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Consiglio di Stato, Adunanza Sezione I, 21/2/2017 n. 457
Quesito concernente il decreto-legge 1° luglio 2009 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009 n. 102 - articolo 9-bis (patto di stabilità interno per gli enti locali).

Materia: enti locali / contabilità

Numero 00457/2017 e data 21/02/2017 Spedizione

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

Consiglio di Stato

 

Sezione Prima

 

Adunanza di Sezione del 18 gennaio 2017

 

 

NUMERO AFFARE 04608/2009

 

OGGETTO:

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - ufficio legislativo.

 

Quesito concernente il decreto-legge 1° luglio 2009 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009 n. 102 – articolo 9-bis (patto di stabilità interno per gli enti locali).

 

LA SEZIONE

Vista la relazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti prot. n. 0045266 del 12 novembre 2009, pervenuta il 17 novembre successivo, con la quale viene posto al Consiglio di Stato il quessito sopra indicato;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Neri.

 

Premesso:

1. Con nota del 12 novembre 2009 l’ufficio legislativo e legale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha formulato un quesito in ordine all’interpretazione dell’articolo 9 bis del d.l. 1 luglio 2009 n. 78.

La Sezione, con parere interlocutorio reso all’adunanza del 12 gennaio 2010, ha ritenuto opportuno che il ministero delle infrastrutture e dei trasporti chiedesse l’avviso del ministero dell’economia e delle finanze e della Cassa Depositi e Prestiti s.pa. in ordine al quesito proposto e, una volta acquisiti tali avvisi, li facesse pervenire al Consiglio di Stato ai fini dell’emissione del parere definitivo.

A seguito del sollecito inoltrato (in data 30 dicembre 2015) dal presidente della prima sezione di questo Consiglio, con pec del 18 novembre 2016 è pervenuta, per conoscenza, altra nota del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (prot. 2565) – indirizzata al Ministero dell’Economia e alla Cassa Depositi e Prestiti – nella quale si ribadisce l’interesse alla risposta al quesito.

Alla data dell’adunanza (18 gennaio 2017) non risulta pervenuta altra documentazione.

2. Come già affermato nel parere interlocutorio reso all’adunanza del 12 gennaio 2010, «riferisce l’Amministrazione che l’articolo 9-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009 n. 102, ha introdotto – ai commi 6, 7 e 8 – apposite previsioni per i mutui interamente o parzialmente non erogati concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. sulla base di leggi speciali che ne prevedono l’ammortamento a carico dello Stato.

Il comma 6 prevede che “i beneficiari originari” o i rispettivi “enti pubblici di riferimento” con propria deliberazione possano rinunciare, anche parzialmente, a tali mutui.

Il successivo comma 7 prevede che l’eventuale quota parte del finanziamento non rinunciata e non erogata possa essere devoluta:

“a) in misura non superiore al 50 per cento dell'importo non erogato, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero competente, su richiesta dei medesimi beneficiari originari o dei loro enti pubblici di riferimento, ad altre opere pubbliche o a investimenti infrastrutturali di loro competenza. Resta ferma l'imputazione degli oneri di ammortamento dei mutui agli originari capitoli di spesa;

b) in misura non superiore al 25 per cento delle disponibilità che residuano, al netto di quanto previsto ai sensi della lettera a), ad interventi infrastrutturali compresi nel programma di infrastrutture strategiche di cui all'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, suscettibili di produrre positive ricadute sullo sviluppo delle comunità locali e del territorio;

c) per la parte ulteriormente residua, ad uno speciale fondo iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze e destinato al sostegno di interventi infrastrutturali per lo sviluppo del territorio degli enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità interno nell'ultimo triennio”.

Il successivo comma 8 infine prevede che le modalità di attuazione delle previsioni del comma 7 sopra riportato siano demandate ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da assumere d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, previo parere delle commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario. Tale decreto dovrà pertanto individuare le modalità con cui, a seguito delle richieste operate dai soggetti beneficiari ovvero dagli enti pubblici di riferimento, si determineranno gli effetti conseguenti sui mutui assunti dalla cassa depositi e prestiti s.p.a. e non ancora erogati e saranno assunti i connessi provvedimenti; ed in particolare dovrà disciplinare sotto il profilo procedurale, contabile ed economico-finanziario:

(i) gli effetti della rinuncia totale o parziale ai mutui della Cassa depositi e prestiti S.p.A. non erogati (comma 6);

(ii) la riallocazione, con ulteriore decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero competente, sino ad un massimo del 50 per cento delle somme non erogate e non rinunciate (comma 7, lett. a);

(iii) le modalità di destinazione sino ad un massimo del 25 per cento del residuo alle infrastrutture strategiche disciplinate dalla legge n. 443 del 2001 (comma 7, lett. b);

(iv) le modalità di destinazione del residuo al fondo speciale appositamente istituito per il sostegno di interventi infrastrutturali per lo sviluppo territoriale degli enti locali in regola con il patto di stabilità nell’ultimo triennio (comma 7, lett. c).

Rappresenta l’Amministrazione riferente che tra i mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti vi sono anche quelli assunti a fronte dei finanziamenti concessi dal comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) a valere sul fondo istituito dall’articolo 13 della legge 1° agosto 2002 n. 166 e successivamente rifinanziati, ovvero a valere su altre specifiche norme finanziarie per la realizzazione di infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale regolate dalla legge-obiettivo.

Alla realizzazione di tali infrastrutture strategiche, individuate dal CIPE con le modalità previste dalla legge n. 443 del 2001, d’intesa con la Regione competente ed inserite nel programma straordinario, attendono infatti i soggetti beneficiari di tali finanziamenti con cui la Cassa depositi e prestiti ha conseguentemente contratto il mutuo con onere di rimborso a carico dello Stato.

Nel caso che tali soggetti beneficiari (i c.d. soggetti attuatori), in applicazione dei citati commi 6 e 7 dell’articolo 9-bis, rinuncino in tutto o in parte al mutuo già concesso ed ancora non erogato (e conseguentemente, in pari misura, al finanziamento assentito) e quindi deliberino di destinare la quota parte del finanziamento non rinunciato e non erogato a finalità diverse da quelle per le quali il finanziamento era stato assentito dal CIPE su conforme parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ex art. 163, comma 2, lett. f) del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modifiche), si pone – evidenzia l’Amministrazione – il problema di eventuali responsabilità contrattuali ed extracontrattuali in ordine agli impegni già assunti, ai contratti già stipulati ed agli oneri economici che ne derivano.

In ordine a tale problema l’Amministrazione medesima ritiene - e sul punto chiede il parere del Consiglio di Stato – che essa debba risultare estranea ad eventuali azioni di responsabilità che dovessero essere promosse dagli aggiudicatari nei confronti dei soggetti beneficiari dei mutui in questione. Invero, la procedura di finanziamento relativa alla progettazione e realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale, come individuate dal CIPE, prevede innanzi tutto la concessione dei finanziamenti da parte del CIPE a valere sul fondo istituito dall’art. 13 della legge 1° agosto 2002 n. 166 o su altre specifiche norme finanziarie. La particolare configurazione della procedura in questione, riguardante a vario titolo diverse Amministrazioni ed enti, e il ruolo nella stessa riservato al ministero delle infrastrutture e dei trasporti, confermerebbe ulteriormente – ad avviso del ministero stesso – l’esclusione di qualsivoglia coinvolgimento della stessa nelle prospettate azioni di responsabilità.

L’Amministrazione sottolinea che la questione riveste carattere d’attualità, con particolare riguardo alla progettazione esecutiva e realizzazione della linea metrotramvia A e C della città di Parma, intervento che rientra nelle opere strategiche di cui si discute, potendosi prefigurare l’esperimento di azioni di responsabilità da parte dell’aggiudicataria nei confronti del soggetto aggiudicatore Metro Parma s.p.a. e del Comune di Parma, all’esito dell’iter istruttorio allo stato pendente, anche a seguito di recenti dichiarazioni a mezzo stampa del Comune in ordine alla realizzazione dell’opera ed alla relativa copertura finanziaria, dichiarazioni che prospetterebbero un grave pregiudizio per l’esecuzione del contratto già stipulato.

 

Considerato:

1. Il quesito involge una complessa problematica riguardante i possibili profili di responsabilità che potrebbero determinarsi in capo al ministero delle infrastrutture e dei trasporti qualora soggetti beneficiari di mutui, interamente o parzialmente non erogati, concessi dalla Cassa depositi e prestiti sulla base di leggi speciali che ne prevedono l’ammortamento a carico dello Stato dovessero avvalersi della facoltà riconosciuta dall’art. 9-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009.

Come sopra ricordato, la disposizione in questione ha un ambito di applicazione ben perimetrato, riguardando:

- soltanto mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti;

- nell’ambito di questi, soltanto i mutui assentiti sulla base di leggi speciali che ne prevedono l’ammortamento a carico dello Stato;

- nell’ambito di questi, solo quelli che all’entrata in vigore della norma non sono stati interamente erogati dalla stessa Cassa depositi e prestiti.

Ove ricorrano le tre condizioni sopra richiamate, il soggetto beneficiario (o il rispettivo ente pubblico di riferimento), se non intende proseguire in tutto o in parte nella realizzazione dell’investimento finanziato con il mutuo in questione, può assumere due determinazioni:

- rinunciare al mutuo, anche parzialmente, per la parte non erogata;

- non rinunciare (in tutto o in parte) al mutuo ma destinare diversamente una parte della quota di esso non erogata e non rinunciata ad uno scopo diverso da quello per il quale il mutuo era stato in origine assentito.

2- Le finalità della citata disposizione, nel contesto delle previsioni fissate per il rispetto del patto di stabilità interno per gli enti locali per l’anno 2009 in cui è inserita, non sono del tutto chiare, posto che essa:

- non incide sul livello di indebitamento dell’ente locale, dato che i mutui in questione sono con oneri di ammortamento a carico dello Stato;

- non si estende alla generalità dei mutui contratti dagli enti locali ma riguarda unicamente i mutui della Cassa depositi e prestiti con le caratteristiche sopra ricordate, ed ha quindi un ambito applicativo assai limitato;

- non incide sul saldo dei pagamenti in conto capitale effettuati dagli enti locali nel corso dell’anno 2009, posto che attiene ai mutui contratti e non ai pagamenti effettuati a valere sui mutui medesimi.

3- Neppure è ben chiaro l’iter procedurale che dovrà essere seguito nel caso di rinuncia totale o parziale, atteso che esso presenta quanto meno tre singolarità.

3.1- In primo luogo va considerato che le infrastrutture strategiche disciplinate dalla legge n. 443 del 2001 (c.d. “legge obiettivo”) sono soggette, quanto alla loro individuazione e qualificazione, alle procedure previste espressamente da tale normativa. Esse prevedono (articolo 1 della stessa legge) che l’individuazione delle infrastrutture strategiche venga operata attraverso un programma predisposto dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con i ministri competenti, le Regioni e le Province autonome interessate, ed inserito nel documento di programmazione economica-finanziaria, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata Stato-Regioni. All’esito di tale complessa procedura, gl’interventi previsti dal programma “sono automaticamente inseriti nelle intese istituzionali di programma e negli accordi di programma quadro nei comparti idrici e ambientali”, oltreché nel piano generale dei trasporti. Il legislatore si è quindi palesemente espresso nel senso che l’interesse pubblico connesso alla realizzazione di determinate opere strategiche possa essere accertato solo a seguito della procedura suindicata.

Ne consegue che, in virtù del principio generale del contrarius actus, anche l’estromissione di uno degl’interventi inseriti nel programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 dovrebbe seguire il medesimo iter procedurale. Infatti la rinuncia al mutuo, ovvero la diversa destinazione delle risorse derivanti dal mutuo, comportano la decisione di non realizzare più – in tutto o in parte - l’infrastruttura strategica determinata all’esito di un complesso iter procedurale frutto di intese intervenute tra i soggetti suindicati; di conseguenza, dovrebbe ritenersi che tale decisione non possa essere assunta unilateralmente dal soggetto attuatore dell’infrastruttura stessa (soggetto per di più non compreso – di norma – tra quelli che partecipano al procedimento d’individuazione dell’opere strategica), ovvero dal soggetto (pubblico) che ha a suo tempo proposto l’inserimento dell’opera nel programma delle infrastrutture strategiche. La rinuncia dovrebbe infatti vedere necessariamente coinvolti tutti i soggetti che avevano dato corso alla procedura di inserimento dell’opera nel programma straordinario, tra i quali rientra anche il ministero delle infrastrutture; tanto più qualora gli accordi tra gli enti interessati siano riconducibili alle previsioni dell’art. 15 della legge n. 241 del 1990, assorbito nel contesto della complessa procedura disciplinata dall’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001.

Analoghe considerazioni potrebbero formularsi per l’eventuale destinazione del 25% delle disponibilità residue ad altre infrastrutture strategiche; anche in questo caso si avrebbe un finanziamento all’infuori delle specifiche competenze previste per dette opere.

Potrebbe quindi ipotizzarsi che l’art. 9-bis, commi 6 e 7, laddove prefigura un’autonoma determinazione del soggetto beneficiario (o dell’ente pubblico di riferimento) in ordine alla rinuncia al mutuo della Cassa depositi e prestiti (ovvero alla sua parziale diversa utilizzazione) e quindi alla rinuncia all’esecuzione dell’infrastruttura strategica, non possa applicarsi tout court alle opere ricomprese nel programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001, la cui realizzazione è stata disposta nello specifico contesto della legge n. 443 del 2001. Potrebbe quindi ritenersi che la rinuncia al mutuo potrebbe essere effettuata solo dopo che l’opera venisse espunta – con la medesima procedura applicata per il suo inserimento – dal programma delle infrastrutture strategiche e solo qualora, all’esito di tale eliminazione, le risorse destinate dal CIPE alla realizzazione dell’opera non venissero revocate e destinate ad altra infrastruttura strategica.

3.2- In secondo luogo,la previsione dell’art. 9-bis consente la rinuncia non solo da parte del soggetto beneficiario – diretto responsabile dell’azione e degli effetti conseguenti, ma anche da parte dell’“ente pubblico di riferimento”, vale a dire di un soggetto formalmente e sostanzialmente terzo rispetto al rapporto di finanziamento,.

La terzietà dell’ente pubblico rispetto al beneficiario del mutuo è resa evidente dalla stessa qualificazione utilizzata dalla norma che non identifica un soggetto (pubblico) titolare di un rapporto di controllo esclusivo sul beneficiario del mutuo, bensì un soggetto pubblico cui il beneficiario stesso “fa riferimento”, anche attraverso forme di controllo di fatto e non necessariamente di diritto.

In tal modo all’ente pubblico è così riconosciuta la possibilità di assumere una deliberazione idonea a produrre effetti onerosi diretti su di un soggetto terzo, senza disporre alcuna regolamentazione dei conseguenti rapporti tra ente pubblico di riferimento e terzo beneficiario del mutuo.

3.3- Infine, va considerato che la rinuncia totale o parziale al mutuo è – ovviamente – frutto di una nuova valutazione del pubblico interesse. Ma in tal caso attribuire tale valutazione anche al beneficiario-soggetto attuatore, che come tale ha funzioni esecutive di realizzazione concreta di interessi pubblici determinati in altra sede, appare improprio. Oltre tutto, la necessaria coerenza degli effetti derivanti dall’applicazione della norma in esame con le previsioni dell’art. 97 Cost. indurrebbe a ritenere che alle determinazioni assunte dall’ente pubblico di riferimento dovrebbero far seguito analoghe coerenti determinazioni del soggetto beneficiario del mutuo (con espressa rinuncia anche da parte di quest’ultimo al rapporto di finanziamento e contestuale diretta assunzione di responsabilità in ordine agli effetti onerosi conseguenti), ovvero che, in assenza di tale ulteriore autonoma determinazione, l’ente pubblico di riferimento dovrebbe contestualmente manlevare il soggetto affidatario degli effetti conseguenti alle determinazioni da esso assunte.

4. In ogni caso, la rinuncia suindicata potrebbe produrre una serie di effetti negativi.

4.1- .Tali effetti potrebbero verificarsi innanzi tutto nei confronti della Cassa depositi e prestiti (società di capitali a prevalente partecipazione statale ma non totalmente pubblica) qualora la rinuncia dovesse intervenire in un momento in cui l’ente mutuante abbia già subìto, in tutto o in parte, il costo della provvista finanziaria occorrente per poter erogare il mutuo assentito (la rinuncia può infatti intervenire anche ad erogazione avviata ma non completata; ed in ogni caso la provvista finanziaria, di norma, viene acquisita dall’istituto finanziario al momento della sottoscrizione del contratto di mutuo).

La norma in esame non prevede però che tale onere ricada sull’ente mutuante; né sembra che tale onere possa essere accollato alla Cassa depositi e prestiti, perché trattandosi di istituto finanziatore operante in concorrenza con altri istituti similari ciò configurerebbe un onere supplementare ex lege che inciderebbe esclusivamente un unico operatore del mercato per la propria attività finanziaria, in contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost. L’onere pertanto dovrebbe ritenersi a carico del soggetto rinunciante, non essendo riconducibile ai costi di ammortamento a carico dello Stato.

Ancora più incerti sarebbero gli effetti sul rapporto di finanziamento in essere con la Cassa depositi e prestiti.

L’intera somma oggetto del rapporto iniziale di finanziamento resterebbe infatti ancora impegnata, anche per la parte non erogata, essendo destinata:

a) per il 50% delle somme non rinunciate e non erogate, ad altre opere pubbliche o investimenti infrastrutturali di competenza del soggetto beneficiario o dell’ente pubblico di riferimento;

b) per il 25% del residuo (al netto di quanto previsto alla precedente lett. a), ad interventi della Legge obiettivo, suscettibili di produrre positive ricadute sul territorio;

c) per la restante parte (al netto di quanto previsto dalle precedenti lettere a e b), ad uno speciale fondo istituito presso il ministero dell’economia e delle finanze destinato al sostegno di interventi infrastrutturali degli enti locali rispettosi del patto di stabilità interno nell’ultimo triennio.

Conseguentemente è da ritenere che l’impegno finanziario della Cassa depositi e prestiti resterebbe per intero confermato (ove non intervenga una rinuncia parziale della parte di mutuo ancora non erogata) e con esso l’ammortamento del mutuo a carico dello Stato, indipendentemente dall’impiego in concreto effettuato delle somme oggetto del contratto di mutuo.

Le modalità con cui tale situazione troverà regolamentazione sono rimesse al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze di cui al comma 8 del decreto-legge n. 78 del 2009. Ma sul punto non può non rilevarsi il carattere eccezionale della norma in esame, laddove mantiene ferma “l’imputazione degli oneri di ammortamento dei mutui agli originari capitoli di spesa” (comma 7, lett.a) anche per il caso di impiego di risorse per la realizzazione di interventi non più riconducibili alle previsioni normative che consentivano l’onere di ammortamento del mutuo a carico dello Stato (e la conseguente imputazione della spesa allo specifico capitolo di bilancio).

4.2- La rinuncia al finanziamento, se operata dall’ente pubblico di riferimento, potrebbe altresì comportare il venir meno, in capo al soggetto beneficiario, delle risorse finanziarie occorrenti per realizzare ovvero completare l’investimento per il quale il mutuo era stato richiesto e ottenuto.

In assenza di tali risorse il soggetto beneficiario – sempreché non utilizzi risorse proprie – si vedrebbe quindi necessariamente costretto a sciogliere i rapporti contrattuali eventualmente già instaurati prima della rinuncia e che avrebbe dovuto onorare anche con le disponibilità del mutuo rinunciato.

Posto che la norma da un lato sembra prevedere non un diritto ma una semplice potestà di rinuncia (“…possono essere oggetto di rinuncia, anche parziale…”) e per altro verso nulla dispone circa gli effetti di tale rinuncia sui rapporti contrattuali in essere collegati ai mutui rinunciati, dovrebbe dedursene che il regime di tali rapporti continui ad essere regolato dalla disciplina generale.

In tal caso dovrebbe ritenersi applicabile l’art. 134 del decreto legislativo n. 163 del 2006, che riconosce alla stazione appaltante “il diritto di recedere in qualunque tempo dal contratto previo il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell’importo delle opere non eseguite”, calcolato “sulla differenza tra l’importo dei quattro quinti del prezzo a base di gara, depurato dal ribasso d’asta, e l’ammontare netto dei lavori eseguiti”. Si tratterebbe di un ulteriore onere – che andrebbe ad aggiungersi a quello sopra esaminato inerente i rapporti con la Cassa depositi e prestiti – del quale il soggetto beneficiario del mutuo rinunciato dovrebbe farsi carico, quale soggetto appaltante, come conseguenza della rinuncia operata.

Entrambe le onerosità ipotizzate graverebbero dunque sul medesimo soggetto, da un lato quale contraente del contratto di mutuo con la Cassa depositi e prestiti e, dall’altro, quale soggetto appaltante dell’opera finanziata con il mutuo medesimo.

5. Considerazioni parzialmente analoghe valgono per il caso disciplinato dal comma 7 dell’art. 9-bis più volte citato, e cioè per il caso in cui il soggetto beneficiario del mutuo (ovvero l’ente pubblico di riferimento) non rinunci alla quota parte del finanziamento assentito dalla Cassa depositi e prestiti non ancora erogata ma la utilizzi (per una quota non superiore al 50%) per scopi diversi rispetto a quelli originariamente previsti (previo decreto del ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il ministro competente).

Anche in questo caso, infatti, la diversa (parziale) utilizzazione delle risorse finanziarie originariamente destinate ad un individuato intervento pubblico determinerebbe l’impossibilità di realizzare o completare l’intervento pubblico originario, con effetti sui rapporti contrattuali a tal fine già instaurati.

Nei confronti di questi ultimi, pertanto, il soggetto beneficiario – quale stazione appaltante – potrebbe trovarsi necessitato a disporre ai sensi del citato art. 134 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modifiche, recedendo unilateralmente dai contratti e sopportandone le connesse onerosità.

6. In conclusione:

a) i commi 6 e 7 dell’art. 9-bis del decreto-legge n.78 del 2009 hanno un ambito applicativo limitato alle quote dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti non ancora erogate;

b) tale quota dei mutui può essere in tutto o in parte rinunciata dal soggetto beneficiario ovvero dall’ente pubblico di riferimento dello stesso soggetto beneficiario;

c) per la parte non rinunciata tale quota dei mutui non ancora erogata può essere destinata, su richiesta del soggetto beneficiario ovvero dell’ente pubblico di riferimento, in misura non superiore al 50%, ad altri interventi di propria competenza; in tal caso il residuo dovrebbe essere destinato ad ulteriori utilizzazioni ben individuate (si vedano le lettere b) e c) del comma 7) ma estranee all’ambito di competenza del beneficiario o dell’ente pubblico di riferimento;

d) sia per il caso di rinuncia che per il caso di diversa destinazione parziale del mutuo, dovrebbero gravare sul soggetto beneficiario gli effetti economici conseguenti al venir meno delle risorse destinate ad onorare i rapporti contrattuali in essere collegati all’impiego delle risorse medesime. Ciò sembrerebbe imporre un particolare onere di motivazione dell’atto di rinuncia, posto che essa determinerebbe:

(i) una specifica onerosità per il soggetto beneficiario, altrimenti non dovuta e altrimenti non giustificabile in termini di responsabilità contrattuale;

(ii) una lesione della situazione giuridica dei titolari dei rapporti contrattuali in essere – come nel caso evidenziato dal Ministero istante – che si vedrebbero privati unilateralmente della possibilità di dare corso ai contratti sottoscritti.

Tanto premesso, è evidente – anche per le considerazioni esposte ai precedenti punti 2-6 – l’impossibilità di dare una risposta in via generale al quesito posto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non essendo ipotizzabile una esenzione della stessa Amministrazione - in astratto - da ogni tipo di responsabilità nell’ambito di azioni che dovessero essere promosse dagli aggiudicatari nei confronti dei soggetti attuatori beneficiari dei mutui in questione. Spetterà al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze previsto dal comma 8 dell’articolo 9-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 – nell’ambito delle modalità attuative con cui, a seguito delle richieste operate dai soggetti beneficiari ovvero degli enti pubblici di riferimento, si determineranno gli effetti conseguenti sui mutui assunti dalla Cassa depositi e prestiti e non ancora erogati – fissare criteri e fornire indicazioni precise in proposito, eventualmente con riferimento ad una casistica esemplificativa.

7. Per quanto riguarda, nello specifico, la vicenda relativa alla progettazione esecutiva e realizzazione della linea metrotramvia A e C della città di Parma, non rientra – come è noto – nelle attribuzioni consultive del Consiglio di Stato esprimere il proprio parere su questioni particolari, qualora queste – come è ipotizzato nella specie – possano dar luogo a contenzioso.

Peraltro, rientrando l’opera in questione – per affermazione della stessa Amministrazione richiedente – tra le opere strategiche di preminente interesse nazionale, è possibile enucleare dalla normativa di riferimento alcuni principi che possono servire, in linea di massima, da orientamento.

È in primo luogo da ribadire che solo i mutui con oneri di ammortamento a carico dello Stato possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 9-bis del decreto-legge n. 78 del 2009. Non sono quindi rinunciabili eventuali ulteriori mutui concessi sempre dalla Cassa depositi e prestiti ma garantiti, nella restituzione, da soggetti pubblici con proprie risorse autonome.

In tale contesto potrebbe configurarsi una eventuale responsabilità dell’Amministrazione istante qualora, in quanto firmataria di un accordo stipulato ai sensi dell’articolo 15 della legge n. 241 del 1990, la medesima avesse assunto specifici obblighi di vigilanza sulla realizzazione dell’opera».

3. In sintesi, fermo restando che questo Consiglio non può pronunciarsi su casi specifici che possano dare luogo – o che hanno dato luogo – a contenzioso giurisdizionale (amministrativo o civile), va conclusivamente affermato che la peculiare formulazione delle norme, le differenti varianti applicative, il possibile ricorso a diversi schemi contrattuali con conseguente differenziazione dei rapporti tra i soggetti interessati (Amministrazioni di riferimento, Cassa depositi e prestiti e soggetti attuatori) nonché la genericità della richiesta formulata con il quesito (ancora nella nota del 18 novembre 2016 non v’è menzione del decreto previsto dall’articolo 9 bis, comma 8, d.l. citato) non consentono, a giudizio della sezione, né di escludere né di affermare con sicurezza l’esistenza di possibili profili di responsabilità del ministero richiedente.

 

P.Q.M.

nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.

 

                       

L'ESTENSORE         IL PRESIDENTE

Vincenzo Neri            Raffaele Carboni

                                               

IL SEGRETARIO

Luisa Calderone

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