HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. VI, 12/4/2018 n. 217
Le disposizioni del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50), in materia di concessioni di servizi abrogano tacitamente tutte le altre disposizioni con esse incompatibili.

Il codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50) non ha riordinato le discipline settoriali in materia di concessioni di servizi (non attuando il principio di delega che imponeva il riordino e la semplificazione) ma questo non significa che non si imponga una verifica se esse sopravvivano in tutto o in parte al codice e che non si debba verificare se vi siano state tacite abrogazioni delle disposizioni previgenti: segnatamente, nel caso di specie, quanto a requisiti soggettivi, relativi a condanne penali, più severi di quelli previsti dal nuovo codice. Tanto più quando i requisiti sono posti da fonte regolamentare anteriore al codice, sicché le disposizioni del codice sembrano determinare abrogazione tacita in base al triplice canone della legge generale, cronologicamente successiva, e di rango superiore nella gerarchia delle fonti.

Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 12/04/2018

N. 00217/2018REG.PROV.COLL.

N. 00161/2018 REG.RIC.

logo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 161 del 2018, proposto da 
Scozzarini Roberto in qualità di legale rappresentante della Scozzarini Service Car s.r.l., rappresentato e difeso dall'avvocato Emanuele Maganuco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Gela, via Battesimo n. 1; 

contro

Comune di Gela, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Agata Burtone, quest’ultima con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alba Tranchina in Palermo, via Sammartino, 4; 

nei confronti

Di Tavi Giuseppe nella qualità di legale rappresentante della Ditta Soccorso Stradale di Di Tavi Giuseppe non costituito in giudizio; 

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza) n. 00067/2018, resa tra le parti, concernente affidamento in convenzione del servizio di rimozione veicoli sul territorio comunale di Gela


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gela;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2018 il Cons. Giuseppe Barone e uditi per le parti gli avvocati A. Vagliasindi su delega dell'avv. Maganuco per Scozzarini Roberto e Burtone Agata per il Comune di Gela;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


FATTO

1. La società appellante ha agito in prime cure davanti al competente TAR per l’annullamento del verbale del 6.11.2017 del Comune di Gela nella parte in cui viene disposta la sua esclusione dalla procedura di aggiudicazione della gara per l’affidamento in convenzione del servizio di rimozione veicoli, sul territorio comunale di Gela per la durata di due anni.

2. Alla camera di consiglio del ricorso di primo grado, cui il ricorso è stato chiamato per l’esame della domanda cautelare, il Presidente del Collegio giudicante, ha dato avviso della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del c.p.a., e, quindi, il ricorso è stato dichiarato inammissibile oltre che infondato.

Ha osservato il primo Giudice che mentre la notifica al controinteressato è stata effettuata a un indirizzo PEC tratto dal registro REGINDE, la notifica del Comune di Gela è stata effettuata esclusivamente a un indirizzo PEC che, come da espressa specifica dichiarazione resa dalla parte ricorrente nell’epigrafe del ricorso, è stato tratto dal pubblico registro IPA.

Ha ritenuto il primo Giudice, sulla scorta di giurisprudenza dei TAR, che la notificazione di un ricorso all’amministrazione a un indirizzo PEC tratto dal registro IPA non può ritenersi perfezionata e ha indicato le ragioni di tale scelta alle pagg. 5 e ss. della sentenza. In particolare, il primo Giudice ha fatto riferimento al comma 1 bis, aggiunto dalla l. n. 114/2014 all’art. 16 ter del d.l. n. 179/2012, convertito nella l. n. 221/2012, che estende alla giustizia amministrativa l’applicabilità del comma 1 dello stesso art. 16-ter, a tenore del quale, ai fini della notificazione, si intendono per pubblici elenchi quelli previsti nel citato art. 16-ter comma 1.

Dalla normativa citata non sarebbe più espressamente annoverato tra i pubblici elenchi, dai quali estrarre gli indirizzi pec da utilizzare per le notificazioni e comunicazioni degli atti, il registro IPA disciplinato dall’art. 16, comma 8, del d.l. n. 185/2008, convertito nella l. n. 2/2009, che prevedeva che tutte le amministrazioni pubbliche istituissero una casella di posta elettronica certificata e ne dessero comunicazione al Centro nazionale per l’informatica nella p.a., che, quindi, provvedeva alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica.

Continua il primo Giudice ritenendo che l’art. 16-ter del d.l. n. 179/2012, che aveva equiparato l’elenco IPA agli elenchi pubblici dai quali potere acquisire gli indirizzi PEC validi per le notifiche telematiche, è stato poi modificato dall’art. 45 bis, comma 2, lett. a), n. 1, del d.l. n. 90/2014, cosicché il registro IPA, prima espressamente contemplato, non è stato più richiamato dalla norma novellata, che continua a richiamare l’art. 16, d.l. n. 185/2008, ma limitatamente al comma 6, che riguarda il registro delle imprese.

Ne è derivato, secondo il TAR, che, ai fini della notifica telematica di un atto processuale a un’amministrazione pubblica non potrà utilizzarsi qualunque indirizzo PEC, ma solo quello inserito nell’apposito registro tenuto dal Ministero della giustizia e in difetto di iscrizione dell’amministrazione pubblica al registro PP.AA. formato dal Ministero della giustizia, la notificazione degli atti processuali può essere validamente eseguita solo con le tradizionali modalità cartacee.

Giacché nel caso considerato la parte appellante ha notificato il ricorso al Comune di Gela all’indirizzo inserito nel registro IPA, la notifica deve ritenersi nulla e il ricorso pertanto è stato dichiarato inammissibile, considerato che il Comune di Gela non si è costituito e quindi la rilevata nullità non è stata sanata.

3. Il Tribunale pur avendo dichiarato il ricorso inammissibile, ha dato atto anche dell’infondatezza dell’unica censura dedotta (violazione dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016).

4. Avverso la sentenza ha proposto appello la società interessata, che l’ha affidato ai seguenti motivi: 1) illegittimità della modifica apportata all’art. 45 bis, comma 2, lett. b), n. 1, d.l. n. 90/2014, all’art. 16 ter, d.lgs. 179/2012 e chiarita con nota della Direzione generale della Giustizia civile, Ufficio I, Affari civili interni, del 21.6.2016, con il dettato degli artt. 113 e 115 Costituzione; 2) errore scusabile in capo al ricorrente per affidamento al dettato del d.lgs. n. 150/2009 e della l. 9.1.2004 n. 9; 3) illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016.

Ha concluso, quindi, chiedendo previa concessione dei provvedimenti cautelari ritenuti opportuni che, ai sensi dell’art. 105, comma 1 del c.p.a., si disponga l’annullamento della sentenza impugnata e la rimessione dell’affare avanti al Giudice di primo grado, assegnando i termini per la riassunzione del procedimento.

Senza recesso dalla richiesta di rimessione ha chiesto la riforma della sentenza e il conseguente annullamento del provvedimento di esclusione impugnato.

5. Alla camera di consiglio del 11.4.2018, previo avvertimento alle parti costituite dell’adozione di una sentenza ai sensi dell’art. 60 del c.p.a., l’appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

6. L’appello è fondato.

7. Ai fini della decisione da adottare il Collegio ritiene che si debbano prendere le mosse dalla lettura degli articoli 24, 113 e 97 della Costituzione, nonché dell’art 6 della CEDU ove sono previsti i diritti inviolabili della difesa in giudizio nonché il principio di buon andamento ovvero il diritto dei cittadini a una buona amministrazione.

Posta la previsione costituzionale dei ricordati diritti inviolabili, può dirsi che incombe su tutti gli operatori pubblici il dovere di comportarsi in maniera da renderne agevole l’esercizio e di rimuovere tutti gli ostacoli che, al contrario, lo rendono difficile.

Ciò a maggior ragione deve avvenire quando il diritto di difesa viene esercitato nell'ambito di un rapporto, in cui una delle parti (nel caso considerato la pubblica amministrazione) gode di un regime privilegiato, che si manifesta (oltre che per l’esecutorietà e l’autotutela) per il fatto che i suoi atti diventano inoppugnabili quando nei loro confronti non si reagisca in un tempo prestabilito, talvolta breve.

Il ricorso all'istituto dell'errore scusabile e quindi la rimessione in termini, appaiono nel caso di specie non una deroga, ma al contrario una scelta coerente con il doveroso rispetto che si deve all'esercizio dei diritti fondamentali ricordati, che non tollerano subdole compressioni.

8. Tanto premesso e venendo al nocciolo della questione al suo esame, il Consiglio è ben consapevole del contrasto esistente in giurisprudenza in ordine alla notifica a mezzo PEC alle pubbliche amministrazioni, dopo che è stata prevista la notifica solo agli indirizzi PEC inseriti nel registro tenuto dal Ministero della giustizia ai sensi dell’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, e non anche nel registro IPA.

8.1. In particolare, da un lato, l’art. 14, d.m. n. 40/2016, ai commi 1 e 2, dispone che nel processo amministrativo, le notificazioni di atti processuali alle amministrazioni non costituite in giudizio possono essere eseguite, dalle altre parti, a mezzo PEC, e in tal caso la notifica a mezzo PEC è eseguita agli indirizzi PEC di cui all'art. 16, c. 12, d.l. n. 179/2012, ossia gli indirizzi PEC delle p.a., comunicati al Ministero della giustizia.

Dall’altro lato, l’art. 16-ter, d.l. n. 179/2012, nell’indicare i pubblici elenchi di indirizzi PEC, utilizzabili per comunicazioni e notificazioni, non menziona più, dopo la novella del 2014, il registro IPA di cui all'art. 16, comma 8, d.l. n. 185/2008, che era nella versione originaria della norma.

8.2. Nulla quaestio se l’indirizzo PEC della pubblica amministrazione è effettivamente contenuto nel registro di cui al citato art. 16, comma 12, e la notifica viene fatta ad un diverso indirizzo PEC: in tal caso, può convenirsi con l’indirizzo assolutamente prevalente che la notifica è sicuramente nulla.

8.3. Il contrasto sorge con riguardo ai casi in cui le pubbliche amministrazioni non hanno comunicato il loro indirizzo PEC al Ministero della giustizia.

Secondo una tesi, in tale ipotesi la notifica va fatta solo nei modi ordinari, e non può essere fatta ad un diverso indirizzo PEC, ad esempio contenuto nel registro IPA.

Secondo una diversa tesi, quando la pubblica amministrazione non ha comunicato un indirizzo PEC al Ministero della giustizia in violazione dell’obbligo di comunicazione e l’interessato fa la notifica a un indirizzo PEC di un diverso registro, quale l’IPA, all’interessato va riconosciuto l’errore scusabile.

Nella prima prospettiva, si è affermato che è nulla la notifica del ricorso giurisdizionale effettuata ad una pubblica amministrazione presso un indirizzo di posta elettronica non inserito nell’apposito registro, tenuto dal Ministero della giustizia, in quanto:

- l’art. 14, d.m. n. 40/2016 stabilisce che le notificazioni alle amministrazioni non costituite in giudizio sono eseguite agli indirizzi PEC di cui all’art. 16, c. 12, d.l. n. 179/2012;

- ai sensi dell’art. 16-ter, c. 1, d.l. n. 179/2012 si intendono per pubblici elenchi quelli ivi previsti; a sua volta, il c. 1 bis dell’art. 16-ter del medesimo d.l. n. 179/2012 estende alla giustizia amministrativa l’applicazione del c. 1 dello stesso art. 16-ter;

- nell’art. 16-ter, c. 1, non è più espressamente annoverato tra i pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi PEC da utilizzare per le notificazioni e comunicazioni degli atti il registro IPA, disciplinato dall'art. 16, c. 8, d.l. n. 185/2008;

- ne discende che ai fini della notifica telematica di un atto processuale ad un’amministrazione pubblica non potrà utilizzarsi qualunque indirizzo PEC, ma solo quelli inseriti nell’apposito registro tenuto dal Ministero della giustizia, al quale gli enti avrebbero dovuto comunicarli entro il 30 novembre 2014. In difetto di tale iscrizione, la notificazione degli atti processuali può essere validamente eseguita solo con le tradizionali modalità cartacee (Tar Sicilia – Catania, II, 4.12.2017 n. 2806; Tar Sicilia - Catania, III, 13.10.2017 n. 2401; Tar Basilicata 21.9.2017 n. 607; Tar Sicilia – Palermo, III, 13.7.2017 n. 1842);

- la notifica nulla perché effettuata telematicamente a un indirizzo PEC non contenuto nel registro tenuto dal Ministero della giustizia potrebbe essere sanata solo con la costituzione dell’Amministrazione intimata (Tar Lazio – Roma, III-quater, 6.12.2017 n. 12045).

Nella seconda prospettiva si è affermato che nel caso in cui l’Amministrazione non abbia inserito un indirizzo PEC nell’elenco tenuto dal Ministero della giustizia, deve essere riconosciuto l’errore scusabile ex art. 37 c.p.a. se la notifica per via telematica del ricorso - proposto dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico (1 gennaio 2017) – è stata effettuata ad un’Amministrazione all’indirizzo PEC tratto dall’elenco pubblico IPA, e per l’effetto va ordinato il rinnovo della notificazione (Cons. St., VI, 13.12.2017 n. 5891; Tar Campania - Napoli, VIII, 15.3.2018 n. 1653, ord.; Tar Sicilia – Palermo, 22.1.2018 n. 179; Tar Sicilia – Palermo, 1.12.2017 n. 2779; Tar Molise, 13.11.2017 n. 420).

8.4. Sulla scorta dei principi costituzionali del rispetto dei diritti fondamentali, più indietro richiamati, è sicuramente da preferire questa seconda opzione perché in regime di PAT obbligatorio e nella sua prima applicazione, che tale deve considerarsi almeno il primo biennio, è scusabile l’errore di chi ritiene che la notifica possa sempre farsi via PEC, e confidi nella validità di un registro ufficiale.

8.5. A tale conclusione il Collegio perviene anche considerando:

- l’evoluzione normativa che ha visto prima la coesistenza di più registri ufficiali di PEC, e poi l’esclusività, ai fini del processo amministrativo, dei registri tenuti dal Ministero della giustizia, in un quadro normativo che resta tuttavia complesso e mal coordinato e dal quale non si evince in modo univoco quali siano le forme di notificazione in caso di mancanza dell’indirizzo PEC nei registri delle pubbliche amministrazioni tenuto dal Ministero della giustizia;

- la condotta colpevole della pubblica amministrazione che era obbligata a comunicare il proprio indirizzo PEC al Ministero della giustizia e che non vi ha a tutt’oggi provveduto, violando le fondamentali regole del buon andamento, anch’esse prima richiamate.

9. La condotta colpevole dalla pubblica amministrazione, che omette di comunicare il proprio indirizzo PEC al Ministero della giustizia, così rendendo più difficoltosa la notifica, se non determina, per la controparte, nullità insanabile della notifica e ne giustifica la rinnovazione, va tuttavia stigmatizzata, con la segnalazione della condotta agli organi tutori e agli organi preposti al PCT e al PAT.

9.1. Si deve infatti rilevare che:

- ai sensi dell’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, le amministrazioni pubbliche dovevano comunicare l’indirizzo PEC al Ministero della giustizia entro il 30 novembre 2014,

- ai sensi del successivo comma 13 del medesimo art. 16, in caso di mancata comunicazione entro il detto termine di cui al comma 12, si applicano i commi 6 e 8 dell’art. 16;

- ai sensi dell’art. 16, comma 6, d.l. n. 179/2012, le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l'obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria;

- ai sensi dell’art. 16, comma 17-bis, d.l. n. 179/2012, le disposizioni di cui ai commi 6, 8, 12, 13 dell’art. 16 si applicano anche nel processo amministrativo;

- il combinato disposto dei commi 6, 13 e 17-bis dell’art. 16 sanziona le amministrazioni inadempienti all’obbligo di comunicare l’indirizzo PEC al Ministero della giustizia con la individuazione di un domicilio processuale ex lege nella segreteria del giudice;

- tale domicilio ex lege, in difetto di ulteriori specificazioni, sembra valere per tutte le comunicazioni e notificazioni, sia d’ufficio che di parte, successive all’inizio del processo;

- se, dunque, in difetto di indirizzo PEC nel registro delle pubbliche amministrazioni tenuto dal Ministero della giustizia, tutte le comunicazioni e notificazioni successive all’inizio del processo vanno fatte nella segreteria del giudice che procede, ne risulta un vulnus alla stessa possibilità di difesa dell’amministrazione, che, non costituendosi in giudizio, potrebbe non sapere nulla dello svolgimento del processo e nemmeno della sentenza conclusiva, con il rischio di danno per l’Erario pubblico;

- ancora, specificamente nel processo amministrativo, per i depositi diretti in giudizio da parte di pubbliche amministrazioni, può essere utilizzato solo un indirizzo PEC contenuto nel registro di cui all’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012: “al fine di garantire la sicurezza del sistema informativo della giustizia amministrativa (SIGA) a decorrere dal 1° gennaio 2017 i depositi telematici degli atti processuali e dei documenti sono effettuati dai difensori e dalle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo esclusivo di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici elenchi, gestiti dal Ministero della giustizia” (art. 7, c. 6, d.l. n. 168/2016).

9.2. Da tale quadro normativo emerge che l’omissione, da parte della pubblica amministrazione, di un adempimento semplice quale è quello di comunicare un indirizzo PEC al Ministero della giustizia ai sensi dell’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, sortisce un effetto di fatto “escludente” di quell’amministrazione dal processo, perché potrà ricevere le comunicazioni e notificazioni successive alla notifica del ricorso introduttivo solo mediante deposito nella segreteria del giudice (sicché potrebbe non venirne mai a conoscenza) e perché non è consentito comunicare con il sistema della giustizia amministrativa, per ragioni di sicurezza, se non tramite indirizzi PEC contenuti nei registri tenuti dal Ministero della giustizia.

10. Conclusivamente l’appello va accolto.

10.1. Essendo completamente mancato il giudizio di primo grado, si determina un vizio del contraddittorio, che giustifica l’annullamento della sentenza con rinvio al Tar.

10.2. Né si può decidere nel merito per ragioni di economia processuale, a fronte del vizio del contraddittorio in primo grado, perché ad una valutazione prognostica non appare condivisibile la prospettazione del Tar circa la legittimità dell’esclusione.

Invero il codice dei contratti pubblici non ha riordinato le discipline settoriali in materia di concessioni di servizi (non attuando il principio di delega che imponeva il riordino e la semplificazione) ma questo non significa che non si imponga una verifica se esse sopravvivano in tutto o in parte al codice e che non si debba verificare se vi siano state tacite abrogazioni delle disposizioni previgenti: segnatamente, per quel che qui rileva, quanto a requisiti soggettivi, relativi a condanne penali, più severi di quelli previsti dal nuovo codice. Tanto più quando, come nella fattispecie, i requisiti sono posti da fonte regolamentare anteriore al codice, sicché le disposizioni del codice sembrano determinare abrogazione tacita in base al triplice canone della legge generale, cronologicamente successiva, e di rango superiore nella gerarchia delle fonti.

Sicché, ove così fosse, il bando sarebbe nullo perché prevede cause di esclusione non previste dal codice dei contratti pubblici (donde la non necessità di impugnare il bando in via immediata e la rilevabilità d’ufficio della nullità del bando), e sarebbe non applicabile, pertanto, in parte qua.

10.3. Per l’effetto, la parte va rimessa in termini e dunque va ordinato il rinnovo della notificazione del ricorso di primo grado al Comune di Gela, nei modi ordinari, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza.

Tutte le comunicazioni e notificazioni successive alla notifica del ricorso introduttivo nei modi ordinari, seguiranno mediante deposito nella segreteria del giudice che procede, a meno che il Comune di Gela non si costituisca nel giudizio di primo grado.

11. Inoltre la presente decisione va comunicata al Ministero della giustizia, Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, al Servizio per l’informatica della giustizia amministrativa, alla Procura regionale della Corte dei conti, al Prefetto della Provincia di Caltanissetta, ciascuno per quanto di propria competenza per por fine alla condotta dell’amministrazione appellata di inadempimento dell’obbligo di cui all’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012.

12. Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello, e per l’effetto:

1) annulla la sentenza impugnata, e dispone il rinvio della causa al giudice di primo grado;

2) dispone la rimessione in termini della parte ricorrente in primo grado ordinando il rinnovo della notificazione del ricorso di primo grado al Comune di Gela nel termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza.

Spese del grado compensate.

Manda alla segreteria per la comunicazione della presente decisione, oltre che alle parti costituite, a:

- Ministero della giustizia, Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria;

- Servizio per l’informatica della giustizia amministrativa;

- Procura regionale della Corte dei conti;

- Prefetto della Provincia di Caltanissetta.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Silvia La Guardia, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Giuseppe Barone, Consigliere, Estensore

Maria Immordino, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Barone Rosanna De Nictolis
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici