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Avvocato Generale M.Campos Sanchez - Bordona, 21/6/2017 n. C-178/16
Sulla legittimità dell'esclusione da una gara di un'impresa concorrente il cui amministratore sia stato condannato per un reato che incide sulla sua moralità professionale.

L'articolo 45, paragrafi 2, lettere c), d), e g), e 3, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi non osta a una norma di diritto nazionale che consente all'amministrazione aggiudicatrice di:
- prendere in considerazione una condanna penale inflitta all'amministratore di un'impresa concorrente per un reato che incide sulla sua moralità professionale quando costui sia cessato dalla carica entro l'anno precedente alla pubblicazione del bando di gara, benché la condanna non fosse all'epoca definitiva;
- escludere dalla partecipazione all'appalto la predetta impresa concorrente, per non essersi dissociata in maniera completa ed effettiva dalla condotta penalmente sanzionata dell'amministratore.

Materia: appalti / disciplina

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

 

presentate il 21 giugno 2017 (1)

 

Causa C-178/16

 

Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani S.p.A.,

Guerrato S.p.A.

 

contro

Provincia autonoma di Bolzano,

Agenzia per i procedimenti e la vigilanza in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (ACP),

Autorità nazionale anticorruzione (ANAC),

con l’intervento di:

Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A.,

Inso Sistemi per le Infrastrutture Sociali S.p.A

 

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia)]

 

«Appalti pubblici – Dichiarazione relativa all’assenza di condanne penali definitive per gli ex amministratori della società concorrente – Obbligo della società di dimostrare, a pena di esclusione, la propria completa ed effettiva dissociazione dalla condotta dell’ex amministratore – Valutazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice dei requisiti di tale obbligo»

 

1.        La normativa italiana sugli appalti pubblici vieta (con i dettagli che si analizzeranno in prosieguo) l’aggiudicazione degli stessi a coloro i quali siano stati condannati per reati gravi ai danni dello Stato «o della Comunità» tali da incidere sulla loro moralità professionale. Tale divieto si estende alle imprese i cui amministratori risultino condannati per detti fatti, salvo il caso in cui le menzionate imprese dimostrino la completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente rilevante dei loro amministratori.

 

2.        Il Consiglio di Stato (Italia) è chiamato a pronunciarsi su un ricorso avverso una sentenza confermativa di un provvedimento emesso da una stazione appaltante e concernente l’esclusione da una gara di un’impresa concorrente il cui amministratore era stato condannato per uno dei predetti reati. Al fine di risolvere la controversia, esso chiede alla Corte, in sintesi, se la norma italiana in virtù della quale è stata disposta tale esclusione sia compatibile con la direttiva 2004/18/CE (2).

 

3.        Il rinvio pregiudiziale consentirà alla Corte di definire la propria giurisprudenza circa la facoltà degli Stati di attuare e modulare il contenuto delle cause facoltative di esclusione degli offerenti previste dalla direttiva 2004/18.

 

I.      Contesto normativo

 

A.      Diritto dell’Unione

 

Direttiva 2004/18

 

4.        Ai sensi dell’articolo 45, intitolato «Situazione personale del candidato o dell’offerente»:

 

«1.      È escluso dalla partecipazione ad un appalto pubblico il candidato o l’offerente condannato, con sentenza definitiva di cui l’amministrazione aggiudicatrice è a conoscenza, per una o più delle ragioni elencate qui di seguito:

 

a)      partecipazione a un’organizzazione criminale, quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, dell’azione comune 98/773/GAI del Consiglio;

 

b)      corruzione, quale definita rispettivamente all’articolo 3 dell’atto del Consiglio del 26 maggio 1997 ed all’articolo 3, paragrafo 1, dell’azione comune 98/742/GAI del Consiglio;

 

c)      frode ai sensi dell’articolo 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee;

 

d)      riciclaggio dei proventi di attività illecite, quale definito all’articolo 1 della direttiva 91/308/CEE del Consiglio del 10 giugno 1991 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite.

 

Gli Stati membri precisano, in conformità del rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto comunitario, le condizioni di applicazione del presente paragrafo.

 

Essi possono prevedere una deroga all’obbligo di cui al primo comma per esigenze imperative di interesse generale.

 

Ai fini dell’applicazione del presente paragrafo, le amministrazioni aggiudicatrici chiedono, se del caso, ai candidati o agli offerenti di fornire i documenti di cui al paragrafo 3 e, qualora abbiano dubbi sulla situazione personale di tali candidati/offerenti, possono rivolgersi alle autorità competenti per ottenere le informazioni relative alla situazione personale dei candidati o offerenti che reputino necessarie. Se le informazioni riguardano un candidato o un offerente stabilito in uno Stato membro diverso da quello dell’amministrazione aggiudicatrice, quest’ultima può richiedere la cooperazione delle autorità competenti. In funzione del diritto nazionale dello Stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente.

 

2.      Può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico:

 

(...)

 

c)      nei cui confronti sia stata pronunciata una condanna con sentenza passata in giudicato conformemente alle disposizioni di legge dello Stato, per un reato che incida sulla sua moralità professionale;

 

d)      che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice;

 

(...)

 

g)      che si sia reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni che possono essere richieste a norma della presente sezione o che non abbia fornito dette informazioni».

 

5.        Ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 3:

 

«Le amministrazioni aggiudicatrici accettano come prova sufficiente che attesta che l’operatore economico non si trova in nessuna delle situazioni di cui (…) al paragrafo 2, letter[a] c), quanto segue:

 

a)      (...) la presentazione di un estratto del casellario giudiziale o, in mancanza di questo, di un documento equivalente rilasciato dalla competente autorità giudiziaria o amministrativa del paese d’origine o di provenienza, da cui risulti che tali requisiti sono soddisfatti;

 

(...)».

 

B.      Diritto italiano

 

6.        Secondo l’ordinanza di rinvio, l’articolo 38, primo comma, lettera c), del decreto legislativo n. 163/2006 (3), nella versione applicabile ratione temporis ai fatti in esame, prevede che la causa di esclusione [dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi], essendo stata oggetto di una sentenza irrevocabile di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati ivi specificati (4), opera anche «nei confronti dei soggetti cessati dalla carica [direttiva] nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata».

 

7.        L’articolo 38, primo comma, lettere f) e h), del decreto legislativo n. 163/2006 prevede altresì l’esclusione da tali tipi di gare rispettivamente: i) di coloro che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante e ii) di coloro che hanno presentato falsa dichiarazione o falsa documentazione in merito a requisiti e condizioni rilevanti per la partecipazione a procedure di gara.

 

II.    Fatti e questione pregiudiziale

 

8.        In data 27 luglio 2013 veniva pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (5) un bando di gara per il finanziamento, la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la gestione della nuova casa circondariale di Bolzano. L’importo dell’appalto ammontava a EUR 165 400 000.

 

9.        L’Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani S.p.A. (in prosieguo: la «Mantovani»), agendo in proprio e in veste di partecipante a un’associazione temporanea d’imprese, rispondeva al bando con due dichiarazioni (del 4 e del 16 dicembre 2013) relative al rispetto dei requisiti generali in esso previsti.

 

10.      In concreto, (nella prima di tali dichiarazioni) la Mantovani esprimeva che, stando ai fatti di sua conoscenza, nei confronti del sig. B., suo ex presidente del consiglio di amministrazione, nonché amministratore delegato e legale rappresentante, cessato dalla carica il 6 marzo 2013, non esistevano provvedimenti di cui all’articolo 38, primo comma, lettera c), del CCP. La seconda dichiarazione era formulata in termini analoghi.

 

11.      Nella seduta di gara del 9 gennaio 2014 la stazione appaltante ammetteva la Mantovani con riserva, in attesa di chiarimenti, dal momento che, per «fatto notorio» pubblicato da un quotidiano locale, il sig. B., in seguito all’accusa di aver promosso un sistema di fatture false, aveva patteggiato una condanna a un anno e dieci mesi di reclusione.

 

12.      In sede di verifica del rispetto dei requisiti, la stazione appaltante acquisiva il certificato del casellario giudiziale relativo al sig. B., dal quale emergeva che questi era stato condannato a una pena detentiva di un anno e dieci mesi per diversi reati (sentenza del Tribunale di Venezia del 5 dicembre 2013, divenuta irrevocabile in data 29 marzo 2014).

 

13.      Nella seduta del 29 maggio 2014 la stazione appaltante decideva di non sciogliere la riserva di ammissione della Mantovani, chiedendo alla stessa, in data 3 giugno 2014, alcuni chiarimenti in merito alla menzionata sentenza.

 

14.      Con memorie del 10 giugno e del 17 ottobre 2014, la Mantovani forniva i richiesti chiarimenti, deducendo che:

 

        la sentenza era stata pubblicata e divenuta irrevocabile dopo che essa aveva reso le dichiarazioni relative al soddisfacimento dei requisiti generali;

 

        aveva posto in essere una serie di atti che dimostravano una tempestiva, effettiva e completa dissociazione della società dalla condotta del sig. B., il quale era stato immediatamente rimosso da tutte le cariche sociali del gruppo Mantovani, che aveva proceduto al riassetto interno degli organi di gestione della società, al riscatto delle azioni detenute da detto sig. B. e all’avvio di un’azione di responsabilità nei suoi confronti.

 

15.      La stazione appaltante chiedeva un parere all’Autorità nazionale anticorruzione (in prosieguo: l’«ANAC»), il quale veniva reso in data 25 febbraio 2015 affermando, in sintesi, quanto segue:

 

        nel caso in cui il concorrente, con riferimento ai soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando, produca una dichiarazione attestante, in relazione alla causa di esclusione di cui all’articolo 38, primo comma, lettera c), del CCP, l’assenza delle cause di esclusione, utilizzando la formula «per quanto a propria conoscenza», e fornisca una corretta identificazione di tali soggetti, spetta alla stazione appaltante procedere alle opportune verifiche;

 

        nel caso di specie non si ravvisa una falsa dichiarazione, non essendo sufficiente a tal fine la mera pendenza di un procedimento penale, ma dovendosi trattare di una sentenza irrevocabile;

 

        spettava alla stazione appaltante accertare l’effettiva efficacia delle misure adottate dalla Mantovani per dimostrare che la società si era dissociata completamente ed effettivamente dalle attività penalmente rilevanti dell’ex amministratore;

 

        tali misure potrebbero essere state compromesse dal comportamento omissivo della Mantovani giacché, nella procedura di gara, essa non aveva dichiarato l’esistenza della sentenza di condanna. Secondo la giurisprudenza, la mancata comunicazione tempestiva alla stazione appaltante circa l’evoluzione di un procedimento penale costituisce, in relazione ai soggetti di cui all’articolo 38, primo comma, lettera c), del CCP, un elemento rivelatore dell’assenza di dissociazione, per violazione del dovere di leale cooperazione.

 

16.      Il 27 febbraio 2015, preso atto del parere dell’ANAC, la stazione appaltante disponeva l’esclusione della Mantovani dalla gara per comunicazione tardiva e insufficiente degli elementi di valutazione necessari per comprovare la propria dissociazione dall’amministratore condannato. Essa aggiungeva che la condanna di quest’ultimo era intervenuta anteriormente alle dichiarazioni rese nella gara, cosicché la Mantovani avrebbe potuto comunicarla.

 

17.      Avverso il provvedimento di esclusione, la Mantovani interponeva ricorso dinanzi al Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano (Italia) che, con sentenza n. 270 del 27 agosto 2015, dichiarava inammissibile l’impugnazione del parere dell’ANAC, atto endoprocessuale, e l’impugnazione dell’aggiudicazione, non ancora intervenuta. La medesima sentenza respingeva i motivi di ricorso dedotti in relazione all’insieme dei documenti della procedura di gara e riteneva non provata la dissociazione della società dalla condotta penalmente rilevante dell’ex-amministratore.

 

18.      La Mantovani proponeva appello avverso tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato deducendo, fra gli altri motivi, l’incompatibilità dell’articolo 38 del CCP con il diritto dell’Unione e chiedendo il rinvio di una questione pregiudiziale alla Corte.

 

19.      Con ordinanza del 1° dicembre 2015, il Consiglio di Stato sottoponeva la seguente questione pregiudiziale:

 

«Se osti alla corretta applicazione dell’art[icolo] 45, paragrafi 2, lettere c) e g), e 3, lett[era] a) della Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 (…) e dei principi di diritto europeo di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza, di divieto di aggravio del procedimento e di massima apertura alla concorrenza del mercato degli appalti pubblici, nonché di tassatività e determinatezza delle fattispecie sanzionatorie, una normativa nazionale, quale quella dell’art[icolo] 38, comma 1, lett[era] c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e successive modificazioni, nella parte in cui

 

        estende il contenuto dell’ivi previsto obbligo dichiarativo sull’assenza di sentenze definitive di condanna (comprese le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle par[t]i), per i reati ivi indicati, ai soggetti titolari di cariche nell’ambito delle imprese concorrenti, cessati dalla carica nell’anno antecedente la pubblicazione del bando,

 

        e configura una correlativa causa di esclusione dalla gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata di tali soggetti,

 

        rimettendo alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione sull’integrazione della condotta dissociativa che consente alla stazione appaltante di introdurre, su un piano effettuale, a pena di esclusione dalla gara:

 

(i)      oneri informativi e dichiarativi relativi a vicende penali non ancora definite con sentenza irrevocabile (e, quindi, per definizione di esito incerto), non previsti dalla legge neppure in ordine ai soggetti in carica;

 

(ii)      oneri di dissociazione spontanea, indeterminati quanto alla tipologia delle condotte scriminanti, al relativo riferimento temporale (anche anticipato rispetto al momento di irrevocabilità della sentenza penale) e alla fase della procedura in cui devono essere assolti;

 

(iii)      oneri di leale collaborazione dal contorno indefinito, se non con richiamo alla clausola generale della buona fede».

 

III. Procedimento dinanzi alla Corte

 

20.      L’ordinanza di rinvio è pervenuta alla cancelleria della Corte in data 24 marzo 2016.

 

21.      Hanno presentato osservazioni scritte entro il termine previsto dall’articolo 23, secondo comma, dello Statuto della Corte la Mantovani, la Provincia di Bolzano, il governo italiano e la Commissione europea.

 

22.      Dopo aver disposto lo svolgimento di un’udienza, le parti sono state invitate, ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, a incentrare i loro argomenti sull’interpretazione dell’articolo 45, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2004/18.

 

23.      All’udienza, tenutasi il 5 aprile 2017, hanno partecipato la Mantovani, la Provincia di Bolzano, il governo italiano e la Commissione europea.

 

IV.    Sintesi delle osservazioni delle parti

 

24.      La Mantovani ritiene che l’articolo 38, primo comma, lettera c), del CCP si ponga in contrasto con l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 nella parte in cui estende la causa di esclusione per condanna penale ai soggetti che abbiano rivestito la carica di amministratori di società fino all’anno precedente alla pubblicazione del bando ed esige che la società dimostri l’effettiva dissociazione da detti amministratori.

 

25.      A suo parere, una volta cessati dalla carica, gli amministratori non esercitano più alcuna influenza sulla società, motivo per cui l’obbligo dichiarativo di quest’ultima a tal riguardo, oltre che superfluo, risulta sproporzionato e comporta un onere contrario all’intento di massima apertura alla concorrenza del mercato degli appalti pubblici.

 

26.      Pur ammettendo che il diritto dell’Unione non osti a tale estensione, l’ulteriore obbligo di dimostrare l’effettiva dissociazione dell’impresa si porrebbe in contrasto con esso, poiché si tratta di un obbligo del tutto indefinito, la cui valutazione è lasciata alla discrezione dell’amministrazione aggiudicatrice. In particolare, la certezza del diritto sarebbe compromessa dalla circostanza che la decisione giudiziaria non sia definitiva, che non si precisino la forma delle dichiarazioni, il periodo che devono ricomprendere né la fase del procedimento in cui devono essere rese e, inoltre, che non sia specificato in cosa consistano gli obblighi di leale cooperazione gravanti sull’offerente.

 

27.      La Provincia di Bolzano ritiene inammissibile la questione pregiudiziale per i seguenti motivi:

 

        è analoga ad un’altra questione già risolta dalla Corte con sentenza del 10 luglio 2014, Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici (C-358/12, EU:C:2014:2063), in particolare al punto 36, in relazione alla capacità degli Stati membri di inserire le cause facoltative di esclusione nei propri ordinamenti e modularne il contenuto;

 

        il motivo di esclusione della Mantovani non è stato la violazione dell’obbligo di informazione o di dichiarazione, bensì il carattere tardivo e non idoneo delle misure adottate per dimostrare la completa ed effettiva dissociazione dell’impresa dalla condotta penalmente rilevante posta in essere dall’ex amministratore. Nella stessa misura il rimando all’articolo 45, paragrafi 2, lettera g), e 3, lettera a), della direttiva 2004/18 è inconferente.

 

28.      Nel merito, la Provincia di Bolzano non rileva alcuna incompatibilità fra le disposizioni dell’articolo 38, primo comma, lettera c), del CCP e la direttiva 2004/18. L’articolo 45 di quest’ultima conferisce agli Stati membri la libertà sia di scegliere quali cause di esclusione facoltativa (fra quelle di cui al paragrafo 2 del medesimo articolo) trasporre nel diritto interno, sia di definire il modo in cui le amministrazioni aggiudicatrici valuteranno i fatti che integrano le cause scelte. La normativa nazionale in questione si conforma a tale schema.

 

29.      Il governo italiano osserva che la ratio legis dell’articolo 45 della direttiva 2004/18 e dell’articolo 38 del CCP è quella di garantire l’affidabilità morale, economica e professionale dei soggetti che aspirano a divenire contraenti della Pubblica Amministrazione. Il legislatore italiano ha adottato un regime meno rigoroso rispetto a quello della direttiva, limitando il ventaglio dei reati che giustificano l’esclusione.

 

30.      Secondo il governo italiano, l’esclusione di un’impresa a causa della condotta dei suoi amministratori è motivata proprio dalla medesima ratio legis: in mancanza di tale disposizione, il contraente potrebbe facilmente eludere il controllo sulla sua affidabilità. Inoltre, l’impresa concorrente ha la possibilità di dimostrare all’amministrazione aggiudicatrice di essersi dissociata completamente dalle azioni penalmente rilevanti dei suoi amministratori.

 

31.      La Commissione rileva che, sebbene il giudice del rinvio chieda l’interpretazione dell’articolo 45, paragrafi 2, lettere c) e g), e 3, lettera a), della direttiva 2004/18, al fine di fornire una risposta utile occorre altresì considerare il paragrafo 2, lettera d), del medesimo articolo, relativo alla commissione di un errore grave nell’esercizio dell’attività professionale.

 

32.      Benché l’ordinanza di rinvio si concentri sulla mancanza di carattere definitivo della sentenza nel momento in cui la Mantovani presentava le proprie dichiarazioni, gli atti del suo amministratore (emissione di fatture false per un importo di oltre nove milioni di euro e associazione a delinquere) potrebbero essere considerate come errori gravi nell’esercizio dell’attività professionale. Inoltre, sebbene questi fosse cessato dalla carica all’atto della gara, l’articolo 45, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2004/18 si riferisce anche alla condotta pregressa di un operatore economico e comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla sua credibilità professionale (6). Pertanto, il fatto che detti atti siano stati commessi dagli amministratori cessati di recente può incidere sulla valutazione di tale credibilità da parte dell’amministrazione aggiudicatrice.

 

33.      Per la Commissione è irrilevante il fatto che la condanna dell’amministratore non fosse passata in giudicato al momento della presentazione delle dichiarazioni. La giurisprudenza della Corte ha dichiarato che le cause di esclusione previste all’articolo 45, paragrafo 2, lettere d) e g), della direttiva 2004/18 non impongono che nei confronti dell’operatore economico sia stata pronunciata una sentenza di condanna passata in giudicato (7). Tanto il diritto dell’Unione quanto il diritto nazionale ammettono che un errore grave commesso nell’esercizio dell’attività professionale può essere accertato con qualsiasi mezzo di prova, in modo tale che la mera esistenza di un procedimento penale potrebbe essere sufficiente.

 

34.      La Commissione aggiunge che, nel valutare l’esistenza di un errore grave commesso nell’esercizio dell’attività professionale, l’amministrazione aggiudicatrice ha dovuto prendere in considerazione le misure di dissociazione adottate per svincolarsi dalla condotta penalmente rilevante dell’amministratore.

 

35.      Il fatto che la Mantovani non abbia comunicato l’esistenza del procedimento penale in cui era coinvolto il suo amministratore poteva anche integrare la causa di esclusione di cui all’articolo 45, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2004/18. L’obbligo dell’offerente di dichiarare l’esistenza di un errore grave nell’esercizio dell’attività professionale prescinde dai poteri di controllo e verifica conferiti all’amministrazione aggiudicatrice dagli articoli 45, paragrafo 3, e 51 della direttiva 2004/18, in quanto essi si limitano a una verifica solo formale o alla conferma di risultanze già esistenti.

 

36.      Infine, la Commissione afferma che, nelle circostanze della controversia, l’applicazione delle predette cause di esclusione non osta al principio di proporzionalità.

 

V.      Analisi

 

A.      Osservazione preliminare

 

37.      Le questioni che il Consiglio di Stato sottopone alla Corte vertono, in linea di principio, sulla compatibilità di una norma di diritto italiano [ossia l’articolo 38, primo comma, lettera c), del CCP] con la direttiva 2004/18. Tuttavia, sia nel contraddittorio dinanzi a tale giudice, sia nelle osservazioni di alcune delle parti presentate in occasione della causa pregiudiziale, la controversia si è estesa al modo di interpretare (e applicare) il precetto nazionale, disputa che la Corte non è competente a risolvere.

 

38.      La risposta della Corte può limitarsi soltanto all’interpretazione della direttiva 2004/18, al fine di chiarire al giudice del rinvio se la normativa nazionale, come esposta da quest’ultimo, sia incompatibile con quella dell’Unione. Qualora si constati la sua compatibilità, spetta al giudice nazionale chiarire come occorra interpretare e applicare i vari commi dell’articolo 38 del CCP.

 

39.      Come analizzerò in prosieguo, il legislatore italiano gode di un ampio margine di discrezionalità nel trasporre le cause facoltative di esclusione degli offerenti previste dalla direttiva 2004/18 nonché nel definire il loro contenuto. Purché nel rispetto di tale direttiva, spetta agli Stati membri stabilire, in base alle proprie scelte di politica legislativa, il contenuto delle corrispondenti norme nazionali.

 

40.      Il fatto che la Corte abbia già risolto alcune questioni pregiudiziali relative alle cause facoltative di esclusione non è un motivo sufficiente per dichiarare inammissibile – come suggerisce la provincia di Bolzano – quella che adesso solleva il giudice del rinvio, considerando che presenta elementi peculiari che la distinguono dalle precedenti (8).

 

B.      Formulazione della questione pregiudiziale

 

41.      Dall’esposizione del Consiglio di Stato si deduce che la Mantovani è stata esclusa dalla procedura di gara per avere comunicato tardivamente e in modo insufficiente gli elementi di valutazione necessari per dimostrare la sua dissociazione dalla condotta del proprio amministratore, il quale era stato condannato prima che la stessa facesse pervenire le proprie dichiarazioni all’amministrazione aggiudicatrice.

 

42.      La descrizione dei fatti consente, sin dall’inizio, di limitare l’incidenza che, stando al rinvio pregiudiziale, potrebbe avere la prima delle tre disposizioni dell’Unione su cui il medesimo verte [vale a dire l’articolo 45, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/18].

 

43.      Tale disposizione si riferisce all’operatore economico «nei cui confronti sia stata pronunciata una condanna con sentenza passata in giudicato (...), per un reato che incida sulla sua moralità professionale». La decisione dell’amministrazione aggiudicatrice non sembra basarsi, prima facie, su tale premessa, probabilmente perché la sentenza di condanna dell’amministratore ha acquisito carattere definitivo il 29 marzo 2014, dopo che la Mantovani aveva presentato le proprie dichiarazioni relative ai requisiti generali previsti dal bando di gara (4 e 16 dicembre 2013).

 

44.      Infatti, dalle motivazioni del provvedimento amministrativo di esclusione si evince che l’amministrazione aggiudicatrice non si è basata direttamente sulla condanna penale del sig. B., bensì sulla comunicazione tardiva e insufficiente (da parte della Mantovani) degli elementi di giudizio necessari per dimostrare la dissociazione dell’impresa dalla condotta penalmente rilevante del suo amministratore. Pertanto, l’elemento determinante è stato costituito dal fatto che l’offerente non aveva comunicato opportunamente la sussistenza della condanna penale del sig. B., quale dato probante, secondo la giurisprudenza nazionale, della dissociazione fra l’impresa e l’amministratore.

 

45.      Tale circostanza, come argomenta la Commissione, potrebbe indurre a pensare che la causa di esclusione realmente applicata non rientrasse nell’articolo 45, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/18, sebbene fosse connessa con questa. Orbene, si deve ritenere che la condotta della Mantovani rientri nella lettera d) del medesimo paragrafo, ossia nella commissione, «nell’esercizio della propria attività professionale, [di] un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice».

 

46.      Tuttavia, è vero che, sebbene il diritto italiano abbia trasposto la causa di esclusione per «errore grave» nell’articolo 38, primo comma, lettera f), del CCP, la questione sollevata dal Consiglio di Stato non riguarda tale causa. Ciò però non impedisce che la risposta pregiudiziale comprenda anche la sua analisi (9).

 

47.      Come più volte ribadito dalla Corte, «la circostanza che il giudice del rinvio abbia formulato una questione pregiudiziale facendo riferimento soltanto a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione che possano essere utili alla decisione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto riferimento o meno nella formulazione delle sue questioni. A tal proposito la Corte deve trarre da tutti gli elementi forniti dal giudice nazionale, e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia» (10).

 

48.      Nel medesimo senso e nel contesto specifico della direttiva 2004/18, all’interno della sentenza Croce Amica One Italia (11) la Corte ha ritenuto opportuno chiarire al giudice del rinvio che, benché essa sembrasse ricollegare «il comportamento del legale rappresentante di (...) alle sole cause di esclusione che si rapportano al diritto penale e che implicano una condanna mediante sentenza divenuta definitiva, (...) le cause di esclusione previste all’articolo 45, paragrafo 2, lettere d) e g), di detta direttiva conferiscono alle amministrazioni aggiudicatrici anche il potere di escludere ogni operatore economico che nell’esercizio della propria attività professionale abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice, (...) senza che sia necessario che nei confronti dell’operatore economico sia stata pronunciata una sentenza di condanna passata in giudicato».

 

49.      Potrebbe essere utile dunque che la riposta della Corte comprenda non solo la causa di esclusione prevista all’articolo 45, paragrafo 2, lettere c) e g), della direttiva 2004/18 (sulle quali verte la questione pregiudiziale), ma anche quella di cui alla lettera d). In definitiva, si tratterebbe di chiarire se una norma di diritto nazionale come quella controversa si ponga in contrasto con tali disposizioni della direttiva 2004/18.

 

50.      Insisto nel ritenere che, una volta risolta in senso affermativo la questione concernente la compatibilità della legge italiana con la direttiva 2004/18, spetterà al giudice nazionale stabilire se, date le circostanze del caso, l’amministrazione aggiudicatrice potesse legittimamente escludere la Mantovani dall’appalto a causa della mancata comunicazione relativa alla condanna penale inflitta a un ex amministratore, cessato dalla carica meno di un anno prima della pubblicazione del bando di gara.

 

C.      Cause facoltative di esclusione

 

51.      Quanto al margine discrezionale accordato alle amministrazioni aggiudicatrici in relazione alle cause facoltative di esclusione previste all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18, nelle mie conclusioni relative alla causa Connexxion Taxi Services (12) ho rammentato ciò che la Corte aveva già sottolineato nell’ambito della sentenza La Cascina e a. (13), nel periodo di vigenza della direttiva 92/50/CEE (14) (il cui articolo 29 era formulato in termini analoghi all’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18), ossia: che l’applicazione dei casi di esclusione facoltativa è lasciata alla valutazione degli Stati membri, come risulta dall’espressione «[p]uò venir escluso dalla partecipazione ad un appalto», che figurava all’inizio dell’articolo 29. Gli Stati membri non possono prevedere cause di esclusione diverse da quelle previste dalla normativa; tuttavia, il citato articolo 29 della direttiva 92/50 non prevede un’uniformità di applicazione delle cause di esclusione in parola.

 

52.      Quando era in vigore la direttiva 2004/18, la Corte ha seguito questa stessa linea giurisprudenziale nella sentenza Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici (15), il cui punto 35 riprende gli argomenti esposti nella sentenza La Cascina e a. (16), nel ribadire che gli Stati membri precisano, conformemente al proprio diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell’Unione, le condizioni di applicazione dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18. Quindi, la Corte torna a legittimare la facoltà degli Stati membri di attenuare e, se lo desiderano, rendere più flessibili, i criteri di esclusione, come ribadito nella sentenza del 14 dicembre 2016, Connexxion Taxi Services (17).

 

53.      Come ho ugualmente sottolineato nelle menzionate conclusioni (18), dalla sentenza Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici (19) si evince che l’esercizio di tale potere da parte degli Stati membri non è, tuttavia, illimitato. Da un lato, l’Unione attribuisce grande importanza alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, il che la spinge a spianare la strada affinché l’apertura dei bandi di gara sia la più ampia possibile, obiettivo rispetto al quale l’applicazione delle cause facoltative di esclusione potrebbe costituire un ostacolo. E, dall’altro, è legittimo giustificare le cause di esclusione in base ad obiettivi di interesse generale, come la garanzia dell’affidabilità, della diligenza, dell’onestà professionale e della serietà dell’offerente. Per la verifica di tale conflitto d’interessi la Corte applica il principio di proporzionalità.

 

D.      Ripercussione sull’impresa concorrente dei fatti penalmente rilevanti commessi dai suoi amministratori [articolo 45, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2004/18]

 

54.      L’elemento che determina la (mancanza di) affidabilità dell’impresa concorrente nella causa in esame deriva dalla condotta penalmente rilevante di un ex amministratore, nel periodo in cui era incaricato dell’amministrazione della stessa. Può tale reato proiettare le sue conseguenze sulla società diretta dall’amministratore? La risposta affermativa è offerta dallo stesso diritto dell’Unione, muovendo dalla premessa che le persone giuridiche agiscono solo tramite i propri amministratori. È logico dunque che la loro mancanza di credibilità sia valutata alla luce degli atti penalmente rilevanti perpetrati dai responsabili dell’amministrazione.

 

55.      L’articolo 45, paragrafo 1, in fine, della direttiva 2004/18 consente che le richieste di informazioni relative alla causa di esclusione (obbligatoria, non facoltativa) per determinati reati gravi riguardino «le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente».

 

56.      La norma rivela dunque che determinati atti penalmente rilevanti di coloro i quali amministrano una persona giuridica sono suscettibili di causarne l’esclusione, obbligatoria, dalla partecipazione a un appalto pubblico. Non vi è nulla in contrario, a mio parere, al fatto che, sotto il profilo del diritto dell’Unione, tale medesimo principio possa estendersi (ora, facoltativamente) ad altri tipi di reati, ivi compresi comportamenti illeciti degli amministratori delle persone giuridiche, nella misura in cui si ripercuotono sulla moralità professionale di queste ultime.

 

57.      È vero che l’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18, diversamente dal paragrafo 1, non contiene un’espressa disposizione in tal senso. Tuttavia, non credo che tale omissione sia determinante per impedire che la legge nazionale vincoli la sussistenza di talune cause di esclusione facoltativa delle persone giuridiche al comportamento illecito dei propri amministratori.

 

58.      Come ho anticipato, l’articolo 45, paragrafo 2, ultimo comma, della direttiva 2004/18 riconosce agli Stati membri un’ampia discrezionalità nello stabilire le «condizioni di applicazione» delle cause di esclusione facoltativa. Nell’esercizio di tale libertà, le norme nazionali che definiscono i tratti concreti di alcune cause (ad esempio, quelle relative alla probità dell’impresa concorrente) possono includere, come elemento rilevante, il comportamento degli amministratori della società contrario all’onorabilità professionale.

 

59.      Nella stessa misura e alla luce del margine discrezionale conferito agli Stati, nulla osta al fatto che, per valutare le cause di esclusione facoltativa, la legge nazionale tenga conto della mancata dissociazione dell’impresa dal comportamento penalmente rilevante del suo amministratore, qualora «incida sulla sua moralità professionale». Spetta altresì al legislatore nazionale ed, eventualmente, al giudice investito della controversia valutare quali indizi o fattori rilevanti possano essere impiegati per chiarire se tale dissociazione si sia verificata o meno.

 

60.      Tali fattori annoverano anche quelli specificati dal giudice del rinvio, ossia il carattere spontaneo della dissociazione, la maggiore o minore «definizione delle condotte scriminanti», l’ambito temporale e la fase della procedura in cui tale dissociazione deve avvenire. Spetta ai giudici nazionali, ribadisco, delimitare la portata di tali elementi che, in realtà, costituiscono meramente «precisazioni» introdotte dal legislatore nazionale per delineare i contorni della causa di esclusione facoltativa e delle prove con cui la stessa deve essere accertata (20).

 

61.      Nel formulare la sua questione, il Consiglio di Stato rileva che l’articolo 38, primo comma, lettera c), del CCP da un lato, «estende» l’obbligo dichiarativo sulle sentenze di condanna, riferendolo al caso in cui queste siano state inflitte ai soggetti titolari di cariche apicali nell’ambito delle imprese concorrenti e, dall’altro, «configura una correlativa causa di esclusione» nel fatto che «l’impresa non dimostri» la sua dissociazione dalla condotta penalmente rilevante di tali persone.

 

62.      Orbene, gli argomenti suesposti mi inducono ad asserire che la direttiva 2004/18 non osta a che il legislatore nazionale specifichi, secondo i termini di cui al CCP, tale causa di esclusione facoltativa. Non vedo come ciò potrebbe compromettere le libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. Inoltre, trattasi di una causa di esclusione volta a garantire il sotteso interesse generale relativo ai requisiti di affidabilità, diligenza e onestà professionale dei concorrenti.

 

63.      Nel medesimo senso ritengo che il rimando del giudice del rinvio (piuttosto generico e non troppo ponderato) ai «principi di diritto europeo di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di parità di trattamento, di proporzionalità e di trasparenza, di divieto di aggravio del procedimento e di massima apertura alla concorrenza del mercato degli appalti pubblici (...)» non fornisca un contributo significativo ai fini della controversia.

 

64.      Infine, il fatto che l’articolo 45, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/18 non alluda espressamente alla dissociazione dell’impresa dai reati dei suoi amministratori non significa che il legislatore nazionale non possa includere tale elemento nella norma corrispondente del CCP. Come ho già ribadito, spetta agli Stati membri definire le «condizioni di applicazione» dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18 nel diritto nazionale.

 

65.      Pertanto è compatibile con il diritto dell’Unione una norma come l’articolo 38, primo comma, lettera c), del CCP, ai sensi del quale è possibile negare la partecipazione all’appalto alle imprese che non dimostrino di essersi dissociate completamente ed effettivamente da determinati reati (21) commessi in precedenza dai loro organi direttivi.

 

E.      Esclusione di un operatore economico per non aver fornito le dovute informazioni alla stazione appaltante [articolo 45, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2004/18]

 

66.      Il giudice a quo sottolinea la «discrezionalità della stazione appaltante», che le consentirebbe «di introdurre, su un piano effettuale», un obbligo informativo (a carico delle imprese concorrenti) «non previst[o] dalla legge». Detta stazione appaltante avrebbe inoltre istituito «oneri di leale collaborazione dal contorno indefinito, se non con richiamo alla clausola generale della buona fede».

 

67.      Nella misura in cui dette osservazioni del Consiglio di Stato mettono in discussione l’azione di un organo amministrativo soggetto al suo sindacato giurisdizionale, spetta a detto giudice supremo trarre le conseguenze nel proprio diritto interno (22). La risposta pregiudiziale non deve interferire nell’ambito di competenza dei giudici nazionali.

 

68.      Devo inoltre ricordare che la questione pregiudiziale è stata sollevata per determinare l’incompatibilità di una legge nazionale con la direttiva 2004/18. In tale ottica poi la risposta dovrebbe analizzare il tenore dell’articolo 38, primo comma, lettera h), del CCP, questa volta in relazione all’articolo 45, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2004/18.

 

69.      Tuttavia (come emerge dalle osservazioni della Provincia di Bolzano), l’esclusione non si è basata su tale causa, bensì sul fatto che il silenzio dell’offerente rappresentava un indizio della sua mancata dissociazione dalla condotta penalmente rilevante dell’amministratore. Pertanto, l’interpretazione dell’articolo 45, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2004/18, non sembra strettamente necessaria qualora la norma nazionale che ha trasposto tale specifica disposizione della direttiva citata non sia stata applicata al caso di specie.

 

70.      Ciononostante ritengo che, in proposito, non possa muoversi alcun addebito di incompatibilità nei confronti della norma nazionale, dal momento che il suo tenore coincide, in sostanza, con quello della norma dell’Unione che essa traspone. Entrambe impongono agli offerenti di fornire informazioni veritiere all’amministrazione aggiudicatrice. L’articolo 45, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2004/18 aggiunge che l’esclusione di tali offerenti può essere disposta non solo in conseguenza di loro false dichiarazioni, ma anche qualora non forniscano le informazioni relative ai «criteri di selezione qualitativa» (titolo II, capo VII, sezione 2, della direttiva).

 

71.      Per tutto quanto sin qui esposto, celare all’amministrazione aggiudicatrice la conoscenza delle condotte penalmente rilevanti dell’ex amministratore potrebbe costituire inoltre – come esaminerò subito dopo – un elemento di valutazione a disposizione del giudice nazionale allo scopo di valutare se si sia verificato un errore grave nell’esercizio dell’attività professionale.

 

F.      Esclusione di un operatore economico per errore grave nell’esercizio dell’attività professionale [articolo 45, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/18]

 

72.      Sebbene la questione del Consiglio di Stato non verta in senso proprio su tale causa di esclusione, nulla osta a che la Corte svolga, in proposito, le sue riflessioni, come ho già esposto. Gli argomenti delle parti in sede di udienza si sono incentrati precisamente su detta questione, su richiesta della Corte medesima.

 

73.      L’errore «nell’esercizio [dell’]attività professionale» cui fa riferimento l’articolo 45, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2004/18 comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore economico (23). La nozione di «errore grave» indica un comportamento che denota un’intenzione dolosa o un atteggiamento colposo di una certa gravità (24). Una sentenza di condanna, pur non definitiva (25), è un indicatore idoneo affinché fatti di rilevanza penale siano valutati secondo il parametro dell’errore grave nell’attività professionale (26). La stessa sentenza costituisce un mezzo giustificato di accertamento oggettivo delle modalità con cui è stata condotta la gestione dell’offerente.

 

74.      Sulla scorta di tali premesse e alla luce della natura dei reati per i quali l’amministratore era stato condannato, senza dubbio rivelatori di una carenza di moralità imprenditoriale nell’esercizio delle attività professionali, la mancata dissociazione della Mantovani da quel comportamento potrebbe legittimamente integrare tale motivo di esclusione.

 

75.      A tal fine occorre distinguere il piano sostanziale da quello relativo alla prova dei fatti. In relazione a quest’ultima, l’articolo 45, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 contribuisce a delineare la logica e la sistematica dei mezzi di informazione cui l’amministrazione aggiudicatrice può ricorrere allo scopo di valutare l’affidabilità dell’offerente.

 

76.      La norma citata impone alle amministrazioni aggiudicatrici di accettare come prova i mezzi che elenca, nelle ipotesi di cui all’articolo 45, paragrafi 1 e 2, lettere a), b), c), e) e f). Trattasi di fattispecie in cui sussiste una possibilità (relativamente semplice) di accertamento ufficiale della condotta, tramite registri o certificati rilasciati dagli enti pubblici.

 

77.      Per contro, in relazione alle altre fattispecie [ossia quelle corrispondenti all’articolo 45, paragrafo 2, lettere d) e g), della direttiva 2004/18] non esiste un siffatto condizionamento documentale. È logico che sia così, giacché, con riferimento a tali motivi di esclusione (l’errore grave nell’esercizio dell’attività professionale e il non aver fornito le informazioni dovute), le possibilità di accertamento sono più ampie. Difficilmente potrebbe ravvisarsi nei vari Stati membri un livello omogeneo che consenta di stabilire in modo uniforme gli strumenti o i meccanismi di accertamento ufficiale di tali circostanze.

 

78.      Relativamente alle cause facoltative di esclusione per le quali non è previsto un mezzo ufficiale di accertamento, come avviene con l’errore grave nell’esercizio dell’attività professionale, il margine discrezionale concesso all’amministrazione aggiudicatrice non è vincolato ad alcun documento o certificato prestabilito. La valutazione di tale errore potrà avvenire muovendo dalle conoscenze dei fatti rilevanti acquisite, con qualsiasi mezzo, dall’amministrazione aggiudicatrice.

 

79.      Per quanto riguarda la prova, non si deve dimenticare che, nella causa in esame, nessuno ha contestato l’esistenza, debitamente documentata, della condanna (patteggiata) inflitta all’amministratore societario della Mantovani per la commissione di reati che incidevano sulla moralità professionale, nel periodo in cui svolgeva funzioni direttive all’interno di tale società.

 

80.      Sulla base di tale circostanza incontrovertibile, spetta agli organi giurisdizionali nazionali, aditi della richiesta della Mantovani, chiarire se la società concorrente si sia dissociata o meno, in modo effettivo e completo, dal comportamento penalmente rilevante del suo amministratore. A questo punto, dunque, la discussione si sposta sul piano che ho definito come sostanziale, scostandosi da quello meramente processuale.

 

81.      Nell’ambito di tale discussione, la condotta della Mantovani deve essere giudicata non soltanto sotto il profilo della definizione del fatto, ma anche nell’ottica della proporzionalità della risposta dell’amministrazione aggiudicatrice. Un elemento che, a tal fine, potrebbe assumere rilievo è dato dalla distanza temporale intercorsa fra la condotta penalmente rilevante, il comportamento dell’impresa e la data della gara d’appalto.

 

82.      Orbene, ritengo che il termine stabilito dal CCP (l’anno precedente alla data della pubblicazione del bando di gara) sia ragionevole per valutare il nesso fra la condotta dell’amministratore e l’impresa, in relazione agli atti immediatamente precedenti la gara. Inoltre, tale termine non comporta una presunzione assoluta di connivenza della società con le attività dell’amministratore, dal momento che quest’ultima può dimostrare la sua effettiva e completa dissociazione dal medesimo.

 

83.      A mio avviso, infine, le facoltà di valutazione che la norma nazionale conferisce all’amministrazione aggiudicatrice non si traducono inesorabilmente in un risultato sproporzionato. Al contrario, ritengo che l’articolo 38, primo comma, lettera c), del CCP rispetti la necessaria armonia fra i mezzi utilizzati e la finalità perseguita, che consiste meramente nell’allontanare da tali procedure di selezione gli offerenti non meritevoli di fiducia, proprio per non essersi dissociati dalla pregressa condotta criminale dei loro amministratori entro determinati limiti di tempo.

 

84.      In definitiva, l’esclusione degli offerenti non è automatica (27), bensì frutto della prudente valutazione caso per caso, che dovrà essere svolta dall’amministrazione aggiudicatrice. L’offerente non è nemmeno posto in una situazione che pregiudica la difesa della sua posizione giuridica, ferma restando la possibilità di un controllo effettivo, in capo agli organi giurisdizionali, avente ad oggetto l’esercizio da parte dell’amministrazione del potere di valutare l’adempimento degli obblighi professionali dell’operatore.

 

85.      In conclusione, non riscontro ragioni sulle quali fondare l’incompatibilità con il diritto dell’Unione della norma nazionale su cui verte la questione sollevata dal giudice del rinvio.

 

VI.    Conclusione

 

86.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo di rispondere al Consiglio di Stato (Italia) nei seguenti termini:

 

«L’articolo 45, paragrafi 2, lettere c), d), e g), e 3, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi non osta a una norma di diritto nazionale che consente all’amministrazione aggiudicatrice di:

 

      prendere in considerazione una condanna penale inflitta all’amministratore di un’impresa concorrente per un reato che incide sulla sua moralità professionale quando costui sia cessato dalla carica entro l’anno precedente alla pubblicazione del bando di gara, benché la condanna non fosse all’epoca definitiva;

 

      escludere dalla partecipazione all’appalto la predetta impresa concorrente, per non essersi dissociata in maniera completa ed effettiva dalla condotta penalmente sanzionata dell’amministratore».

 

1      Lingua originale: lo spagnolo.

 

2 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114).

 

3      Decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163, codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (GURI n. 100 del 2 maggio 2006) (in prosieguo: il «CCP»).

 

4      R eati di «partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE 2004/18».

 

5      S 145-251280.

 

6      Citazione, in tal senso, della sentenza del 13 dicembre 2012, Forposta e ABC Direct Contact (C 465/11, EU:C:2012:801), punto 27.

 

7      Sentenza dell’11 dicembre 2014, Croce Amica One Italia (C 440/13, EU:C:2014:2435), punto 28.

 

8      Nemmeno osta alla ricevibilità del rinvio pregiudiziale la circostanza, rilevata dalla provincia di Bolzano in udienza e sottolineata anche nel parere dell’ANAC del 25 febbraio 2015, che il Consiglio di Stato avesse già emesso una sentenza in un caso simile, confermando l’esclusione della Mantovani da un altro appalto pubblico per motivi analoghi. Tale sentenza (numero 6284), pronunciata il 22 dicembre 2014 dal Consiglio di Stato in una composizione collegiale (Quarta Sezione) diversa da quella che solleva la questione pregiudiziale (Sesta Sezione), dichiarava legittima l’esclusione della Mantovani dal procedimento di aggiudicazione per non aver dimostrato la dissociazione effettiva dalla condotta penalmente rilevante dei suoi amministratori, avendo omesso di comunicare le condanne che costoro avevano subito.

 

9      Stando alle osservazioni svolte in udienza, non vi sarebbero ostacoli processuali nel diritto nazionale perché il giudice a quo prenda in considerazione questa parte della risposta pregiudiziale allo scopo di risolvere in definitiva la controversia.

 

10      Sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF (C 425/14, EU:C:2015:721), punto 20 e la giurisprudenza ivi citata.

 

11      Se-

 

12      C-

 

13      Sentenza del 9 febbraio 2006 (C 226/04 e C 228/04, EU:C:2006:94), punti 21 e 23.

 

14      Direttiva del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU 1992, L 209, pag. 1).

 

15      Sentenza del 10 luglio 2014 (C 358/12, EU:C:2014:2063).

 

16      Sentenza del 9 febbraio 2006 (C 226/04 e C 228/04, EU:C:2006:94).

 

17      C-171/15 P, EU:C:2016:948, punto 29.

 

18      Causa Connexxion Taxi Services (C 171/15, EU:C:2016:506), paragrafo 44.

 

19      Sentenza del 10 luglio 2014 (C 358/12, EU:C:2014:2063), punti 29, 31 e 32.

 

20      Nell’esaminare la causa di esclusione per errori professionali ai paragrafi 75 e segg. delle presenti conclusioni farò riferimento agli elementi di prova in relazione all’articolo 45, paragrafo 3, della direttiva 2004/18.

 

21      Per il relativo elenco v. nota 4. Tutti essi incidono sulla moralità professionale dei relativi autori.

 

22      In udienza, alcune parti hanno invocato gli articoli 38, paragrafo 2, e 46, del CCP come espressione del dovere dei concorrenti di indicare, nelle proprie dichiarazioni all’amministrazione aggiudicatrice, le sentenze di condanna. Nella sentenza del 22 dicembre 2014, cit. supra alla nota 8, le medesime norme sono state richiamate dal Consiglio di Stato.

 

23      La Mantovani sostiene che, nel diritto interno, gli unici errori gravi idonei a integrare le condizioni di cui all’articolo 38, primo comma, lettera f), del CCP sono quelli commessi nell’ambito dei suoi precedenti rapporti con le amministrazioni aggiudicatrici (sebbene ammetta che si potrebbero estendere ad altri ambiti, quali quelli delle infrazioni nel settore della concorrenza). Quand’anche così fosse (argomento respinto dalla Provincia di Bolzano), tale circostanza non inciderebbe sulla risposta pregiudiziale, limitata all’interpretazione dell’articolo 45, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2004/18, il cui tenore esclude chiaramente tale presunta restrizione. Si tenga altresì conto del fatto che il Consiglio di Stato ha ribadito che la formulazione dell’articolo 38, primo comma, lettera f), del CCP «riproduce quella comunitaria e di conseguenza rende rilevanti tutti gli errori professionali commessi» (sentenza della Quinta Sezione del 20 novembre 2015, n. 5299, emessa nell’ambito del ricorso n. 7974 del 2012).

 

24      S-

 

25      Al punto 28 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Croce Amica One Italia (C-440/13, EU:C:2014:2435), la Corte ha rilevato che, con riferimento all’errore grave nell’esercizio

 

26      S-

 

27      Dalla -.

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