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TAR Lombardia, Brescia sez. I, 12/1/2016 n. 41
Sui limiti entro i quali è possibile modificare lo statuto di una fondazione (ex Ipab).

L'introduzione da parte del legislatore del c. 3 dell'art. 2 del DPR 362/2000 ha consentito di superare il problema interpretativo nascente dal testo dell'art. 16 del cod.civ. che pareva escludere la possibilità di modificare lo Statuto della Fondazione. L'entrata in vigore della norma summenzionata ha fatto sì che il problema non sia più quello della modificabilità dello statuto, quanto quello dei limiti entro i quali è ammessa la modificazione. Deve, dunque, ritenersi che, mentre non può esser mutato il fine consacrato nello statuto, siano possibili modificazioni che attengono alla struttura organizzativa dell'ente che non pregiudichino lo scopo programmato e che, dunque, siano coerenti con il migliore realizzarsi dello scopo, valorizzando così il nesso di strumentalità della modifica con i fini dell'ente. Tale deve qualificarsi la modificazione dello statuto oggetto nel caso di specie (che riguarda la riduzione del numero dei consiglieri di amministrazione (da 7 a 5) e, soprattutto, del numero dei consiglieri nominati dal Sindaco) dunque, deve ritenersi in linea di principio ammissibile.

Materia: fondazione / private

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 555 del 2015, proposto da:

Comune di Chiari, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Ballerini, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, v.le Stazione, 37;

 

contro

Regione Lombardia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Sabrina Gallonetto e Annalisa Santagostino, con domicilio eletto presso Donatella Mento in Brescia, Via Cipro, 30;

 

nei confronti di

Fondazione Bertinotti-Formenti Onlus e Renato Franzoglio, rappresentati e difesi dall'avv. Pierfrancesco Rotondo, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, Via Fratelli Porcellaga, 3;

Piergiacomo Bariselli, Federica Mazzotti, Morena Giovanna Michela Gelsomino, Giuseppe Arcari, Assunta Facchetti, non costituiti in giudizio;

 

per l'annullamento

- del decreto del Presidente della Giunta Regionale lombarda n. 5 del 28/10/2014, di approvazione delle modifiche allo statuto della “Fondazione Bertinotti-Formenti Onlus”;

- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale a quello impugnato.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia e della Fondazione Bertinotti-Formenti Onlus, congiuntamente con Renato Franzoglio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La Fondazione Bertinotti-Formenti Onlus è scaturita dalla trasformazione, nel 2004, in ossequio alla L.R. 13 febbraio 2003, n. 1, dell’IPAB Bertinotti-Formenti, a sua volta originata dalla fusione del “Pio Istituto di Ricovero delle Derelitte” e del “Pio Luogo Orfanotrofio Maschile”.

Lo Statuto della Fondazione prevedeva che l’amministrazione della stessa fosse affidata ad un Consiglio di Amministrazione composto da sette membri, quattro nominati dal Sindaco pro-tempore e tre dal Parroco pro-tempore.

Nel 2014, poco tempo dopo le elezioni, il Sindaco neo-eletto apprendeva che il Consiglio di Amministrazione della Fondazione, con la deliberazione del 20 giugno 2014, aveva provveduto a modificare radicalmente lo Statuto, prevedendo che il Consiglio di Amministrazione fosse composto di cinque membri: uno nominato dal Sindaco, uno nominato dal Parroco, uno nominato dal Comitato Ospiti e Parenti e due dal Consiglio di Amministrazione uscente, scegliendoli tra i propri componenti “ al fine di garantire la continuità della gestione”.

Conseguentemente, il 7 agosto 2014, il Sindaco avviava il procedimento per la revoca dei membri del Consiglio di amministrazione - che, avendo assunto la suddetta deliberazione, avrebbero interrotto il legame fiduciario con il Comune - e per la nomina dei loro sostituti.

Proprio in considerazione del fatto che è si è ritenuta venuta meno “la fiducia nella capacità dei nominati di rappresentare gli indirizzi della nuova Amministrazione atteso che confligge apertamente con la linea di azione e di orientamento politico amministrativo dell’attuale Amministrazione”, la suddetta revoca è stata, dunque, disposta con decreto 28 agosto 2014, n. 24096. Essa è stata motivata facendo riferimento alla mancata rappresentazione al Comune della volontà del Consiglio di Amministrazione di adottare una decisione fortemente idonea a “comprimere in maniera significativa il potere del Sindaco di nominare un adeguato numero di componenti (riducendo da quattro a uno) in rappresentanza del Comune”. Sarebbe, dunque, venuto meno il positivo giudizio di affidabilità dei componenti nominati e ciò ha comportato, secondo la tesi del Comune, un’applicazione dei principi generali di cui alla deliberazione del Consiglio comunale 16 luglio 2004, n. 35, che prevedevano la possibilità della revoca per violazione del mandato fiduciario del Sindaco o per immotivato mancato raggiungimento dei prescritti obiettivi o per contrasto con gli indirizzi programmatori del Comune.

Il decreto n. 26586, con cui sono stati anche nominati i nuovi membri del Consiglio di Amministrazione, è stato, dunque, impugnato con ricorso sub R.G. 1368/14, corredato di un’istanza di sospensiva che, però, è stata rigettata il 5 marzo 2015 (ordinanza n. 300/2015). Nel frattempo, il 3 novembre 2014 (dopo l’intervenuta approvazione del nuovo Statuto da parte della Regione), l’intero Consiglio di Amministrazione ha dato le dimissioni, benché già, di fatto, decaduto, per effetto della revoca, i cui effetti non sono stati sospesi giudizialmente, di quattro dei sette componenti dello stesso.

Il Comune di Chiari, dopo essersi visto negare dalla Regione il diritto di accesso agli atti del procedimento di approvazione del nuovo Statuto della Fondazione, per carenza di interesse concreto ed attuale alla conoscenza degli atti stessi, riceveva, quindi, il 20 gennaio 2015, la comunicazione n. 1563, con cui è stata trasmessa la copia del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 5 del 28 ottobre 2014, di approvazione delle modifiche statutarie.

Tale decreto è stato impugnato dal Comune, che, con il ricorso in esame, ne ha denunciato la lesività, in violazione della legge, della volontà dei fondatori e delle prerogative proprie del Comune, titolare del potere di sostituire e nominare i membri del Consiglio di Amministrazione.

Esso sarebbe affetto dai seguenti vizi:

1. violazione dell’art. 1 della legge regionale n. 1/2003, eccesso di potere per violazione e contrasto con le tavole di fondazione e la volontà dei fondatori, oltre che per falsa, illogica e sviata motivazione. Il ruolo del Comune sarebbe di primaria importanza nella vita della Fondazione per la volontà stessa dei fondatori degli enti dai quali essa è scaturita. Per converso la motivazione sottesa al cambiamento voluto dal Consiglio di Amministrazione sarebbe del tutto falsa e sviata;

2. eccesso di potere per carenza di motivazione, dal momento che la Regione si sarebbe limitata a prendere atto della modifica approvata dal Consiglio della Fondazione, con la conseguenza che l’atto impugnato o è privo di motivazione o soffrirebbe l’invalidità derivata da quella della illogicità della volontà espressa dal Consiglio di amministrazione;

3. violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90, per non aver consentito al Comune la partecipazione al procedimento, nonostante l’espressa richiesta in tal senso formulata il 28 luglio e il 12 settembre 2014;

4. violazione delle tavole della fondazione, perché la modifica statutaria tradirebbe le reali intenzioni perseguite dai membri del Consiglio di Amministrazione, che sarebbe quella di assicurarsi una vera e propria rendita di posizione perpetua mediante l’autonomina di due componenti su cinque, in violazione dei principi di trasparenza e buona amministrazione;

5. violazione dello Statuto e carenza assoluta di potere, in quanto la Regione avrebbe trascurato di considerare che, come comunicato dal Comune, il Consiglio di Amministrazione proponente la modifica votata era decaduto sin dal 28 agosto 2014.

Si è costituita in giudizio la Fondazione, ricordando, innanzitutto, che, mentre il ricorso presentato dai ricorrenti “sfiduciati” dal Comune è stato rigettato, in sede cautelare, esclusivamente in ragione del fatto che si è ravvisato il venir meno del pericolo grave ed irreparabile, laddove, nel frattempo, è stato ricostituito un nuovo CdA a presidenza Franzoglio, il ricorso ex 700 c.p.c., presentato dai nuovi componenti del CdA nominati dal Sindaco per sostituire quelli sfiduciati, è stato respinto per l’impossibilità di “ricavare l’oggetto della domanda dell’eventuale giudizio di merito” e perché “le problematiche evidenziate sul punto dai resistenti meritino considerazione” (l’ordinanza che ha rigettato l’istanza non è stata appellata).

Inoltre, nonostante la Fondazione resistente sia stata definita come Onlus nel ricorso, proprio per l’impossibilità di qualificarsi come tale è stata proposta la modifica statutaria non gradita al Comune di Chiari.

Ciò premesso, nella memoria di costituzione si precisa che il Comune di Chiari non ha mai finanziato l’attività della Fondazione, che i consiglieri del CdA espressamente sono da sempre chiamati a svolgere la propria funzione senza vincolo di mandato (come previsto nelle Tavole Fondative) e, pertanto, non potrebbero essere qualificati come “rappresentanti” dell’ente che li ha nominati, che le fondazioni, ai sensi dell’art. 16 della legge 207/2001 hanno “piena autonomia statutaria e gestionale”.

La Regione nella sua memoria, dopo aver eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ad agire del Comune ha chiarito:

a) che la scelta del Consiglio di Amministrazione è stata motivata dalla necessità di recuperare la propria qualità di Onlus, in ragione della decisione dell’Agenzia delle Entrate di negare alla Fondazione l’iscrizione all’anagrafe unica delle ONLUS a causa dell’influenza dominante di un ente pubblico;

b) l’accertata conformità della modifica proposta alla volontà dei fondatori benefattori, come desunta dalle Tavole fondative.

La Regione ha, inoltre, eccepito l’improprio riferimento alla legge regionale 1/2003, che regolamentava la trasformazione delle IPAB in Fondazioni, la quale non giocherebbe alcun ruolo nella fattispecie in esame, dal momento che la Fondazione è tale già da oltre dieci anni.

Al contrario di quanto asserito in ricorso, ancora, la legge richiamata escluderebbe, in capo al Comune, ogni ruolo significativo nella vita già dell’IPAB e, dunque, a maggior ragione, della Fondazione. Tant’è che la designazione dei membri del consiglio di amministrazione era, per definizione, priva di vincolo di rappresentanza (come espressamente previsto dallo Statuto).

La decisione della Regione, peraltro, non avrebbe richiesto alcuna specifica motivazione, dal momento che ad essa è demandato il mero controllo di legittimità, né sussistevano i presupposti per garantire la partecipazione del Comune, soggetto privo di legittimazione in tal senso, per quanto già più sopra detto.

Infine, il Consiglio di amministrazione dovrebbe ritenersi qualificabile come organo pienamente legittimato, al momento dell’adozione della modifica statutaria.

Sul punto la Regione richiama, quindi, il precedente in termini rappresentato dalla sentenza TAR Milano, n. 2739 del 2011.

Il Comune, in vista della pubblica udienza, affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, ha ribadito la propria legittimazione attiva (atteso il proprio ruolo fondamentale nella nomina del consiglio di amministrazione) e la fondatezza del proprio ricorso.

La Regione, richiamate le proprie difese, ha analizzato il contenuto di una circolare del Consiglio notarile n. 3367 del 2 maggio 2001, che ammetterebbe una modifica statutaria del tipo in esame e ha, così, chiarito che essa (documento 9, cui è stato fatto riferimento alla precedente udienza pubblica), dimostrerebbe la modificabilità dell’atto costitutivo e dello statuto da parte delle fondazioni con richiamo all’art 2, comma 3 del DPR 361/2000.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2015, preso atto della rinuncia al mandato espressa dal procuratore della Fondazione resistente, la causa, su conforme richiesta degli altri procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Si può prescindere dall’entrare nel merito delle eccezioni in rito, attesa l’infondatezza nel merito del ricorso.

A tale proposito pare opportuno chiarire, preliminarmente, che l’introduzione, da parte del legislatore, del citato terzo comma dell’art. 2 del DPR 362/2000 ha consentito di superare il problema interpretativo nascente dal testo dell’art. 16 del codice civile che pareva escludere la possibilità di modificare lo Statuto della Fondazione.

L’entrata in vigore della norma ora ricordata ha fatto sì che il problema non sia più quello della modificabilità dello statuto, quanto quello dei limiti entro i quali è ammessa la modificazione.

Deve, dunque, ritenersi che, mentre non può esser mutato il fine consacrato nello statuto, siano possibili modificazioni che attengono alla struttura organizzativa dell’ente che non pregiudichino lo scopo programmato e che, dunque, siano coerenti con il migliore realizzarsi dello scopo, valorizzando così il nesso di strumentalità della modifica con i fini dell’ente.

Tale deve qualificarsi la modificazione dello Statuto oggetto della presente controversia, che, dunque, deve ritenersi in linea di principio ammissibile.

Passando al merito della scelta operata, secondo il Comune:

- la natura giuridica privatistica dell’ente non avrebbe avuto bisogno di alcun chiarimento, essendo implicita nella natura stessa della Fondazione;

- la riduzione del numero dei membri del Consiglio di Amministrazione non parrebbe così determinante nel garantire una maggiore agilità dei processi decisionali;

- nessuna riforma normativa avrebbe imposto una modifica dei criteri di nomina del Consiglio di Amministrazione;

- il recupero della qualifica di Onlus prescinderebbe completamente dal criterio di nomina degli amministratori e non sarebbe dato comprendere come tale modifica potrebbe favorire la raccolta di fondi dei privati e garantire la possibilità di partecipare a gare per bandi pubblici e finanziamenti.

In realtà, l’Agenzia delle Entrate ha negato alla Fondazione l’iscrizione all’anagrafe unica delle ONLUS a causa della ravvisata influenza dominante di un ente pubblico, collegata con la nomina della maggioranza del Consiglio di Amministrazione da parte del Sindaco.

Ciò rappresenta un primo, fondamentale e ragionevole giustificativo della censurata modifica dello Statuto, che, dunque, risulta supportata da una motivazione sufficiente a legittimarne l’adozione a prescindere dalla verifica dell’adeguatezza della stessa rispetto al raggiungimento degli altri obiettivi dichiarati.

Quanto opposto dal Comune, al contrario, non appare idoneo a confutare l’idoneità della misura a garantire un più efficace e pieno raggiungimento degli obiettivi propri della Fondazione, con la conseguenza che il ricorso deve essere respinto.

Inoltre, la scelta operata dal Consiglio di Amministrazione appare conforme ai principi ricavabili dalle tavole fondative, le quali evidenziano che l’orfanotrofio maschile è nato dall’opera di don Morcelli e dai testamenti del canonico Faustino e della madre: il Parroco era indicato come Presidente e direttore dell’Oratorio. L’Opera dell’Istituto femminile vedeva anch’essa come Presidente il Parroco di Chiari, che nominava direttamente la Direttrice e al Comune era riservata l’individuazione di un amministratore scelto tra una triade di nomi presentati dal prevosto.

Ne risulta un ruolo del tutto defilato del Comune - che, peraltro, come chiarito dalla Regione, non ha mai conferito risorse patrimoniali o finanziare alla Fondazione -, con la conseguenza che può, più in generale, escludersi la legittimità di una pretesa ad un intervento pervasivo nella vita della Fondazione attraverso la nomina della maggioranza dei componenti del suo Consiglio di amministrazione.

Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, atteso che trattasi di controversia tra enti e dal carattere prettamente interpretativo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere

Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/01/2016, n. 41

 

 

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