio interdittivo impugnato; si chiede altresì, per lo stesso titolo, il risarcimento di tutte le somme a vario titolo richieste da soggetti terzi quali, in via meramente esemplificativa: soggetti ausiliati; banche, assicurazioni e intermediari abilitati, che hanno prestato garanzia provvisoria e/o definitiva.

L’ANAC si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.

Si è, altresì, costituita in giudizio la Soatech S.p.a. sostenendo la correttezza della propria condotta.

Con decreto monocratico n. 1066/2015 il Presidente di questa Sezione ha temporaneamente sospeso i provvedimenti impugnati fino alla successiva camera di consiglio.

Con ordinanza n. 1303 assunta nella camera di consiglio del 25.3.2015, confermata in grado di appello dal Consiglio di Stato, Sez. VI con ordinanza n. 3009/2015, è stata accolta la domanda di sospensione degli atti impugnati.

All’udienza del 18 novembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Con i primi tre motivi la società ricorrente sostiene l’illegittimità dell’annotazione nel Casellario informatico a carico per violazione dell’art. 40, comma 9-quater del d.lgs. n. 163/2006 e dell’art. 70 del d.P.R n. 207/2010 e per mancanza dei presupposti.

La GEPI appalti S.r.l. sostiene:

- di aver conseguito, in data 2.11.2009, la certificazione SOA n. 8487/17/2000 rilasciata dalla società La Soatech S.p.a. nelle categorie OG1 – class. III; OG2 – class. I; OG11 – class. I, a seguito della acquisizione del ramo d’azienda relativo al “settore di lavori edili, stradali, forestali, ferroviari ed elettrici”.

- di aver ottenuto in data 20.12.2012 dalla stessa Soatech il rilascio di una nuova attestazione SOA nella categoria OG1 – class. IV, sulla base di documentazione ottenuta dalla cedente GE.W.CO. S.r.l., e dalla medesima utilizzata in precedenza per il conseguimento di attestazione rilasciata da parte della stessa Soatech;

- che la sanzione irrogatale (la sospensione per quattro mesi dalla partecipazione alle gare pubbliche quattro e la multa di € 1.500,00.) sarebbe stata adottata in assenza dei necessari presupposti in quanto il certificato in questione, il quale era già stato utilizzato dalla società cedente GEWCO per il conseguimento di tre attestazioni (la n. 4305/17/00, la n. 5350/17/00 e la n. 8147/17/00), era stato più volte esaminato da parte della stessa Soatech S.p.a., che non aveva rilevato alcuna irregolarità;

- che non sussisterebbe, pertanto, alcuna responsabilità in capo alla ricorrente in quanto le verifiche in ordine alla veridicità della documentazione spetta in capo agli organismi di attestazione;

- che il CEL successivamente disconosciuto non sarebbe stato fondamentale, in quanto lo stesso certificato non era necessario ai fini dell’ottenimento dell’attestazione SOA n. 8487/17/00, e che la successiva attestazione SOA n. 14756/17/00 del 20.12.2012 era stata conseguita dalla GEPI sulla base di titoli autonomi rispetto a quelli posti a fondamento della prima attestazione, per cui non sussisterebbero i presupposti per comminare sanzioni interdittive alla GEPI;

- sotto diverso profilo la ricorrente ritiene che il provvedimento sia illegittimo perché la violazione da essa commessa non sarebbe sorretta dal necessario elemento psicologico, avendo il suo legale rappresentante agito in buona fede.

Le argomentazioni della ricorrente sono fondate.

In primo luogo va premesso che la controversia in esame riguarda il provvedimento con cui l’ANAC ha ritenuto – sulla base della segnalazione della SOA La Soatech S.p.a. - che la ricorrente fosse responsabile del rilascio dell’attestazione di qualificazione n. 8487/17/00, che era stata rilasciata dalla medesima SOA in assenza dei necessari requisiti, atteso che il CEL “Lavori di manutenzione straordinaria infrastrutture militari presso la Caserma Ulivelli” era stato disconosciuto dall’ente emittente.

L’autorità in sede di procedimento sanzionatorio ha escluso che la società ricorrente avesse agito con dolo atteso che “per quanto concerne la valutazione dell'elemento soggettivo, è stata esclusa la materiale contraffazione del documento ad opera dell'impresa G.E.P.I., essendo stata accertata l'utilizzazione del CEL disconosciuto da parte della cedente in epoca antecedente al trasferimento d'azienda”.

Tuttavia, per quanto attiene alla valutazione della sussistenza di profili di responsabilità a titolo di colpa l’ANAC ha ritenuto che “l'impresa abbia omesso lo svolgimento delle verifiche richieste dalla diligenza professionale sia in occasione dell'operazione di trasferimento d'azienda che in occasione della successiva utilizzazione dei documenti attestanti il possesso, in capo all'impresa cedente, dei requisiti di qualificazione”.

Prosegue l’autorità sostenendo che “l'impresa ha richiesto di avvalersi dei requisiti che avevano consentito la qualificazione della cedente, senza preoccuparsi di effettuare la preventiva verifica di veridicità, autenticità e congruità della documentazione presentata, facendo completo e totale affidamento sulla correttezza dell'operato dell'Organismo di Attestazione che aveva qualificato l'impresa cedente”; e che “sul punto, le argomentazioni addotte dall'impresa non possono essere condivise. Se è vero, infatti, che l'impresa che voglia avvalersi di requisiti di qualificazione già oggetto di una precedente valutazione da parte di un Organismo di Attestazione possa legittimamente confidare sulla correttezza delle valutazioni dallo stesso condotte, ciò non vale ad esimere l'impresa… dall'onere di conoscere quali siano i requisiti trasferiti e sulla base di quale documentazione gli stessi vengano comprovati, né dall'obbligo di esaminare la documentazione dimostrativa, ivi compresi i CEL, al fine di valutarne, nei limiti delle proprie possibilità, la veridicità e sostanza, prima della relativa presentazione…”.

Dalla suddetta motivazione si evince, quindi, che secondo l’Autorità qualsiasi omissione di controllo che dà luogo all’utilizzo di documentazione, poi rivelatasi non veritiera al fine del conseguimento di una attestazione di qualificazione, si connota in quanto tale del requisito della gravità, essendo i relativi effetti espandibili all’intero periodo di validità dell’attestazione.

Al riguardo il Collegio ritiene, invece, di poter condividere le specifiche censure svolte dalla società ricorrente.

Dalla lettura della, sia pur articolata e approfondita, motivazione dell’Autorità emerge un carattere sostanzialmente oggettivo della “gravità” della colpa, da individuarsi, quindi, ogni qual volta una documentazione rivelatasi poi non veritiera si riverbera sull’attestazione conseguibile dall’impresa.

Infatti, l’Autorità, nel qualificare la condotta della GEPI S.r.l., conclude affermando “che l'omissione di diligenza addebitabile all'impresa sia connotata dal requisito della gravità in considerazione del comportamento concretamente tenuto dall'operatore economico in occasione dell'istruttoria di qualificazione e delle specifiche caratteristiche organizzative ed operative riferibili all’azienda”, senza aver tener conto in modo adeguato delle specifiche circostanze che hanno caratterizzato la vicenda in esame e, in particolare, del fatto che la documentazione trasferita in occasione della cessione dalla GEWCO S.r.l. era stata già più volte esaminata da un soggetto istituzionalmente deputato a tale verifica, quale è la SOA Soatech e che nessuna irregolarità era stata a suo tempo rilevata dalla medesima SOA in occasione del rilascio delle precedenti attestazioni.

In tal senso, quindi, il Collegio ritiene di poter condividere le censure della ricorrente laddove afferma che la colpa “grave”, quale elemento soggettivo dell’illecito, non possa essere desunta dalla propria condotta laddove il CEL poi disconosciuto era stato già utilizzato più volte dalla GEWCO S.r.l., per ottenere il rilascio di ben tre attestazioni SOA.

In conclusione il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Deve, viceversa, essere respinta la domanda di risarcimento del danno in quanto la stessa è stata avanzata, in maniera generica, nel gravame introduttivo.

Come questo Tribunale ha già avuto modo di precisare, l'accoglimento della domanda di risarcimento è subordinata alla dimostrazione, a carico del richiedente, della sussistenza del danno e della relativa entità.

Né è possibile accedere, in assenza di specifica richiesta, alla condanna equitativa di cui all'art. 1226 c.c., i cui presupposti, comunque, difettano nel caso di specie, posto che la ricorrente ha omesso di produrre prova che il danno non può essere dimostrato nel suo preciso ammontare.

Del resto è opportuno considerare che la tempestiva tutela cautelare accordata da questo Tribunale sia con il decreto monocratico n. 1066/2015, sia con l’ordinanza cautelare n. 1303/2015 hanno significativamente ridotto la possibilità del danno paventato dalla ricorrente, che al riguardo non ha introdotto alcun significativo elemento di prova, limitandosi a generiche deduzioni.

Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 2.500/00 (duemilacinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Blanda,       Presidente FF, Estensore

Silvio Lomazzi,          Consigliere

Achille Sinatra,           Consigliere

                       

                       

IL PRESIDENTE, ESTENSORE               

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/12/2015

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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