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Consiglio di Stato, Sez. III, 17/2/2017 n. 739
Sull'efficacia temporale dell'interdittiva antimafia.

La limitazione temporale di efficacia dell'interdittiva antimafia, prevista dall'art. 86, c. 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, deve intendersi riferita ai casi nei quali sia attestata "l'assenza di pericolo di infiltrazione mafiosa, e non già ai riscontri indicativi del pericolo, i quali ultimi conservano la loro valenza anche oltre il termine indicato nella norma". L'art. 2, c. 1, del d.P.R. n. 252 del 1998 (la cui disposizione è stata poi riportata nell'art. 86, commi 1 e 2 del d. lgs. n. 159 del 2011) deve intendersi riferito, infatti, ai casi di documentazioni che attestino l'assenza di pericolo di infiltrazione mafiosa - cc.dd. informative negative - e non già ai riscontri indicativi del pericolo, i quali ultimi conservano la loro valenza anche oltre il termine indicato nella disposizione. La sopravvenienza di fatti favorevoli all'imprenditore impone all'Amministrazione di verificare nuovamente se persistano ragioni di sicurezza e di ordine pubblico tali da prevalere sull'iniziativa e sulla libertà di impresa del soggetto inciso. L'attualità degli elementi indizianti, da cui trarre la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa, permane tuttavia inalterata fino al sopraggiungere di fatti nuovi ed ulteriori rispetto ad una precedente valutazione di presenza di tentativi siffatti, che evidenzino il venir meno della situazione di pericolo. Il superamento del rischio di inquinamento mafioso è da ricondursi non tanto al trascorrere del tempo dall'ultima verifica effettuata senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, bensì "al sopraggiungere di fatti positivi che persuasivamente e fattivamente introducano elementi di inattendibilità della situazione rilevata in precedenza".

Materia: appalti / disciplina

Pubblicato il 17/02/2017

 

N. 00739/2017REG.PROV.COLL.

 

N. 00281/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 281 del 2016, proposto da:

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giovannino Guaglianone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Savoia, n. 31;

 

contro

Provincia di Reggio Calabria - Stazione Unica Appaltante Provinciale, non costituita in giudizio;

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria e Ministero dell'Interno, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

Comune di Taurianova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Leonardo Iamundo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gilda Martire in Roma, via Conca D'Oro, n. 184/190;

 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, n. 1210 del 2015, resa tra le parti, concernente la risoluzione del contratto per interdittiva antimafia.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria, del Ministero dell'Interno e del Comune di Taurianova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2017 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Paolo Farese su delega di Leonardo Iamundo e l'avvocato dello Stato Agnese Soldani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. - Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, l’-OMISSIS- (in seguito -OMISSIS-) aggiudicataria dei lavori di riqualificazione dell’-OMISSIS- di Taurianova (RC), ha impugnato:

A) la nota del RUP, datata 28 settembre 2015, di invito al Direttore dei Lavori a disporre la loro sospensione, per avviare le procedure di risoluzione contrattuale;

B) il provvedimento di sospensione dei lavori, con relativo verbale in data 30 settembre 2015;

C) la nota prot. n. 89459 del 24 settembre 2015, emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria, con comunicazione del permanere degli esiti interdittivi dell'informazione del 4 settembre 2012, trasmessa alla Stazione Unica Appaltante Provinciale di Reggio Calabria e al Comune di Taurianova;

D) l'interdittiva emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria a carico della -OMISSIS- in data 4 settembre 2012 prot. n. 47969.

L’impugnativa, quindi, riguarda sia gli atti prefettizi di adozione dell’interdittiva antimafia e di comunicazione della sua perdurante efficacia a carico della società -OMISSIS-, sia gli atti consequenziali adottati dalla stazione appaltante nell’ambito dei lavori di riqualificazione -OMISSIS- di Taurianova (RC).

2. - Con la sentenza in forma semplificata n. 1210 del 2015, il primo giudice ha respinto il ricorso avverso gli atti del Prefetto, ed ha accolto l’impugnativa esclusivamente nei confronti degli atti consequenziali (sub. lett. A) e B) in considerazione dello stato di avanzamento dei lavori, giunti ormai quasi al termine, al fine di consentire all’Amministrazione la valutazione – ai sensi dell’art. 94, comma 3, del D.Lgs. 159/11 – in ordine alla possibile sussistenza dell’interesse pubblico alla perdurante efficacia del contratto.

3. - Con il ricorso in appello la società appellante ha impugnato il capo di sentenza che ha rigettato le sue censure avverso gli atti prefettizi.

Il petitum dell’atto di appello riguarda esclusivamente la dichiarazione di inefficacia della misura interdittiva adottata dal Prefetto di Reggio Calabria in data 4 settembre 2012, e la richiesta di annullamento della conseguente nota del 24 settembre 2015, trasmessa dalla Prefettura alla SUAP.

A sostegno della propria impugnativa la società appellante ha dedotto la doglianza di violazione e la falsa applicazione dell’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, con erronea interpretazione della giurisprudenza del Consiglio di Stato formatasi sul punto, nonché la violazione dell’art. 92 del d. lgs. n. 159 del 2011, oltre ai vizi di eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria.

3.1 - La controversia, quindi, investe la problematica relativa all’efficacia temporale dell’interdittiva antimafia.

Sulla specifica questione, sollevata con analogo ricorso in appello proposto dalla stessa società -OMISSIS- (RG. 6317/2016), la Sezione si è già pronunciata con sentenza 5 ottobre 2016 n. 4121.

Il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi dal proprio precedente orientamento che viene qui richiamato.

“6.1.1. Quale disposizione che regola una «fattispecie procedimentalmente complessa», infatti, l’art. 86, comma 2 (del d. lgs. n. 159 del 2011):

- non riguarda di per sé l’efficacia temporale della misura interdittiva che constata il pericolo della infiltrazione e, dunque, neppure riguarda l’ambito dei doveri della Prefettura dopo il decorso dell’anno dalla sua emanazione;

- del tutto diversamente l’art. 86, comma 2, disciplina invece l’ambito dei doveri delle pubbliche amministrazioni e degli enti di cui all’art. 83, i quali – in base al comma 2, quando sia comunque decorso un anno dalla acquisizione dell’informativa – devono nuovamente acquisire la documentazione antimafia, prima di emanare uno degli atti elencati dai commi 1 e 2 dell’art. 67 (come richiamati dal medesimo art. 83, comma 1), e quindi richiedere al Prefetto una nuova informativa che, come si dirà, è pienamente legittima, anche se richiami i soli elementi di quella precedentemente emessa, confermando il pericolo di infiltrazione mafiosa, laddove non sopravvengano elementi nuovi.

6.2. Va infatti rimarcato, sotto il profilo letterale, che l’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011 ha riferito la rilevanza del termine di dodici mesi non alla data di «emanazione» della interdittiva che rileva il pericolo della infiltrazione (e, cioè, ad un’unica data, di cui dovrebbero tenere conto i soggetti indicati nell’art. 83, commi 1 e 2), ma alla data di «acquisizione» della interdittiva, da parte dei medesimi soggetti, data che ben può variare e comunque non può essere unica in presenza di diverse amministrazioni che la richiedano, e ricevano, non contestualmente (si pensi, ad esempio, a diverse gare, svolte e concluse in diversi periodi, o all’erogazione di contributi a sostegno di numerose aziende agricole).

6.2.1. Occorre tener presente, per altro verso, che a seguito dell’emanazione della misura interdittiva i conseguenti atti applicativi possono essere emanati dalle singole amministrazioni, specialmente in procedure particolarmente complesse, anche a distanza di molto tempo dall’acquisizione della informazione antimafia, sicché anche sotto tale profilo appare chiara e, invero, ragionevole la previsione secondo cui la stessa efficacia nel tempo dell’informativa ricevuta dalla singola amministrazione richiedente dipende, in riferimento ad essa e solo in riferimento ad essa, dalla data in cui essa l’ha acquisita.

6.3. In altri termini, sotto il profilo letterale, l’art. 86, comma 2:

a) non si riferisce ai doveri della Prefettura ed alla durata delle sue misure ad effetto interdittivo che, dunque, hanno efficacia tendenzialmente indeterminata nel tempo, salvo quanto si dirà appresso circa gli elementi sopravvenuti;

b) impone, invece, ai medesimi soggetti di applicare l’art. 83, cioè di acquisire la documentazione antimafia, anche dopo il decorso dell’anno dalla sua emanazione;

c) va inteso nel senso che il termine di dodici mesi, ivi previsto, per ciascuno degli soggetti destinatari comincia a decorrere dalla formale «acquisizione», singulatim, dell’informazione antimafia, con la conseguenza giuridica che – decorsi dodici mesi da essa – gli stessi soggetti devono nuovamente attivarsi ai sensi dell’art. 83;

d) il Prefetto, laddove richiesto dai soggetti di cui all’art. 83 di rilasciare una nuova informazione antimafia trascorso l’anno, potrà (e dovrà) legittimamente limitarsi ad emetterla richiamando quella precedentemente emessa, recependone i contenuti, laddove non sopraggiungano elementi nuovi capaci di modificare o superare, nell’attualità, i fatti posti a base della precedente.

7. Proprio riconnettendosi all’ultima delle considerazioni sopra svolte, già di per sé decisive per respingere le censure dell’appellante, ritiene la Sezione che comunque si possa richiamare la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, che – sia pure sulla base di una diversa ratio decidendi – ha già evidenziato che col decorso dell’anno non perde efficacia la misura interdittiva che rileva il pericolo di condizionamento mafioso.

7.1. Come si è più volte evidenziato (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 30 dicembre 2011, n. 7002; Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2012, n. 292; Cons. St., sez. V, 1° ottobre 2015, n. 4602), e tralasciando per ora i dubbi adombrati nel citato obiter dictum, la limitazione temporale di efficacia dell’interdittiva antimafia, prevista dall’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, deve intendersi riferita ai casi nei quali sia attestata «l’assenza di pericolo di infiltrazione mafiosa, e non già ai riscontri indicativi del pericolo, i quali ultimi conservano la loro valenza anche oltre il termine indicato nella norma».

7.1.1. L’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 252 del 1998 (la cui disposizione è stata poi riportata nell’art. 86, commi 1 e 2 del d. lgs. n. 159 del 2011) deve intendersi riferito, infatti, ai casi di documentazioni che attestino l’assenza di pericolo di infiltrazione mafiosa – cc.dd. informative negative – e non già ai riscontri indicativi del pericolo, i quali ultimi conservano la loro valenza anche oltre il termine indicato nella disposizione (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2014, n. 292).

7.2. La sopravvenienza di fatti favorevoli all’imprenditore, come meglio si dirà, impone all’Amministrazione di verificare nuovamente se persistano ragioni di sicurezza e di ordine pubblico tali da prevalere sull’iniziativa e sulla libertà di impresa del soggetto inciso.

7.3. L’attualità degli elementi indizianti, da cui trarre la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa, permane tuttavia inalterata fino al sopraggiungere di fatti nuovi ed ulteriori rispetto ad una precedente valutazione di presenza di tentativi siffatti, che evidenzino il venir meno della situazione di pericolo.

7.4. Il superamento del rischio di inquinamento mafioso è da ricondursi non tanto al trascorrere del tempo dall’ultima verifica effettuata senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, bensì «al sopraggiungere di fatti positivi che persuasivamente e fattivamente introducano elementi di inattendibilità della situazione rilevata in precedenza» (così la citata sentenza di questo Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2014, n. 292).

7.5. Tale ratio decidendi, come ha ulteriormente chiarito la sentenza della sez. V, 1° ottobre 2015, n. 4602, trova conforto anche in argomenti di tipo letterale e teleologico:

- in primo luogo (e come si è osservato sopra, amplius, nei precedenti §§ 6.1., 6.2. e 6.3.), sul piano letterale, nella decorrenza del termine di efficacia prevista dall’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, individuata dal legislatore nell’«acquisizione» dell’informativa da parte delle Amministrazioni e, dunque, ad un evento non riferibile all’epoca degli accertamenti sulla base dei quali è stata emessa l’informativa, ma alla conoscenza che di essi hanno avuto successivamente le Amministrazioni tenute ad applicare il divieto di contrarre sancito dall’art. 94 del d. lgs. n. 159 del 2011;

- in secondo luogo, ancora sul piano letterale, dalla clausola rebus sic stantibus prevista sempre dall’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, in relazione ai casi di modificazioni degli assetti societari e gestionali dell’impresa, in ipotesi capaci di modificare la valutazione alla base dell’informativa emessa dalla Prefettura;

- in terzo luogo, sul piano teleologico, nella piena coerenza dell’efficacia temporale illimitata, salve successive modifiche, dell’interdittiva con la finalità preventiva delle informative antimafia, finalità che, con il conseguente obiettivo di contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nel settore degli appalti pubblici, non tollera evidentemente limitazioni e interruzioni temporali.

7.6. A tale riguardo deve infatti precisarsi che la valutazione del rischio infiltrativo già effettuata dalla Prefettura sulla base di elementi sintomatici, pur dovendo tenere conto, nel fluire del tempo, degli elementi sopravvenuti, non può conoscere soluzione di continuità che non dipenda da fatti nuovi, di segno contrario, oggettivamente capaci di rendere irrilevanti e di rendere, essi sì, inefficace il significato indiziario degli elementi sintomatici valorizzati dall’originaria informativa anche dopo la scadenza del termine annuale.

7.7. In questa prospettiva, come pure la costante giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito (Cons. St., sez. III, 24 luglio 2015, n. 3563), l’informativa antimafia può legittimamente fondarsi, oltre che sui fatti recenti, anche su fatti più risalenti nel tempo, quando gli elementi raccolti dalla Prefettura in passato, e ribaditi anche in altri elementi probatori acquisiti, siano sintomatici di un condizionamento attuale nell’attività di impresa.

8. L’orientamento di questa Sezione sulla perdurante efficacia della misura interdittiva anche dopo il decorso dell’anno dalla sua emanazione si deve dunque ritenere corroborato da quanto esposto dal Collegio nei precedenti §§ 6.1., 6.2. e 6.3. e va ribadito anche in considerazione dei seguenti ulteriori argomenti di tenore sistematico.

8.1. La persistente rilevanza degli elementi indiziari posti a base dell’informativa affermata dalla giurisprudenza, anche dopo il decorso il termine annuale previsto dall’art. 86, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, non è l’effetto di una non prevista ultrattività dell’informativa positiva, a differenza di quella c.d. negativa (o liberatoria), né tantomeno il frutto di una non consentita interpretazione in malam partem, come pure si è ritenuto, ma l’oggetto di una precisa disposizione normativa e, in particolare, dell’art. 91, comma 5, dello stesso d. lgs. n. 159 del 2011, per il quale «il Prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa».

8.2. Tale disposizione ha evidentemente considerato che gli elementi posti a base dell’informativa antimafia ad effetto interdittivo non ‘scadono’ certo per il decorso del termine annuale, in quanto l’aggiornamento ‘liberatorio’ dell’informativa può esservi solo quando essi perdano la loro rilevanza indiziaria del pericolo di infiltrazione.

8.3. Sarebbe del resto irragionevole e contrario alla ratio della normativa antimafia sostenere che elementi di consistente gravità, quali ad esempio l’assidua frequentazione, nel tempo, di soggetti pregiudicati o l’altrettanto costante collaborazione economica dell’impresa con la mafia o, addirittura, la presenza di soggetti controindicati nelle cariche societarie, perdano la loro efficacia indiziante solo perché l’informativa sia ‘scaduta’ decorso l’anno dalla sua emanazione.

8.4. Il «venir meno delle circostanze rilevanti» di cui all’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011, come la Sezione ha più volte chiarito nella propria giurisprudenza, non dipende perciò dal mero trascorrere del tempo, in sé, ma dal sopraggiungere di obiettivi elementi diversi o contrari che ne facciano venir meno la portata sintomatica (o perché ne controbilanciano, smentiscono e in ogni caso superano la valenza sintomatica o perché ne rendono remoto, e certamente non più attuale, il pericolo).

8.5. Tenuto conto del testo e della ratio delle disposizioni sopra richiamate, pur dopo il decorso del termine di un anno dall’emanazione di un precedente atto ad effetto interdittivo, il Prefetto ben potrà e, anzi, dovrà emettere una ulteriore informativa positiva, ad effetto, cioè, interdittivo, ove non siano venute meno le circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento del tentativo di infiltrazione mafiosa, salvo sempre il potere/dovere di riesaminare i fatti nuovi, in sede di aggiornamento, anche su documentata richiesta dal soggetto interessato, come prevede l’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011.

8.5.1. Ad avviso del Collegio, tale lettura del dato normativo non pone alcuna iniqua discriminazione, in malam partem, rispetto all’informativa negativa, c.d. liberatoria, la cui efficacia non può che essere pari temporalmente ad un anno.

8.5.2. Proprio in base allo schema procedimentale dell’art. 86, comma 2, sopra descritto, nei §§ 6.1., 6.2. e 6.3., le amministrazioni di cui all’art. 83 devono comunque richiedere al Prefetto, trascorso l’anno dall’acquisizione, una nuova informativa che, viceversa, non potrà che essere positiva, laddove il Prefetto, nel rilasciarla, pervenga in sede di aggiornamento a conoscenza di fatti nuovi o anche precedenti, ma non noti, che giustifichino nell’attualità, secondo la logica del ‘più probabile che non’, il pericolo di infiltrazione mafiosa.

8.6. Il bilanciamento tra i valori costituzionali rilevanti in materia – l’esigenza, da un lato, di preservare i rapporti economici tra lo Stato e i privati dalle infiltrazioni mafiose in attuazione del superiore principio di legalità sostanziale e, dall’altro, la libertà di impresa – trova proprio nella previsione dell’aggiornamento, ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011, un punto di equilibrio fondamentale, sia in senso favorevole che sfavorevole all’impresa, poiché impone all’autorità prefettizia di considerare i fatti nuovi, laddove sopravvenuti, o anche precedenti – se non noti – e consente all’interessato di rappresentarli all’autorità stessa, laddove da questa non conosciuti.

9. Applicando tali principi al caso di specie, la Prefettura di Reggio Calabria ha ritenuto, con l’informativa del 24 settembre 2015 qui impugnata, che non fossero venute meno le circostanze rilevanti valorizzate nella precedente informativa del 4 settembre 2012 e che ne permanessero inalterati gli effetti interdittivi, poiché, come correttamente si legge nel provvedimento, tali effetti «potranno cessare solo in presenza di fatti nuovi ed ulteriori che fondino il presupposto per una nuova valutazione che attesti, in sede di riedizione del potere da parte di questa Prefettura»”.

3.2 - Infine deve respingersi anche la censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria.

La Sezione ha esaminato anche questa specifica doglianza, rilevando che gli elementi posti a base dell’interdittiva del 2012;

- erano già stati posti a base di una precedente informativa del 2010 a carico della società -OMISSIS-;

- erano stati oggetto di disamina in sede giurisdizionale, e considerati giustificativi della medesima informativa per la loro valenza indiziaria dell’infiltrazione mafiosa, con la sentenza n. 681 del 23 agosto 2011, emessa dal T.A.R. per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, sentenza espressamente menzionata dalla stessa informativa del 2012 e sulla quale si è formato il giudicato.

“Inoltre, la Prefettura non solo ha comunicato, con la stessa informativa, di avere avviato le verifiche previste dalla vigente normativa antimafia, ma anche perché la stessa società solo il 23 dicembre 2015, dopo l’emanazione del provvedimento, ha proposto una documentata istanza di aggiornamento, rappresentando al Prefetto le circostanze che, a suo avviso, giustificherebbero ormai il venir meno degli elementi sintomatici dell’infiltrazione mafiosa, non potendo certo la Prefettura tener conto, per una valorizzazione nell’attualità di detti elementi, né dell’istanza di aggiornamento proposta dall’odierna appellante nell’ormai lontano 2012 (doc. 9 fasc. parte ricorrente in primo grado) né di quella, relativa al diverso procedimento per l’iscrizione alla white list e proposta nell’ormai lontano 2014 (doc. 11 fasc. parte ricorrente in primo grado)” (cfr. Sent. n. 4121/2016 cit.).

4. - L’appello va dunque respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado che ha respinto, inparte qua, il ricorso di primo grado.

5. - Le spese del presente grado di giudizio possono compensarsi tra le parti, tenuto conto della complessità del quadro normativo esaminato.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello n. 281 del 2016, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata che ha respinto, in parte qua, il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Franco Frattini,           Presidente

Raffaele Greco,          Consigliere

Massimiliano Noccelli,           Consigliere

Sergio Fina,    Consigliere

Stefania Santoleri,      Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Stefania Santoleri                   Franco Frattini

                       

IL SEGRETARIO

 

 

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