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Consiglio di Stato - Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, 27/6/2016 n. 1505
Schema di decreto recante la disciplina di affidamento in concessione di aree e banchine, comprese nell'ambito portuale, di cui all'art. 18, comma 1, legge 28 gennaio 1994, n. 84;

Materia: concessioni / modalità di affidamento

Numero 01505/2016 e data 27/06/2016

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

 

Adunanza di Sezione del 23 giugno 2016

 

 

NUMERO AFFARE 00552/2016

 

OGGETTO:

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Schema di decreto recante la disciplina di affidamento in concessione di aree e banchine, comprese nell'ambito portuale, di cui all'art. 18, comma 1, legge 28 gennaio 1994, n. 84;

 

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota n. 12128 del 24 marzo 2016, con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ufficio legislativo, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Visto il parere interlocutorio della Sezione in data 7 aprile 2016;

Vista la nota ministeriale n. 22210 del 6 giugno 2016;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Gerardo Mastrandrea;

Premesso.

1. L’articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante il riordino della legislazione in materia portuale, a cui, con lo schema di decreto in argomento, si intende dare attuazione, prevede, in tema di concessione di aree e banchine, che l'Autorità portuale e, dove non istituita, l'organizzazione portuale o l'Autorità marittima danno in concessione le aree demaniali e le banchine comprese nell'ambito portuale alle imprese di cui all'articolo 16, comma 3, della legge, autorizzate all'espletamento delle operazioni portuali, fatta salva l'utilizzazione degli immobili da parte di amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di funzioni attinenti ad attività marittime e portuali. È, altresì, sottoposta a concessione da parte dell'Autorità portuale, e laddove non istituita dall'Autorità marittima, la realizzazione e la gestione di opere attinenti alle attività marittime e portuali collocate a mare nell'ambito degli specchi acquei esterni alle difese foranee, anch'essi da considerarsi a tal fine ambito portuale, purché interessati dal traffico portuale e dalla prestazione dei servizi portuali anche per la realizzazione di impianti destinati ad operazioni di imbarco e sbarco rispondenti alle funzioni proprie dello scalo marittimo, come individuati ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della legge.

Orbene, le concessioni sono affidate, previa determinazione dei relativi canoni, anche commisurati all'entità dei traffici portuali ivi svolti, sulla base di idonee forme di pubblicità, stabilite dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, con proprio decreto. Con il medesimo decreto sono altresì indicati:

a) la durata della concessione, i poteri di vigilanza e controllo delle Autorità concedenti, le modalità di rinnovo della concessione ovvero di cessione degli impianti a nuovo concessionario;

b) i limiti minimi dei canoni che i concessionari sono tenuti a versare.

Sono fatti salvi, fino alla scadenza del titolo concessorio, i canoni stabiliti dalle autorità portuali relativi a concessioni già assentite alla data di entrata in vigore del decreto in discussione.

Con il detto decreto debbono, altresì, essere indicati i criteri cui devono attenersi le Autorità portuali o marittime nel rilascio delle concessioni al fine di riservare nell'ambito portuale spazi operativi allo svolgimento delle operazioni portuali da parte di altre imprese non concessionarie.

Si prevede, ancora, espressamente che, con il menzionato decreto, il Ministro competente adegui la disciplina (nazionale) relativa alle concessioni di aree e banchine alle normative comunitarie.

Si deve, altresì, notare che, sulla base della legge, per le iniziative di maggiore rilevanza il Presidente dell'Autorità portuale può concludere, previa delibera del Comitato portuale, accordi sostitutivi della concessione demaniale, ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Le concessioni o gli accordi procedimentali sostitutivi possono comprendere anche la realizzazione di opere infrastrutturali.

Ai fini del rilascio della concessione, è richiesto che i destinatari dell'atto concessorio:

a) presentino, all'atto della domanda, un programma di attività, assistito da idonee garanzie, anche di tipo fideiussorio, volto all'incremento dei traffici e alla produttività del porto;

b) possiedano adeguate attrezzature tecniche ed organizzative, idonee anche dal punto di vista della sicurezza a soddisfare le esigenze di un ciclo produttivo ed operativo a carattere continuativo ed integrato per conto proprio e di terzi;

c) prevedano un organico di lavoratori rapportato al programma di attività di cui alla lettera a).

In ciascun porto l'impresa concessionaria di un'area demaniale deve esercitare direttamente l'attività per la quale ha ottenuto la concessione, e non può essere al tempo stesso concessionaria di altra area demaniale nello stesso porto, a meno che l'attività per la quale richiede una nuova concessione sia differente da quella di cui alle concessioni già esistenti nella stessa area demaniale, e non può svolgere attività portuali in spazi diversi da quelli che le sono stati assegnati in concessione. Su motivata richiesta dell'impresa concessionaria, l'autorità concedente può autorizzare l'affidamento ad altre imprese portuali, autorizzate ai sensi dell'articolo 16, dell'esercizio di alcune attività comprese nel ciclo operativo.

L'Autorità portuale o, laddove non istituita, l'Autorità marittima sono tenute ad effettuare accertamenti con cadenza annuale al fine di verificare il permanere dei requisiti in possesso al momento del rilascio della concessione e l'attuazione degli investimenti previsti nel programma di attività di cui alla citata lettera a).

In caso di mancata osservanza degli obblighi assunti da parte del concessionario, nonché di mancato raggiungimento degli obiettivi indicati nel programma di attività, di cui alla predetta lettera a), senza giustificato motivo, l'Autorità portuale o, laddove non istituita, l'Autorità marittima revocano l'atto concessorio.

2. Il Consiglio di Stato ebbe a pronunciarsi, già nel febbraio 2001 (parere n. 20/2001 del 12 febbraio 2001, ma ancora prima cfr. il parere n. 95/98), con parere favorevole ed osservazioni, su un precedente schema di regolamento recante modalità e criteri per il rilascio delle concessioni demaniali marittime.

Il testo odierno sottoposto al parere definitivo del Consiglio si compone di 15 articoli e su di esso è stato acquisito il concerto del Ministero dell’economia e delle finanze, corredato da alcune osservazioni, anche a titolo collaborativo, formulate dall’Ufficio del coordinamento legislativo.

3. La Sezione, con il parere interlocutorio emesso in esito all’adunanza del 7 aprile 2016, dopo aver premesso non brevi considerazioni sulle problematiche emerse in sede di applicazione del regime vigente, perdurante l’assenza del regolamento attuativo, e dopo aver manifestato in ogni caso i sensi dell’apprezzamento per l’iniziativa governativa, volta finalmente a fare chiarezza circa le procedure da seguire in una materia così rilevante dal punto di vista economico-produttivo come quella che ci occupa, assecondando lo sforzo di fornire un quadro omogeneo che limiti le iniziative puramente discrezionali delle singole Autorità portuali, ha nondimeno chiesto importanti chiarimenti relativamente alle scelte più significative evidenziate nella bozza di testo regolamentare.

Proprio partendo, infatti, dall’evoluzione che ha contrassegnato, spesso in senso critico, i commenti di giurisprudenza e dottrina sull’applicazione, nelle more dell’atteso testo regolamentare, delle disposizioni contenute nel regolamento per la navigazione marittima di cui al DPR 328/1952, con le relative distinte procedure, e di cui si è dato dettagliatamente conto nel parere interlocutorio, la Sezione ha invitato, anzitutto, l’Amministrazione ministeriale preposta a confermare che lo schema di decreto inviato non presentasse problemi di distonia e di mancato coordinamento con il decreto legislativo recante la riorganizzazione e la razionalizzazione della disciplina concernente le Autorità portuali, di cui alla legge n. 84 del 1994, su cui il Consiglio di Stato si è espresso e che attualmente è al vaglio delle competenti Commissioni parlamentari. Testo di riforma che, come è noto, reca, seppur sotto il profilo essenzialmente organizzativo, importanti novità che evidentemente interferiscono con la materia de qua, come le norme in materia di competenze delle nuove Autorità di sistema portuale e degli Uffici territoriali portuali, e le relative attribuzioni degli Organi di vertice e gestionali, tenendosi conto, altresì, della nuova visione strategica della politica portuale nazionale che, come può vedersi dal testo proposto, va a permeare anche la materia delle concessioni di cui al vigente articolo 18 della legge 84/1994.

Si chiedeva, in altri termini, una verifica complessiva di tenuta del testo sottoposto in relazione alla contestuale riforma della governance e delle competenze delle Autorità portuali, e agli interventi in materia di logistica e di pianificazione di settore (elementi tutti oggetto di richiamo nel testo in discussione ai fini della verifica di compatibilità delle concessioni).

Analoga conferma l’Amministrazione veniva invitata a fornire in ordine alla preventiva compatibilità dell’assetto delineato con le previsioni della proposta di Regolamento europeo che istituisce un quadro normativo per l’accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria dei porti, presentata dalla Commissione Europea fin dal maggio 2013 (COM/2013/296).

Del resto, non poteva trascurarsi che, in base alla legge stessa, con il decreto in argomento il competente Ministro è espressamente tenuto ad adeguare “la disciplina relativa alle concessioni di aree e banchine alle normative comunitarie” (art. 18, comma 3, legge n. 84 del 1994).

In tale ottica, veniva ritenuto necessario, altresì, adeguare e comunque coordinare il testo con la normativa del codice dei contratti pubblici di cui al d.lg. n. 50 del 2016, recentissimamente riformata per dare seguito alle ben note direttive comunitarie in materia. Particolarmente utile, al riguardo, veniva ritenuta l’implementazione dei tipici strumenti di analisi dell’impatto della regolamentazione e di analisi tecnico-normativa (A.I.R. e A.T.N.) che accompagnavano lo schema di provvedimento.

4. Disposta la preliminare e sollecita acquisizione dall’Amministrazione richiedente dei detti elementi generali chiarificatori ed eventualmente confermativi, a guadagno di tempo, e nell’ottica di favorire il varo più rapido possibile del provvedimento attuativo, volto evidentemente a fornire una definitiva e chiara risposta ai non pochi quesiti procedurali sorti in siffatta materia nel lungo perdurare della lacuna normativa, si rilasciavano altresì da subito, a titolo collaborativo, alcune prime osservazioni nello specifico di determinate disposizioni, impregiudicata, ovviamente, la valutazione finale da rendersi in sede di parere definitivo.

5. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, onerato degli adempimenti istruttori, ha fornito in data 6 giugno 2016, con relazione vistata dal Ministro, elementi di risposta a chiarimento dei singoli punti, allegando altresì le nuove relazioni AIR e ATN, nonché, molto opportunamente, una bozza di testo regolamentare che anticipa, evidenziandole, le modifiche apportate in recepimento dei suggerimenti già resi da questo Consiglio in sede di parere interlocutorio.

 

Considerato.

6. Fin dall’emanazione della fondamentale riforma organica dell’ordinamento dei porti, di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, si è proceduto nel senso della liberalizzazione del mercato delle operazioni e dei servizi portuali assegnando alle Autorità portuali, enti di nuova istituzione con funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate negli scali portuali ritenuti strategici a livello nazionale (nei restanti porti le medesime funzioni fanno capo all’Autorità marittima, che conserva, in ogni caso, le tradizionali competenze in materia di sicurezza), il compito di promuovere al massimo livello possibile la concorrenza in un settore caratterizzato da una naturale limitatezza delle infrastrutture di riferimento.

Allo scopo la legge n. 84 del 1994 ha disciplinato, tra l’altro, la gestione del demanio portuale funzionalmente destinato alle attività commerciali marittime, rivisitando finalità e contenuti dei tradizionali atti amministrativi di autorizzazione e di concessione, sovrapponendosi essa al tradizionale impianto del codice della navigazione, risalente al 1942 e, quanto al regolamento di esecuzione, al 1952, di cui sono stati evidentemente superati impostazione e principi fondamentali.

Con l’effetto che, una volta attuato, finalmente, l’art. 18 della legge 84/1994, potrà formalizzarsi un ambito di applicazione non coincidente: la concessione di aree e banchine di cui si tratta riguarda, infatti, una porzione chiaramente delimitata del territorio all’interno della circoscrizione cui è preposta l’Autorità portuale, ovvero l’area demaniale o la banchina utilizzabile, per sua natura e destinazione, ai fini commerciali propri della navigazione marittima, mentre, al di fuori di dette aree, le Autorità portuali (o, rectius, le Autorità di sistema portuale) continueranno ad applicare, a regime, le disposizioni contenute nel codice della navigazione e nel correlato regolamento di attuazione.

Tale breve introduzione risulta, ad avviso della Sezione, particolarmente utile per comprendere, fin dall’inizio, come nello stesso impianto normativo che si va, finalmente, ad attuare con il testo regolamentare in oggetto risieda in nuce la considerazione della peculiarità e dell’importanza, dal punto di vista economico-produttivo, di questa tipologia di provvedimenti concessori, e della necessità della più ampia possibile applicazione dei principi di trasparenza e concorrenza nel settore che si va a regolamentare.

Principi che con la recente riforma dell’organizzazione della governance in via di definitiva emanazione assumono ancor più, se possibile, i connotati della strategicità, nell’ottica di recuperare il gap di produttività dei porti nazionali.

7. Non si può non richiamare al riguardo, seppur brevemente, i punti principali del parere reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato in data 9 maggio 2016, n. 1142, sullo schema di decreto legislativo recante "Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali di cui alla l. 28 gennaio 1994, n. 84", in attuazione della delega di cui all’articolo 8, comma 1, lett. f), della legge 7 agosto 2015, n. 124, tra cui assumono particolare valenza significativa: la circostanza che trattasi della prima riforma organica delle Autorità portuali dopo oltre venti anni; gli obiettivi della riforma: riorganizzare e semplificare un sistema portuale frammentato e complesso, intervenendo, nel medio e lungo periodo, sulla dimensione “monoscalo” degli organi di governo dei porti (superando il modello obsoleto del city port), passando dalle attuali “Autorità portuali” alle “Autorità di Sistema portuale”, in numero ridotto, superando così l’eccessivo localismo attuale, realizzando maggiore interazione e integrazione con le aree logistiche del paese, semplificando e snellendo, nel breve periodo, gli adempimenti amministrativi connessi allo svolgimento delle attività portuali; il valore strategico stesso della riforma: riportare l’Italia al centro dei traffici marittimi tra Oriente ed Europa (“in un’era di globalizzazione delle merci, occorre rendere più agile il governo dei nostri porti e connetterli con il mondo economico e sociale, per fare del “Sistema Mare” il motore di uno sviluppo economico che rilanci il ruolo dell’Italia di naturale protagonista del collegamento tra Oriente ed Europa”).

8. Orbene, questo è, e deve essere, il quadro di riferimento, ritenuto dal Ministero richiedente pienamente compatibile, in cui vanno valutate le linee essenziali di intervento del regolamento attuativo dell’art. 18 in questione, di cui può condividersi, ancora una volta, l’apprezzabile intento di colmare, trascorsi oltre venti anni, le lacune procedurali evidenziatesi, nonché di introdurre misure più incisive di trasparenza e pubblicità, e di uniformare un regime fino ad ora troppo rimesso alle scelte discrezionali delle singole Autorità.

9. Ma questo non è sufficiente. Proprio il lungo tempo trascorso e la necessità, al di là delle formali assicurazioni fornite dal Ministero, di coordinare il regolamento con la riforma in atto e la visione ancor più pianificata e strategica della portualità nazionale, impongono, infatti, scelte che garantiscano effettiva competitività e concorrenza, secondo le linee a cui si è già fatto cenno nel parere interlocutorio del 7 aprile 2016, non rinunciando, altresì, a dare piena ed incondizionata attuazione all’articolo 18 della legge 84, la cui impostazione era già ben chiara al riguardo: basta fare riferimento non solo alla pubblicità delle procedure, ma anche ai profili della durata delle concessioni, dei limiti minimi dei canoni, della riserva di spazi operativi per le imprese portuali non concessionarie di aree (fondamentale regola “antitrust”, volta chiaramente ad evitare posizioni dominanti distorsive), elementi questi ultimi che non sono stati immediatamente affrontati, nella loro integrità, nello schema definitivamente sottoposto.

In questo senso, le pur motivate e di certo non superficiali rassicurazioni fornite dal Ministero non tranquillizzano, cosicché la Sezione ritiene che il prosieguo dell’iter del provvedimento debba considerarsi condizionato alla piena attuazione del mandato legislativo, con riguardo ai punti appena elencati, senza ulteriori rinvii, ed allo scioglimento, nel senso che si dirà, del nodo gordiano delle modalità di affidamento e di rinnovo delle concessioni in questione.

10. In altri termini, può confermarsi un giudizio sostanzialmente positivo circa le finalità dell’intervento normativo, ma le soluzioni proposte in relazione alla problematica delle procedure di affidamento ed agli altri fondamentali aspetti della durata delle concessioni e dei canoni non possono essere condivise, e proprio il tempo trascorso e le aspettative al riguardo maturate non giovano, non potendo essere lasciate ulteriormente insolute tematiche critiche che la stessa legge 84 da attuare ha posto in maniera evidentemente connessa.

Se dunque può essere vero, come non manca di ricordare anche il Ministero, che trattasi di un settore escluso (o speciale) ai sensi delle direttive comunitarie sugli appalti, che la norma di legge si limita ad imporre “idonee forme di pubblicità” e che queste ultime sono state implementate nella versione definitivamente sottoposta rispetto al regime vigente di cui all’art. 18 del regolamento per la navigazione marittima (si prevede ora, come minimo, la pubblicazione della domanda di concessione sul sito istituzionale dell’autorità concedente nonché sulla G.U.R.I. o sulla G.U.U.E. a seconda della durata della concessione, con un ampio spettro di informazioni necessarie da pubblicare), non può accettarsi che tutta la procedura continui a prendere le mosse dall’istanza dello stesso soggetto interessato al rilascio della concessione demaniale (o al rinnovo della stessa, come è il caso tipico), concedendo agli altri soggetti solo la possibilità, in un termine che può andare da trenta a novanta giorni, di presentare osservazioni o eventuali domande concorrenti. Si ripercorre, dunque, uno schema ormai obsoleto e risalente (sancito quasi 65 anni fa), ideato per altri scopi e finalità (legato come era alla gestione del singolo bene) e di certo non più confacente alle esigenze del mercato del settore e del mondo produttivo, quale è appunto il c.d. avviso ad opponendum, ovvero una forma di pubblicità nata per innescare essenzialmente opposizioni, dunque per contrastare e contrapporsi ad istanze altrui e non per avanzare proposte sulla base di un programma strategico condiviso.

Non risulta, cioè, accettabile che, invece di assecondare le nuove linee strategiche nazionali di pianificazione e programmazione del ruolo dei singoli porti, non più considerati entità a sé, la procedura di assegnazione della concessione dell’area o della singola banchina muova esclusivamente dall’istanza dell’interessato, senza un atto di programmazione a monte che sfoci poi in un bando ed in una, seppur peculiare, procedura di gara ad evidenza pubblica per la concessione del bene, dove la valutazione strategica non sia spostata al momento successivo della verifica di coerenza dell’istanza presentata per le concessioni di più lunga durata, e delle eventuali istanze concorrenti, con l’atto di pianificazione nazionale.

E’ vero che nella fattispecie pare trattarsi di un classica concessione di bene pubblico (demaniale) e non quindi di una concessione di servizi, ma la necessità di applicare i princìpi di matrice europea di trasparenza, non discriminazione, proporzionalità nelle procedure di assegnazione appare particolarmente pregnante ed ineludibile, cosicché non appare consentito meramente replicare, seppur con qualche significativo aggiustamento in termini di pubblicità, un impianto contrassegnato da ben diverse finalità e tradizionalmente operante in ben altro contesto (oltre che in una realtà economico-produttiva risalente).

Evidente, dunque, la distonia strategica con il decreto di riforma della governance, e quindi il rischio che mediante nuove concessioni rilasciate ancora con le dette modalità, o il rinnovo di concessioni esistenti, si vada ad ingessare per interi decenni, senza una preliminare valutazione strategica, l’uso o la destinazione di aree fondamentali per lo sviluppo del porto e dei traffici.

11. E’ essenziale, quindi, che, con riguardo ai punti indicati, si adempia con completezza a tutto il mandato legislativo, considerato anche che in virtù dei principi chiaramente esposti dall’art. 119 del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lg. 18 aprile 2016, n. 50), di perfetta e fedele trasposizione dell’art. 12 della direttiva UE 25/2014, la materia non può dirsi aliena dall’applicazione di principi comunque stringenti ai fini dell’individuazione delle procedure selettive per l’affidamento.

E non appare, invero, casuale, che la stessa Amministrazione in più parti del testo è intervenuta aggiornandolo con il richiamo al nuovo codice degli appalti (con riguardo, in particolare, ai requisiti di partecipazione delle imprese ma anche ai requisiti minimi degli istituti di credito asseveratori dei PEF, parametrati a quelli rilevanti per la finanza di progetto).

Del resto i principi della gara non erano sconosciuti nemmeno all’impianto originario del codice della navigazione, che all’art. 37, richiamato nel testo in relazione alla valutazione comparativa in caso di pluralità di domande, reca, seppur a titolo residuale, il sistema di scelta della licitazione privata.

12. Torna, in definitiva, di attualità quanto preventivamente riportato nel parere interlocutorio, come approdo della giurisprudenza e della dottrina più avvedute, circa la problematicità della c.d. procedura ad evidenza pubblica finora utilizzata, disciplinata dall’articolo 18 del D.P.R. 328/1952, che continua ad essere richiamata nel testo sottoposto a parere, la cui distanza dal procedimento di gara appare evidente: detta procedura (c.d avviso ad opponendum), aggiornata ma che rimane integra nei suoi capisaldi anche nel testo proposto, garantisce sì la pubblicità e la visibilità dell’azione amministrativa, ma non limita come dovuto la discrezionalità dell’ente pubblico, stante l’assenza di un bando e la mancata predeterminazione di criteri di selezione delle domande, nonché, deve necessariamente aggiungersi, la mancata fissazione dei livelli minimi dei canoni che i concessionari sono tenuti a versare e dei criteri per individuare la durata della concessione, la quale non può prescindere dalla pianificazione del soggetto concedente titolare della governance e dalla programmazione degli investimenti da effettuarsi.

13. Così, si è già osservato, la comparazione tra più domande in concorrenza tra loro diviene ancor più complessa nel contesto degli elementi di valutazione indicati dall’art. 18 della legge n. 84 del 1994, presentando caratteri di ampia discrezionalità, non sempre riconducibili al mero dato tecnico. Basti pensare al rilievo del “programma di attività” dell’impresa, documento ove è consacrato il ruolo del privato come partner operativo dell’amministrazione, per il conseguimento di quell’obiettivo di “sviluppo dei traffici nel porto” che è proprio dell’attività di indirizzo e promozione dell’Autorità Portuale (e della nuova AdSP). Anche la ponderazione di elementi come “l’effetto delle strategie di impresa per la promozione dei traffici”, il potenziale “riflesso dell’attività sull’economia portuale”, l’effettiva capacità del richiedente di conseguire i “risultati previsti”, sfuggono a prerequisiti di obiettività rigorosi. Un ruolo decisivo giocheranno, sul punto, i piani di investimento prospettati, il valore delle prestazioni rese, la capacità di fornire un ciclo completo di operazioni, relazionate alla complessiva affidabilità dell’impresa quale è desumibile dai requisiti personali e professionali.

14. Individui dunque, in definitiva, l’Amministrazione una soluzione procedurale per i futuri affidamenti che, nel rispetto dei principi e della normativa vigenti, anche a livello comunitario, introduca per la selezione del concessionario elementi di effettiva normalizzazione dei margini di discrezionalità, anche grazie ad una chiara presa di posizione non meramente conservativa sui canoni ed altrettanto chiare direttive sulla durata dei rapporti concessori, connotando la procedura stessa delle caratteristiche effettive della “procedura di gara”, sulla base dunque di un bando, ove la più proficua utilizzazione del bene è definita alla stregua di criteri obiettivi prefissati, mentre le valutazioni legate al programma di attività potranno essere parametrate ad indici di ottimizzazione dello sviluppo dei traffici nel porto, rimanendo comunque elemento chiave del giudizio comparativo. Il tutto conformemente alla valutazione strategica del ruolo dei singoli porti effettuata a livello di pianificazione nazionale e, quanto all’area oggetto di concessione nell’ambito del singolo porto, da parte del soggetto titolare della governance.

15. Dovendosi aggiungere, a tale ultimo riguardo, che il Consiglio di Stato ha più volte ricordato, in sede giurisdizionale, come sia comunque preferibile una procedura di gara con preventiva pubblicazione di bando anche quando non sussistono domande preesistenti, visto che è il bando stesso che può suscitare l’interesse degli investitori e quindi l’ingresso del capitale di investimento.

E rispetto alle procedure di rinnovo della concessione demaniale, non possono, parimenti, che richiamarsi i principi già in più occasioni espressi dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo cui i principi di derivazione comunitaria a tutela della concorrenza (imparzialità, trasparenza, parità di trattamento, non discriminazione) sono applicabili anche alle concessioni di beni pubblici, fungendo da parametro di interpretazione e limitazione del diritto di insistenza. L’indifferenza comunitaria al nomen della fattispecie, e quindi alla sua riqualificazione interna in termini pubblicistici o privatistici, fa sì che la sottoposizione ai principi di evidenza trovi il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale marittima venga fornita un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione (da ultimo, Cons. Stato, VI, 7 marzo 2016, n. 889).

Operando in questo modo, può ulteriormente aggiungersi, conformemente alla manovra in atto di riforma complessiva dell’assetto organizzativo e di governo, si aprirebbero i porti alle opportunità di investimento privato in una logica non di mera perpetuazione dell’esistente, stimolando i concessionari esistenti a far pesare la propria esperienza acquisita in una regolare procedura competitiva, che non può prescindere da una valutazione preliminare strategica della singola realtà portuale e, ancor più a monte, della programmazione degli investimenti rispettosa della pianificazione nazionale per la ripresa della competitività del settore.

16. Quanto al resto delle osservazioni già anticipate con il parere interlocutorio, si prende atto con favore delle modifiche apportate con riguardo ad aspetti di rilievo non secondario (per tutti l’adeguamento dei requisiti dei proponenti all’oggetto della concessione e non alla domanda, ulteriore elemento a conforto, peraltro, della necessità di una vera e propria procedura di gara).

Si ritiene, in questa sede, di dover aggiungere solamente che l’attività di verifica dell’autorità concedente, di cui all’articolo 13 dello schema, deve svolgersi con cadenza annuale, e non biennale, in ossequio a quanto previsto dalla legge (art. 18, comma 8, legge 84/1994).

 

P.Q.M.

Nei termini esposti, con le riportate condizioni, è il parere della Sezione.

 

L'ESTENSORE 

GerardoMastrandrea                                                                                                      

IL PRESIDENTE

Franco Frattini

                       

IL SEGRETARIO

Maria Luisa Salvini

 

 

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