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TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 9/2/2018 n. 380
Il principio di rotazione non ha una valenza precettiva assoluta per le stazioni appaltanti, nel senso di vietare, sempre e comunque, l'aggiudicazione all'affidatario del servizio uscente.

Per unanime giurisprudenza proseguita anche sotto il vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, il principio di "rotazione" degli operatori economici da invitare nelle procedure negoziate svolte in base all'art. 36 del d.lgs. n. 50/2016, pur essendo funzionale ad assicurare un certo avvicendamento delle imprese affidatarie, non ha una valenza precettiva assoluta per le stazioni appaltanti, sì che, a fronte di una normativa che pone sullo stesso piano i principi di concorrenza e di rotazione, la prevalente giurisprudenza si è ripetutamente espressa nel senso di privilegiare i valori della concorrenzialità e della massima partecipazione, per cui in linea di massima non sussistono ostacoli ad invitare anche il gestore uscente del servizio a prendere parte al nuovo confronto concorrenziale. Pertanto, ove il procedimento per l'individuazione del contraente si sia svolto in maniera essenzialmente e realisticamente concorrenziale, con invito a partecipare alla gara rivolto a più imprese, ivi compresa l'affidataria uscente, e risultino rispettati sia il principio di trasparenza che quello di imparzialità nella valutazione delle offerte, può dirsi sostanzialmente attuato il principio di rotazione, che non ha una valenza precettiva assoluta, per le stazioni appaltanti, nel senso di vietare, sempre e comunque, l'aggiudicazione all'affidatario del servizio uscente. Se, infatti, questa fosse stata la volontà del legislatore, sarebbe stato espresso il divieto in tal senso in modo assoluto.

Materia: appalti / disciplina

Pubblicato il 09/02/2018

N. 00380/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01929/2017 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1929 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Consorzio Canturino Pompe Funebri di Zanfrini Ornella & C. S.n.c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Bertacco, Antonio Donato Coscia e Roberto Rossi, con domicilio eletto presso lo studio degli avvocati Paolo Bertacco e Antonio Donato Coscia in Milano, via San Damiano, 9; 

contro

Comune di Cantù, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Giacalone, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Visconti di Modrone, 11; 

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della Determinazione dirigenziale n. 1117 del 26 luglio 2017 recante “annullamento d'ufficio ai sensi dell'art. 21-nonies della L. n. 241/1990 della procedura di affidamento del servizio di trasporti funebri del Comune di Cantù e della relativa aggiudicazione disposta con determinazione dirigenziale n. 490 del 29/03/2017. Caducazione automatica del consequenziale contratto rep. n. 18777 del 26/05/2017”;

- per quanto occorrer possa, della deliberazione del Consiglio comunale di Cantù del 17 luglio 2017

nonché per la condanna

- al risarcimento del danno;

per quanto riguarda i motivi aggiunti:

- dell'avviso di gara "per l'affidamento tramite procedura negoziata del servizio dei trasporti funebri a carico del Comune - periodo dal 01.03.2018 al 28.02.2021", nonché del relativo capitolato speciale d'appalto, dell'elenco degli invitati, del DGUE e del Modello di offerta economica, pubblicati sulla piattaforma SINTEL in data 14 dicembre 2017 (doc. 10 del Comune di Cantù);

- della Determinazione Dirigenziale (Registro n. 215 - Reg. generale n. 1960) datata 12 dicembre 2017 (doc. 18) mediante la quale il Dirigente delle Risorse Umane e Finanziarie del Comune di Cantù ha approvato ed indetto la procedura negoziata di cui ai precedenti provvedimenti;

nonché dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo e dunque

- della Determinazione dirigenziale n. 1117 del 26 luglio 2017 recante "annullamento d'ufficio ai sensi dell'art. 21-nonies della L. n. 241/1990 della procedura di affidamento del servizio di trasporti funebri del Comune di Cantù e della relativa aggiudicazione disposta con determinazione dirigenziale n. 490 del 29/03/2017. Caducazione automatica del consequenziale contratto rep. n. 18777 del 26/05/2017" (doc. 1);

- per quanto occorrer possa, della deliberazione del Consiglio comunale di Cantù del 17 luglio 2017 (doc. 2);

nonché

- per la condanna al risarcimento del danno.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cantù;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con determinazione dirigenziale n. 490 del 29.3.2017 il Comune di Cantù (CO) affidava, a seguito di procedura negoziata, alla società Consorzio Canturino Pompe Funebri di Zanfrini Ornella & C. Snc (di seguito, anche solo “Consorzio” oppure “società”), la gestione del servizio di trasporto funebre a carico del Comune dal 1.4.2017 al 31.3.2020.

Alla determinazione di affidamento faceva seguito la sottoscrizione del contratto di appalto il 26.5.2017.

Successivamente, però, il Comune avviava una procedura di autotutela e a conclusione della medesima, con determinazione dirigenziale n. 1117 del 2017, annullava d’ufficio tutti gli atti della procedura, compresa l’aggiudicazione e dichiarava la caducazione automatica dell’efficacia del contratto di appalto.

Contro la determinazione di annullamento succitata era proposto il ricorso principale, con domanda di sospensiva, affidato ad una pluralità di articolati motivi.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, concludendo per il rigetto del gravame.

In esito alla camera di consiglio del 21.9.2017, la Sezione IV del TAR Lombardia fissava l’udienza di discussione del ricorso con ordinanza n. 1853/2017, ai sensi degli articoli 119 e 120 del c.p.a., per la data del 25 gennaio 2018.

Nelle more di quest’ultima, l’amministrazione comunale resistente, con determinazione dirigenziale n. 1960/2017, indiceva una nuova procedura negoziata per l’affidamento del servizio di cui è causa per il periodo 1.3.2018-28.2.2021.

Contro la determinazione da ultimo indicata era proposto ricorso per motivi aggiunti, con una nuova domanda di sospensiva.

All’udienza cautelare dell’11.1.2018, l’istanza di sospensiva era rinunciata; contestualmente le parti rinunciavano anche ai termini a difesa sui motivi aggiunti, per consentire la loro trattazione all’udienza di merito già fissata dal Tribunale.

Alla pubblica udienza del 25.1.2018, la causa era discussa e trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Ai fini dell’esatta comprensione e trattazione del presente ricorso, occorre premettere che uno dei due soci amministratori e rappresentanti della società in nome collettivo ricorrente è il sig. Armando Arosio (cfr. la visura camerale, doc. 6 della ricorrente), che ha del resto sottoscritto il contratto di appalto con l’amministrazione comunale (cfr. il doc. 5 della ricorrente).

Il fratello del sig. Armando, vale a dire il sig. Edgardo Arosio, è stato eletto sindaco di Cantù in esito alle elezioni comunali del 2017.

Il sindaco eletto è quindi parente entro il secondo grado di un soggetto (socio amministratore e rappresentante di una società in nome collettivo), che al momento dell’elezione aveva un contratto in corso con il Comune, il che pone una questione di incompatibilità del sindaco stesso, ai sensi dell’art. 61, comma 1 bis, del D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico degli enti locali).

Parimenti, la signora Zanfrini Ornella, anch’essa socio amministratore e rappresentante della società esponente, è cognata e quindi affine del sindaco (il comma 1 bis citato estende l’incompatibilità anche agli affini entro il secondo grado).

La questione sull’asserita incompatibilità non è contestata dalle parti processuali e risulta dalla documentazione versata in giudizio, in particolare dal verbale della seduta del consiglio comunale di Cantù del 17.7.2017 (avente all’ordine del giorno la convalida degli eletti), seduta nel corso della quale lo stesso sindaco effettuava un lungo intervento dedicato proprio al problema dell’incompatibilità (cfr. il doc. 2 della ricorrente).

La succitata vicenda del sindaco sig. Arosio aveva anche una vasta eco sulla stampa locale (cfr. il doc. 9 della ricorrente).

Ciò premesso, attraverso l’attuale ed articolato gravame principale, la società esponente lamenta l’illegittimità del provvedimento di annullamento in autotutela della gara ad essa aggiudicata, evidenziando non solo la radicale insussistenza dei presupposti di legge per l’autotutela amministrativa (art. 21 nonies della legge 241/1990), ma anche lo sviamento di potere in cui sarebbe incorso il Comune di Cantù, che avrebbe disposto l’atto di ritiro unicamente per risolvere la questione dell’incompatibilità del sindaco eletto, quindi esercitando il potere amministrativo di autotutela per una finalità non consentita dalla legge.

1.1 Il provvedimento di autotutela ivi impugnato individua tre vizi di illegittimità della pregressa procedura di gara, che aveva condotto all’aggiudicazione dell’appalto a favore del Consorzio (cfr. il provvedimento impugnato, doc. 1 della ricorrente).

La precedente procedura negoziata era stata indetta ai sensi dell’art. 36 del D.Lgs. 50/2016 (codice dei contratti pubblici o anche solo “codice”), ed il Comune aveva fissato al 13.1.2017 la data per la trasmissione delle manifestazioni di interesse alla partecipazione alla procedura di gara (cfr. il doc. 1 della resistente, vale a dire la determinazione dirigenziale n. 2908/2016).

Nelle more di quest’ultima, tuttavia, lo stesso Comune decideva di modificare, in senso meno restrittivo, uno dei requisiti di partecipazione, riguardante le capacità tecniche e professionali, rettificando di conseguenza tale requisito, allo scopo di consentire una maggiore partecipazione alla gara (in particolare, lo svolgimento di pregressi servizi identici era richiesto a favore di una sola pubblica amministrazione e non più a favore di cinque amministrazioni, cfr. il doc. 2 della resistente).

La determinazione di rettifica del citato requisito, n. 2/2017, era pubblicata all’albo pretorio per quindici giorni, dal 10 gennaio al 25 gennaio 2017, come attestato dal doc. 11 della ricorrente, vale a dire la copia della determinazione citata con allegato il certificato di avvenuta pubblicazione.

Tuttavia, se la determinazione di rettifica era ritualmente pubblicata, il termine per la trasmissione delle manifestazioni di interesse rimaneva formalmente fissato ancora al 13.1.2017, il che – secondo l’amministrazione – configurerebbe un vizio di illegittimità della originaria procedura di gara.

Tale tesi non può trovare accoglimento.

Innanzi tutto, il termine per la manifestazione di interesse a fronte di un avviso esplorativo, concretante una semplice indagine di mercato, non appare di per sé perentorio (in ogni caso non risulta una previsione di legge in tal senso), essendo il carattere della perentorietà riservato semmai al successivo termine per la presentazione delle offerte di gara.

Nel caso di specie, poi, a fronte dell’approvazione e della successiva rituale pubblicazione della determinazione di rettifica del requisito (si noti che sia la determina che approva l’avviso esplorativo sia quella successiva di rettifica provengono dallo stesso ufficio comunale e sono sottoscritte dallo stesso dirigente, cfr. i documenti 1 e 2 del resistente), il mantenimento del termine del 13.1.2017 per la trasmissione delle manifestazioni di interesse assurge tutt’al più a mera irregolarità, non sussistendo ostacoli per gli operatori alla presentazione di manifestazioni di interesse entro il termine di pubblicazione del provvedimento di rettifica (25.1.2017).

Non risulta, inoltre, che taluni operatori abbiano manifestato il loro interesse e siano stati esclusi dal Comune attraverso il richiamo al citato termine del 13.1.2017.

Il provvedimento di autotutela richiama sul punto l’art. 4.1.4 delle Linee Guida ANAC n. 4/2016, (<<La stazione appaltante assicura l’opportuna pubblicità dell’attività di esplorazione del mercato, scegliendo gli strumenti più idonei in ragione della rilevanza del contratto per il settore merceologico di riferimento e della sua contendibilità, da valutare sulla base di parametri non solo economici. A tal fine la stazione appaltante pubblica un avviso sul profilo di committente, nella sezione “amministrazione trasparente” sotto la sezione “bandi e contratti”, o ricorre ad altre forme di pubblicità. La durata della pubblicazione è stabilita in ragione della rilevanza del contratto, per un periodo minimo identificabile in quindici giorni, salva la riduzione del suddetto termine per motivate ragioni di urgenza a non meno di cinque giorni>>), ma tale prescrizione non appare violata, posto che la determinazione di rettifica è stata pubblicata per quindici giorni.

1.2 Il secondo presunto vizio di illegittimità della procedura di gara è rinvenuto dall’amministrazione nella violazione del principio di rotazione degli inviti di cui all’art. 36, comma 2, lettera b) del codice, come interpretato dall’art. 4.2.2 delle Linee Guida ANAC n. 4/2016.

Il Consorzio ricorrente era, infatti, gestore uscente del servizio, sicché l’invito a partecipare rivolto allo stesso è stato reputato illegittimo dal Comune in sede di autotutela.

Anche in tale caso però, non sembra ravvisarsi un vizio di legittimità dell’azione amministrativa o perlomeno un vizio di gravità tale da giustificare fondatamente un provvedimento di autotutela amministrativa a fronte di un contratto di appalto in corso di esecuzione.

Infatti, se è pur vero che l’art. 36, comma 2, lettera b), del codice, prevede il rispetto, fra gli altri criteri, di un criterio “di rotazione degli inviti”, parimenti non sussiste un divieto assoluto di invito del gestore uscente, non assurgendo il principio di rotazione a regola inderogabile.

In tal senso, si vedano TAR Toscana, sez. II, 12.6.2017, n. 816, per cui il principio di rotazione è servente e strumentale a quello di concorrenza, sicché non può disporsi l’estromissione del gestore uscente allorché ciò finisca per ridurre la concorrenza, e TAR Veneto, sez. I, 26.5.2017, n. 515, secondo cui: <<…per unanime giurisprudenza proseguita anche sotto il vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, il principio di "rotazione" degli operatori economici da invitare nelle procedure negoziate svolte in base all'art. 36 del d.lgs. n. 50/2016, pur essendo funzionale ad assicurare un certo avvicendamento delle imprese affidatarie, non ha una valenza precettiva assoluta per le stazioni appaltanti, sì che, a fronte di una normativa che pone sullo stesso piano i principi di concorrenza e di rotazione, la prevalente giurisprudenza si è ripetutamente espressa nel senso di privilegiare i valori della concorrenzialità e della massima partecipazione, per cui in linea di massima non sussistono ostacoli ad invitare anche il gestore uscente del servizio a prendere parte al nuovo confronto concorrenziale (in questi termini: Consiglio di Stato, Sez. VI, 28.12.2011, n. 6906; TAR Napoli, II, 08.03.2017 n. 1336; TAR Lazio, Sez. II, 11.03.2016 n. 3119). Pertanto, "ove il procedimento per l'individuazione del contraente si sia svolto in maniera essenzialmente e realisticamente concorrenziale, con invito a partecipare alla gara rivolto a più imprese, ivi compresa l'affidataria uscente, e risultino rispettati sia il principio di trasparenza che quello di imparzialità nella valutazione delle offerte, può dirsi sostanzialmente attuato il principio di rotazione, che non ha una valenza precettiva assoluta, per le stazioni appaltanti, nel senso di vietare, sempre e comunque, l'aggiudicazione all'affidatario del servizio uscente. Se, infatti, questa fosse stata la volontà del legislatore, sarebbe stato espresso il divieto in tal senso in modo assoluto" (TAR Napoli, II, 27.10.2016 n. 4981)>>.

Con riguardo poi all’art. 4.2.2 delle Linee Guida di ANAC, si rileva che si tratta di un atto avente natura amministrativa e meramente interpretativa della superiore norma di legge, tanto è vero che la stessa ANAC ha deliberato nella seduta del 20.12.2017 una modifica a tale norma, attualmente in attesa di approvazione definitiva.

1.3 Il terzo presunto motivo di illegittimità della procedura di gara annullata d’ufficio riguarda il requisito di partecipazione di carattere economico e finanziario; l’avviso esplorativo per la manifestazione di interesse prevedeva - quale requisito in tal senso - la presentazione di due “attestazioni bancarie” (cfr. ancora il doc. 1 del resistente), mentre la successiva lettera di inviato, all’art. 5.1.4 sostituiva alle referenze bancarie, quale prova del requisito, il “fatturato di almeno euro 50.000,00 nel triennio 2014/2016” (cfr. il doc. 10 della ricorrente, pag. 3).

La modifica del requisito effettuata dalla stazione appaltante sarebbe – a detta del Comune - illegittima, considerato che il Consorzio ha provato il requisito di carattere finanziario con la dichiarazione del fatturato e non con l’esibizione delle referenze bancarie.

Anche in tal caso, però, è dubbia la sussistenza di un vizio di legittimità idoneo a travolgere l’intera procedura di gara: la società ricorrente ha comunque dato la prova del requisito nel rispetto delle prescrizioni della lettera di invito (cfr. il doc. 15 della ricorrente), lo stesso provvedimento impugnato ammette che il Consorzio poteva essere ammesso al soccorso istruttorio “a pagamento” (il che preclude l’esclusione dalla gara), senza contare che nell’atto di autotutela non viene in ogni modo evidenziata la presunta mancanza in concreto della capacità e solidità finanziaria in capo all’appaltatore.

1.4 Se non appaiono quindi sussistere i vizi di legittimità della procedura di gara indicati nel provvedimento di autotutela, parimenti quest’ultimo appare illegittimo laddove espone le ragioni di pubblico interesse che, a norma dell’art. 21 nonies della legge 241/1990, dovrebbero giustificare l’autotutela, a fronte anche dell’interesse del destinatario che, nel caso di specie, è rappresentato da un’impresa che, al momento dell’atto di ritiro, stava già eseguendo le prestazioni oggetto dell’appalto.

Il Comune sostiene che l’annullamento dell’aggiudicazione e la conseguente inefficacia del contratto stipulato garantirebbero una maggiore promozione della concorrenza per effetto della nuova procedura, oltre ad una riduzione dei costi per il servizio a carico dell’amministrazione.

Tali affermazioni, tuttavia, risultano smentite dalla lettura degli atti del giudizio, oltre ad assumere un carattere apodittico, essendo il frutto di un’attività istruttoria superficiale e lacunosa.

Per quanto riguarda i costi del servizio, ad esempio, il Consorzio offriva, per il recupero delle salme, il prezzo unitario di euro 240,00 (cfr. il doc. 13 della ricorrente e l’art. 4 del contratto, doc. 5 della ricorrente).

Orbene, nei comuni vicini a quello di Cantù, i prezzi unitari appaiono più elevati: in particolare euro 352,00 a Lomazzo, euro 270,00 a Mariano Comense, euro 248,00 nel comune capoluogo di provincia (Como), euro 300,00 nel Comune di Carugo ed euro 352,00 nel Comune di Fino Mornasco (cfr. per tali prezzi, il doc. 14 della ricorrente).

Anche per altri servizi funebri come il trasporto e cassa per indigenti e trasposto salme esumate, i prezzi unitari offerti dal Consorzio (rispettivamente euro 260,00 ed euro 110,00, cfr. ancora il doc. 13), appaiono inferiori a quelli pagati da altri comuni lombardi, quali Lodi o Busto Arsizio (cfr. ancora il doc. 14 della ricorrente).

D’altronde, nel periodo successivo alla estromissione della società dal servizio, il Comune di Cantù, allorché ha fatto ricorso ad altri operatori per l’espletamento dei servizi funebri, ha corrisposto prezzi più elevati di quelli oggetto dell’appalto annullato.

Si vedano sul punto, i documenti 16 e 17 della ricorrente, vale a dire le determinazioni dirigenziali dell’amministrazione resistente n. 1299/2017 e n. 1313/2017 che, per il servizio di recupero salma, hanno liquidato a due distinte imprese del settore rispettivamente euro 550,00 ed euro 600,00.

L’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato, secondo cui l’autotutela potrebbe evitare un “potenziale danno erariale”, non appare quindi minimamente provata, essendo legata alla sola apodittica asserzione secondo cui una nuova gara garantirebbe di per sé un significativo risparmio di spesa (fra l’altro, la nuova gara indetta dal Comune e contestata coi motivi aggiunti del presente ricorso, è nuovamente una procedura negoziata ai sensi dell’art. 36 del codice e non una procedura aperta).

A ciò si aggiunga un dato ulteriore: dal momento dell’avvio del servizio alla data del 17.7.2017 (seduta del consiglio comunale ove si è posta la questione dell’incompatibilità del sindaco), la spesa sostenuta dal Comune di Cantù è stata di euro 260,00 (cfr. il doc. 2 della ricorrente, pag. 5), e tale circostanza avrebbe dovuto indurre l’amministrazione, in sede di autotutela, ad una verifica più approfondita dei costi dell’appalto.

Non risultano, in conclusione, minimamente provate le enunciate ragioni di pubblico interesse, prevalenti su quella al mero ripristino della legalità asseritamente violata, che a norma dell’art. 21 nonies della legge 241/1990, potrebbero giustificare l’autotutela nei confronti di un appalto in fase di esecuzione.

1.5 Sono di conseguenza fondati i motivi del ricorso principali che denunciano l’illegittimo esercizio del potere di autotutela (numeri 1.2, 2 e 3); parimenti appaiono condivisibili, per le ragioni che si esporranno, le doglianze sullo sviamento di potere in cui è incorsa l’amministrazione e sulla palese violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale (motivi 1.1 e 4).

In primo luogo, non può sottacersi l’evidente nesso fra l’avvio del procedimento di autotutela e l’insorgenza di una causa di incompatibilità del sindaco sig. Edgardo Arosio.

Quest’ultimo, nella citata seduta del 17.7.2017, evidenziava chiaramente che – a suo dire – sussistevano vizi nella procedura di gara, talmente gravi da imporre il ripristino della legalità attraverso la rimozione degli atti (cfr. il doc. 2 della ricorrente, pagine 5 e seguenti).

Dopo soli due giorni dalla citata seduta consiliare, era trasmesso al Consorzio l’avviso di avvio del procedimento di autotutela, con l’invito a presentare osservazioni entro il 24 luglio 2017, quindi entro il ristretto termine di cinque giorni, fra l’altro neppure lavorativi (cfr. il doc. 7 della ricorrente).

La comunicazione di avvio del procedimento si caratterizzava per l’assoluta genericità della stessa, giacché l’amministrazione si limitava ad evidenziare, quale vizio di legittimità della procedura, una (così testualmente), “ipotetica violazione delle norme inerenti le procedure d’appalto, tra le quali, con particolare riferimento, quella della par condicio” (cfr. ancora il citato doc. 7).

A fronte di tale laconicità, il Consorzio trasmetteva una nota di osservazioni in data 24.7.2017, nella quale evidenziava di non essere oggettivamente in grado di replicare all’avviso del Comune (cfr. il doc. 8 della ricorrente).

Il provvedimento di autotutela ivi gravato era adottato il successivo 26.7.2017, quindi dopo soli sette giorni dall’avvio del procedimento, ma prima della scadenza del termine di dieci giorni di cui all’art. 69, comma 2, del D.Lgs. 267/2000 (termine per presentare osservazioni o rimuovere le cause di incompatibilità), decorrente dalla seduta del consiglio del 17.7.2017.

Di fronte a tale scansione procedimentale e ad una violazione palese delle garanzie di partecipazione, appare arduo sostenere che la questione relativa alla figura del sindaco possa assurgere a mera occasione del procedimento di autotutela, trovando semmai quest’ultimo la propria vera causa nella necessità di rimuovere la situazione di incompatibilità.

Del resto, sia l’avviso di avvio sia il provvedimento finale del procedimento di autotutela richiamano la seduta consiliare, quale momento di rilevazione delle illegittimità sullo svolgimento della gara (cfr. il doc. 1 della ricorrente, pag. 1).

In definitiva, il presente gravame deve essere accolto, con conseguente integrale annullamento del provvedimento di autotutela impugnato.

L’annullamento, con effetto ex tunc, dell’atto amministrativo impugnato, impone all’amministrazione il ripristino della situazione giuridica anteriore all’annullamento, con conseguente efficacia del contratto d’appalto, di cui era stata dichiarata la caducazione nel provvedimento finale di autotutela.

Deve, al contrario, essere respinta la domanda di risarcimento dei danni, giacché degli stessi la ricorrente non ha offerto alcuna concreta prova, in violazione della regola di cui all’art. 64, comma 1, del c.p.a., limitandosi a riservarsi la loro quantificazione nel corso del giudizio, circostanza questa non avvenuta.

2. La fondatezza del ricorso principale implica l’accoglimento, per illegittimità derivata, anche di quello per motivi aggiunti, con conseguente annullamento degli atti con lo stesso impugnati e segnatamente della determinazione dirigenziale n. 1960/2017 di indizione di una nuova procedura negoziata per l’affidamento del servizio di trasporto funebre a carico del Comune.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Cantù al pagamento a favore della società ricorrente delle spese di lite, che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge (IVA, CPA e spese generali nella misura del 15%) e onere del contributo unificato ai sensi di legge (DPR 115/2002).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Elena Quadri, Consigliere

Giovanni Zucchini, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Zucchini Angelo Gabbricci
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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