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Consiglio di Stato, Sez. V, 30/4/2018 n. 2599
Sui presupposti che devono sussistere affinché il requisito del controllo analogo sia soddisfatto in caso di società in house pluripartecipata.

Materia: società / partecipazione pubblica

Pubblicato il 30/04/2018

 

N. 02599/2018REG.PROV.COLL.

N. 10042/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 10042 del 2016, proposto da

Eco.Lan. s.p.a., in persona del presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Claudio Di Tonno, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Cerulli Irelli, in Roma, via Dora, n. 1;

 

contro

Società Autotrasporti e Pulizie Industriali di Petroro Silvio s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Cristiano Bertoncini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfonso Tinari, in Roma, via Ramusio, n. 6;

Comune di Atessa, non costituito in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA, Sez. I, n. 346/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento in house del servizio di igiene urbana per il Comune di Atessa.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Società Autotrasporti e Pulizie Industriali di Petroro Silvio s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma, 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Claudio Di Tonno e Cristiano Bertoncini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso proposto al Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara - la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali di Petroro Silvio s.r.l. impugnava gli atti con cui il Comune di Atessa aveva affidato in house il servizio di igiene urbana, per una durata di dieci anni, alla Eco.Lan. s.p.a., società partecipata da vari enti locali della Provincia di Chieti, tra cui il Comune affidante, per una quota del 6,53% del capitale (delibere del consiglio comunale n. 46 e 47 del 19 agosto 2016).

La società ricorrente, in qualità di gestore uscente del servizio, deduceva sotto plurimi profili l’assenza dei requisiti dell’in house providing.

2. Con la sentenza in epigrafe il tribunale adito accoglieva il ricorso.

Il giudice di primo grado riteneva infatti che sia il Comune di Atessa che gli altri enti locali partecipanti al capitale sociale della Eco.Lan. non disponevano di poteri di controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi: veniva infatti reputata insufficiente la partecipazione al comitato assembleare “per il controllo analogo” - organo rappresentativo delle amministrazioni pubbliche partecipanti previsto ad hoc dallo statuto societario - poiché privo di «poteri di ingerenza tali da vincolare l’operato dell’organo di amministrazione»; anche la composizione del comitato non era tale da garantire una adeguata rappresentatività degli enti locali affidanti, posto che alla elezione dei relativi membri concorrevano anche i comuni che, pur partecipando al capitale sociale della Eco.Lan., non avevano affidato alla stessa i servizi di igiene urbana (30 su 53).

Il tribunale annullava quindi l’affidamento e dichiarava inefficace il contratto conseguentemente stipulato tra le parti resistenti.

3, Per la riforma della sentenza di primo grado la Eco.Lan. ha proposto appello.

4. Si è costituita in resistenza la società originaria ricorrente, con memoria contenente la riproposizione ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm. dei motivi di censura non esaminati dal tribunale.

 

 DIRITTO

1. Nella propria memoria di replica la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali ha riferito che nelle more del giudizio il Comune di Atessa ha approvato alcune modifiche allo statuto della Eco.Lan. e un patto parasociale per il controllo congiunto della società partecipata (delibera del consiglio comunale n. 14 del 13 marzo 2017). Nel sottolineare che le modifiche in questione sono dichiaratamente intese a superare le illegittimità accertate con la sentenza del cui appello si tratta, l’originaria ricorrente ha quindi eccepito l’improcedibilità dell’appello della società affidataria per sopravvenuta carenza di interesse (sostiene in particolare la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali che la Eco.Lan. «non ha più interesse a sostenere la legittimità delle disposizioni statutarie vigenti al momento dell’affidamento»).

2. Prima di esaminare l’eccezione di improcedibilità così formulata, va dato atto che in precedenza la Eco.Lan. aveva invece sottolineato che le modifiche statutarie in questione hanno «carattere “rafforzativo” dei requisiti del controllo analogo già in origine sussistente» (in memoria conclusionale).

3. Tanto premesso, l’eccezione non può essere accolta.

Infatti, a prescindere dalla portata delle modifiche statutarie approvate nelle more del presente giudizio dal Comune di Atessa, le stesse non sono in ogni caso idonee a privare la società affidataria dell’interesse all’esame nel merito dell’appello, dal momento che esse attengono ad un affidamento allo stato annullato, ma che rivivrebbe per effetto della riforma della pronuncia di primo grado, con conseguente reintegrazione della Eco.Lan. nella posizione giuridica originaria di affidataria del servizio di igiene urbana per il Comune di Atessa.

Sotto un distinto profilo occorre rilevare che la legittimità dell’affidamento in contestazione va apprezzata sulla base delle previsioni statutarie in allora vigenti (in termini su quest’ultimo profilo: Cons. Stato, III, 27 aprile 2015, n. 2154; V, 12 maggio 2016, n. 1900), per cui l’interesse della Eco.Lan. all’accertamento della legittimità dell’affidamento disposto in proprio favore rimane insensibile alle vicende modificative dello statuto a base dell’eccezione di improcedibilità in esame.

4. Si può dunque passare ad esaminare il merito dell’appello.

5. Con il primo motivo la Eco.Lan. censura la sentenza di primo grado per il mancato riscontro della carenza di interesse ad agire della Società Autotrasporti e Pulizie Industriali, a causa della mancata formulazione di censure specifiche rispetto alla scelta del modello di gestione del servizio di igiene urbana in via diretta, al quale – soggiunge l’odierna appellante - la stessa Società Autotrasporti e Pulizie Industriali, quale società di diritto privato, non potrebbe in ogni caso aspirare. Si evidenzia che la scelta in questione, svolta sulla base dei modelli previsti per i servizi pubblici locali di rilevanza economica dal testo unico sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (art. 112), ha carattere prioritario sul piano giuridico e logico rispetto al successivo affidamento diretto alla società in house e che rispetto alle valutazioni di carattere ampiamente discrezionale ad essa sottese – incentrate soprattutto sui risparmi di spesa ottenibili e sull’efficienza riveniente da una gestione unitaria e coordinata con gli altri enti locali partecipanti, destinata a confluire in un unico ambito territoriale ottimale - l’originaria ricorrente non ha enucleato alcuna censura.

6. Il motivo è infondato.

7. Come si evince anche dai motivi di impugnazione riproposti ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm., la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali ha censurato l’affidamento diretto alla Eco.Lan. non solo sotto il profilo dell’assenza dei requisiti dell’in house providing – peraltro sufficiente a reintegrare il precedente gestore nella situazione giuridica antecedente all’affidamento contestato, come puntualmente rilevato dal giudice di primo grado - ma anche per l’assenza dei presupposti cui la legge condiziona la scelta del modello di gestione di un servizio pubblico in house e la conseguente deroga rispetto alla regola generale dell’affidamento a mezzo di procedura ad evidenza pubblica.

Invero nel ricorso di primo grado la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali aveva tra l’altro dedotto l’assenza dei presupposti di legge e di adeguata motivazione in ordine alla scelta del Comune di Atessa di autoprodurre il servizio di igiene urbana a mezzo dell’ente societario partecipato, richiamando in particolare le norme contenute negli artt. 34, comma 20, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (recante Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), 3-bis, comma 1-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, (recante Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari), convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e 192, comma 2, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Non è quindi dubitabile che l’impugnazione della Società Autotrasporti e Pulizie Industriali sia ammissibile.

8. Con il secondo motivo d’appello la Eco.Lan. censura la sentenza di primo grado per ultrapetizione.

Si assume che il tribunale avrebbe ritenuto non sussistente il requisito del controllo analogo sulla base di previsioni dello statuto della Eco.Lan. non censurate dalla Società Autotrasporti e Pulizie Industriali (in particolare gli artt. 6 – 9, 22, 31, comma 5, e 43), con la conseguenza che la sentenza di annullamento sarebbe stata emessa «sulla base di una causa petendi estranea a quella fatta valere», senza il rispetto delle garanzie previste dall’art. 73, comma 3, cod. proc. amm. (a tenore del quale il giudice «se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio» deve sottoporla al contraddittorio delle parti).

9. Anche tale motivo non è fondato.

10. In linea generale il vizio di ultrapetizione ex art. 112 cod. proc. civ. è integrato allorché il giudice decide oltre i limiti della domanda e delle eccezioni dedotte dalle parti, oppure su questioni non costituenti oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, così da attribuire alla parte un bene non richiesto, cioè non compreso neppure implicitamente o virtualmente nella domanda proposta e per ragioni dallo stesso non enucleate. Al contrario il vizio in questione non ricorre quando il giudice si limita a dare una qualificazione giuridica diversa al fatto oggetto del giudizio oppure – per venire nello specifico al caso di specie – quando, ritenendo fondate ragioni di illegittimità degli atti impugnati dedotte, supporti la propria pronuncia di accoglimento del ricorso sulla base di argomentazioni non del tutto corrispondenti a quelle formulate dal ricorrente.

In tale ipotesi è evidente che vi è corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e che non vi è stata alcuna decisione “a sorpresa”, ai sensi del poc’anzi richiamato art. 73, comma 3, del codice del processo amministrativo.

Le uniche differenze tra la domanda proposta e la decisione finale emessa si registrano in relazione al percorso logico-giuridico che ha condotto il giudice adito a ritenere la prima fondata, ma in ciò non vi è alcuna lesione del diritto di difesa della controparte, poiché la pronuncia di accoglimento della medesima risulta comunque fondata sulle questioni oggetto del contraddittorio tra le parti.

Del resto, se valesse una simile rigida corrispondenza tra disposizioni richiamate nel motivo di impugnazione (di legge, regolamento o, come nel caso di specie, statuto) e quelle invece esaminate dal giudice ai fini dell’accoglimento dello stesso, si dovrebbe pervenire alla conclusione che il presente appello sarebbe a sua volta inammissibile ex art. 104, comma 1, cod. proc. amm., laddove (nel terzo motivo) si censura la sentenza di primo grado per la mancata considerazione di alcune norme statutarie a dire della Eco.Lan. idonee a dimostrare la sussistenza del requisito del controllo analogo. In realtà si tratta di critiche specifiche ai sensi dell’art. 101, comma 1, cod. proc. amm. alla statuizione sfavorevole contenuta nella decisione del Tribunale amministrativo che la parte è addirittura onerata di svolgere, al fine di devolvere al giudice d’appello la cognizione sul medesimo punto controverso nel giudizio di primo grado, sin dal ricorso introduttivo.

11. Passando allora ad esaminare quest’ultimo motivo d’appello, con esso la società affidataria contesta le ragioni che hanno condotto il tribunale ad escludere la sussistenza di tale requisito con riguardo al Comune di Atessa.

Sul punto la Eco.Lan. premette che in linea generale il requisito del controllo analogo proprio dell’in house providing non può essere apprezzato secondo una stretta logica dominicale, incentrata sull’entità della partecipazione al capitale sociale della società in house e che, con riguardo specifico alla fattispecie in cui la società sia partecipata da più enti pubblici (c.d. in house plurifrazionato o pluripartecipato), il controllo analogo sussiste se esercitato congiuntamente dalle amministrazioni pubbliche partecipanti.

L’appellante reitera quindi i propri assunti secondo cui il comitato assembleare per il controllo analogo previsto dal proprio statuto (all’art. 22) eserciterebbe un effettivo condizionamento sull’amministrazione della società attraverso poteri di valutazione preventiva di tutte le proposte di delibera di quest’ultimo e di deliberazione sugli indirizzi strategici e sui principali atti di gestione della società, tra cui lo schema dei contratti per la gestione del servizio di igiene urbana.

12. Vengono poi criticate le ulteriori argomentazioni poste dal tribunale a sostegno della ritenuta mancanza del requisito del controllo analogo, in particolare laddove è stato evidenziato che il comitato assembleare non è espressivo di interessi omogenei perché composto indifferentemente da soci che hanno affidato alla Eco.Lan. il servizio di igiene urbano e soci che invece per gli stessi servizi si avvalgono di altri gestori privati; si critica inoltre la tesi secondo cui, data la composizione ristretta del comitato (di cui fanno parte a turno 9 componenti designati dalle 53 amministrazioni partecipanti), il controllo esercitato dai partecipanti pubblici sulla società non risponderebbe ad interessi pubblici omogenei, relativo allo svolgimento dei servizi di igiene urbana per i Comuni affidatari.

L’appellante evidenzia per contro che una simile interpretazione si fonda su una distinzione tra soci pubblici affidanti e soci non affidanti che tuttavia, da un lato, «è priva di riscontri giurisprudenziali» e che dall’altro lato trascura che il requisito del controllo analogo va interpretato in senso funzionale e va perciò valutato in relazione «ai servizi erogati» dalla società partecipata.

La Eco.Lan. sottolinea altresì che il suo statuto si fonda sul principio di uguaglianza dei soci pubblici e che non è per contro esigibile che ciascuno di essi eserciti individualmente un controllo «totale e assoluto» sull’ente in house, ma è sufficiente che vi possa concorre su base paritaria con le altre amministrazioni partecipanti.

13. Le censure così sintetizzate sono fondate alla stregua delle osservazioni che seguono.

14. Sono innanzitutto condivisibili i rilievi dell’appellante da ultimo richiamati.

Secondo la Corte di giustizia dell’Unione Europea, in caso di società partecipata da più autorità amministrative non è indispensabile che ciascuna di queste «detenga da sola un potere di controllo individuale» sulla società, ma è sufficiente che i soci pubblici esercitino un controllo congiunto, attraverso la partecipazione di ciascuno di essi «sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’entità suddetta» (sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e C-183/11, Econord; §§ 28 - 33). A questo scopo, la Corte di Giustizia ha inoltre affermato che non è necessario il possesso di una quota minima di partecipazione al capitale sociale (cfr. nello stesso senso: Cons. Stato, V, 18 luglio 2017, n. 3554); per contro occorre che in virtù della partecipazione azionaria acquisita non sia preclusa alla singola autorità «la benché minima possibilità di partecipare al controllo» sulla società (§ 31).

Nella predetta pronuncia la Corte di Giustizia ha dunque declinato il requisito dell’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di tale entità che contraddistingue l’in house providing, sin dall’originaria elaborazione dell’istituto - sentenza Teckal, 8 novembre 1999, C-107/98 - come controllo esercitabile in modo collettivo da tutti gli enti pubblici partecipanti e, per quanto concerne la posizione del singolo, in modo effettivo, secondo i meccanismi di funzionamento dell’ente societario partecipati disciplinati dallo statuto (cfr. in questi termini Cons. Stato, V, 26 maggio 2015, n. 2602).

L’orientamento della Corte di giustizia è stato poi positivizzato dall’art. 12, comma 3, della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, a mente del quale il controllo congiunto ricorre tra l’altro quando gli organi decisionali della persona giuridica controllata «sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti», con la precisazione che «Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti» [cpv. 2, lett. i), secondo periodo]. La norma europea è stata infine recepita nell’ordinamento giuridico nazionale con l’attuale codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 [art. 5, comma 5, lett. a)]. Al medesimo riguardo può essere richiamato anche l’art. 2, comma 1, lett. d), a mente del quale il «controllo congiunto analogo» si ha nel caso in cui «l’amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi»; e che fa espresso rinvio all’art. 5, comma 5, del codice dei contratti pubblici.

In linea con la citata sentenza del giudice europeo (in particolare con quanto affermato nel § 30) va ricordato che secondo questo Consiglio di Stato la partecipazione della singola amministrazione non può ritenersi effettiva quando vi siano soci di maggioranza in grado di imporre le proprie scelte alla minoranza, già a partire dalla nomina dell’organo amministrativo (Cons. Stato, III, 27 aprile 2015, n. 2154).

Nella medesima prospettiva tracciata dalla Corte di giustizia, nella citata sentenza 18 luglio 2017, n. 3554, questa Sezione ha affermato che il requisito dell’in house providing di cui si tratta è soddisfatto, e non eluso, quando la possibilità del singolo ente pubblico, partecipante allo 0,1% del capitale, di influire sulla gestione della società partecipante è tra l’altro consentita attraverso un meccanismo di elezione dell’organo amministrativo che le permette di designare un suo rappresentante sia in via individuale, sia tramite la partecipazione «a ”cordate” di soci».

15. Deve pertanto affermarsi, in linea con i citati artt. 12 della direttiva 2014/24/UE e 5 del codice dei contratti pubblici, che affinché il requisito del controllo analogo in caso di società in house pluripartecipata sia soddisfatto, occorre che le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possano comunque esercitare il controllo analogo in modo congiunto e che:

a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;

b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato, secondo le regole generali elaborate con riguardo all’in house providing tradizionale sin dalla sentenza della Corte di Giustizia Teckal (8 novembre 1999, C-107/98);

c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.

16. Tutto ciò precisato, si osserva che l’elemento sub a) è soddisfatto nel caso della Eco.Lan. e su ciò non vi sono contestazioni.

In particolare, l’azionariato della società odierna appellante è in completa mano pubblica (artt. 1 e 5 dello statuto) e gli enti locali che in essa partecipano hanno perciò titolo a partecipare all’assemblea dei soci e al comitato assembleare per il controllo congiunto previsto dallo statuto.

17. Anche il requisito sub b) risulta integrato nel caso di specie.

Infatti, attraverso la partecipazione all’assemblea gli enti pubblici soci della Eco.Lan. concorrono: alla nomina e alla revoca dell’organo amministrativo; all’approvazione degli indirizzi strategici relativi alla gestione della società e dei servizi da questa svolti, degli atti più importanti della società medesima (artt. 12, 13 e 31); all’approvazione del «piano programma» ex art. 40 dello statuto delle attività della società nell’ambito dell’oggetto sociale – consistente a sua volta, ai sensi dell’art. 2, nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti, ivi compresa la realizzazione e gestione di impianti di trattamento e recupero.

In aggiunta a ciò, al dichiarato fine di «disciplinare la collaborazione tra i Soci» per l’esercizio del controllo analogo, lo statuto prevede l’apposito comitato assembleare (art. 22). Esso è incaricato tra l’altro di esaminare tutte le proposte di delibera formulate dal consiglio di amministrazione e degli atti adottati da quest’ultimo organo, di verificare lo stato di attuazione degli obiettivi definiti nei documenti programmatici e dei contratti di servizio; il comitato è anche titolare del potere di richiedere informazioni e documenti, oltre che destinatario di referti sulla gestione da parte del medesimo consiglio di amministrazione.

18. Sul punto non possono essere condivisi gli assunti del tribunale, secondo cui tale organismo non sarebbe titolare di poteri vincolanti nei confronti del consiglio di amministratore.

Tale rilievo si infrange contro il potere dell’assemblea dei soci di nomina e revoca dei componenti di quest’ultimo e le ulteriori attribuzioni spettanti all’organo assembleare in base allo statuto, poc’anzi richiamate, che già di per sé pongono le amministrazioni pubbliche partecipanti nella condizione di esercitare il controllo analogo tipico dell’in house providing pluripartecipato. In realtà il comitato rappresenta un organismo concepito per rafforzare il controllo analogo tra gli enti pubblici partecipanti al capitale della Eco.Lan. e di cui gli stessi già dispongono in modo congiunto, attraverso la partecipazione all’assemblea dei soci e l’esercizio dei poteri ad essa spettanti.

Il tribunale inoltre non avrebbe neppure adeguatamente valorizzato la funzione di coordinamento strategico e gestionale che gli enti pubblici partecipanti al capitale della Eco.Lan. si sono riservati attraverso il comitato assembleare per il controllo analogo e che trova una disciplina nel «regolamento comune per disciplinare i rapporti tra gli stessi Enti locali e la Società», ex art. 1, comma 3, dello statuto.

Detto regolamento, modificabile ai sensi della disposizione statutaria da ultimo menzionata solo all’unanimità, attribuisce in particolare al singolo ente locale partecipante un diritto di veto sulle delibere del consiglio di amministrazione «che abbiano esclusiva attinenza al territorio dell’Ente Locale stesso» e che consente di deferire la questione al comitato assembleare laddove l’organo amministrativo «non intenda uniformarsi ai rilievi dell’Ente Locale» (art. 8).

19. Dal complesso di tali previsioni interne emerge in definitiva l’esistenza di rilevanti deroghe ai meccanismi tipici di funzionamento delle società di capitali, tali da assicurare ai soci pubblici, collettivamente considerati, un’influenza determinante e un controllo effettivo sulla gestione dell’ente partecipato, attraverso poteri di condizionamento sull’operato del management in grado di conformare l’azione di quest’ultimo agli interessi pubblici di cui il singolo ente pubblico partecipante è portatore. Tali poteri si esplicano sia in generale rispetto al complesso delle attività statutariamente demandate alla società, sia in relazione allo specifico servizio di igiene urbana prestato per il comune partecipante.

20. Venendo poi all’elemento sub c), contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, non vi è evidenza probatoria che, per il solo fatto che non tutti i soci pubblici partecipanti al capitale della Eco.Lan. – e dunque concorrenti all’elezione del comitato assembleare per il controllo analogo (secondo i meccanismi elettivi, per fasce di popolazione, previsti dall’art. 23 dello statuto) - abbiano deliberato di affidare a quest’ultima il servizio di igiene urbana nel proprio territorio, possano esservi deviazioni rispetto agli obiettivi di interesse pubblico per i quali la società è stata costituita e deve operare.

Al riguardo va sottolineato che in base ai più volte richiamati artt. 12 della direttiva 2014/24/UE e 5 d.lgs. n. 50 del 2016 il fenomeno dell’in house providing è configurabile addirittura in caso di partecipazione al capitale dell’ente societario partecipato di soggetti privati, sempreché sforniti di poteri di controllo o di veto, e che in caso di in house pluripartecipato occorre che la società controllata «non persegu(a) interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti»; sul punto va inoltre richiamato il limite funzionale di carattere generale che informa il fenomeno dell’azionariato pubblico ai sensi del sopra citato Testo unico sulle società partecipate di cui al d.lgs. n. 175 del 2016: in particolare l’art. 4 vieta la partecipazione in società aventi per oggetto «attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali» (comma 1), mentre il successivo comma 2, lett. a), consente tale partecipazione in società aventi il seguente scopo: «produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi».

Se dunque non è sufficiente la presenza di enti locali non affidanti perché possa ritenersi avverato questo elemento della fattispecie ostativo alla configurabilità dell’istituto dell’in house providing, nel caso specifico va sottolineato che l’oggetto sociale della Eco.Lan. consiste nello svolgimento di attività inerenti al ciclo integrato di rifiuti pacificamente rientrante nell’ipotesi contemplata dalla disposizione di legge da ultimo richiamata (art. 2 dello statuto). Pertanto la sola partecipazione di alcuni Comuni della Provincia di Chieti al capitale sociale dell’odierna appellante, senza che a ciò si accompagni l’affidamento a quest’ultima del servizio di igiene urbana, non costituisce circostanza in grado di escludere che gli enti locali che invece hanno affidato alla stessa società il servizio in questione, come nel caso del Comune di Atessa, esercitino il controllo analogo.

21. L’accoglimento dell’appello della Eco.Lan. sotto il profilo finora esaminato impone l’esame dei motivi di ricorso che la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali ha riproposto nel presente giudizio ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm.

22. Con una prima censura la predetta Società Autotrasporti e Pulizie Industriali sostiene che il controllo analogo congiunto non sarebbe assicurato, a causa del fatto che l’art. 24, comma 4, dello statuto della Eco.Lan. prevede che i Comuni partecipanti al comitato per il controllo interno possano conferire ad uno di essi la delega per singole riunioni, all’interno del raggruppamento per fasce di popolazioni.

23. La censura è infondata dal momento che la facoltà di conferire singole deleghe per la partecipazione all’organo in cui gli enti pubblici partecipanti alla Eco.Lan. esercitano su quest’ultima il controllo congiunto è a sua volta espressione di tale potere. La facoltà in questione può quindi essere liberamente esercitata dalla singola amministrazione locale ed è comunque finalizzata ad assicurare il funzionamento dell’organo in questione.

24. Con un ulteriore motivo di censura l’originaria ricorrente contesta il requisito dell’“attività prevalente”, concorrente a quello del controllo analogo finora esaminato, in quanto il fatturato della Eco.Lan. deriverebbe da servizi svolti nei confronti dei soggetti pubblici partecipanti al suo capitale per una quota inferiore all’80%; ovvero per una quota inferiore al limite minimo indispensabile per configurare l’in house providing, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. b), del nuovo codice dei contratti pubblici.

La censura si fonda sulla perizia di parte depositata nel giudizio di primo grado, nella quale è svolta un’accurata analisi dei bilanci della società controinteressata relativi al triennio 2013 – 2015, antecedente all’anno in cui il Comune di Atessa ha deliberato l’affidamento oggetto nel presente giudizio. Il predetto documento muove dall’assunto che nel fatturato da attività prevalente non possano essere inclusi i ricavi derivanti dalla gestione della locale discarica della località Cerratina del Comune di Lanciano, consistenti sia nel canone di concessione versato dal concessionario (Consorzio servizi ecologici del Frentano) che dalla gestione dell’impianto di biogas (da parte della Ecologica Sangro s.p.a.); inoltre dai ricavi dovrebbero essere esclusi quelli che la Eco.Lan. ha ottenuto dallo svolgimento di servizi di igiene urbana per conto di comuni non soci o anche soci, rivenienti da prestazioni fornite dalla società controinteressata non nei confronti di questi ultimi, ma direttamente agli affidatari degli stessi, come nel caso del Comune di Lanciano (servizi, ad esempio, per il quale la Eco.Lan. fattura direttamente al gestore, come nel caso della Rieco s.p.a.; o ancora da affidamenti illegittimi, come nel caso del Comune di Orsogna, per un importo di € 231.283,19, nel 2015); ancora in base ai conteggi contenuti nella perizia in esame la quota di fatturato per servizi prestati a terzi nel triennio 2013 – 2015 oscillerebbe dal minimo del 28% al massimo del 53% del volume d’affari dell’odierna appellante (rispettivamente nel 2013 e 2014), mentre nel 2015 tale fatturato si sarebbe attestato al 46%.

La ricostruzione così svolta si fonda a sua volta su una recente pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza 8 dicembre 2016, C-553/15, Undis Servizi s.r.l.) in cui si è stabilito che non può essere computato come fatturato riveniente da attività svolte a favore di terzi quello che l’ente in house ha prodotto a favore di enti territoriali a loro volta non soci e che non esercitino su di esso alcun controllo, ancorché imposto da decisioni della pubblica autorità.

25. Il motivo non è fondato.

Deve premettersi che nell’analisi del fatturato svolta nella ricordata perizia assume un’incidenza determinante quello che la Eco.Lan. ha prodotto dalla gestione della discarica di località Cerratina: infatti, laddove questo fatturato sia considerato ai fini del requisito dell’attività prevalente nei confronti degli enti pubblici soli, il limite di legge dell’80% verrebbe raggiunto in ciascuno degli anni in contestazione.

In particolare:

- nel 2013, su un valore della produzione di € 4.150.907, i soli ricavi da Comuni non soci (Gissi) si attestano ad € 1.318,40, cui può aggiungersi l’importo di € 35.871,23 fatturato dalla Eco.Lan. alla Rieco per il Comune di Lanciano; al riguardo va precisato che tra i supposti ricavi non computabili nell’ambito dell’attività svolta in favore degli enti pubblici partecipanti vi sarebbero €. 500.000 rivenienti da una transazione tra la Eco.Lan. e il gestore della discarica, per cui assume rilievo determinante la questione posta “a monte” poc’anzi accennata;

- nel 2014 su un volume d’affari di € 3.069.648,00 Eco.Lan. ha fatturato al Comune di Gissi prestazioni per € 1.571,20; per il resto, il preteso ricavato da attività prestata a favore di terzi si riferisce nuovamente alla gestione della discarica;

- nel 2015 dal valore della produzione di €. 4.094.700,00 sono deducibili €. 2.140,80 fatturati al Comune di Gissi e, al più, gli ulteriori € 3.298,07 fatturati al Comune di Perano, socio della Eco.Lan.; vi è poi la questione del Comune di Orsogna (per un importo di € 231.283,19), per il quale la controinteressata ha svolto servizi di igiene urbana in virtù dell’ordinanza contingibile n. 5 del 26 febbraio 2015, annullata in sede giurisdizionale, ma che quand’anche venisse escluso dal calcolo del fatturato da attività prevalente non impedirebbe di raggiungere la soglia dell’80%.

Tutto ciò premesso agli assunti della Società Autotrasporti e Pulizie Industriali il Comune di Atessa e la Eco.Lan. hanno opposto nelle difese di primo grado i principi affermati in materia dalla Corte di giustizia dell’Unione nella sentenza dell’11 maggio 2006, C-340/04 (Carbotermo e Consorzio Alisei).

Come ricorda la controinteressata, nel precedente in questione il giudice europeo ha affermato che, al fine di stabilire se il requisito dell’attività prevalente sia soddisfatto. occorre considerare che una società partecipata da enti pubblici, che svolge attività nell’interesse di questi ultimi, può a sua volta essere «attiva sul mercato e (…) pertanto entrare in concorrenza con altre imprese» (§ 60); e che la deroga all’obbligo dell’evidenza pubblica può giustificarsi solo se le attività svolte dalla medesima società siano «sostanzialmente destinate in via esclusiva all’ente» (§ 62).

In questa linea, il fatturato computabile nell’attività prevalente può essere rappresentato solo «da quello che l’impresa in questione realizza in virtù delle decisioni di affidamento adottate dall’ente locale controllante», nell’ambito del quale va comunque «compreso quello ottenuto con gli utenti in attuazione di tali decisioni» (§ 65). A questo specifico riguardo la Corte di giustizia ha precisato che le attività rientranti nell’in house providing «sono tutte quelle che quest’ultima realizza nell’ambito di un affidamento effettuato dall’amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente dal fatto che il destinatario sia la stessa amministrazione aggiudicatrice o l’utente delle prestazioni» (§ 66); e che non assume per contro rilevanza accertare «chi remunera le prestazioni dell’impresa in questione, potendo trattarsi sia dell’ente controllante sia di terzi utenti di prestazioni fornite in forza di concessioni o di altri rapporti giuridici instaurati dal suddetto ente» (§ 67). La Corte di giustizia ha concluso nel senso che nell’ipotesi di in house pluripartecipato «la condizione relativa alla parte più importante della propria attività può ricorrere qualora l’impresa in questione svolga la parte più importante della propria attività non necessariamente con questo o quell’ente locale ma con tali enti complessivamente considerati» (§ 70).

Applicando tali principi al caso di specie si deve concludere nel senso che la Eco.Lan. soddisfa il requisito dell’attività prevalente, nella misura di legge dell’80% del proprio fatturato. In quest’ultimo vanno infatti considerati i proventi derivanti dalla gestione della discarica di località Cerratina.

Si tratta infatti di un’attività che si colloca nella gestione del ciclo dei rifiuti statutariamente devoluta alla Eco.Lan. e che viene svolta attraverso un cespite patrimoniale che prima della costituzione di quest’ultima era appartenuto al dante causa Consorzio comprensoriale smaltimento rifiuti del Comune di Lanciano, costituito l’11 novembre 1994. Rispetto a tale attività non vi è quindi alcuna acquisizione di nuovi mercati da parte della società in house, e il conseguente svolgimento di attività di impresa privata in parallelo con quella prestata a favore degli enti pubblici partecipanti. Si tratta per contro di una modalità di organizzazione e gestione del servizio affidato alla società in house dagli enti pubblici partecipanti.

Per le considerazioni svolte la gestione di tale discarica e degli impianti ivi esistenti non dà pertanto luogo ad un’attività di impresa svolta in concorrenza con privati, ma rientra nella missione di interesse pubblico affidata all’odierna controinteressata dai Comuni partecipanti al suo capitale. Deve conseguentemente concludersi sul punto nel senso che la società originaria ricorrente non ha fornito elementi per confutare la ricostruzione operata nella relazione ex art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, sulla base della quale il Comune di Atessa ha disposto l’affidamento contestato nel presente giudizio, in cui si quantifica nell’81,87% del totale il fatturato della Eco.Lan. prodotto da attività prestate nei confronti degli enti locali soci (valore ottenuto – come si vedrà – scomputando i ricavi derivanti dal conferimento in discarica di rifiuti provenienti da Comuni non soci).

26. Con un ulteriore motivo la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali contesta che nel caso di specie vi siano i presupposti per derogare alla preferenza attribuita dal legislatore nazionale al ricorso al mercato quale modello di gestione dei servizi pubblici locali, rispetto all’in house providing, ai sensi dei sopra citati artt. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, 3-bis, commi 1-bis e 6-bis, d.l. n. 138 del 2011, e 192, comma 2, del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016. E’ stato evidenziato al riguardo che la relazione del Comune di Atessa sui presupposti dell’affidamento in house «è assolutamente generica» e carente di una «reale comparazione tra le modalità di affidamento dei servizi di igiene urbana» consentiti dalla legge; in particolare, non sarebbero state oggetto di specifico raffronto le note con cui essa appellata aveva manifestato all’amministrazione la volontà di proseguire il servizio precedente svolto prima dell’affidamento qui contestato, in virtù della clausola di rinnovo prevista nel capitolato speciale d’appalto e nell’ambito delle quali aveva illustrato i risultati raggiunti in termini di percentuale di raccolta differenziata (80%); sono state inoltre contestate le stime sui risparmi attesi dal Comune di Atessa dall’affidamento in house e gli assunti su cui tali previsioni si fondano, evidenziandosi che la Eco.Lan. non avrebbe le capacità tecnica per raggiungere gli obiettivi qualitativi prefissati dall’amministrazione.

27. Il motivo è infondato.

Dopo avere richiamato gli obblighi imposti dall’art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012 (§ 1), il documento in questione ripercorre la complessa e alternante vicenda normativa e giurisprudenziale che ha segnato l’istituto dell’in house providing quale modello di gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nell’ordinamento giuridico nazionale, oltre a svolgere un’analisi sulla normativa di settore relativa al servizio di gestione integrata del ciclo dei rifiuti contenuta negli artt. 199 e seguenti del c.d. testo unico sull’ambiente di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (§ 2).

A questo specifico riguardo si osserva che la relazione si sofferma sul modello di gestione del servizio per ambiti territoriali ottimali previsto dal testo unico e sugli obblighi ex art. 3-bis d.l. n. 138 del 2011 a carico dell’autorità di gestione dell’ambito di dare adeguata motivazione in ordine alla «sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta», in relazione agli obiettivi di «universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio»; inoltre si evidenzia che, pur formalmente costituito dalla Regione Abruzzo, l’ambito territoriale ottimale, coincidente con il territorio regionale, e l’autorità ad esso preposta, il servizio così allocato a tale livello di gestione non è stato tuttora organizzato, per cui sopravvivono le funzioni dei Comuni in materia di rifiuti urbani (ai sensi dell’art. 198 d.lgs. n. 152 del 2006); si sottolinea poi che nella relazione sono analizzate le caratteristiche del servizio in questione e l’offerta formulata dalla Eco.Lan. per la gestione decennale dello stesso per conto del Comune di Atessa, pari ad € 1.600.000 per ciascun anno di contratto.

Sono ancora esaminate le caratteristiche della società affidataria ed in particolare la sua conformità al modello dell’in house providing (§ 4), attraverso una dettagliata analisi delle previsioni di atto costitutivo, di statuto e del regolamento per la disciplina dei rapporti tra la società e gli enti pubblici ad essa partecipanti (in questa parte è richiamata anche l’ordinanza di questa Sezione del 20 ottobre 2015, n. 4793, di rimessione alla Corte di giustizia della questione pregiudiziale relativa alla computabilità quale attività prevalente di quella prestata a enti pubblici non soci, poi risolta nel senso sopra precisato con la sentenza 8 dicembre 2016, C-553/15, Undis Servizi s.r.l., sopra richiamata).

L’analisi viene svolta anche con riguardo alla soglia dell’80% del fatturato ai fini del requisito dell’attività prevalente, ai sensi dell’art. 5 del codice dei contratti pubblici ed a questo fine oltre a dare atto che presso la discarica di località Cerratina sono conferiti rifiuti di Comuni non soci della Eco.Lan. si richiama la nota (n. 5727 del 27 agosto 2015) con cui la Regione Abruzzo ha comunicato alla medesima società l’importanza dell’impianto ai fini della gestione del ciclo dei rifiuti in ambito regionale e l’obbligo di accettare i conferimenti da parte di enti locali non partecipanti al capitale. Sulla base di tale presupposto nella relazione in esame si ritiene che il requisito dell’attività prevalente sia rispettato, poiché si tratta di attività comunque non svolta in regime di libera concorrenza, ma autoritativamente imposta, e che in ogni caso anche laddove il fatturato rivenente da conferimenti di rifiuti di Comuni abruzzesi non soci non dovesse essere computato, nondimeno, quello derivante da attività in house si attesta comunque all’81,87% del totale.

La relazione procede poi ad illustrare le ragioni dell’affidamento alla Eco.Lan. (§ 5), premettendo l’analisi delle caratteristiche tecniche del servizio prestato dalla Società Autotrasporti e Pulizie Industriali e dando atto del raggiungimento da parte di quest’ultima di un quota di raccolta differenziata pari all’80%. Dopo la comparazione con l’offerta dell’odierna controinteressata, che si afferma essere «sostanzialmente allineata alle attuali modalità con alcune migliorie», di seguito specificate, il confronto prosegue poi sugli aspetti economici e a tale riguardo si evidenzia in particolare che per l’esecuzione del servizio da parte della società in house è previsto il distacco di 4 dipendenti comunali «attualmente addetti al servizio di igiene urbana», con onere a carico di quest’ultima e la cui remunerazione «è compresa nel canone d’appalto». Sulla base di questi dati il Comune di Atessa conclude nel senso che l’offerta della Eco.Lan. è più conveniente rispetto alle condizioni del servizio attualmente svolto dall’originaria ricorrente, per circa € 90.000 all’anno, perché l’onere relativo a tali dipendenti pari ad € 120.000 annui va sommato al corrispettivo versato a quest’ultima nel 2015, pari ad € 1.570.500, così ottenendosi la somma di € 1.690.500.

Viene poi svolto il confronto tra costo pro-capite dell’offerta della Eco.Lan. con i corrispettivi praticati dalla stessa società ad altri Comuni, comparabili con il Comune di Atessa, e con il costo da quest’ultimo sostenuto nel 2015 con la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali: da tale comparazione emerge la convenienza dell’offerta della società controinteressata, giacché l’onere risultante dalla proposta formulata dalla stessa è pari ad € 150,39 per abitante, contro valori oscillanti tra 175 e 211 euro per gli altri Comuni esaminati e gli € 158,85 sostenuti dal Comune di Atessa nei confronti dell’attuale gestore.

28. Dal complessivo esame della relazione ex art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, approvata contestualmente all’affidamento alla Eco.Lan., si ricava che tale imprescindibile documento contiene un’analisi approfondita sulle ragioni della scelta del modello di gestione in house del servizio, in conformità alle disposizioni di legge richiamate dall’odierna appellata a sostegno delle proprie censure, essendo diffusamente motivate le caratteristiche qualitative ed economiche del progetto di cui alla proposta della società e prima ancora la natura di quest’ultima come ente in house (profilo che peraltro è stato esaminato in relazione ai motivi d’appello della Eco.Lan., in senso confermativo delle valutazioni svolte dal Comune di Atessa).

D’altra parte l’analisi contenuta nella predetta relazione non risulta inficiata dalle prospettate censure di eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione e travisamento dei presupposti ed illogicità.

Infatti il Comune di Atessa ha tenuto conto della concorrente proposta della Società Autotrasporti e Pulizie Industriali di proseguire il rapporto contrattuale in essere e dei risultati da essa raggiunti, ma ha ritenuto sulla base di un approfondito confronto che dal punto vista tecnico ed economico la proposta della Eco.Lan. fosse migliorativa.

Quanto poi al fatto – su cui si imperniano le censure dell’originaria ricorrente - che il risparmio atteso dal Comune di Atessa dalla futura gestione in house sia in ipotesi assicurato dall’assenza di vincoli all’odierna appellante circa il personale da impiegare nel servizio, contrariamente a quanto invece ad essa contrattualmente imposto (non meno di 18 operatori), va rilevato che il confronto non deve basarsi su identiche modalità tecniche di svolgimento del servizio, ma sugli obiettivi tecnici da raggiungere e sulle economie di spesa complessivamente realizzabili; profili sui quali – come poc’anzi rilevato - la relazione si sofferma in modo adeguato.

29. L’originaria ricorrente ha riproposto anche le censure dirette a sostenere che la società controinteressata non avrebbe le capacità tecniche per svolgere il servizio affidatogli dal Comune di Atessa, come sarebbe dimostrato dal fatto che la discarica sita in località Cerratina del Comune di Lanciano è sempre stata affidata in gestione a terzi e che anche la gestione dei servizi di raccolta, trasporto e avvio allo smaltimento dei rifiuti «è sempre stata esternalizzata a privati mediante gara o subappalto», tra l’altro mediante procedure oggetto di impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di altri operatori del settore (nei casi dei Comuni di Lanciano, Treglio, Orsogna e Ortona) o di rilievi dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Al riguardo la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali ha addotto il certificato di regolare esecuzione dei servizi ad essa rilasciato dalla Eco.Lan. (certificato del 10 maggio 2013, prot. n. 3113).

L’incapacità tecnica della Eco.Lan. e il conseguente ricorso al mercato riprodurrebbe quella distinzione soggettiva tra ente pubblico affidante e società affidataria che impedisce di configurare il fenomeno dell’in house providing (sul punto è richiamato il precedente di questa Sezione 28 luglio 2015, n. 3716) e disvelerebbe le reali ragioni che sottostanno all’affidamento in contestazione – espressi a conclusione della relazione ex art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, ma che tuttavia non rientrano nei presupposti che in base alla legge giustificano la scelta di questo modello gestorio – consistenti nel valorizzare la partecipazione azionaria detenuta dal Comune di Atessa nel capitale della Eco.Lan.

30. Il motivo deve essere respinto.

L’affidamento a terzi della gestione della discarica e degli impianti di trattamento dei rifiuti ad essa relativi non costituisce di per sé elemento indicatore di un’incapacità tecnica della Eco.Lan. nello svolgere le attività di gestione del ciclo ad essi relativo, ma può essere spiegato sulla base di valutazioni di convenienza economica.

La tesi è poi smentita dalle stesse deduzioni dell’originaria ricorrente volte a sostenere che la medesima società controinteressata svolge attività di impresa in parallelo a quella esercitata per conto dei soci pubblici.

Per quanto concerne invece l’obiettivo dichiarato dal Comune di Atessa di valorizzare la propria partecipazione azionaria in Eco.Lan., lo stesso è stato comunque espresso nella relazione prodromica all’affidamento in house qui contestato come ragione ulteriore rispetto a quelle, sopra esaminate, relative alle caratteristiche tecniche del servizio e ai risparmi economici dallo stesso attesi rispetto all’alternativa data dal ricorso al mercato.

Anche in questo caso non può pertanto dirsi raggiunta la prova delle censure di legittimità proposte nel presente giudizio, così che le tesi della ricorrente costituiscono delle semplici illazioni non suffragata da adeguate prove l’ipotesi che la Eco.Lan. costituisca un mero schermo attraverso il quale i Comuni ad essa partecipanti si rivolgono in realtà al mercato per i servizi gestione del ciclo dei rifiuti, aggirando gli obblighi di evidenza pubblica su di essi gravanti.

A conclusioni diverse da quelle delineate non induce la recente sentenza della Corte di giustizia invocata dall’originaria ricorrente, e cioè la più volte richiamata sentenza 8 dicembre 2016, C-553/15 (Unidis Servizi s.r.l.), in cui si è affermato – con riguardo ad una vicenda analoga a quella oggetto del presente contenzioso, relativa ad una affidamento del servizio di igiene urbana da parte di un altro Comune Abruzzese - che nell’ambito dell’attività prevalente ai fini dell’in house providing non può essere inclusa «quella imposta a detto ente da un’amministrazione pubblica, non sua socia, a favore di enti territoriali a loro volta non soci di detto ente e che non esercitino su di esso alcun controllo» (punto n. 1 del dispositivo). Come si è infatti riscontrato esaminando la relazione del Comune di Atessa prodromica all’affidamento qui in contestazione, senza che sul punto vi siano censure specifiche da parte della Società Autotrasporti e Pulizie Industriali, sottraendo i ricavi da conferimenti di rifiuti urbani provenienti da Comuni non soci della Eco.Lan., il fatturato di quest’ultima da attività svolte nei confronti di amministrazioni locali socie si attesta all’81,87% del totale.

31. Con un’ultima censura la Società Autotrasporti e Pulizie Industriali deduce l’illegittimità dell’affidamento alla controinteressata perché disposto senza che il consiglio comunale di Atessa, competente ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. e), del testo unico sull’ordimento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sull’organizzazione dei pubblici servizi, si fosse preventivamente pronunciato sulle modifiche regolamentari interne della Eco.Lan. relative al controllo analogo da parte degli enti pubblici partecipanti (approvate tra il settembre e il dicembre del 2015): si sostiene che sarebbe stato violato l’art. 1, comma 3, dello statuto della Eco.Lan., il quale prevede che siano gli enti locali partecipanti ad approvare il regolamento comune per disciplinare i rapporti tra gli stessi enti locali stessi e la società partecipata.

32. Le censure sono infondate.

Con l’affidamento contestato il Comune di Atessa ha in realtà inteso fare proprie le modifiche regolamentari precedentemente approvate dalla società in house. Deve dunque ritenersi che in questa sede l’amministrazione resistente abbia approvato tali modifiche, attraverso il competente organo consiliare ai sensi della disposizione del testo unico di cui al d.lgs. n. 267 del 2000 richiamata dall’originaria ricorrente a sostegno delle proprie censure. Contrariamente a quanto quest’ultima deduce, inoltre, non è configurabile alcuna illegittimità per il fatto che l’affidamento del servizio sia avvenuto contestualmente all’approvazione delle modifiche regolamentari in questione. Nessuna norma di legge prescrive che queste ultime debbano precedere l’affidamento del servizio alla società in house.

Quanto alla supposta violazione dello statuto della Eco.Lan. verificatasi in occasione dell’approvazione di tali norme regolamentari interne, va rilevato essa non costituisce motivo di invalidità della delibera qui impugnata, ma – in ipotesi - di tali norme regolamentari, rispetto alla quale non vi è legittimazione ad agire della Società Autotrasporti e Pulizie Industriali, ma casomai del Comune di Atessa, quale socio della medesima società in house.

33. In conclusione, l’appello della Eco.Lan. va accolto, mentre devono essere respinti i motivi del ricorso di primo grado della Società Autotrasporti e Pulizie Industriali dalla stessa riproposti ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm. nel presente giudizio d’appello.

La notevole complessità delle questioni controverse giustifica la compensazione integrale delle spese del doppio grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso della Società Autotrasporti e Pulizie Industriali di Petroro Silvio s.r.l.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camera di consiglio dei giorni 19 dicembre 2017 e 4 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Fabio Franconiero

 

Carlo Saltelli

 

IL SEGRETARIO

 

 

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