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Corte dei conti - Sezione delle Autonomie, 15/5/2017 n. 12
Sull'applicabilità al personale in posizione di comando dei limiti di spesa di cui all'art. 9, c.28, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. con modif. dalla l. 30 luglio 2010, n. 122.

La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, pronunciandosi sulla questione di massima rimessa con deliberazione n. 181/2016/PAR dalla Sez. reg. di controllo per l'Abruzzo, posto che il comando costituisce operazione di finanza neutrale che non incide sulla spesa degli enti coinvolti, purché quella sostenuta dall'ente cedente sia figurativamente considerata come spesa di personale, ha enunciato il seguente principio di diritto: "La spesa relativa al personale utilizzato in posizione di comando esula dall'ambito applicativo dell'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, ferma restando l'imputazione figurativa della spesa per l'ente cedente)".

Materia: finanza pubblica / spesa pubblica

 

 

 

Corte dei Conti

Sezione delle autonomie

 

N.     12/SEZAUT/2017/QMIG

 

Adunanza del 4 maggio 2017

Presieduta dal Presidente di Sezione

Adolfo Teobaldo DE GIROLAMO

Composta dai magistrati:

Presidenti di sezione                      Diodoro VALENTE, Francesco PETRONIO, Josef Hermann RÖSSLER, Cristina ZUCCHERETTI, Antonio FRITTELLA, Fulvio Maria LONGAVITA, Maria Teresa POLITO

Consiglieri                                       Carmela IAMELE, Marta TONOLO, Alfredo GRASSELLI, Francesco UCCELLO, Stefania PETRUCCI, Francesco ALBO, Dario PROVVIDERA, Mario ALÌ, Paolo ROMANO, Mario GUARANY, Simonetta BIONDO

Primi Referendari                          Rossella BOCCI, Francesco BELSANTI, Giampiero PIZZICONI, Tiziano TESSARO

Referendari                                     Giovanni GUIDA, Marco RANDOLFI

 

Visto l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;

Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e le successive modificazioni ed integrazioni;

Visto l’art. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Visto l’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con la deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000 e le successive modifiche ed integrazioni;

Visto l’art. 6, comma 4, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, in legge 7 dicembre 2012, n. 213 e le successive modifiche ed integrazioni;

Vista la deliberazione n. 181/2016/PAR con la quale la Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, in riferimento alla richiesta di parere presentata dal Presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo, ha rimesso al Presidente della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del d.l. n. 174/2012, una questione di massima in merito a problematiche interpretative relative all’applicabilità al personale in posizione di comando dei limiti di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;

Vista l’ordinanza del Presidente della Corte dei conti n. 8 del 22 marzo 2017 con la quale, valutata l’insussistenza dei presupposti per il deferimento alle Sezioni riunite, l’anzidetta questione è stata rimessa alla Sezione delle autonomie;

Vista la nota del Presidente della Corte dei conti n. 244 del 27 aprile 2017 di convocazione della Sezione delle autonomie per l’adunanza odierna;

Uditi i relatori, Consiglieri Carmela Iamele e Dario Provvidera;

 

PREMESSO

La questione di massima deferita all’esame di questo Collegio con ordinanza del Presidente della Corte dei conti n. 8 del 22 marzo 2017 (ai sensi dell’art. 6, comma 4, del d.l.e n. 174/2012) a seguito della deliberazione n. 181/2016/PAR della Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, concerne l’applicabilità al personale in posizione di comando dei limiti di spesa di cui all’art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

In particolare, la suddetta Sezione remittente sottopone alla valutazione di questo Collegio un quesito principale ed un altro quesito subordinato all’eventuale soluzione in senso affermativo del primo, così come formulati dal Presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo. Si richiede di conoscere se, “…con riferimento alle prescrizioni contenute nell’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, … la spesa relativa al personale utilizzato in posizione di comando esuli dall’ambito applicativo della richiamata disposizione normativa, trattandosi di operazione neutra che non incide sulla spesa pubblica complessivamente sostenuta dagli Enti coinvolti, ovvero se tale esclusione operi solo a condizione che l’Ente cedente non proceda alla copertura con personale a tempo determinato del posto lasciato disponibile dal dipendente comandato – fermo restando, in entrambi i casi, l’osservanza… delle prescrizioni di cui all’art. 1, c. 557, della legge 296/2006, in ordine alla spesa complessiva di personale” – e, in caso di risposta affermativa, “se gravi sull’Ente utilizzatore l'onere di verificare il rispetto della predetta condizione presso l’Amministrazione cedente”.

In sede di merito, la Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo ha ricostruito il quadro normativo dell’istituto del comando, richiamando anche i precedenti pareri delle Sezioni regionali di controllo di questa Corte resi in tema di assoggettabilità del predetto istituto all’ambito applicativo dell’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010.

Sul punto, la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 557/2013, richiamando la precedente pronuncia della Sezione regionale di controllo per la Campania n. 497/2011, ha affermato che il comando, ai fini del rispetto dei vincoli assunzionali, ha gli stessi effetti funzionali ed economici di un’assunzione a tempo determinato e, pertanto, risulta in tutto e per tutto soggetto al limite relativo ai rapporti a tempo determinato. In senso difforme si è pronunciata la Sezione regionale di controllo per la Toscana (deliberazione n. 6/2012), secondo la quale “le acquisizioni di personale in comando non possono formalmente essere annoverate tra le forme a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa il cui utilizzo è limitato dall’art. 9, comma 28”, nonché le Sezioni regionali di controllo per la Calabria (deliberazioni nn. 41 e 62/2012) e per la Liguria (deliberazione n. 7/2012), che hanno affermato che la spesa per il personale in comando può essere esclusa dall’applicazione dell’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, a condizione che la medesima sia considerata figurativamente in capo all’Ente cedente e ai soli fini dell’applicazione della norma stessa.

La Sezione di controllo remittente ritiene meritevole di accoglimento la tesi secondo cui “in applicazione del principio di neutralità finanziaria, la spesa relativa al personale utilizzato in posizione di comando esula dall’ambito applicativo di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010 a condizione che l’Ente cedente non proceda alla «copertura» del posto lasciato disponibile dal dipendente comandato (con il conseguente onere, in capo all’Ente utilizzatore, di verificare il rispetto della predetta condizione presso l’Amministrazione cedente)”.

Il Collegio abruzzese richiama, a sostegno di tale tesi, la giurisprudenza del Consiglio di Stato (ex multis: Sez. IV, 29 settembre 2003, n. 5542), secondo la quale la posizione di comando del pubblico dipendente non determina la creazione di un nuovo rapporto di impiego, in sostituzione di quello precedente, ma semplicemente una modifica del solo rapporto di servizio, nel senso che le prestazioni di lavoro vengono fornite ad un'Amministrazione diversa da quella di appartenenza. Ad ulteriore conforto del predetto orientamento ermeneutico si aggiunge l’arresto della Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. Lav., 29 agosto 2014, n. 18460) di seguito riportato: “La posizione di comando di un dipendente da ente pubblico economico presso una amministrazione pubblica non comporta, a differenza del distacco, alcuna alterazione del rapporto di lavoro, ma ne implica una rilevante modificazione in senso oggettivo, giacché il dipendente, immutato il rapporto organico con l'ente di appartenenza, viene destinato a prestare servizio, in via ordinaria e abituale, presso un'organizzazione diversa, con modifica del rapporto di servizio”.

 

CONSIDERATO

Questo Collegio ritiene condivisibile la tesi della Sezione remittente relativamente all’esclusione della spesa relativa al personale utilizzato in posizione di comando dall’ambito applicativo dell'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, che impone precisi limiti di spesa per l’utilizzazione temporanea di personale.

Giova anche considerare che, nella deliberazione n. 23/SEZAUT/2016/QMIG, questa Sezione – sulla scorta anche di quanto affermato dalle Sezioni riunite con deliberazione n. 11/CONTR/2012 circa la disciplina complessiva di limitazione alle assunzioni negli enti locali – ha evidenziato che “il campo di applicazione dell’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010 deve intendersi riferito alle ipotesi di conferimento di incarichi, di vario genere, finalizzati all’instaurazione di nuovi rapporti a tempo determinato che producono un incremento della spesa per il personale. La ratio dell’art. 9, comma 28, appare, inoltre, chiaramente rinvenibile nella volontà di limitare la spesa per le assunzioni di personale con tipologie contrattuali a tempo determinato finalizzate ad eludere i vincoli in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato. Né può trascurarsi la volontà di ricondurre il lavoro flessibile nell’alveo naturale dei requisiti di temporaneità o eccezionalità previsti dall’art. 7, comma 6, e dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, evitando che il relativo utilizzo si trasformi in un mezzo per colmare le lacune ordinarie dell’Ente. Devono ritenersi, pertanto, escluse dalle limitazioni di cui all’art. 9 del d.l. n. 78/2010, le modalità di utilizzo del personale che, senza comportare un incremento della spesa complessiva, siano dirette ad ottimizzare l’allocazione delle risorse umane attraverso una distribuzione più efficiente sul territorio, realizzata con la cessione dell’attività lavorativa di dipendenti ovvero con la costituzione di uffici comuni per la gestione in forma associata di funzioni e servizi (art. 30 TUEL). Il miglioramento dell’economicità nella gestione del lavoro pubblico costituisce, infatti, un obiettivo di interesse primario che il legislatore ha costantemente perseguito in questi ultimi anni”.

In tale linea ragionativa appaiono significative le caratteristiche fondamentali dell’istituto del comando – disciplinato originariamente dagli artt. 56 e 57 del d.p.r. n. 3/1957 e poi dalla contrattazione collettiva di settore e dal decreto legislativo n. 267/2000, come da richiamo operato dall’art. 70, comma 3, del decreto legislativo n. 165/2001 – che sono la temporaneità e l’interesse dell’amministrazione ricevente. In mancanza di una specifica definizione normativa, il comando è stato individuato dalla giurisprudenza in tutte quelle ipotesi in cui il dipendente pubblico è destinato a prestare servizio presso una p.a. diversa da quella di appartenenza senza che si abbia la costituzione di un nuovo rapporto di impiego con l’ente destinatario della prestazione, il quale ultimo sarà tenuto soltanto a rimborsare all’amministrazione di appartenenza il trattamento economico fondamentale. Alla posizione di comando del dipendente presso una nuova amministrazione non si accompagna, infatti, la soppressione del posto in organico presso l’amministrazione di provenienza, venendosi piuttosto a configurare una mobilità temporanea presso l’ente di destinazione, grazie ad un meccanismo caratterizzato dalla reversibilità (salvo provvedimento di immissione nei ruoli).

Trattandosi di un incarico a tempo, in cui è previsto il futuro reintegro del dipendente presso l’ente di provenienza al termine del periodo stabilito, il posto lasciato momentaneamente libero nell’organico dell’ente cedente non è da considerarsi disponibile per una nuova assunzione.

Il dipendente comandato, autorizzato dall’ente “a quo” su richiesta motivata dalla necessità dell’ente “ad quem”, non solo non svolge più la sua prestazione presso l’ente cedente, bensì soggiace al potere direttivo e gestionale dell’ente beneficiario, nei limiti in cui il trattamento economico accessorio sia erogato dall’ente che riceve le relative prestazioni, secondo le regole della contrattazione integrativa decentrata.

Il trattamento economico fondamentale del personale comandato, ai sensi dell’art. 70, comma 3 del d.lgs. n. 165/2001, rimane di competenza dell’amministrazione cedente, ancorché successivamente rimborsato. Il permanere del rapporto tra il comandato e l’ente di appartenenza è avvalorato dall’art. 19 del CCNL di categoria del 22.01.2004, secondo cui le selezioni per le progressioni verticali e orizzontali del soggetto comandato tengono conto della sua incardinazione nell’ente di provenienza, tanto che quest’ultimo acquisisce “dall’ente di utilizzazione le informazioni e le eventuali valutazioni (…) richieste secondo la propria disciplina”. Trattasi dunque di un’operazione di finanza neutrale che non incide sulla spesa degli enti coinvolti, purché quella sostenuta dall’ente cedente sia figurativamente considerata come spesa di personale.

Il provvedimento di comando, dunque, non comporta una novazione soggettiva del rapporto di lavoro né, tanto meno, la costituzione di un rapporto di impiego, comunque conformato, con l’amministrazione destinataria delle prestazioni, ma determina esclusivamente una modificazione oggettiva del rapporto originario, nel senso che sorge nell'impiegato l'obbligo di prestare servizio nell'interesse immediato del diverso ente e di sottostare al relativo potere gerarchico (direttivo e disciplinare), mentre lo stato giuridico ed economico del "comandato" resta regolato alla stregua dell'ordinamento proprio dell'ente “comandante”. In definitiva, si verifica una sorta di “sdoppiamento” tra rapporto organico e rapporto di servizio, il primo sempre riferibile all'ente "a quo" e l'altro all'ente "ad quem" (si vedano Cass. Sez. I, sent. n. 8154/1987, SS. UU., sent. n. 642/1993; Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 503/1981; Sez. V, sent. n. 884/1989), ferma rimanendo l’identità e la natura dell’originario rapporto di lavoro (negli stessi termini: Corte dei conti, SRC Calabria n. 41/2012).

Deve, pertanto, escludersi che l’istituto del comando possa ricondursi alle tipologie negoziali oggetto della disciplina vincolistica prevista per le assunzioni pubbliche, sia “precarie” che a tempo determinato. La ratio di tale disciplina è quella di limitare la spesa connessa all’utilizzo delle forme di lavoro flessibile elencate nella norma de qua (sottoponendo le stesse ad uno specifico limite) che, al contrario di un comando, generano un incremento della spesa pubblica globale, oltre che della spesa di personale del singolo ente locale. Il ricorso al comando è favorito dal legislatore proprio in quanto consente una distribuzione efficiente del personale evitando un incremento della spesa pubblica globale.

Le predette conclusioni – ed in ogni caso il chiaro regime delle responsabilità delineato dalla norma, in caso di mancato rispetto dei limiti della stessa – esimono dalla trattazione della problematica della sussistenza di un «onere di controllo» nel rapporto tra ente cedente ed ente utilizzatore.

 

P.Q.M.

La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, pronunciandosi sulle questioni di massima poste dalla Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo con la deliberazione n. 181/2016/PAR, enuncia il seguente principio di diritto:

“La spesa relativa al personale utilizzato in posizione di comando esula dall’ambito applicativo dell’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, ferma restando l’imputazione figurativa della spesa per l’ente cedente”.

La Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo si atterrà al principio di diritto enunciato nel presente atto di orientamento, al quale si conformeranno tutte le Sezioni regionali di controllo ai sensi dell’art. 6, comma 4, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in legge 7 dicembre 2012, n. 213.

Così deliberato in Roma nell’adunanza del 4 maggio 2017.

I Relatori        Il Presidente

F.to Carmela IAMELE          F.to Adolfo T. DE GIROLAMO

           

F.to Dario PROVVIDERA  

 

Depositata in Segreteria il 15 maggio 2017

 

Il Funzionario incaricato

F.to Grazia MARZELLA

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