HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Molise, 3/10/2017 n. 331
La Regione non può decidere di aumentare la propria partecipazione ad una società che possiede uno Zuccherificio, al fine di conservare sia il livello occupazionale sia una importante risorsa produttiva.

L'art. 3, co. 27 della l. 24 dicembre 2007, n. 244, non consente alle Amministrazioni pubbliche di procedere alla costituzione o di mantenere partecipazioni che abbiano per oggetto la produzione di beni e di servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Pertanto, nel caso di specie, la Regione, non può decidere di aumentare la propria partecipazione ad una società che possiede uno Zuccherificio, non essendo sufficiente a tal fine la finalità di conservare sia il livello occupazionale sia una importante risorsa produttiva. Tali finalità di salvaguardia della struttura produttiva regionale e dell'occupazione, chiaramente prioritarie per qualunque funzione di indirizzo politico, non possono più essere perseguite, alla luce del dato rappresentato dal citato art. 3, co. 27 della l. n. 244/2007, mediante il diretto intervento nel capitale di individuate società private, dovendo invece costituire oggetto di politiche più generali volte a creare per tutti gli imprenditori, e non per singole realtà produttive (per quanto rilevanti), le migliori condizioni (in termini di infrastrutture, istruzione, semplificazione ecc.), per poter avviare e mantenere la propria attività di impresa.

Materia: società / partecipazione pubblica

Pubblicato il 03/10/2017

 

N. 00331/2017 REG.PROV.COLL.

 

N. 00107/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 107 del 2012, proposto da:

G&B Investments S.p.A. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Stefano Cappellu C.F. CPPSFN57P18H501A, con domicilio eletto presso Tommaso David in Campobasso, via Mazzini, n.107;

 

contro

Regione Molise in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Campobasso, via Garibaldi, n. 124;

Regione Puglia in persona del presidente p.t. (non costituita in giudizio);

 

nei confronti di

Zuccherificio del Molise S.p.A. in p.l.r.p.t. (non costituita in giudizio);

 

per l'annullamento

della deliberazione della Giunta regionale del Molise n. 59 del 31 gennaio 2012, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 5 del 1 marzo 2012, unitamente al documento istruttorio allegato alla stessa;

della deliberazione del Consiglio regionale del Molise n. 17 del 4 febbraio 2012, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Molise n. 5 del 1 marzo 2012;

della deliberazione della Giunta regionale del Molise n. 188 del 20 marzo 2012 unitamente al documento istruttorio e agli allegati alla stessa;

di ogni altro atto o provvedimento consequenziale, incluso il verbale del 13 febbraio 2012, nonché di eventuali atti e contratti a tal fine stipulati, anche di nomina;

di ogni atto, antecedente, o susseguente, comunque connesso a quelli impugnati e per la conseguente declaratoria di inefficacia del verbale del 13 febbraio 2012.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Molise;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2017 e alla camera di consiglio del 5 luglio 2017 il dott. Domenico De Falco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in dato in data 24-26 aprile 2012 e depositato il successivo 27 aprile la società G&B Investments S.p.A. (di seguito G&B), socio privato dello Zuccherificio del Molise S.p.A. fino al 2012, ha chiesto, tra l’altro, l’annullamento della deliberazione del 31 gennaio 2012, n. 59 pubblicata sul BURM 5 del 1° marzo 2012 con cui la Giunta regionale del Molise ha, tra l’altro, stabilito di “dare disponibilità e mandato alla ricapitalizzazione societaria fino alla ricostituzione del capitale sociale, in conformità alla legge regionale n. 16/2010, eventualmente anche a titolo totalitario, nel rispetto della normativa vigente e dei principi indicati dalla Corte dei Conti, intervenendo attraverso un’azione combinata di fattori fino alla concorrenza necessaria, con il ricorso alla conversione di parte dei finanziamenti in essere, non inferiore al 50% del totale”; veniva altresì deciso di sottoporre al Consiglio regionale di approvare “l’intervento di ricapitalizzazione dello Zuccherificio del Molise S.p.A. e tutte le procedure connesse e conseguenti di seguito esplicitate, subordinando la sottoscrizione delle azioni alle dimissioni, su richiesta, degli amministratori o in mancanza, all’attivazione di una procedura di revoca per giusta causa, ove ricorra: a) conversione di parte dei finanziamenti in essere in capitalizzazione turnaround in linea con quanto già realizzato, con restituzione degli interessi, a tasso di mercato, maturati ai sensi della Disciplina comunitaria in forza della quale sono stati erogati i prestiti alla data di conversione in capitalizzazione; b) fissazione del 30.09.2015 quale termine ultimo per la restituzione dei prestiti residuali dell’operazione di consolidamento, comprensivi degli interessi maturati ai sensi della Disciplina comunitaria in forza della quale sono stati erogati i prestiti; c) perfezionamento amministrativo dei percorsi preordinati attraverso una riclassificazione delle poste alla luce delle definizioni e delle tipologie identificate dalla normativa comunitaria e nazionale ed alle indicazioni che derivano dalla Corte dei Conti; d) monitoraggio da parte del gruppo di lavoro incaricato che relazioni alla Giunta regionale ed al Consiglio regionale sulla sussistenza dei requisiti indicati dalla Corte dei Conti in ordine alla sostenibilità del percorso di ricapitalizzazione in riferimento al mantenimento dei requisiti di controllo, efficienza ed efficacia richiamati; e) individuazione successiva di un nuovo ed adeguato management che accompagni la società nell’attivazione del Piano Industriale e nel coordinato percorso di dismissione”.

E’ utile richiamare gli interventi sullo Zuccherificio che hanno preceduto l’adozione della gravata delibera per come descritti nel documento istruttorio ad essa allegato:

a) in data 27 novembre 2007 in risposta alla richiesta di informazioni pervenuta dalla Commissione europea per la verifica del rispetto da parte della Regione della disciplina degli aiuti su un progetto di ricapitalizzazione dello Zuccherificio, la Regione rilevava, tra l’altro, di essere coinvolta in maniera decisiva nelle scelte imprenditoriali della società e nella definizione della politica industriale e finanziaria, non comportandosi come un mero socio apportatore di capitali, ma come guida imprenditoriale della società stessa, fiduciosa, al contempo, nella solidità dell’azienda e nella circostanza che anche l’investitore privato mantenesse il proprio impegno finanziario a favore della società:

b) con delibera 10 dicembre 2008, n. 392 la Giunta regionale del Molise riaffermava “la volontà di consentire la continuazione dell’attività saccarifera anche integrandola con altre attività”;

c) con legge regionale 13 gennaio 2009, n. 1 la Giunta regionale veniva autorizzata “a deliberare idonei interventi che possono prevedere la cessione dei complessi aziendali di proprietà della medesima società ovvero la ristrutturazione economica e finanziaria delle imprese stese, da realizzarsi anche a mezzo di ulteriori sottoscrizioni di aumenti di capitale, sulla base di adeguati e motivati programmi di risanamento”;

d) con delibera del 26 marzo 2009, n. 294 la Giunta autorizzava l’erogazione di un prestito in favore dello Zuccherificio fino a € 15.000.000 con tasso calcolato sulla base della Comunicazione della Commissione europea 2008/C14/02 al fine di escludere la configurabilità dell’aiuto di Stato vietato;

e) con delibera 27 novembre 2009, n. 1126 la Giunta regionale decideva di non procedere all’esercizio del diritto di prelazione sulle azioni che il socio privato, ing. Tesi, aveva deciso di alienare sul presupposto che la Regione dovesse progressivamente svincolarsi dalla gestione delle partecipate “che non rientra, evidentemente, nelle funzioni istituzionali”;

f) con delibera 1° febbraio 2010, n. 52 la Giunta regionale, preso atto dell’acquisto della quota dell’ing. Tesi da parte della G&B dichiarava di possedere il 59 per cento del capitale sociale e chiedeva al management dello Zuccherificio la predisposizione di un piano industriale entro 90 giorni;

g) con deliberazione del 16 febbraio 2010, n. 94 la Giunta regionale approvava alcuni interventi sullo statuto dello Zuccherificio e finanziari tra cui l’erogazione <<di un prestito pari ad € 5.000.000 e di una azione di capitalizzazione, in conto futuro aumento di capitale, pari ad € 10.000.000. Il prestito che prevede un tasso, a valore di mercato, calcolato in riferimento alla comunicazione della Commissione 2008/C14/02… per cui è privo di elementi di Aiuto di Stato”; “definire una specifica exit strategy nei confronti della propria presenza patrimoniale, consistente in una progressiva dismissione, entro un congruo numero di anni, alle condizioni più favorevoli di mercato…”; “autorizzare l’istruttoria per l’erogazione di € 10.000.000 a titolo di turnaround a condizioni di mercato con strategia di uscita definita>>.

h) con delibera di Giunta regionale 26 febbraio 2010, n. 121 si dava mandato al Presidente di emettere una lettera di Patronage a favore di Unicredit Corporate Banking per fare avere allo Zuccherificio linee di credito per € 8.000.000;

i) con deliberazione 7 giugno 2010, n. 465 veniva dato mandato alla società GAM s,r.l. per l’individuazione del miglior percorso per pervenire alla dismissione della partecipazione regionale al capitale dello Zuccherificio;

l) con legge della Regione Molise 20 agosto 2010, n. 16 è stato stabilito che: <<Ai sensi dell'articolo 6, comma 19, della Manovra nazionale, la Regione Molise non può, salvo quanto previsto dall'articolo 2447 del codice civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, ne' rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali>>.

m) con delibera dell’assemblea straordinaria del 10 dicembre 2010 lo Zuccherificio del Molise S.p.A. deliberava di coprire le perdite di oltre 6 milioni di euro mediante riduzione del capitale e successivo aumento a 7.000.000, sulla base della delibera della Giunta regionale che nelle more del giudizio ha condotto poi alla sentenza n. 1559/2010 (20 dicembre 2010);

n) con sentenza 20 dicembre 2010, n. 1559 questo Tribunale ha annullato la delibera n. 94/2010 con cui la Giunta regionale aveva deliberato l’erogazione di un prestito da 15.000.000 di euro allo Zuccherificio, rilevando che essa contraddiceva la volontà espressa dalla stessa Regione con precedenti delibere di uscire dalla compagine sociale ed era poi stata adottata dalla Giunta e non dal Consiglio secondo quanto previsto dallo Statuto regionale in materia.

o) a causa di ulteriori perdite il Consiglio di amministrazione nella riunione del 25 gennaio 2012 deliberava di proporre all’assemblea dei soci la riduzione del capitale per perdite e l’aumento per euro 15.000.000. Con deliberazione della Giunta regionale del 31 gennaio 2012 approvata dal Consiglio regionale con delibera del 4 febbraio n. 17, la Regione Molise deliberava, tra l’altro, di: <<attivare senza indugi, il percorso di exit strategy, immediatamente conseguente al ripristino delle condizioni di normale operatività, stabilità finanziaria, fissando nel termine di tre mesi l’emanazione della manifestazione di interesse all’acquisto; 7) dare disponibilità e mandato alla ricapitalizzazione societaria fino alla ricostituzione del capitale sociale, in conformità alla l.r. n. 16/2010, eventualmente anche a titolo totalitario, nel rispetto della normativa vigente e dei principi della Corte dei Conti>>;

p) con delibera del 13 febbraio 2012, la società Zuccherificio del Molise statuiva il previo azzeramento del capitale sociale e la sua ricostituzione mediante l’emissione di azioni ordinarie per euro 8.083.663 al prezzo di 1 euro per azione. Avverso tale determinazione, parte ricorrente rilevava che non era possibile sottoscrivere il nuovo aumento di capitale da parte della Regione stante il divieto di cui all’art. 3, co. 27 della l. n. 244/2007. Ciò nonostante la Regione Molise sottoscriveva l’aumento di capitale e il socio privato G&B investments impugnava i provvedimenti dettagliati in epigrafe adottati dalla Giunta e dal Consiglio della Regione Molise, dai quali scaturiva la segnalata delibera di aumento di capitale.

Avverso tali atti parte ricorrente ha proposto i motivi di impugnazione così di seguito rubricati e sintetizzati.

I) Violazione dell’art. 3, commi 27, 28 e 29 della l. n. 244/2007; eccesso di potere per manifesta contraddittorietà; sviamento dalla causa tipica; difetto di motivazione; difetto dei presupposti per la compensazione del credito da finanziamento soci; violazione del principio di economicità, efficacia ed efficienza dell’Amministrazione; violazione dell’art. 97 della Cost. del principio di buon andamento.

Parte ricorrente evidenzia che l’art. 3, co. 27 della l. n. 244/2007 non consente alle Amministrazioni pubbliche di procedere alla costituzione o di mantenere partecipazioni che abbiano per oggetto <<la produzione di beni e di servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali>>; nel caso in cui le P.A. detengano tali partecipazioni esse devono entro 36 mesi alienarle a terzi nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica.

Nella fattispecie la Regione non ha operato alcuna ricognizione circa la coerenza tra la partecipazione detenuta e le finalità istituzionali, ma anzi, con una serie di determinazioni tra le quali quella con cui ha rinunciato alla prelazione sulle azioni del socio ing. Tesi, ha più volte evidenziato la necessità di disimpegnarsi dalla società ma poi è arrivata a detenere il 100% del capitale con un aumento degli investimenti nello Zuccherificio. Illegittima sarebbe pure la modalità di sottoscrizione attuata mediante compensazione con il credito erogato alla società in violazione dei presupposti civilistici. Inoltre la strutturale perdita dello Zuccherificio renderebbe la sottoscrizione pubblica sostanzialmente a fondo perduto in violazione del principio di buon andamento.

II) Violazione art. 6, co. 19, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 convertito nella l. 30 luglio 2010, n. 122; violazione dell’art. 3, co. 11, della l.r. n. 16/2010; violazione del principio dell’equilibrio economico e finanziario; eccesso di potere per manifesta contraddittorietà; violazione del principio di proporzionalità; difetto nei presupposti e di istruttoria; sviamento dalla causa tipica; difetto di motivazione.

La Regione avrebbe violato anche il d.l. n. 78/2010, trasposto anche a livello regionale, che vieta alle Amministrazioni pubbliche di effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito ovvero di rilasciare garanzie a favore delle società partecipate che abbiano registrato perdite per tre esercizi consecutivi, come avvenuto nel caso dello Zuccherificio che ha registrato perdite almeno dal 2007 al 2010. Ne consegue, prosegue parte ricorrente, che l’aumento di capitale avrebbe dovuto essere eseguito nei limiti di cui all’art. 2447 c.c. ammessi dalla legislazione regionale (art. 3, co. 11, l.r. n. 16/2010).

III) Violazione del principio di libera concorrenza; difetto dei presupposti e sviamento dei presupposti normativi; difetto di istruttoria e di motivazione; violazione dell’art. 97 Cost. e del principio del buon andamento della P.A.; eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e sviamento dalla causa tipica; eccesso di potere per distorsione della concorrenza; violazione del principio di par condicio; violazione del divieto di discriminazione e dell’obbligo di parità di trattamento, trasparenza e libera concorrenza di cui agli articoli 12, 45, 46, 49 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità Europea; violazione dei principi di correttezza e buona fede; violazione del principio di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa; disparità di trattamento; violazione dell’art. 3, co. 27, della l. n. 244/2007; violazione del principio di proporzionalità.

L’Amministrazione avrebbe dovuto alienare la propria partecipazione attuando l’obbligo di dismissione sicché il socio privato avrebbe potuto decidere se esercitare il proprio diritto di prelazione e, in difetto, la Regione avrebbe dovuto procedere allo smobilizzo attraverso una procedura di evidenza pubblica.

IV) Violazione del principio del giusto procedimento ai sensi della L. 241/1990; violazione dei principi fondamentali dell’autotutela; violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 6, 7, 10-bis, 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241/1990; eccesso di potere nelle forme sintomatiche dello sviamento dall’interesse pubblico e dalla causa tipica e del travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità manifesta, carenza di istruttoria e di motivazione; eccesso di potere nella forma sintomatica della perplessità.

Le delibere gravate, costituirebbero nella sostanza una forma di autotutela sulle precedenti determinazioni con le quali l’Ente era pervenuto alla determinazione di uscire dalla compagine sociale dello Zuccherificio nell’attuazione di una sempre invocata exit strategy; sennonché tale autotutela è stata posta in essere senza l’adempimento di quelle regole procedimentali che presiedono all’adozione degli atti di secondo grado.

Inoltre, le delibere impugnate sarebbero viziate anche sotto il profilo della deviazione dalla finalità pubblica, in quanto rivolte essenzialmente ad estromettere il socio privato non più in grado di sottoscrivere i continui aumenti.

Si è costituita la Regione Molise e, con atto depositato in data 5 marzo 2015, ha introdotto una articolata ricostruzione fattuale della storia dell’intervento pubblico nello Zuccherificio.

Con ordinanza 14 maggio 2015, n. 212 questo Tribunale ha rilevato che nei confronti dello Zuccherificio del Molise S.p.A. era stata avviata una procedura concorsuale della quale, tuttavia, non erano stati chiariti natura e termini e che fosse essenziale, ai fini del decidere, acquisire completa contezza della procedura a cui era sottoposta la predetta società, onerando le parti di produrre le informazioni sul punto.

In data 8 ottobre 2015 la Regione ha depositato la sentenza con cui il Tribunale di Larino ha dichiarato la risoluzione del concordato e il fallimento dello Zuccherificio del Molise S.p.A..

Con la memoria depositata in data 27 ottobre 2015, l’Amministrazione ha ulteriormente articolato le proprie difese.

In particolare, la Regione deduce preliminarmente il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, sul presupposto che le determinazioni impugnate costituirebbero in realtà atti di tipo interno del socio azionista la cui natura di Amministrazione pubblica non influirebbe sul carattere privato dell’atto posto in essere, senza considerare che oggetto dell’impugnativa sarebbe essenzialmente la delibera della assemblea straordinaria dello Zuccherificio sul cui scrutinio di legittimità sussiste chiaramente la giurisdizione ordinaria.

Sarebbe poi ravvisabile una carenza di interesse al ricorso per il fatto che il socio privato non ha aderito all’aumento del capitale determinandosi così la sua estromissione dalla compagine sociale, con l’effetto che non avrebbe titolo a chiedere l’annullamento delle delibere assembleari. Nel merito, l’intervento regionale di ricapitalizzazione sarebbe stato reso necessario proprio dalle inadempienze in sede gestionale del socio privato mentre la convocazione dell’assemblea e la ricapitalizzazione sarebbero in linea con l’art. 3, co. 11, della l.r. n. 16/2010 che ha attuato nell’ordinamento regionale l’art. 6 del d.l. n. 78/2010 e che imporrebbe secondo parte resistente anche alle Amministrazioni pubbliche la ricapitalizzazione in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale.

Con ordinanza del 15 gennaio 2016 n. 16, preso atto dell’intervenuto fallimento, questo Tribunale dichiarava l’interruzione del processo.

Con atto di riassunzione notificato in data 22 aprile 2016 e depositato il successivo 25 maggio la G&B Investments tornava a riproporre le censure e le domande proposte con il ricorso introduttivo e la Regione con atto depositato in data 25 ottobre 2016 rinnovava la propria costituzione in giudizio.

All’udienza pubblica del 5 aprile 2017 la causa veniva discussa ma veniva convocata una nuova camera di consiglio il 5 luglio 2017, all’esito della quale la causa veniva introitata per la decisione.

Occorre principiare lo scrutinio dalle eccezioni preliminari di parte resistente.

Con la prima eccezione preliminare, la Regione deduce il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, sul presupposto che oggetto di contestazione sono determinazioni di tipo interno che attengono alla condotta da adottare quale socio privato di una società. Si assume in sostanza che dette delibere, anche se atti unilaterali, non avrebbero natura provvedimentale, ma parteciperebbero della natura convenzionale dei negozi societari.

L’eccezione non merita positiva considerazione.

Da tempo la giurisprudenza si è orientata nel senso di distinguere gli atti prodromici all’adozione delle delibere societarie che maturano all’interno della sfera giuridica dell’ente pubblico azionista dalle delibere stesse, come ha chiarito autorevolmente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato <<tali atti prodromici vanno, sul piano logico, cronologico e giuridico, tenuti nettamente distinti dai successivi atti negoziali, sempre imputabili all’ente pubblico, con cui l’ente, spendendo la sua capacità di diritto privato, pone in essere un atto societario (costituzione di una società, acquisto o vendita di quote societarie, modifica o scioglimento di una società). Gli atti prodromici attengono al processo decisionale, che da ultimo si esterna nel compimento di un negozio giuridico societario. Mentre per un soggetto privato il processo decisionale resta ordinariamente relegato nella sfera interna del soggetto, e ciò che rileva è solo il negozio giuridico finale, per un ente pubblico esso assume la veste del procedimento amministrativo, e ciò sotto un duplice profilo>> (Cons. Stato, Ad. Plen. 3 giugno 2011, n. 10). Ulteriore e specifico profilo di rilevanza pubblicistica è costituito dal fatto che nel caso della costituzione di una società come anche nel caso della decisione di pervenire all’aumento del capitale sociale vengono in evidenza aspetti organizzatori, essendo evidente l’incidenza della relativa scelta sulle modalità di perseguimento dell’interesse pubblico. A maggior ragione, dunque, in questa fattispecie si impone una chiara separazione del momento pubblicistico, rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo, e quello privatistico, tipicamente riservato al giudice ordinario.

Quanto all’interesse legittimante il ricorso da parte del socio privato, esso non può essere escluso sul presupposto che la società ricorrente non abbia partecipato alla sottoscrizione dell’aumento determinandosi così la sua estromissione dalla compagine sociale. E infatti, siffatta argomentazione potrebbe, al più, invocarsi nel caso di impugnazione diretta della delibera assembleare (fermo restando che anche in tale caso può residuare un interesse coincidente proprio con l’abuso di maggioranza), ma non può certo essere addotto nel caso di impugnazione della determinazione posta a monte con cui l’Ente decide di pervenire all’aumento del capitale, invocando un interesse pubblico che, invece, il socio privato nella fattispecie ritiene insussistente ed anzi ravvisa nel solo intendimento di escluderlo dalla compagine societaria per consentire all’Ente pubblico di esercitare un potere incontrastato nella gestione della società partecipata.

Vero è poi che l’annullamento dei provvedimenti impugnati potrebbe anche non recare un’utilità diretta alla ricorrente tenuto conto dell’avvenuta esecuzione dell’aumento di capitale e del successivo fallimento del compendio societario, ma è anche vero che in questa sede non può escludersi che la società attrice possa conseguire una qualche utilità dalla declaratoria di illegittimità delle delibere impugnate per il tramite di rimedi risarcitori per i danni che essa eventualmente provi di aver subito.

Ciò chiarito in via preliminare, può ora passarsi all’esame dei motivi di merito del ricorso.

Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3, co. 27 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 che non consente alle Amministrazioni pubbliche di procedere alla costituzione o di mantenere partecipazioni che abbiano per oggetto <<la produzione di beni e di servizi non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali>>.

Il motivo è fondato alla stregua delle considerazioni che di seguito si espongono.

Occorre al riguardo richiamare la distinzione, prima accennata, tra (i) enti investiti di compiti pubblici specifici (ad esempio le Università, oggetto della riferita pronuncia della Plenaria), da una parte, ed (ii) enti pubblici territoriali, quali le Regioni, esponenziali degli interessi economico/sociali delle comunità di riferimento, dall’altra – aventi, come detto, finalità generali, che comprendono, tra l’altro, la promozione dell’economia locale.

Per i primi, il nesso di strumentalità necessaria (già in passato richiesto dalla giurisprudenza, ed oggi codificato dalla legge) sembra rinvenibile solo quando vi sia una diretta attinenza, da scrutinarsi in concreto (caso per caso), tra l’oggetto della società partecipata e il particolare fine pubblico demandato alla cura dell’ente dalla norma attributiva del potere di amministrazione. Occorre – quindi – che emerga, nelle fattispecie di volta in volta considerate, la sussistenza di tale stretto nesso tra finalità pubblica e oggetto sociale, come esige la più volte citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.

Per contro, la valutazione sull’applicazione del divieto con riguardo agli enti del secondo tipo si presenta più complessa.

Secondo una prima possibile lettura, che si porrebbe in linea con un orientamento più permissivo, la verifica della strumentalità (delle partecipazioni in società bancarie) rispetto ai fini istituzionali degli enti territoriali dovrebbe generalmente dare esito positivo, con l’esclusione – probabilmente – dei soli casi limite in cui lo specifico scopo societario non possa in alcun modo essere funzionalizzato al perseguimento di qualsivoglia interesse pubblico. Nella normalità dei casi, infatti, le ampie finalità pubbliche degli enti territoriali riducono la capacità selettiva del criterio teleologico codificato dal cit. art. 3, comma 27, rendendo nella sostanza scarsamente sindacabile l’apprezzamento svolto dall’ente in ordine alla sussistenza del nesso di strumentalità tra la partecipazione e le proprie ampie finalità. In quest’ottica, il nesso non sarebbe escluso dalla natura commerciale dell’attività svolta in forma societaria, atteso che l'articolo 3, comma 27 non conterrebbe una preclusione generalizzata, ma vieterebbe alle amministrazioni soltanto di operare, tramite la costituzione o la partecipazione a società, in mercati privi di qualificato collegamento con le proprie finalità istituzionali.

Secondo un’impostazione più rigorosa, che trova eco in alcune pronunce della giurisprudenza contabile (rese in sede di controllo), e a cui il Collegio aderisce, obiettivo della disposizione contenuta nella l. finanziaria 2008 sarebbe (anche) quello di eliminare l’esposizione degli enti locali al rischio imprenditoriale, limitandone l’attività all’esercizio delle funzioni di amministrazione attiva. Su tale base, è stato affermato, allora, che l’art. 3, comma 27, l. n. 244 del 2007 «consent[irebb]e la costituzione di nuove società per lo svolgimento di “attività istituzionali” dell’ente medesimo e non per attività [soltanto] “collegate” in qualsiasi modo ad attività istituzionali» (cfr. Corte Conti, Sezione regionale di controllo per la Sardegna, parere n. 28 del 29 marzo 2012). Ne consegue la necessità di apprezzare in concreto il nesso di strumentalità necessaria tra le partecipazioni detenute da ciascun ente e l’esercizio delle funzioni amministrative ad esso normativamente attribuite. Tale verifica sarebbe coerente con l’impostazione secondo cui l’attività economica pubblica non rappresenterebbe l’esercizio di una libertà, ma di una funzione, assegnata o consentita dalla legge al soggetto pubblico siccome strutturalmente destinata a soddisfare finalità sociali. Ai fini di siffatta verifica assume rilievo decisivo accertare che le partecipazioni in questione rappresentino in concreto uno strumento di promozione degli investimenti degli imprenditori (operanti nei più svariati comparti) che si insediano o che esercitano la loro attività nel territorio di tali enti.

Del resto la stessa Corte Costituzionale nell’esaminare l’art. 3, co. 27, della l. n. 244/2007, ha respinto i dubbi di illegittimità costituzionale sollevati da una Regione dopo averne ricostruito la ratio, ravvisata nella volontà di «evitare che soggetti dotati di privilegi svolgano attività economica al di fuori dei casi nei quali ciò è imprescindibile per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ovvero per la produzione di servizi di interesse generale… al fine di eliminare eventuali distorsioni della concorrenza».

Invero con il termine attività istituzionali di cui alla citata disposizione non si identifica uno specifico settore di attività e il carattere limitativo della disposizione scolora soprattutto se si ha riguardo alle finalità di tipo generale che contraddistinguono gli enti territoriali come è anche la Regione, con la conseguenza che potrebbe ritenersi rientrante nell’ambito delle finalità istituzionali anche il generico proposito di mantenere una struttura produttiva preesistente che contribuiva in modo sostanziale al PIL regionale e al mantenimento dei livelli occupazionali nel territorio regionale, secondo l’ordito argomentativo seguito anche dalla difesa regionale.

Sennonché riconoscere la coincidenza tra siffatti obiettivi e le finalità istituzionali significherebbe abilitare gli enti territoriali a finalità generali, come le Regioni, a porre in essere tutti i possibili interventi pubblici di salvataggio di realtà produttive locali, determinando nella sostanza, al netto della disciplina sugli Aiuti di Stato, un impegno per la finanza pubblica difficilmente sostenibile e certamente contrario alla ratio sottesa all’art. 3, co. 27, della l. n. 244/2007 e alla puntuale direzione di rigore finanziario riflessa anche nel nuovo articolo 81 della Costituzione.

Del resto la stessa Regione nel documento istruttorio allegato alla deliberazione della Giunta regionale del 31 gennaio 2012, n. 59 richiamava la delibera n. 1126 del 27 novembre 2009, con cui riconosceva espressamente che la partecipazione nello Zuccherificio del Molise non “non rientra, evidentemente, nelle funzioni istituzionali” e che risponde, invece, all’esigenza di “controllo a tutela dei valori sociali, economici ed occupazionali”.

Sennonché, ribadisce il Collegio, che tali finalità di salvaguardia della struttura produttiva regionale e dell’occupazione, chiaramente prioritarie per qualunque funzione di indirizzo politico, non possono più essere perseguite, alla luce del dato rappresentato dall’art. 3, co. 27 della l. n. 244/2007, mediante il diretto intervento nel capitale di individuate società private, dovendo invece costituire oggetto di politiche più generali volte a creare per tutti gli imprenditori, e non per singole realtà produttive (per quanto rilevanti), le migliori condizioni (in termini di infrastrutture, istruzione, semplificazione ecc.), per poter avviare e mantenere la propria attività di impresa.

D’altronde, una legittimazione della Regione a procedere all’aumento di capitale non potrebbe cogliersi nel d.l. 78/2010 dal quale potrebbe semmai evincersi un ulteriore limite all’investimento di risorse pubbliche in società che abbiano avuto perdite negli ultimi tre esercizi, con una sorta di valutazione a monte operata dal Legislatore di eccesiva rischiosità di tali tipologie di investimento.

Nella volontà del Legislatore della legge finanziaria 2008 pare, invece, ravvisabile l’intenzione di introdurre norme fondamentali di riforma economico-sociale orientate alla messa in concorrenza, che operano con l’imposizione alle pubbliche amministrazioni dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2011, della dismissione di incongrue partecipazioni ad attività imprenditoriali perché queste siano affidate non più a quella mano pubblica, bensì alle dinamiche proprie del mercato («Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato», esordisce il comma 27: e cfr. Corte Cost., 8 maggio 2009, n. 148, che riconduce queste disposizioni alla materia «tutela della concorrenza», di competenza legislativa esclusiva dello Stato). Si tratta di una legge che esprime un punto determinante nel processo di generale passaggio dal settore pubblico al settore privato di siffatte attività economiche, mediante forme di privatizzazione sostanziale che portano a conseguenze ulteriori un complesso processo generale a suo tempo avviato con l’apertura alla partecipazione azionaria in imprese pubbliche introdotta dall’art. 15 d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito dalla l. 8 agosto 1992, n. 359 (c.d. privatizzazione formale) (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 2016, n. 2424).

Del resto era proprio anche l’intenzione manifestata dalla stessa Regione nelle numerose delibere (anche la 1126 del 2009 secondo quanto rilevato anche con la sentenza di questo Tribunale n. 1559/2010) con cui l’Ente ha dichiarato che non si sarebbe impegnata ulteriormente e che intendeva percorrere una exit strategy che la conducesse alla dismissione di una partecipazione in una società produttrice di zucchero che la stessa Amministrazione riteneva per nulla funzionale e foriera di perdite sostanzialmente non controllabili.

Ma a tali dichiarazioni seguivano atti incoerenti quali la concessione di ulteriori prestiti fino alla sottoscrizione di aumenti di capitale che hanno condotto ad una situazione di totale controllo azionario da parte della Regione che non può ritenersi in linea con il dato normativo più volte richiamato.

In definitiva il motivo è fondato e il carattere assorbente di esso esonera il Collegio dall’esame degli ulteriori motivi di ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, annulla nei termini e limiti di cui in motivazione, la delibera della Giunta regionale del Molise n. 59 del 31 gennaio 2012, la deliberazione del Consiglio regionale del Molise n. 17 del 4 febbraio 2012 e la deliberazione della Giunta regionale del Molise n. 188 del 20 marzo 2012.

Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali in favore della ricorrente società che liquida complessivamente in euro 5.000 (cinquemila) a cui si aggiungono interessi ed accessori di legge oltre alla restituzione del contributo unificato.

Trasmette per informativa la presente sentenza alla Sede regionale della Corte dei Conti in Campobasso.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nelle camere di consiglio dei giorni 5 aprile 2017 e 5 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Silvio Ignazio Silvestri,          Presidente

Luca Monteferrante,  Consigliere

Domenico De Falco,  Referendario, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Domenico De Falco               Silvio Ignazio Silvestri

                       

IL SEGRETARIO

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici