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Consiglio di Stato, Sez. III, 10/2/2016 n. 589
Sulla valutazione del costo del lavoro da parte delle stazioni appaltanti, in sede di verifica della congruità dell'offerta.

La valutazione del costo del lavoro, in sede di verifica della congruità dell'offerta, consente alla stazione appaltante di verificare il rispetto dei minimi salariali inderogabili, sui quali non sono ammesse giustificazioni, ma nello stesso tempo di dare spazio alla valutazione di efficienze organizzative dell'impresa, che conducono alla scelta dell'offerta realmente "economicamente più bassa". Il costo del lavoro non è un costo standardizzato e uguale per tutte le imprese, che può essere predeterminato dalla stazione appaltante e previamente scorporato sulla base di indicazioni tassative da questa provenienti, e così pure il costo per la sicurezza aziendale, trattandosi di elementi che possono variare in relazione all'organizzazione del lavoro dell'impresa e all'efficienza della stessa. La norma di cui al c. 3 bis dell'art. 82 del d.lgs. n. 163 del 2006 è stata introdotta dal Decreto del Fare (D.L. n. 69 del 2013) ed è inserita in un articolo che si intitola "semplificazione di adempimenti in materia di lavoro". La ratio semplificativa consiste nel rendere più immediatamente percepibile (attraverso la separata specificazione del costo del personale e degli oneri della sicurezza nel contesto del prezzo offerto dalla singola impresa) che il ribasso non ha intaccato i minimi salariali e il costo per la "sicurezza", ma che la competizione tra le imprese si è svolta su altre voci e, dunque, consente di evidenziare alla stazione appaltante con immediatezza quali voci di costo siano interessati da eventuali incongruità.

Materia: appalti / disciplina

N. 00589/2016REG.PROV.COLL.

 

N. 08331/2015 REG.RIC.

 

N. 08354/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8331 del 2015, proposto da:

Eco Eridania S.p.a., quale incorporante di Team Ambiente S.p.A. e quale capogruppo A.T.I. con Eco Travel S.r.l. di Elmas, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Riccardo Salvini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Nizza, n. 53;

 

contro

Azienda Sanitaria Locale n. 18 Rovigo, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni De Vergottini e Vittorio Miniero, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni De Vergottini in Roma, Via A. Bertoloni, n. 44;

 

nei confronti di

Mengozzi S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Massimiliano Brugnoletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Antonio Bertoloni n. 26/B;

Società Maio Guglielmo S.r.l, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Bice Annalisa Pasqualone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2;

 

sul ricorso numero di registro generale 8354 del 2015, proposto da:

Maio Guglielmo S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Bice Annalisa Pasqualone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2;

contro

Azienda ULSS n. 18 Rovigo, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Vittorio Miniero e Giuseppe De Vergottini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe De Vergottini in Roma, Via A. Bertoloni, n. 44;

 

nei confronti di

Mengozzi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Massimiliano Brugnoletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Antonio Bertoloni, n. 26/B;

Team Ambiente S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Veneto – Venezia, Sezione II, n. 704/2015, resa tra le parti, concernente affidamento fornitura servizio raccolta trasporto e smaltimento rifiuti speciali ospedalieri. Risarcimento danni.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda ULSS n. 18 Rovigo e di Mengozzi S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2015 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Riccardo Salvini, Valeria Morra su delega di Giovanni De Vergottini, Annalisa Bice Pasqualone e Massimiliano Brugnoletti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. - Con autonomi ricorsi proposti dinanzi al TAR Veneto, Team Ambiente S.p.a. (oggi incorporata da Eco Eridania S.r.l.) capogruppo di A.T.I. terza classificata, e la società Maio Guglielmo s.r.l., seconda classificata, hanno impugnato il decreto dirigenziale n. 29 ottobre 2014 n. 653, con cui l’Azienda ULSS n.18 di Rovigo, a seguito dell’espletamento della procedura di evidenza pubblica indetta con bando del 28 maggio 2014, ha aggiudicato alla società Mengozzi S.p.a. la fornitura del «servizio di raccolta, trasporto, conferimento e smaltimento dei rifiuti sanitari, comprensivo della fornitura di contenitori con smaltimento presso impianti “dedicati esterni”», per un periodo di 36 mesi e per un valore stimato di € 1.227.000,00 (di cui € 27.000 per costi relativi a rischi da interferenza).

2. - Team Ambiente S.p.a. fondava il proprio interesse al ricorso sull’invocata corretta applicazione dell’art. 82, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, che avrebbe condotto a scorporare dal prezzo offerto il costo del lavoro e avrebbe determinato l’aggiudicazione della gara in suo favore.

Si costituivano l’Azienda sanitaria e le controinteressate, insistendo per l’inammissibilità e il rigetto del ricorso.

La società Maio Guglielmo S.r.l. proponeva, altresì, ricorso incidentale volto a dimostrare che la società doveva essere esclusa dalla procedura concorsuale per aver formulato un’offerta economica caratterizzata da una “perdita netta di €/anno di € 29.602,66”, con conseguente totale inaffidabilità della stessa.

3. - L’autonomo ricorso proposto da Maio Guglielmo S.r.l., invece, era affidato ai seguenti motivi:

a) violazione degli artt. 2, 86, 87 e 88 del d.lgs. n. 163 del 2006, del principio di par condicio, dell’art. 2070 c.c., eccesso di potere in quanto l’impresa aggiudicataria avrebbe dichiarato in sede di verifica di congruità di applicare il CCNL delle imprese di pulizie e servizi integrati/multiservizi, non compatibile con l’oggetto del servizio per il quale avrebbe dovuto essere applicato quello di settore (Igiene ambientale);

b) violazione dell’art. 38, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 163 del 2006, del disciplinare di gara, del principio di intangibilità dei trattamenti salariali minimi, poiché l’aggiudicataria sarebbe priva dei requisiti di moralità in considerazione dell’esistenza di due sentenze di condanna per gravi irregolarità nel versamento dei contributi previdenziali proprio in ragione dell’applicazione di un CCNL diverso da quello del settore in cui opera;

c) violazione dell’art. 38, comma 1, lettere c) e d) [recte:e)], del d.lgs. n. 163 del 2006, del disciplinare di gara, considerato che con sentenza della Corte di cassazione n. “2220” [recte: 42481] del 5/11/2009 sarebbe stata accertata una violazione grave delle regole sulla sicurezza sui luoghi di lavoro da parte del presidente del consiglio di amministrazione e del socio di maggioranza ai danni di un proprio dipendente, e considerato, altresì, che l’amministratore di Mengozzi S.p.a. avrebbe riportato tre condanne (dichiarate in sede di gara) per reati incidenti sulla moralità professionale;

d) violazione di legge (art. 76 del D.P.R. 445/2000) in quanto, alla luce delle censure sopra evidenziate, l’ amministratore e il socio di maggioranza avrebbero “operato una falsa dichiarazione” nelle attestazioni riguardanti sia la regolarità contributiva, sia le violazioni in materia di sicurezza sul lavoro;

e) violazione dell’art. 82 del d.lgs. n. 163 del 2006, poiché non sarebbe stata scelta come aggiudicataria la migliore offerta al netto del costo per il personale calcolato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore (servizio di igiene ambientale), ritenendo valida l’offerta di Mengozzi S.p.a. sebbene non applichi la normativa di settore, ma il CCNL dei servizi di pulizia.

4. - Con la sentenza in epigrafe, i ricorsi erano riuniti; veniva rigettato il ricorso proposto da Team Ambiente S.p.a. e dichiarata l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso incidentale proposto da Maio Guglielmo S.r.l., mentre veniva rigettato il ricorso autonomamente proposto da quest’ultima società.

5. - Propongono appelli autonomi le due imprese, con i quali criticano la sentenza per avere ingiustamente disatteso le censure proposte.

6. - In seguito a scambio di memorie, all’udienza pubblica del 3 dicembre 2015, le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1.- Preliminarmente, il Collegio dispone la riunione degli appelli, proposti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell’art. 96, comma 1, cod. proc. amm..

2.- Va esaminato prioritariamente l’appello proposto da Eco Eridania S.p.a., per la pregiudizialità della censura proposta che, ove fondata, comporterebbe l’aggiudicazione della gara in suo favore, come migliore offerente.

2.1. - L’appello non è fondato.

2.2 - Con il primo ed unico motivo la ditta denuncia la violazione dell’art. 82, comma 3 bis, del d.lgs. n.163/2006, la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, l’illogicità erroneità e contraddittorietà delle motivazioni della sentenza ed il travisamento del quadro normativo.

La sentenza ha ritenuto che l’interpretazione preferibile dell’art. 82, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, sarebbe quella secondo cui la norma comporta solo l’obbligo per le stazioni appaltanti di accertare la congruità delle offerte sulla base della verifica della compatibilità delle scelte organizzative effettuate dal concorrente con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali della manodopera di settore, fermi, comunque l’inammissibilità «di giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge» ex art. 87, comma 3, dello stesso d.lgs. n. 163/2006 e l’adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 32 del 2015).

Ad avviso dell’appellante, invece, la soluzione sarebbe in contrasto col tenore letterale della norma, che chiaramente richiede alle concorrenti la determinazione del prezzo più basso al netto del costo per il personale e degli oneri di sicurezza aziendale, interpretazione che va preferita all’interpretazione sistematica, ex art. 12 preleggi; e ciò pur non disconoscendo che dall’interpretazione letterale possa derivare qualche criticità (come rileva anche l’Autorità di vigilanza sui Contratti Pubblici con pareri n. 15 del 29.7.2014 e n. 26 del 5.8.2014).

Il Collegio ritiene di condividere l’interpretazione seguita dal primo giudice e le sue argomentazioni critiche.

La valutazione del costo del lavoro, in sede di verifica della congruità dell’offerta, consente alla stazione appaltante di verificare il rispetto dei minimi salariali inderogabili, sui quali non sono ammesse giustificazioni, ma nello stesso tempo di dare spazio alla valutazione di efficienze organizzative dell’impresa, che conducono alla scelta dell’offerta realmente “economicamente più bassa”.

Il costo del lavoro non è un costo standardizzato e uguale per tutte le imprese, che possa essere predeterminato dalla stazione appaltante e previamente scorporato sulla base di indicazioni tassative da questa provenienti, e così pure il costo per la sicurezza aziendale, trattandosi di elementi che possono variare in relazione all’organizzazione del lavoro dell’impresa e all’efficienza della stessa.

La norma di cui al comma 3 bis dell’art. 82 è stata introdotta dal Decreto del Fare ( D.L. n. 69 del 2013) ed è inserita in un articolo che si intitola “semplificazione di adempimenti in materia di lavoro”.

La ratio semplificativa, ad avviso del Collegio, consiste nel rendere più immediatamente percepibile (attraverso la separata specificazione del costo del personale e degli oneri della sicurezza nel contesto del prezzo offerto dalla singola impresa) che il ribasso non ha intaccato i minimi salariali e il costo per la “sicurezza”, ma che la competizione tra le imprese si è svolta su altre voci e, dunque, consente di evidenziare alla stazione appaltante con immediatezza quali voci di costo siano interessati da eventuali incongruità.

Non contrastano con tale convincimento del Collegio i pareri dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici citati dall’appellante (n. 15 e n. 26 del 2014) che nella sostanza confermano come non possa essere giustificato un ribasso sulla voce “costo del lavoro”.

Tant’è che la stazione appaltante ha predisposto un format di offerta in cui, oltre al prezzo offerto, i concorrenti avrebbero dovuto indicare anche il CCNL applicato, nonchè il “costo del lavoro triennale” secondo il CCNL.

Pertanto, ha correttamente operato la stazione appaltante nell’applicare l’art. 82, comma 3 bis, del codice dei contratti.

3. - Infondato è anche l’appello proposto da “Maio Guglielmo s.r.l.”.

4. - L’appellante lamenta l’errore di fatto nella valutazione della documentazione prodotta, la motivazione insufficiente e perplessa, l’illogicità della sentenza che erroneamente ha considerato applicabile dall’aggiudicataria il CCNL del settore pulizie, non attinente al settore posto a gara (igiene ambientale) in violazione delle norme europee ( regolamento CE 2195/2002 e direttiva 2004/18/CE) e degli artt. 2, 86, 87 e 88 del codice degli appalti pubblici.

Si tratterebbe di un escamotage che ha consentito di abbattere i costi del lavoro ed offrire un prezzo più basso; ma la scelta del contratto da applicare deve essere coerente con l’oggetto dell’appalto, individuato dal codice CPV 16 (tratto dal Regolamento CE 2195/2012 “servizi di smaltimento dei rifiuti solidi e delle acque reflue, servizi igienico sanitari e simili”), rispettare il capitolato tecnico (che qualifica il servizio come servizio di pubblica utilità) e corrispondere al settore di attività in cui opera l’impresa (nella specie, smaltimento rifiuti sanitari).

Inconferente sarebbe il richiamo agli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 406/1998 che disciplinano i requisiti di moralità professionale e tecnica per l’iscrizione all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti e non contengono alcun dettame relativo alla contrattazione collettiva da applicare.

L’appellante ritiene che erri il Tar nel ritenere che non compete alla stazione appaltante stabilire quale contratto debba applicarsi, che la scelta è stata valutata in sede di verifica di congruità e che il CCNL Multiservizi applicato sarebbe attinente all’oggetto di gara.

Difatti, il Contratto Multiservizi non fa alcun riferimento al servizio di raccolta trasporto e smaltimento rifiuti sanitari.

Inoltre, dalla lettura degli atti di gara non emergerebbe alcuna valutazione operata dalla Commissione in ordine alla congruità dell’offerta di Mengozzi S.p.a. con riferimento all’incidenza del costo del lavoro (retribuzione e contributi previdenziali).

4.1 - Osserva il Collegio che il bando non ha prescritto l’applicazione al personale utilizzato del CCNL per i servizi ambientali.

Pertanto, come ha ritenuto il primo giudice, la scelta del contratto da applicare rientrava nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, col solo limite che fosse coerente con l’oggetto dell’appalto, tanto che altra concorrente ha applicato il contratto trasporti ed è stata ammessa a gara, per cui deve senz’altro escludersi che siano stati compromessi i principi comunitari di concorrenza e parità di trattamento tra le imprese.

La circostanza che la scelta del contratto applicato da Mengozzi S.p.a. abbia determinato un abbattimento dei costi e, quindi, un prezzo più competitivo, poteva rilevare solo in sede di valutazione di congruità dell’offerta, ma non costituire causa di non ammissibilità.

Né è da considerarsi anomala l’offerta quando la stessa è riconducibile al minor costo del lavoro per il contratto da essa applicato al proprio personale rispetto a quello applicato da altra impresa se nel disciplinare di gara si richiede l’indicazione non di un contratto specifico ma semplicemente di quale sia il contratto applicato e, peraltro, le mansioni richieste per l’esecuzione del servizio sono riconducibili a più figure professionali, inquadrabili anche nelle previsioni di diverse tipologie contrattuali (Consiglio di Stato, sez. VI, 26/03/2010, n. 1754).

Tanto premesso, va osservato che il CCNL Multiservizi, applicato dall’aggiudicataria, è compatibile con l’oggetto della gara e nessun contrasto si ravvisa neppure con la classificazione adottata dal regolamento comunitario n. 2195/2002, che attribuisce il codice CPV 16 ai “servizi di smaltimento rifiuti e acque reflue”, richiamato dal bando di gara al paragrafo II1.2. (mentre il regolamento CE indica col codice CPV 14 i “servizi di pulizia”).

Neppure ha pregio l’argomento secondo cui, poiché il Capitolato tecnico qualifica il servizio come “servizio di pubblica utilità”, dovrebbe escludersi l’applicabilità del CCNL dei servizi di pulizia/multiservizi.

Difatti, si dimentica che il contratto applicato da Mengozzi S.p.a. non riguarda solo i servizi di pulizia, ma anche altri tipi di prestazioni, alle quali sono riconducibili quelle oggetto di gara, tanto da qualificarsi come CCNL Multiservizi.

Il primo giudice ha fatto riferimento all’oggetto della gara come indicato dall’art. 1 del Capitolato tecnico ed ha ritenuto che potesse sussumersi nell’art. 1 del Contratto Collettivo Multiservizi, il quale ricomprende “a titolo semplificativo e non esaustivo” anche i “servizi ausiliari in area sanitaria”.

Il Collegio condivide le considerazioni del primo giudice.

Le attività che possono essere gestite con l’utilizzo del CCNL Multiservizi sono varie e ricomprendono oltre quelle che rientrano nell’ambito di imprese tradizionali di pulizia anche quelle proprie di imprese di “servizi integrati/multiservizi/global service”; sono escluse dalla sfera di applicazione del contratto le eventuali autonome attività alle quali si applichino, secondo la vigente normativa, autonomi e specifici CCNL corrispondenti.

Invero, le prestazioni oggetto dell’appalto possono rientrare, quantomeno, tra le seguenti attività che il CCNL Multiservizi indica a titolo esemplificativo:

-servizi di pulimento, disinfezione, sanificazione, disinfestazione e derattizzazioni (civili, industriali, ospedaliere, domiciliari, etc.);

-servizi di sanificazione ambientale;

-servizi ausiliari del trasporto.

A conferma, poi, che le prestazioni richieste per l’esecuzione dell’appalto possono trovare corrispondenza nei profili professionali contemplati dal medesimo CCNL si consideri, ad es., che lo stesso prevede:

-operai specializzati IV livello: “ Lavoratori che eseguono attività di trasporto e movimentazione di materiali con mezzi complessi e pesanti”, “Addetti alle bonifiche ambientali dei siti e/o serbatoi e cisterne”, “Tecnici disinfestatori specializzati”;

-operai qualificati III livello: “Lavoratori che eseguono attività di pulizia e manutenzione degli ambienti, chiusi ed aperti, con l’utilizzo di attrezzature e macchine operatrici complesse”, “Addetti al risanamento ambientale”.

In conclusione, legittimamente, in assenza di una specifica prescrizione della lex di gara, l’aggiudicataria ha indicato di voler applicare il Contratto Collettivo Multiservizi.

5. - Infondato è anche il secondo motivo dell’appello proposto da “Maio Guglielmo S.r.l.” con cui si lamenta la violazione dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici e degli artt. 2, 86 e 87; la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 338/1989, convertito in legge 389/1989.

Richiamando il principio per cui la contribuzione previdenziale è correlata alle retribuzioni dovute per le mansioni effettivamente svolte dai lavoratori, a prescindere dalla qualifica attribuita dal datore di lavoro e non contestata dal lavoratore, l’appellante critica la sentenza che ha ritenuto sussistente la regolarità contributiva di Mengozzi S.p.a., nonostante con sentenza della Corte di Cassazione n. 801/2012 fosse stata accertata la violazione delle norme in materia di contributi previdenziali.

5.1 - Il Collegio condivide le considerazioni del primo giudice ed, in particolare, ribadisce che le pronunce della Corte di cassazione citate dall’appellante hanno statuito quale deve essere il parametro di riferimento per la determinazione dell’imponibile “minimo” da sottoporre a contribuzione, istituti e regimi previsti nel contratto collettivo astrattamente ritenuto applicabile al settore in cui la concorrente opera (a prescindere cioè da quello in concreto utilizzato).

Dalle stesse non è derivato l’accertamento di violazioni contributive in contrasto con quanto risulta dal DURC, unico documento idoneo a certificare la posizione contributiva di un’impresa partecipante ad una procedura di gara pubblica, le cui risultanze si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto, avente valore vincolante (cfr. C.d.S., A.P. n. 8 del 4.5.2012).

Inoltre, l’art. 38, comma 1, lettera i) stabilisce che "sono esclusi dalla partecipazione alla procedure di affidamento delle concessione e degli appalti di lavori, forniture e servizi i soggetti che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti".

Ebbene, nulla viene dedotto con riguardo alla gravità di violazioni contributive definitivamente accertate; nulla, ad esempio, con riguardo l’ammontare di importi richiesti dall’INPS.

Sotto questo profilo, il motivo è generico.

6. - Infine, è infondato anche il terzo motivo di appello concernente la violazione dell’art. 38 del codice dei contratti e la riformulazione di fatto, da parte del primo giudice, del tenore normativo del comma 1, lett. e).

Il TAR erroneamente avrebbe ritenuto irrilevante la sentenza della Corte di Cassazione n. 42481 del 5 novembre 2009 (perché non recherebbe accertamento di colpevolezza tipico delle sentenze penali di condanna) essendo sufficiente il mero accertamento della grave violazione da parte dei rappresentanti legali della ditta della normativa sulla sicurezza sul lavoro per escludere il possesso del requisito di cui al richiamato art. 38, comma 1, lett. e).

L’appellante afferma, al contrario, che la norma non richiede la condanna, ma solo che il fatto sia stato “debitamente accertato”.

Il Collegio, pur condividendo in astratto la critica mossa dall’appellante (l'espressione "debitamente accertate" deve, infatti, essere intesa nel senso che è sufficiente che si riscontri una infrazione che sia stata oggetto di una autonoma verifica, anche da parte dell'amministrazione - cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 06/08/2012, n. 4519), tuttavia, non ritiene che, nel caso di specie, si sia avuto quell’accertamento richiesto dalla norma.

Tale non può considerarsi l’accertamento contenuto nella richiamata sentenza del giudice penale, che si limita a dichiarare ex art. 129 c.p.p. la prescrizione del reato di cui all’art. 590 c.p. per un fatto avvenuto nel gennaio 1999, trattandosi di pronuncia che non presuppone l’accertamento della responsabilità (se non in via incidentale, ove necessario ai fini dell’applicazione delle circostanze attenuanti, al fine di pervenire alla pronuncia di prescrizione) e che non potrebbe arrecare nocumento all’imputato prosciolto, non esplicando l’accertamento di responsabilità incidentale alcuna efficacia in giudizi extra penali o in ambiti extra giudiziari.

Non ricorre nella fattispecie, dunque, la causa di esclusione stigmatizzata dall’art. 38, comma 1, lett. e), non potendosi neppure considerare “grave” l’infrazione alle norme di sicurezza che ha comportato l’applicazione della sola pena pecuniaria e per un fatto che risale ad oltre 20 anni prima.

6.1 - Quanto alle condanne riportate dal socio di maggioranza di Mengozzi S.p.a., tutte dichiarate in sede di gara, correttamente il primo giudice ha ritenuto che afferiscono a fattispecie di reato che non comportano l’esclusione automatica del concorrente, ma consentono alla stazione appaltante una loro valutazione discrezionale, al fine di verificarne la concreta incidenza sulla moralità professionale del concorrente.

Il giudice di primo grado ha dato contezza di ciascuna condanna, dell’esiguità della pena e dell’epoca risalente dei fatti, elementi tutti che fanno ritenere ragionevole l’esclusione del carattere di “gravità” richiesto dalla norma.

In ogni caso, non è condivisibile che la semplice attinenza all’oggetto dell’appalto possa far sussistere il requisito di “gravità” richiesto dalla norma, a prescindere dalla considerazione dell’entità della pena irrogata, che rappresenta invece l’indice principale del carattere o più o meno grave della violazione.

Così pure logicamente è significativo, ai fini dell’apprezzamento della moralità professionale del concorrente, che le violazioni siano risalenti nel tempo, dimostrandosi indirettamente che si è verificato un cambiamento in senso positivo nel comportamento del soggetto in tempi più recenti.

7. - Infine, quanto all’ultima censura dedotta, concernente l’interpretazione dell’art. 82, comma 3 bis, del d.lgs. n.163/2006, si rimanda alle argomentazioni già svolte al punto 2 della motivazione.

8. - In conclusione, entrambi gli appelli vanno respinti e le spese di giudizio si possono compensare tra le parti, considerate le questioni trattate.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, ne dispone la riunione, ai sensi dell’art. 96, comma 1, cod. proc. amm. e li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo,         Presidente

Carlo Deodato,           Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia,     Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti,    Consigliere, Estensore

Sergio Fina,    Consigliere

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

                       

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/02/2016

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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