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TAR Lombardia, Brescia sez. II, 9/5/2016 n. 639
Le pubbliche amministrazioni non hanno alcun obbligo di procedere sempre e comunque all'outsourcing e invece possono, se ciò ritengano, produrre in proprio, ovvero in house, gli stessi beni e servizi che potrebbero comperare sul mercato.

In base alle norme europee, in particolare a quelle del TFUE, le pubbliche amministrazioni, ove decidano di procedere ad un outsourcing, ovvero di ricorrere al mercato per procurarsi beni e servizi necessari al loro operare, devono senz'altro rispettare le regole della concorrenza, valide per ogni soggetto economico, e quindi indire una pubblica gara; non hanno però, a monte, alcun obbligo di procedere sempre e comunque all'outsourcing in questione, e invece possono, se ciò ritengano, produrre in proprio, ovvero appunto in house, gli stessi beni e servizi che potrebbero comperare sul mercato.

La società in house è sicuramente tale quando possa avere soltanto soci pubblici; deve poi annoverare fra i propri soci le amministrazioni a favore delle quali opera e queste ultime devono poter nominare gli organi amministrativi e controllarne l'operato con poteri non riducibili a quelli di un comune azionista, e di intensità maggiore; si è in proposito osservato che non occorre un potere di controllo esclusivo in capo ad ogni socio, ma basta un sistema di equilibrio, tale cioè che nessuno dei soci, anche se di maggioranza, possa agire come padrone assoluto delle decisioni sociali. In altre parole, il controllo analogo deve sussistere a favore dei soci nel loro insieme.

La scelta, espressa da un ente locale, nella specie da un Comune, nel senso di rendere un dato servizio alla cittadinanza con una certa modalità organizzativa piuttosto di un'un'altra, ovvero in questo caso di ricorrere all'in house e non esternalizzare, è ampiamente discrezionale, e quindi, è sindacabile nella presente sede giurisdizionale nei soli casi di illogicità manifesta ovvero di altrettanto manifesto travisamento dei fatti.

Materia: servizi pubblici / disciplina

N. 00639/2016 REG.PROV.COLL.

 

N. 02469/2015 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2469 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Aprica Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Salvadori, con domicilio eletto presso Alberto Salvadori in Brescia, Via XX Settembre, 8;

 

contro

Comune di Castenedolo, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione, 37;

 

nei confronti di

C.B.B.O. Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso Domenico Bezzi in Brescia, Via Diaz, 13/C;

 

per l'annullamento previa sospensione,

della deliberazione 16 novembre 2015 n°129, pubblicata dal 17 novembre 2015, con la quale la Giunta comunale di Castenedolo ha approvato l’atto di indirizzo per l’acquisto di partecipazioni sociali in CBBO S.r.l. e l’affidamento a tale società del servizio pubblico comunale di gestione integrata dei rifiuti urbani;

della deliberazione 14 dicembre 2015 n°54, pubblicata dal 17 dicembre 2015, con la quale il Consiglio comunale di Castenedolo ha fatto proprie le risultanze della delibera di Giunta suddetta e della relazione di cui all’art. 34 del d.l. 18 ottobre 2012 n°179 convertito nella l. 17 dicembre 2012 n°121;

di ogni atto connesso, presupposto e conseguente, e in particolare:

della relazione suddetta;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Castenedolo e di C.B.B.O. Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2016 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La ricorrente Aprica S.p.a. gestiva nel Comune di Castenedolo, convenuto nel processo, il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, come da contratto, concluso come aggiudicataria di una pubblica gara, in scadenza al 31 dicembre 2014 (doc. 1 ricorrente, copia nota del Comune 14 gennaio 2015, da cui risulta la circostanza, peraltro non contestata).

In tale sua qualità, impugna avanti a questo Giudice gli atti meglio indicati in epigrafe, con i quali, in sintesi, il Comune ha deciso di non affidare più il servizio all’esterno mediante pubblica gara, ma di gestirlo all’interno dell’amministrazione, con lo strumento dell’affidamento diretto ad una società cd. in house, la controinteressata CBBO (doc. 2 ricorrente, copia delibera di Giunta n°129/2015; doc. 6 Comune copia delibera di Consiglio n°54/2015).

A sostegno dell’impugnazione, la Aprica ha proposto un’unica complessa censura, approfondita nei motivi aggiunti a seguito del deposito da parte del Comune di copia della delibera consiliare n°54/2015, riconducibile ai seguenti due motivi:

-           con il primo di essi, corrispondente alla prima parte della censura nel ricorso principale (pp. 6-14 dell’atto) e ai motivi aggiunti, deduce propriamente eccesso di potere per irragionevolezza, e sostiene che la scelta di affidare il servizio in house non sarebbe motivata in modo congruo;

-           con il secondo motivo, corrispondente alla seconda parte del ricorso principale (pp. 15-25 dell’atto), deduce propriamente violazione degli artt. 49, 56, 101 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea - TFUE e dell’art. 12 comma 2 della direttiva del Parlamento e del Consiglio 26 febbraio 2014 2014/24/UE, così come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, poiché a suo dire il rapporto fra il Comune e da CBBO non avrebbe i requisiti del “controllo analogo” necessario perché un affidamento in house si possa legittimamente disporre.

Hanno resistito il Comune, con memoria 7 gennaio 2016, e la CBBO, con memoria 8 gennaio 2016, ed hanno chiesto che il ricorso sia respinto; hanno in particolare illustrato sia i contenuti della delibera n°54/2015, a loro avviso ampiamente motivata, sia i patti sociali della CBBO, sempre a loro avviso strutturati in modo da rispondere ai requisiti del controllo analogo in questione.

Con ordinanza 13 gennaio 2016 n°24, la Sezione ha respinto la domanda cautelare.

Da ultimo, con memorie 1 aprile 2016 per il Comune e 12 aprile 2016 per la Aprica e la CBBO, le parti hanno insistito sulle rispettive asserite ragioni.

Alla udienza del 28 aprile 2016, fissata con l’ordinanza cautelare di cui sopra, come per legge, la Sezione ha da ultimo trattenuto il ricorso in decisione.

 

DIRITTO

1.         Il ricorso è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.

2.         Il primo motivo, fondato su un presunto difetto di motivazione delle delibere impugnate, è infondato. Va chiarito subito che, come ampiamente dimostrato dalla difesa del Comune, per la delibera consiliare 54/2015 non si può parlare di motivazione materialmente mancante, dato che essa è corredata di una relazione tecnica sulla presunta maggiore convenienza dell’in house rispetto alla pubblica gara, ovvero alla esternalizzazione del servizio, nonché di copie dei patti sociali della CBBO e del futuro contratto di servizio (doc. ti 7, 8 e 10 Comune, copia degli atti citati). Si tratta se mai di vedere se la motivazione così espressa sia viziata, e ad avviso del Collegio non è così.

3.         Occorre ricordare, come premessa, che la scelta, espressa da un ente locale, nella specie da un Comune, nel senso di rendere un dato servizio alla cittadinanza con una certa modalità organizzativa piuttosto di un’un'altra, ovvero in questo caso di ricorrere allo in house e non esternalizzare, è ampiamente discrezionale, e quindi, secondo giurisprudenza assolutamente costante e pacifica, è sindacabile nella presente sede giurisdizionale nei soli casi di illogicità manifesta ovvero di altrettanto manifesto travisamento dei fatti: nella materia dei servizi pubblici, affermano ad esempio il principio in generale C.d.S. sez. V 6 maggio 2011 n°2713 e nel caso specifico della scelta di una gestione in house TAR Liguria sez. II 8 febbraio 2016 n°120 e TAR Puglia Bari sez. I 12 aprile 2006 n°1318.

4.         Applicando tali principi al caso di specie, nella scelta fatta dal Comune di Castenedolo il vizio della discrezionalità non si ritrova. Se si esamina, in particolare, la relazione allegata alla delibera (doc. 7 Comune, cit.) si osserva che essa conclude per la bontà dell’affidamento a CBBO ritenendo la sua gestione efficiente, oltre che conveniente in termini economici. Sotto il primo profilo, la relazione parte da una scelta evidentemente politica, quella di adottare nel Comune il metodo della cd. raccolta “porta a porta” ovvero “differenziata spinta”, e ritiene che CBBO lo possa fornire; confronta poi i costi del servizio con quelli di alcuni Comuni ritenuti equivalenti (doc. 7 Comune, pp. 7, 13 e ss. 20 e ss.): in questa esposizione non si ritrovano illogicità, che secondo la giurisprudenza – in generale ad esempio C.d.S. sez. V 11 dicembre 2015 n°5655 e sez. III 23 novembre 2015 n°5306- devono essere “abnormi” ovvero “macroscopiche”.

5.         Per completezza, la giurisprudenza in contrario citata dalla ricorrente appare non esattamente pertinente al caso in esame. TAR Lombardia Brescia sez. II 6 ottobre 2011 n°1396, a parte ogni altra considerazione, respinge il ricorso e conferma la bontà della scelta dell’in house operata dall’amministrazione intimata in quel processo, con argomenti non dissimili da quelli di cui qui si parla. C.d.S. sez. III 7 maggio 2015 n°2291 riguarda invece un caso del tutto diverso, in cui il servizio gestito in house era in realtà un servizio strumentale dell’amministrazione, e non un servizio prestato a beneficio dei cittadini.

6.         La difesa della ricorrente, nei motivi aggiunti, ha ulteriormente contestato la scelta del Comune, sostenendo che essa sarebbe illogica, e quindi da censurare, in base ad una perizia di parte giurata, redatta da certo Antonelli, di professione dottore agronomo (doc. 10 ricorrente, copia elaborato). In proposito, va anzitutto premesso che simili perizie, volte all’evidenza a proporre una scelta alternativa a quella dell’amministrazione, costituiscono per costante giurisprudenza semplici “allegazioni difensive” prive di valore probatorio – così per tutte C.d.S. sez. IV 12 novembre 2015 n°5143 e Cass. civ. sez. I 6 agosto 2015 n°16552- che di per sé non legittimerebbero una CTU. La richiesta in tal senso della ricorrente (memoria 12 aprile 2016 p. 3) sarebbe quindi per ciò solo inammissibile.

7.         In concreto comunque si nota che tali allegazioni difensive in primo luogo si traducono in una sorta di “caccia all’errore” che contesta (v. doc. 7 ricorrente, cit.) singoli punti della relazione comunale, ma non procede ad un riesame della logica complessiva di essa, né ne prende in esame, come richiesto in generale dalla critica scientifica, le premesse in fatto esaminandone la correttezza. Inoltre muove (cfr. memoria Aprica 12 aprile 2016 p. 1 § 1) da una premessa non del tutto condivisibile, ovvero che la scelta del Comune di Castenedolo dipenda da esclusive considerazioni di risparmio, mentre la raccolta “porta a porta” ha oggettivamente, anche al di là di affermazioni contrarie, un valore politico, di educazione del cittadino. Anche sotto questo profilo, quindi, la richiesta di CTU va respinta.

8.         E’parimenti infondato anche il secondo motivo, fondato sulla presunta mancanza dei requisiti del controllo analogo nel rapporto fra il Comune e la CBBO. Il relativo concetto va allora riassunto per completezza. Come è allora noto, tutta la problematica nasce da un rilievo molto semplice: in base alle norme europee, in particolare a quelle del TFUE, le pubbliche amministrazioni, ove decidano di procedere ad un outsourcing, ovvero di ricorrere al mercato per procurarsi beni e servizi necessari al loro operare, devono senz’altro rispettare le regole della concorrenza, valide per ogni soggetto economico, e quindi indire una pubblica gara; non hanno però, a monte, alcun obbligo di procedere sempre e comunque all’outsourcing in questione, e invece possono, se ciò ritengano, produrre in proprio, ovvero appunto in house, gli stessi beni e servizi che potrebbero comperare sul mercato.

9.         Individuare una gestione in house è facile, ove essa avvenga per mezzo di organi e uffici che anche formalmente fanno parte dell’amministrazione considerata, sul modello delle antiche aziende municipalizzate. Tale fattispecie però è piuttosto rara, perché di norma la gestione in house avviene con una modalità diversa, ovvero affidandola ad una società di capitali, costituita nelle forme del diritto privato. In tal caso, come è parimenti del tutto noto, si può parlare effettivamente di gestione in house quando la distinzione fra i due soggetti, amministrazione e società operativa, sia solo formale, perché questa sostanzialmente è una semplice articolazione organizzativa di quella. Solo in questo caso l’affidamento del servizio dall’amministrazione alla società può avvenire in via diretta, ovvero senza pubblica gara.

10.       E’ancora del tutto notorio che i requisiti perché ciò si possa verificare sono stati individuati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione, a partire dalla nota sentenza sez. V 18 novembre 1999 C-107/98 Teckal, che per quanto qui interessa ammette l’affidamento diretto in house ove l’amministrazione affidante eserciti sull’affidataria un “controllo analogo” a quello che essa esercita sui servizi propri. Tale nozione è stata ulteriormente precisata, anche dalla giurisprudenza nazionale, con riguardo al caso che interessa, che è anche uno dei più frequenti, della cd. società multi servizio, ovvero di una società affidataria in house per conto di più soggetti pubblici, nella specie di più Comuni.

11.       Gli esiti ultimi di tale elaborazione sono i seguenti, e sono quelli espressi dalla Corte di giustizia nelle sentenze 19 aprile 2007 C-295/05 Asociacion Nacional de Empresas Forestales, 17 luglio 2008 C -371/05 Commissione vs. Repubblica Italiana, 13 novembre 2008, C-324/07, Coditel Brabant SA e 10 settembre 2009, C-573/07, nonché in decisioni nazionali, a partire da TAR Friuli Venezia Giulia 15 luglio 2005 n°634 fino alla recente TAR Liguria sez. II 8 febbraio 2016 n°120.

12.       In sintesi, la società in house è sicuramente tale quando possa avere soltanto soci pubblici; deve poi annoverare fra i propri soci le amministrazioni a favore delle quali opera e queste ultime devono poter nominare gli organi amministrativi e controllarne l’operato con poteri non riducibili a quelli di un comune azionista, e di intensità maggiore; si è in proposito osservato che non occorre un potere di controllo esclusivo in capo ad ogni socio, ma basta un sistema di equilibrio, tale cioè che nessuno dei soci, anche se di maggioranza, possa agire come padrone assoluto delle decisioni sociali. In altre parole, il controllo analogo deve sussistere a favore dei soci nel loro insieme.

13.       Applicando tali principi al caso di specie si deve concludere che il controllo analogo sulla CBBO da parte dei soci affidanti in house sussiste, e che quindi è legittimo l’affidamento diretto ad essa dei relativi servizi. Nell’ordine, lo statuto prevede all’art. 17 comma 2 la riserva ai soci affidatari di servizio della nomina del presidente e del vicepresidente; istituisce agli artt. 27-29 due organi consultivi in cui sono rappresentati tutti i soci affidanti per l’indirizzo ed il controllo sui servizi e all’art. 15 comma 4 impone per eventuali modifiche di tali clausole addirittura il voto unanime (doc. 1 CBBO, copia statuto). In proposito, la Aprica ha obiettato (ricorso, p. 19) che ciò non basterebbe, appunto perché si tratterebbe di soli organi consultivi, ma il rilievo è inesatto, per quanto segue.

14.       La vera funzione di tali organi è infatti quella di consentire a ciascun socio una puntuale, e altrimenti non prevista, informazione sull’andamento giorno per giorno della gestione sociale, informazione che serve all’esercizio di un altro strumento di controllo, il patto di sindacato (doc. 2 CBBO, copia di esso) con il quale i soci si impegnano a indirizzare l’operato degli organi sociali nel senso necessario ad una miglior gestione, eventualmente potendo in ogni istante revocare e sostituire amministratori non consoni.

15.       In tale contesto risulta allora irrilevante, lo si evidenzia solo per completezza, che la CBBO (ricorso, p. 25) possa concludere per parte della sua attività contratti di appalto o subappalto, perché – si veda la citata sentenza Teckal- è sufficiente che la società in house svolga “la parte più importante” della propria attività con il soggetto o i soggetti pubblici che la controllano, e ciò è incontestato.

16.       La particolarità del caso, sul quale non esiste un indirizzo giurisprudenziale univoco e consolidato, è giusto motivo per compensare le spese.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2016 con l'intervento dei magistrati:

Alessandra Farina,      Presidente

Stefano Tenca,           Consigliere

Francesco Gambato Spisani,  Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/05/2016

 

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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