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Consiglio di Stato, Sez. V, 30/8/2016 n. 3720
Sulla sussistenza della giurisdizione del g.o. per la controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica da parte del gestore del servizio idrico integrato.

La controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica, ai sensi dell'art. 27, c.3, della l. 5 gennaio 1994, n. 36, e successivamente dell'art. 166 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, da parte del gestore del servizio idrico integrato (che utilizzi canali consortili od acque irrigue come recapito di scarichi provenienti da insediamenti di qualsiasi natura) appartiene alla giurisdizione ordinaria, allorché la normativa regionale di dettaglio, come nel caso di specie, preveda che la contribuzione venga assolta mediante il versamento di canoni determinati all'esito di una procedura negoziale, differenziandosi in tale modo dalla contribuzione di bonifica prevista dall'art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, costituente invece un'obbligazione tributaria a carico dei consorziati. E' stato invero sottolineato che in tali ipotesi l'obbligazione gravante sul gestore nasce dal momento negoziale della convenzione tra Autorità d'Ambito e Consorzio di bonifica, e ciò evidenzia un modello differente rispetto a quello del contributo (per la gestione delle opere di bonifica) dovuto, alla stregua di onere reale (art. 860 del c.c.), dai soggetti proprietari dei fondi ricompresi nei consorzi, avente natura indiscutibilmente tributaria, e dunque rientrante nella giurisdizione tributaria. Come ha osservato anche dalla giurisprudenza amministrativa la bilateralità della fonte determinativa del contributo esclude la connotazione propriamente tributaria, avendo la legge attribuito rilievo genetico e funzionale alla volontà delle parti nella costruzione della prestazione del servizio fornito dal Consorzio ed a quella, sinallagmatica, assicurata dal gestore, così che il canone dovuto dal gestore si atteggia principalmente quale corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, la cui obbligatorietà non trae origine dall'atto impositivo, ma piuttosto dalla contrattazione che si colloca a monte, e che, seppure imposta dalla legge, resta espressiva nei suoi contenuti dell'autonomia negoziale.

Materia: consorzi / disciplina

Pubblicato il 30/08/2016

 

N. 03720/2016REG.PROV.COLL.

 

N. 04495/2016 REG.RIC.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 4495 del 2016, proposto da:

Aset Spa e Marche Multiservizi Spa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avvocati Gianluca Bucci e Alberto Clini, con domicilio eletto presso Srl Grez & Associati in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.18;

 

contro

Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Lucilla Di Ianni e Michele Romano, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Domenico Morichini, n. 41;

Consorzio di Bonifica delle Marche, in persona del suo Presidente in carica, non costituito in giudizio;

 

nei confronti di

Comune di Mondolfo e Comune di Tavoleto, in persona dei rispettivi sindaci in carica, non costituiti in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA: SEZIONE I, n. 207/2016, resa tra le parti, di declinatoria di giurisdizione sull’impugnazione degli atti concernenti il piano di riparto della spesa consortile anni 2014 e 2015;

 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Visto l’art.60 del cod.proc.amm.vo;

 

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 agosto 2016 il Cons. Sandro Aureli e uditi per le parti gli avvocati Gianluca Bucci e Michele Romano.;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.Con l’appello in esame le società Aset Spa e Marche Multiservizi Spa chiedono l’annullamento della sentenza segnata in epigrafe, con cui il T.a.r. per le Marche ha dichiarato il difetto di giurisdizione sul ricorso dalle medesime proposto.

 

Le predette società hanno agito invero nella veste di gestori del servizio idrico integrato nel territorio della Provincia di Pesaro ed Urbino, ricompreso nell’ambito del Consorzio di Bonifica Marche, per l’annullamento della delibera della Giunta regionale delle Marche n.137/2015 che ha unilateralmente determinato, in relazione al piano di classifica ed al piano di riparto consortile approvati ex art.16 della legge regionale n.13 del 2013, la misura del canone dovuto per le spese consortili dai gestori da versare in base all’apposita convenzione da stipulare con il suddetto Consorzio, misura che, a loro avviso, sarebbe errone.

 

2. L’adito tribunale ha declinato la propria giurisdizione, accogliendo la relativa eccezione sollevata sia dalla Regione Marche che dal Consorzio di Bonifica Marche (quest’ultimo non costituito nel presente giudizio d’appello), ciò in quanto il canone dovuto dai soggetti gestori del servizio idrico integrato non corrisponderebbe al contributo ordinario di bonifica, bensì al contributo speciale, a carico di quest’ultimi, disciplinato dall’art.166, co 3, del d.lgs. n. 152/2006 e dall’art. 6, commi 8 e 9, della citata legge regionale n. 13/2013: mentre il primo ha natura di canone, il secondo ha natura di tributo, con conseguente giurisdizione del giudice tributario.

 

In altri termini, in ragione di quanto prevedono le norme richiamate, il contributo di cui si discute discenderebbe dall’apposita convenzione sottoscritta con il Consorzio (nella specie di Bonifica Marche), rappresentando un canone determinato su base convenzionale, cioè all’esito di una procedura negoziale; da ciò la sua natura di obbligazione nei riguardi del Consorzio che è titolare di un diritto di credito, con l’ulteriore conseguenza che la controversia avente ad oggetto la contestazione di tale diritto non può che appartenere alla giurisdizione del giudice ordinario.

 

3. L’eccezione del difetto di giurisdizione è stata nuovamente sollevata dalla Regione Marche anche nel presente giudizio al fine di contrastare i motivi di gravame sollevati dalle società appellanti che, oltre a criticare la sentenza impugnata per aver dichiarato il difetto di giurisdizione, hanno riproposto nel merito le censure svolte in primo grado e non esaminate.

 

4. Nella camera di consiglio del 4 agosto, fissata per la trattazione della domanda cautelare di sospensione della esecutività della sentenza impugnata, le parti sono state sentite ai sensi dell’art.60 cpa ed informate dell’intenzione della Sezione di decidere la causa direttamente nel merito.

 

5. L’appello è infondato.

 

5.1. La sentenza impugnata non merita infatti in punto di giurisdizione le critiche che le sono state appuntate,

 

Invero, secondo un prevalente indirizzo giurisprudenziale dal quale non vi è ragione di discostarsi, la controversia relativa alle somme dovute ad un consorzio di bonifica, ai sensi dell’art. 27, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e successivamente dell’art. 166 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, da parte del gestore del servizio idrico integrato (che utilizzi canali consortili od acque irrigue come recapito di scarichi provenienti da insediamenti di qualsiasi natura) appartiene alla giurisdizione ordinaria, allorché la normativa regionale di dettaglio, come nel caso di specie, preveda che la contribuzione venga assolta mediante il versamento di canoni determinati all’esito di una procedura negoziale, differenziandosi in tale modo dalla contribuzione di bonifica prevista dall’art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, costituente invece un’obbligazione tributaria a carico dei consorziati (esattamente in termini Cass., Sez. Un., 29 marzo 2011, n. 7101).

 

E’ stato invero sottolineato che in tali ipotesi l’obbligazione gravante sul gestore nasce dal momento negoziale della convenzione tra Autorità d’Ambito e Consorzio di bonifica, e ciò evidenzia un modello differente rispetto a quello del contributo (per la gestione delle opere di bonifica) dovuto, alla stregua di onere reale (art. 860 del c.c.), dai soggetti proprietari dei fondi ricompresi nei consorzi, avente natura indiscutibilmente tributaria, e dunque rientrante nella giurisdizione tributaria (in termini, tra le tante, Cass., Sez. Un., 5 agosto 2009, n. 17943).

 

Come ha osservato anche dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Umbria n. 263/2011; 235/2012) la bilateralità della fonte determinativa del contributo esclude la connotazione propriamente tributaria, avendo la legge attribuito rilievo genetico e funzionale alla volontà delle parti nella costruzione della prestazione del servizio fornito dal Consorzio ed a quella, sinallagmatica, assicurata dal gestore, così che il canone dovuto dal gestore si atteggia principalmente quale corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, la cui obbligatorietà non trae origine dall’atto impositivo, ma piuttosto dalla contrattazione che si colloca a monte, e che, seppure imposta dalla legge, resta espressiva nei suoi contenuti dell’autonomia negoziale (si veda anche Corte cost., 11 febbraio 2010, n. 39).

 

5.2. A diversa conclusione non conducono del resto né la considerazione di parte appellante, secondo cui l’annullamento richiesto riguarderebbe atti amministrativi generali, vale a dire i criteri contenuti nel piano di classificazione e nel piano di riparto consortile sulla base dei quali è stata definita la misura del canone, posto che non è da tali atti di natura unilaterale che ha origine il rapporto con il Consorzio e quindi l’obbligo del gestore stesso corrispondere il canone in base alla successiva convenzione, la quale, in base alla disciplina di settore, è la conseguenza del carattere esclusivamente sinallagmatico di tale rapporto.

 

Non è poi inutile aggiungere che la descritta situazione giuridica non genera alcuna minore tutela, ben potendo il giudice ordinario disapplicare i detti atti generali in relazione alla contestazione del quantum del canone dovuto dal gestore del servizio idrico integrato.

 

E’ conseguentemente irrilevante ai fini del riparto della giurisdizione anche la circostanza del rifiuto delle società appellanti di sottoscrivere la convenzione, dal momento che, com’è intuitivo, l’individuazione del giudice fornito di giurisdizione non dipende dal comportamento delle parti, bensì dal petitum sostanziale in rapporto alla causa petendi, ossia dall’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio.

 

Sussiste pertanto nella controversia de qua il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, spettando la cognizione della stessa al giudice ordinario innanzi al quale il processo può essere riassunto nei termini di legge.

 

6. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

 

Spese compensate.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 agosto 2016 con l'intervento dei magistrati:

 Carlo Saltelli, Presidente

 

Sandro Aureli, Consigliere, Estensore

 

Oreste Mario Caputo, Consigliere

 

Raffaello Sestini, Consigliere

 

Stefano Fantini, Consigliere

 

L'ESTENSORE

 

 

IL PRESIDENTE

 

Sandro Aureli

 

Carlo Saltelli

 

IL SEGRETARIO

 

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