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Tribunale Ordinario di Treviso, 2/3/2017 n. 494
Allorché il rapporto di concessione sia risolto per inadempimento del soggetto concedente il concessionario avrà diritto al rimborso, laddove invece il fatto sia imputabile al concessionario, nulla gli è dovuto.

Qualora il rapporto di concessione sia risolto per inadempimento del soggetto concedente ovvero quest'ultimo revochi la concessione per motivi di pubblico interesse, sono rimborsati al concessionario: a) il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario; b) le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione; c) un indennizzo, a titolo di risarcimento del mancato guadagno, pari al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire ovvero della parte del servizio ancora da gestire valutata sulla base del piano economico-finanziario." Il diritto a vedersi riconosciuto il valore delle opere eseguite presuppone quindi l'imputabilità all'amministrazione aggiudicatrice della risoluzione, imputabilità il cui scrutinio, nel caso di specie, è tuttavia precluso in ragione dell'omessa impugnazione sia della delibera, sia della mancata sollecitazione, in pendenza del rapporto, di qualsiasi forma di revisione del piano economico finanziario volta al ripristino delle condizioni di equilibrio e della corretta allocazione del rischio di gestione (che, nello schema della concessione di lavori pubblici, deve permanere fisiologicamente a carico del concessionario) alterate da sopravvenienze o da fatti non riconducibili al concessionario medesimo. In altri termini, l'inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi concernenti l'approvazione del piano economico, della progettazione, della convezione stipulata con l'ATI concessionaria, nonché la mancata sollecitazione dell'esercizio dei poteri discrezionali di autotutela e l'inerzia serbata dalla concessionaria a fronte delle discrepanze tra progettazione preliminare e le effettive condizioni del cantiere non consentono, a rapporto ormai risolto, di svolgere alcuna valutazione comparativa degli addebiti reciprocamente ascritti, valutazione comparativa che, peraltro, non si sarebbe potuta risolvere se non nel senso della maggior gravità del notevole ritardo accumulato rispetto al termine prefissato e dell'esecuzione solo parziale delle opere affidate rispetto alla supposta imputabilità al Comune dei fattori che avrebbero alterato l'equilibrio economico della concessione, e della loro incidenza causale nel rendere insostenibile l'onere finanziario assunto dalla ATI concessionaria. Pertanto, nel caso di scecie, il decreto ingiuntivo deve essere revocato, perché la norma applicabile esclude l'insorgenza di qualsiasi credito, anche di natura indennitaria, in capo al concessionario inadempiente. Va invece rigettata la domanda riconvenzionale risarcitoria svolta dall'amministrazione opponente, non avendo il comune specificamente provato le puntuali conseguenze patrimoniali dannose derivanti dalla mancata ultimazione dell'opera nel termine contrattualmente previsto né dalla sua indisponibilità.

Materia: concessioni / disciplina

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

Il Tribunale Ordinario di Treviso

SEZIONE TERZA

in composizione monocratica, in persona del dott. Andrea Valerio Cambi, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio iscritto al R.G. n. 11670/2015 promosso da

COMUNE DI GODEGA DI SANT’URBANO rappresentato e difeso dagli avv.ti GAZ ENRICO GAZ ALBERTO (GZALRT75R24D530K) elettivamente domiciliato in Treviso, Via Daniele Monterumici n. 8, presso lo studio dell’avv. Marco Carlesso come da delega congiunta all’atto di citazione;

- parte opponente

contro:

IMPRESA CAMERIN RESTAURI S.R.L. rappresentata, difesa e domiciliata presso l’Avv. Cesare Tapparo, con Studio in Udine, Via Mercatovecchio, 28, C.F. TPPCSR64R25L483K giusta delega allegata alla comparsa di nuovo difensore del 13.10.2016;

- parte opposta

Conclusioni delle parti

Per l’opponente

in rito:

- dato atto dell’irritualità dell’ingiunzione per difetto di giurisdizione del Tribunale di Treviso a favore del T.A.R. per il Veneto, o - in subordine - per difetto di legittimazione, totale o parziale, della Impresa Camerin Restauri s.r.l., ovvero – in via ulteriormente subordinata – per il frazionamento contra bonam fidem del preteso credito da parte della medesima Impresa, dichiarare la nullità e revocare il decreto ingiuntivo opposto;

nel merito,

- attesa l’insussistenza e, in ogni caso, l’erroneità della quantificazione del preteso credito indicato dalla Impresa Camerin Restauri s.r.l., dichiarare la nullità e/o revocare il decreto ingiuntivo opposto;

nel merito in via ulteriore, anche riconvenzionale:

- accertato che la condotta esecutiva della concessionaria è risultata causativa di ritardo nel completamento e nell’avvio funzionale dell’opera e, comunque, di maggiori costi e di spese ulteriori per il riappalto della stessa e per la sistemazione delle relative viziosità, come pure di ulteriore danni per l’anticipazione dei pagamenti rispetto alle previsioni di concessione nonché di “danno sociale”, condannare la Impresa Camerin Restauri s.r.l. all’integrale risarcimento nei riguardi del Comune di Godega di Sant’Urbano di tutti i danni subiti e subendi nella misura – secondo diritto ed equità – risultante dalle allegazioni, anche documentali, sueposte e, comunque, nella misura che risulterà in corso di causa, oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria dalla presente domanda al saldo;

ovvero, nella denegata ipotesi di accertamento di eventuali crediti a favore dell’Impresa Camerin Restauri s.r.l., scomputare i danni subiti e subendi dal Comune di Godega di Sant’Urbano nella misura – secondo diritto ed equità - risultante dalle allegazioni, anche documentali, sueposte e, comunque, nella misura che risulterà in corso di causa, con interessi legali e rivalutazione monetaria dalla presente domanda al saldo, condannando l’Impresa a corrispondere all’Ente locale l’eventuale differenza e, comunque, disponendo il pagamento di eventuali debenze a carico del Comune secondo la misura e l’articolazione temporale stabilita in sede di concessione.

Con rifusione di spese e compensi di lite, oltre spese generali, IVA e c.p.a.

Per l’opposta:

IN VIA PRELIMINARE:

- concedersi ai sensi dell’art. 642 c.p.c. la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo n 8124/2015 R.G. emesso dal Tribunale di Treviso in data 08.10.2015 non essendo la spiegata opposizione fondata su prova scritta o di pronta soluzione ed essendo inoltre rilevante il periculum in mora in caso di mancata concessione della provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto per tutti i motivi già espressi nella narrativa della presente comparsa di costituzione e risposta

NEL MERITO:

- confermarsi integralmente il decreto ingiuntivo n. 4356/2015 R.G. 8124/2015, emesso dal Tribunale di Treviso in data 08.10.2015 e, per l’effetto, condannare il Comune di ”Godega Sant’Urbano” (TV), codice fiscale n. 82001250263, P. IVA.: 01843490267, con sede in Godega di Sant’Urbano (TV), Via Roma n. 75,

in persona del sig. Sindaco pro tempore, dottor Alessandro Bonet,, a pagare in favore dell’Impresa Camerin Restauri S.r.l. Unipersonale, con sede in Padova – frazione Camin in via San Salvatore 34/a, codice Fiscale e Partita IVA n. 04758080289, iscritta al Registro delle Imprese di Padova al n. REA PD-415983, in persona dell’arch. Dario Brigo, C.F. BRGDRA65R31L414A, nato a Tribano, Padova, il 31.10.1965, residente a Pernumia, Padova, in via Maseralino 42 A, rappresentante-mandatario speciale giusto mandato con rappresentanza per dott. Lorenzo Ferretto di Treviso, coadiutore temporaneo del dott. Giuseppe Ferretto Notaio in Conegliano iscritto nel ruolo del Distretto Notarile di Treviso rep. n. 121.888 del 20.01.2014, la somma di € 350.129,99 oltre interessi moratori, maturati e maturandi dalla data del 17 maggio 2015, di cui all’atto di diffida e messa in mora, al saldo.

- Rigettarsi le domande avversarie di condanna formulate da parte opponente al decreto ingiuntivo in quanto totalmente infondate in fatto ed in diritto per tutti i motivi già illustrati nella parte in narrativa della presente comparsa.

IN OGNI CASO:

- Con condanna di parte attrice opponente alla rifusione di tutte le spese di lite, oltre ad IVA e CPA, rimborso del contributo unificato e accessori come per legge, oltre alle spese e competenze del procedimento monitorio;

 

Svolgimento del processo

Il presente giudizio trae origine dal ricorso per ingiunzione promosso dalla Impresa Camerin Restauri Srl nei confronti del Comune di Godega di Sant’Urbano per il pagamento della somma di € 350.129,99, che l’odierna opposta assumeva dovutole, quale porzione del maggior credito di € 1.064.918,56, pari alla differenza tra quanto già corrisposto dall’amministrazione comunale (€ 333.333,00) e l’importo di € 1.398.251,56 corrispondente al costo delle opere edilizie concretamente eseguite dalla Impresa Camerin srl, ora Camerin Restauri srl, nell’esecuzione dei lavori per la costruzione nell’interesse del Comune di Godega di Sant’Urbano della locale caserma dei Carabinieri, come accertato in sede di accertamento tecnico preventivo.

Avverso l’ingiunzione, ha spiegato tempestiva opposizione l’amministrazione comunale, la quale, dopo aver dato conto dell’iter amministrativo avviato con il bando del 9 agosto 2010 per l’affidamento della progettazione definitiva-esecutiva, della costruzione e della gestione tecnica economica della futura caserma secondo le regole della “concessione di lavori pubblici” ai sensi degli artt. 143 e ss. del D.Lgs. 163/2006 e richiamato le condizioni economiche regolanti la convenzione che accedeva a detta concessione (segnatamente, la previsione della stipula di un contratto con il Ministero dell’Interno di un comodato gratuito a favore del Comune per sei anni e quindi un canone di locazione fisso di 69.000 euro annui per dodici anni, nonché una contribuzione di 5.000 euro annui per le spese di manutenzione) evidenziava come la ATI affidataria, costituita dalla Impresa Camerin s.r.l. e dalla Camerin Fratelli s.r.l. non sarebbe riuscita a completare l’opera nonostante le fossero stati concessi ben nove mesi di proroga rispetto al termine originario.

L’ente locale si sarebbe quindi determinato alla risoluzione del rapporto giusta deliberazione giuntale n. 156 del 19 settembre 2013, curando di seguito gli adempimenti previsti dalla disciplina in vigore e redigendo uno stato di consistenza dal quale emergevano lavorazioni mancanti per € 497.750,60 rispetto all’importo complessivo di € 1.179.003,27 di lavori da realizzare secondo il quadro economico del progetto esecutivo approvato: la consistenza dei lavori eseguiti dall’ATI veniva valutata, pertanto, in € 681.252,67.

In via pregiudiziale, il Comune opponente eccepiva in particolare il difetto di giurisdizione dell’autorità giurisdizionale ordinaria, ritenendo la controversia riconducibile ad una ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettere b) e c), del D.Lgs. 104/2010;

eccepiva, inoltre, il difetto di legittimazione attiva dell’Impresa Camerin Restauri Srl, in quanto persona giuridica distinta dalla società Impresa Camerin s.r.l. (con sede in Vittorio Veneto, identificata dal codice fiscale n. 02068220264) e dalla società Fratelli Camerin s.r.l. (con sede in Godega di Sant’Urbano, c.f. 02150630263), nonché la violazione del canone della buona fede e della correttezza, sotto il profilo del divieto di frazionamento del credito in plurime richieste giudiziali di adempimento.

Nel merito, l’opponente evidenzia l’insussistenza dei presupposti della liquidità ed esigibilità del credito, presupposti che la pretesa dell’opposta non avrebbe potuto ottenere mediante il ricorso al cennato procedimento di istruzione preventiva, di cui, peraltro, si contesta il radice l’approccio metodologico, posto che il consulente tecnico avrebbe operato una indebita equiparazione tra il credito dell’impresa concessionaria e il valore delle opere materialmente eseguite, non tenendo conto dei peculiari caratteri dell’istituto della concessione di lavori pubblici che la distinguono nettamente dall’appalto, ancorché stipulato all’esito di una procedura di evidenza pubblica.

Il Comune conclude quindi insistendo per la revoca dell’ingiunzione e, in via riconvenzionale, per il risarcimento del danno da ritardo per l’esecuzione, parziale, dell’opera oggetto della concessione affidata alla ATI sopra citata.

La società opposta si è ritualmente costituita in giudizio, resistendo all’eccezione relativa al difetto di giurisdizione; documentando, quanto all’eccezione circa il difetto di legittimazione attiva, la scissione parziale della Camerin Srl e la contestuale costituzione, in data 16.09.2013, con atto a firma del Notaio Giuseppe Ferretto di Conegliano, rep. n. 121.134, Racc. n. 42.559, della società beneficiara unipersonale “Impresa Camerin Restauri s.r.l.”.

Quanto alla contestazione circa l’abusivo frazionamento del credito, la società opposta rappresenta di essersi attivata solo per una parte del proprio credito di 1.064.918,56 euro per far fronte alle pretese dei creditori e dei fornitori che non hanno aderito l'accordo di ristrutturazione del debito di cui l'Impresa Camerin Restauri ha chiesto l'omologazione avanti al Tribunale di Padova, al fine di scongiurare il rischio di fallimento della società, in ragione delle istanze in tal senso già avanzate dai fornitori di mano d’opera, di prestazioni, fornitura di materiali edili che hanno partecipato nella realizzazione dell’opera edilizia.

Nel merito, l’opposta, in buona sostanza, imputa le ragioni del ritardo nell’esecuzione dell’opera a carenze della progettazione preliminare, allegando che l’intervento edilizio realizzato non risulta essere quello di cui al progetto preliminare messo a base gara di appalto in quanto lo stesso, come accertato, non era realizzabile dal punto di vista sia planimetrico che per l’inadeguatezza dei costi, essendo un progetto datato ancora all’anno 2003 e che il costo dell’opera preventivato fosse abbondantemente sottostimato, sicché, posto che il progetto definitivo ed esecutivo risultavano totalmente diversi dal progetto preliminare, la pubblica amministrazione avrebbe dovuto necessariamente procedere all’approvazione di un nuovo quadro economico della diversa opera da realizzare.

Inoltre non avendo il Comune provveduto alla preventiva sottoscrizione della locazione con il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, l’odierna opposta si sarebbe vista negare il finanziamento accordato dalla Banca Monte dei Paschi di Siena, agenzia di Solesino (PD), atteso che il medesimo era condizionato alla preventiva trasmissione all’istituto mutuante del contratto di comodato e di locazione ai Carabinieri, dovendo quindi provvedere a sostenere gli oneri finanziari dell’esecuzione dell’opera con le proprie disponibilità economiche.

Motivi della decisione

Prendendo le mosse dalla questioni pregiudiziali, va rilevata l’infondatezza dell’eccezione relativa al difetto di giurisdizione del giudice adito.

A norma dell’art. 133 lett. b) del c.p.a. , sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche;”

Con il ricorso per ingiunzione che ha dato la stura al presente giudizio, la società concessionaria non ha inteso contestare l’illegittimità o il cattivo uso del potere autoritativo da parte della P.A., ma si è limitata a dedurre in giudizio un proprio, supposto, diritto di credito, sì nascente dal rapporto concessorio, ma senz’altro rientrante nel novero delle controversie escluse dalla giurisdizione esclusiva e, segnatamente, di quelle inerenti gli “altri corrispettivi”.

Alla luce della causa petendi in concreto fatta valere in giudizio, la situazione giuridica prospettata ha indubbiamente carattere di diritto soggettivo, in quanto essa trae la sua fonte dal rapporto paritetico instaurato tra le parti e non da atti, provvedimenti o comportamenti della P.A. implicanti la spendita di poteri pubblicistici.

Quanto alle ulteriori eccezioni preliminari sollevate dall’opponente, si osserva come la questione del difetto della legittimazione attiva risulti di fatto superata alla luce delle produzioni documentali dell’opposta; l’eccezione di improponibilità dell’azione di adempimento per una frazione di un asserito maggior credito non appare fondata, atteso che l’iniziativa giudiziaria intrapresa dalla società odierna opposta non appare censurabile sotto il profilo dell’abuso del diritto o dell’ingiustificato aggravio della posizione debitoria, bensì risulta pienamente giustificata, anche in una condivisibile logica del “minimo mezzo”, dall’intento, oggettivamente comprensibile e non immeritevole, di arginare le pretese creditorie maggiormente indilazionabili, quali quelle di fornitori e dipendenti, onde scongiurare il fallimento dell’impresa.

Nel merito, tuttavia, la pretesa della società opposta è infondata.

Come già anticipato nell’ordinanza con cui è stata rigetta l’istanza di concessione della provvisoria esecutorietà del decreto, la fattispecie in esame è regolata non dall’art. 138 del D.Lgs. 12.4.2006 n. 163, ma dell’art. 158 c.p.c. del predetto decreto, ora abrogato dall’art. 217 del D.Lgs. n. 50/2016 (che, sostanzialmente ne recepisce la disciplina nel corpo dell’art. 176) applicabile ratione temporis al presente rapporto, in virtù del quale: “Qualora il rapporto di concessione sia risolto per inadempimento del soggetto concedente ovvero quest'ultimo revochi la concessione per motivi di pubblico interesse, sono rimborsati al concessionario:

a) il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario;

b) le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione;

c) un indennizzo, a titolo di risarcimento del mancato guadagno, pari al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire ovvero della parte del servizio ancora da gestire valutata sulla base del piano economico-finanziario.”

Il diritto a vedersi riconosciuto il valore delle opere eseguite presuppone quindi l’imputabilità all’amministrazione aggiudicatrice della risoluzione, imputabilità il cui scrutinio in questa sede è tuttavia precluso in ragione dell’omessa impugnazione sia della delibera n. 156 del 19 settembre 2013, sia della mancata sollecitazione, in pendenza del rapporto, di qualsiasi forma di revisione del piano economico finanziario volta al ripristino delle condizioni di equilibrio e della corretta allocazione del rischio di gestione (che, nello schema della concessione di lavori pubblici, deve permanere fisiologicamente a carico del concessionario) alterate da sopravvenienze o da fatti non riconducibili al concessionario medesimo.

In altri termini, l’inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi concernenti l’approvazione del piano economico, della progettazione, della convezione stipulata con l’ATI concessionaria, nonché la mancata sollecitazione dell’esercizio dei poteri discrezionali di autotutela e l’inerzia serbata dalla concessionaria a fronte delle discrepanze tra progettazione preliminare e le effettive condizioni del cantiere (che pure la concessionaria avrebbe fondatamente potuto far valere, avanti al g.a., sulla scorta degli inequivocabili rilievi svolti dal RUP nella nota prot. 10458 del 22.9.2011) non consentono, a rapporto ormai risolto, di svolgere alcuna valutazione comparativa degli addebiti reciprocamente ascritti, valutazione comparativa che, peraltro, non si sarebbe potuta risolvere se non nel senso della maggior gravità del notevole ritardo accumulato rispetto al termine prefissato e dell’esecuzione solo parziale delle opere affidate rispetto alla supposta imputabilità al Comune dei fattori che avrebbero alterato l’equilibrio economico della concessione, e della loro incidenza causale nel rendere insostenibile l’onere finanziario assunto dalla ATI concessionaria.

Il decreto deve dunque essere revocato, perché la norma applicabile esclude l’insorgenza di qualsiasi credito, anche di natura indennitaria, in capo al concessionario inadempiente.

Va invece rigettata la domanda riconvenzionale risarcitoria svolta dall’amministrazione opponente, non avendo il comune specificamente provato le puntuali conseguenze patrimoniali dannose derivanti dalla mancata ultimazione dell’opera nel termine contrattualmente previsto né dalla sua indisponibilità.

Il consuntivo delle spese inerenti l’affidamento in appalto delle opere di ultimazione (doc. 12 fasc. opponente), ancorché proveniente dai competenti uffici comunali è e resta un mero documento di parte, come tale privo di valenza probatoria e, soprattutto, non corredato da alcuna quietanza o altro documento equipollente comprovante le spese ivi elencate.

Risultano al pari indimostrate le doglianze circa i maggiori oneri relativi all’impegno  dell’organico comunale per gli adempimenti di riappalto e per la sistemazione dei presunti vizi dell’impianto fotovoltaico, dell’impermeabilizzazione e delle scossaline del fabbricato, né si apprezzano i presupposti per l’applicazione analogica della penale per ritardo prevista dall’art. 145, co. 3 DPR 207/2010.

Infine, è di tutta evidenza come il Comune di Godega di Sant’Urbano abbia agito in questa sede iure privatorum per far valere l’insussistenza del credito vantato nei suoi confronti della odierna opposta e non quale ente esponenziale per il ristoro dell’interesse diffuso della collettività a disporre di un servizio pubblico essenziale quale il presidio locale dell’Arma dei Carabinieri. Anche la suddetta domanda risarcitoria, peraltro di ardua quantificazione anche ricorrendo all’apprezzamento equitativo, non potrà quindi essere accolta.

La soccombenza reciproca giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

p.q.m.

il Tribunale di Treviso, in composizione monocratica, in persona del dott. Andrea Valerio Cambi, disattesa ogni altra domanda, eccezione o istanza, definitivamente pronunciando, così provvede:

accoglie per quanto di ragione l’opposizione e, per l’effetto, revoca il D.I. n. 4356/2015 emesso dal Tribunale di Treviso in data 9.10.2015;

rigetta la domanda riconvenzionale di parte opponente;

compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Treviso, 02/03/2017 .

Il giudice

 

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