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TAR Veneto, Sez. I, 20/6/2018 n. 347
Sull'alienazione degli immobili residenziali pubblici.

Il diritto di prelazione riconosciuto dall'art. 3 del D.L. n. 310 del 1990 (conv. con L. n. 403 del 1990) nelle procedure di alienazione immobiliare di beni dei Comuni e delle Province non può intendersi riferito esclusivamente agli immobili di edilizia residenziale pubblica (E.R.P.) ma considera in generale il patrimonio di edilizia residenziale nel modo più ampio possibile.

Materia: edilizia ed urbanistica / edilizia residenziale pubblica
Pubblicato il 20/06/2018

N. 00651/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00347/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 347 del 2016, proposto dalla sig.ra
Flavia Rizzardo, rappresentata e difesa dagli avv.ti Enrico Gaz e Stefano Canal e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Venezia, Santa Croce, n. 269

contro

Comune di Asolo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Aldo Laghi e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabio Agazzi, in Venezia-Mestre, via B. Maderna, n. 7

nei confronti

sig. Giorgio Fantoni, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Orsoni e Ludovico Marco Benvenuti e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Venezia, Santa Croce, n. 205 
sig. Giancarlo Menescardi, non costituito in giudizio

a) con il ricorso originario:

per l’annullamento

- della municipale prot. n. 19.599 del 7 gennaio 2016, con cui il Comune di Asolo ha reso noto alla ricorrente che il sig. Giorgio Fantoni ha provveduto ad esercitare il diritto di prelazione per l’acquisto del compendio immobiliare denominato “Villa Pasina” sito nel Comune di Maser;

- del provvedimento, di estremi non noti, di aggiudicazione definitiva del medesimo immobile al sig. Giorgio Fantoni;

- del verbale del 9 dicembre 2015, concernente l’asta pubblica per l’alienazione del compendio immobiliare denominato “Villa Pasina”, sito nel Comune di Maser, nella parte in cui aggiudica alla sig.ra Flavia Rizzardo l’immobile in questione in via provvisoria, anziché definitiva;

- del bando d’asta pubblica immobiliare n. 1/2015, prot. n. 18.088 del 13 novembre 2015, relativo al compendio immobiliare “Villa Pasina”, nella parte in cui prevede il diritto di prelazione a favore del sig. Giorgio Fantoni e, quindi, di ogni atto comunale di esso approvativo, nonché dei provvedimenti comunali che ne abbiano occasionato la statuizione;

- degli atti conseguenti, presupposti e/o comunque connessi


b) con i motivi aggiunti depositati il 22 giugno 2016:

per l’annullamento

- della deliberazione della Giunta Comunale di Asolo n. 219 del 12 novembre 2015, mediante cui si è stabilita la sussistenza di un diritto di prelazione ex art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990 per l’alienazione dell’immobile denominato “Villa Pasina”, sito in Maser;

- della determinazione del Comune di Asolo n. 569 del 10 dicembre 2015, a mezzo della quale sono state esperite le procedure per l’esercizio del diritto di prelazione per l’acquisto dell’immobile “Villa Pasina” da parte del suo conduttore, sig. Giorgio Fantoni;

- della deliberazione della Giunta Comunale di Asolo n. 249 del 24 dicembre 2015, con la quale è stata approvata la bozza del contratto preliminare di compravendita dell’immobile denominato “Villa Pasina”, sito in Maser, e si è autorizzato il responsabile dell’Area Finanziaria a sottoscrivere detto contratto in nome e per conto del Comune.


Visti il ricorso originario ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Asolo;

Visto il controricorso e contestuale ricorso incidentale del sig. Giorgio Fantoni;

Visti i motivi aggiunti depositati il 22 giugno 2016;

Visti le memorie, i documenti e le repliche delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore nell’udienza pubblica del 21 febbraio 2018 il dott. Pietro De Berardinis;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue


FATTO

L’odierna ricorrente, sig.ra Flavia Rizzardo, espone che il Comune di Asolo (TV) è proprietario di un compendio immobiliare denominato “Villa Pasina”, sito in Maser (TV), loc. Crespignaga, incluso in Z.T.O. “E2” (agricola) e soggetto a vincolo storico-artistico ex d.lgs. n. 42/2004.

Con contratto del 4 dicembre 1998 il complesso vincolato è stato concesso in locazione, per più di venti anni, al sig. Giorgio Fantoni, odierno controinteressato.

In data 13 novembre 2015 il Comune di Asolo, determinatosi all’alienazione del bene, procedeva ad assumere il “bando di asta pubblica immobiliare n. 1/2015 – compendio “Villa Pasina””, disponendo che l’asta venisse celebrata il 9 dicembre 2015 e stabilendo quale prezzo a base d’asta l’importo di € 1.243.000,00.

Tra le varie clausole, il bando prevedeva che la partecipazione all’asta fosse subordinata all’espressa accettazione, da parte dei concorrenti, del diritto di prelazione, in capo al conduttore dell’immobile, per il prezzo dell’aggiudicazione provvisoria, e della condizione per cui l’aggiudicazione definitiva sarebbe intervenuta ove il conduttore non avesse esercitato tale prelazione nel termine prescritto, con rinuncia ad ogni pretesa avverso l’Amministrazione comunale per l’ipotesi di esercizio del diritto di prelazione ad opera dell’avente diritto.

Il bando precisava, poi, che l’assoggettamento dell’immobile a diritto di prelazione derivava dall’art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990, conv. con l. n. 403/1990, e che la gara si sarebbe svolta attraverso le seguenti fasi: a) aggiudicazione provvisoria a favore del miglior offerente; b) in caso di parità delle offerte, rilancio (ovvero sorteggio, nell’ipotesi di mancanza di rilanci); c) invito al prelazionario ad esercitare il diritto di prelazione entro dieci giorni dalla sua notifica.

L’esponente, avendo interesse ad acquisire il compendio ma non ritenendo sussistente la prelazione indicata dal bando, partecipava all’asta pubblica formulando un’offerta con riserva di impugnazione del bando stesso su tale specifico punto, in ordine al quale, pertanto, non prestava alcuna accettazione, nemmeno implicita. Alla gara partecipava, altresì, il sig. Giorgio Fantoni, conduttore del compendio immobiliare.

La Commissione di gara, presa visione del contenuto delle buste, decideva di ammettere alla gara la sig.ra Rizzardo, pur in presenza della riserva di impugnazione da lei formulata, e di seguito constatava che le due offerte economiche risultavano pari entrambi ad € 1.350.000,00. I concorrenti venivano, pertanto, invitati a migliorare le proprie offerte ed a ciò si rendevano disponibili, presentando nuove offerte in busta chiusa. All’esito di tale ulteriore fase, constatato che il sig. Fantoni aveva offerto la somma di € 1.426.000,00 e l’esponente l’importo di € 1.427.000,00, veniva disposta l’aggiudicazione provvisoria della gara in favore di quest’ultima.

Il Comune, tuttavia, procedeva alla notifica di detta aggiudicazione al sig. Fantoni, il quale – lamenta l’esponente – così rimesso in termini, esercitava la prelazione ed otteneva l’aggiudicazione definitiva dell’immobile.

Avverso detta aggiudicazione definitiva, nonché gli atti presupposti e connessi specificati in epigrafe (nota di comunicazione della stessa, aggiudicazione provvisoria, verbale e bando di gara in parte qua) è insorta la sig.ra Flavia Rizzardo, impugnando tali atti con il ricorso originario del pari in epigrafe e chiedendone l’annullamento.

A supporto del gravame, la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990, anche in relazione agli artt. 822 e 823 c.c., agli artt. 53, 55 e 57 del d.lgs. n. 42/2004, nonché all’art. 11 del contratto di locazione stipulato tra il Comune e il sig. Giorgio Fantoni, eccesso di potere per travisamento dei fatti e falsità del presupposto, illogicità manifesta, in quanto nel caso di specie nessuna prelazione legale deriverebbe dal contratto di locazione tra il Comune ed il sig. Fantoni (che richiama la l. n. 392/1978 e le successive modifiche, di cui alla l. n. 431/1998). Né sussisterebbero i presupposti per applicare alla fattispecie la prelazione prevista dall’art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990 (comma aggiunto in sede di conversione dalla l. n. 403/1990), poiché: a) l’immobile in esame avrebbe natura demaniale e non patrimoniale; b) la l. n. 403 cit. farebbe riferimento all’alienazione di immobili del patrimonio di edilizia residenziale di proprietà di Comuni e Province, dunque ad immobili (alloggi popolari) ben diversi da quelli sottoposti al vincolo storico-artistico (i quali, invero, non sono di pronta ed agevole liquidazione);

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 77 del r.d. n. 827/1924, nonché dell’art. 4 del regolamento comunale per l’alienazione del patrimonio immobiliare, violazione dei principi generali in materia di selezione pubblica del contraente, sviamento, giacché, ove si volesse riconoscere esistente il diritto di prelazione, il sig. Fantoni avrebbe serbato nella gara un comportamento (la proposta di un’offerta al rialzo) incompatibile con la volontà di avvalersi di tale diritto: il Comune, perciò, non avrebbe più dovuto consentirgli di esercitare la prelazione dopo la fase di rialzo, ma avrebbe dovuto aggiudicare la gara in via definitiva alla deducente.

Si è costituito in giudizio il Comune di Asolo, depositando documenti sui fatti di causa e resistendo alle pretese attoree.

Si è costituito a sua volta in giudizio il sig. Giorgio Fantoni, proponendo controricorso ed eccependo, in rito, la tardività del ricorso principale, nonché nel merito la sua infondatezza. Con lo stesso scritto il sig. Fantoni ha proposto, altresì, ricorso incidentale, a mezzo del quale ha chiesto l’annullamento del verbale della seduta di gara del 9 dicembre 2015, nella parte in cui la Commissione giudicatrice ha ammesso in gara l’offerta formulata dalla sig.ra Rizzardo.

A sostegno del gravame, il ricorrente incidentale ha dedotto i seguenti motivi:

- violazione dell’art. 72 del r.d. n. 827/1924, violazione della lett. C) del paragrafo del bando di gara recante le “principali condizioni del contratto di trasferimento della proprietà”, nonché dei principi di par condicio e di certezza nei rapporti giuridici, eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà ed illogicità, poiché la Commissione giudicatrice avrebbe dovuto escludere l’offerta della ricorrente principale, trattandosi di offerta “condizionata”;

- violazione dell’art. 72 del r.d. n. 827/1924, violazione della lett. C) del paragrafo del bando di gara recante le “principali condizioni del contratto di trasferimento della proprietà”, nonché dei principi di par condicio e di certezza nei rapporti giuridici, eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà ed illogicità, perché l’offerta della sig.ra Rizzardo sarebbe stata ammessa alla gara nonostante la citata concorrente abbia alterato il modulo di domanda predisposto dal Comune, onde introdurre la riserva di impugnazione nella propria dichiarazione di partecipazione all’asta, così presentando una dichiarazione del tutto incompatibile con la lex specialis di gara.

In data 22 giugno 2016 la ricorrente ha depositato motivi aggiunti, a mezzo dei quali ha impugnato i seguenti ulteriori atti, chiedendone l’annullamento:

- la deliberazione della Giunta Comunale di Asolo n. 219 del 12 novembre 2015, con cui si è stabilita la sussistenza del diritto di prelazione ex art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990 per l’alienazione dell’immobile denominato “Villa Pasina”;

- la determinazione del Comune di Asolo n. 569 del 10 dicembre 2015, con la quale sono state esperite le procedure per l’esercizio del diritto di prelazione per l’acquisto di “Villa Pasina” da parte del sig. Giorgio Fantoni;

- la deliberazione della Giunta Comunale di Asolo n. 249 del 24 dicembre 2015, con la quale è stata approvata la bozza del contratto preliminare di compravendita di “Villa Pasina”, e si è autorizzato il responsabile dell’Area Finanziaria a sottoscrivere detto contratto in nome e per conto del Comune di Asolo.

A supporto dei motivi aggiunti la ricorrente ha dedotto le seguenti doglianze:

3) illegittimità derivata, per l’illegittimità, riveniente sugli atti impugnati con i motivi aggiunti dalle censure dedotte con il ricorso originario e riprodotte negli stessi motivi aggiunti;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.lgs. n. 267/2000, incompetenza, atteso che gli atti impugnati con i motivi aggiunti sarebbero stati adottati da organi incompetenti a statuire in merito all’alienazione del patrimonio immobiliare comunale, ovvero alle relative modalità di trasferimento, trattandosi di competenza spettante in via esclusiva al Consiglio Comunale.

In vista dell’udienza pubblica il Comune di Asolo ha svolto difese, depositando memoria e memoria di replica ed eccependo: in rito, l’inammissibilità del ricorso originario e di quello per motivi aggiunti per la mancata impugnazione della determinazione dirigenziale n. 489 del 13 novembre 2015, atto presupposto contenente l’approvazione del bando di gara; sempre in rito, l’irricevibilità del ricorso originario (e la conseguente inammissibilità dei motivi aggiunti) per la mancata impugnazione entro i termini del bando di gara e del verbale di gara del 9 dicembre 2015; nel merito, l’infondatezza delle censure dedotte dalla ricorrente.

Anche la deducente ed il controinteressato hanno depositato memorie e repliche.

In particolare, il sig. Fantoni, oltre a ribadire le eccezioni di rito e di merito già formulate e ad insistere per l’accoglimento del ricorso incidentale, ha eccepito aggiuntivamente l’improcedibilità del ricorso principale per omessa impugnazione dei provvedimenti successivi a quelli gravati e, in specie, della deliberazione della Giunta Comunale di Asolo n. 276 del 13 dicembre 2016, recante autorizzazione alla stipula del contratto definitivo di compravendita dell’immobile per cui è causa (sottoscrizione poi intervenuta il 23 dicembre 2016).

La deducente, dal canto suo, ha replicato alle eccezioni preliminari di inammissibilità, irricevibilità ed improcedibilità del ricorso, concludendo per l’infondatezza del ricorso incidentale ed insistendo per l’accoglimento di quello principale.

All’udienza pubblica del 21 febbraio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Formano oggetto del ricorso originario gli atti del procedimento di alienazione, da parte del Comune di Asolo, del compendio immobiliare di “Villa Pasina”, sito in Maser (TV), al controinteressato sig. Giorgio Fantoni, cui è stato riconosciuto il diritto di prelazione sull’immobile in discorso, per essergli stato questo dato in locazione ventennale sin dal dicembre 1998.

Con i motivi aggiunti sono poi impugnate la deliberazione della Giunta Comunale che ha stabilito la sussistenza del diritto di prelazione in favore del sig. Fantoni e quella di approvazione della bozza di contratto preliminare e di autorizzazione alla stipula dello stesso.

Il controinteressato, dal canto suo, propone ricorso incidentale, con cui lamenta l’illegittimità degli atti di gara per la mancata esclusione dall’asta pubblica dell’offerta della ricorrente principale, sig.ra Flavia Rizzardo.

Avverso il ricorso principale vengono inoltre sollevate, dal Comune di Asolo e dal controinteressato, eccezioni di inammissibilità, irricevibilità ed improcedibilità dello stesso, cui la ricorrente – come si è detto – controbatte nelle memorie conclusiva e di replica.

In via pregiudiziale, va dato atto dell’esistenza di un orientamento giurisprudenziale favorevole alla devoluzione al G.O. delle controversie concernenti la concreta applicazione del diritto di prelazione ex art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990. In base a tale orientamento, si tratterebbe di controversie aventi ad oggetto la contestazione di atti che non costituiscono esercizio di potere amministrativo, ma attengono all’esercizio di facoltà incluse nel diritto dominicale di proprietà dell’immobile comunale e che, inoltre, vedrebbero coinvolte unicamente posizioni di diritto soggettivo, senza alcun spazio per l’esercizio di discrezionalità amministrativa.

Il Collegio, tuttavia, reputa di dissentire motivatamente da detto indirizzo, almeno con riguardo alla fattispecie ora all’esame, poiché l’inserimento del compendio di “Villa Pasina” tra gli immobili da alienare non può che configurarsi come il risultato di una scelta discrezionale del Comune e, quindi, come il frutto dell’esercizio di un vero e proprio potere pubblicistico, il quale è sufficiente, di per sé, a radicare la giurisdizione del G.A. in relazione alla fattispecie stessa.

A conforto di siffatta conclusione milita, del resto, l’art. 119 c.p.a., il quale disciplina il rito abbreviato comune a determinate materie, ricomprendendovi, alla lett. c) del comma 1, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alla dismissione di beni pubblici, sul presupposto – evidentemente sotteso a detta disposizione – che tali controversie siano attribuite alla giurisdizione del G.A., poiché la dismissione stessa deve aver luogo tramite procedure di evidenza pubblica (com’è, infatti, avvenuto nel caso di specie).

Ciò premesso, il Collegio ritiene, in ossequio al superiore principio di economia dei mezzi processuali ed in connessione con il principio del rispetto della scarsità della risorsa–giustizia (cfr. C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 5):

1) di accordare la priorità alla disamina del ricorso principale (ricorso originario e motivi aggiunti), rispetto a quella del ricorso incidentale;

2) di prescindere, nell’esame del ricorso principale, dalle eccezioni processuali sollevate dalla difesa comunale e dal controinteressato, in ragione dell’infondatezza nel merito dei motivi di ricorso. Tale infondatezza, infatti, costituisce ad avviso del Collegio “ragione più liquida” delle suddette eccezioni di rito, con il corollario che alla vicenda de qua si applica l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria n. 5/2015, secondo cui il giudice può derogare alla naturale rigidità dell’ordine di esame delle questioni, qualora ritenga preferibile risolvere la lite rigettando il ricorso nel merito (o nel rito) in base ad una ben individuata ragione “più liquida” (cfr. parag. 5.3 e 9.3.4.3).

Ed invero, nessuna delle censure formulate con il ricorso principale, per quanto riguarda sia il ricorso introduttivo, sia i motivi aggiunti, appare suscettibile di positivo apprezzamento.

È, anzitutto, infondato il primo motivo del ricorso introduttivo, a mezzo del quale la sig.ra Rizzardo deduce l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento in favore del conduttore dell’immobile, sig. Fantoni, del diritto di prelazione all’acquisto del medesimo: ciò, sia con riferimento alla disciplina generale di cui alla l. n. 392/1978 e successive modifiche ed integrazioni, richiamata dal contratto di locazione concluso tra il Comune di Asolo ed il suddetto prelazionario, atteso che tale disciplina non contemplerebbe il diritto di prelazione ove la locazione abbia ad oggetto immobili sottoposti a vincolo storico-artistico, com’è nel caso di specie; sia, inoltre, con riferimento all’art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990 (conv. con l. n. 403/1990) – ossia la disposizione richiamata dall’Amministrazione – che, però, secondo quanto la ricorrente arguisce da indici letterali e sistematici (v. infra), contemplerebbe un diritto di prelazione nel solo caso dell’alienazione di immobili di edilizia residenziale pubblica (“E.R.P.”) appartenenti ai Comuni od alle Province.

Tuttavia, da un lato il richiamo alla l. n. 392/1978 ed alle successive modifiche e integrazioni (più in particolare: all’art. 1, comma 2, lett. a), della l. n. 431/1998, che esclude l’applicazione del diritto di prelazione di cui al successivo art. 3, comma 1, lett. g), nelle ipotesi di contratti di locazione relativi ad immobili sottoposti a vincolo storico-artistico) è del tutto irrilevante, perché il Comune di Asolo ha fondato il riconoscimento del diritto di prelazione in favore del sig. Giorgio Fantoni unicamente sull’art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990, conv. con l. n. 403/1990.

D’altro lato, quest’ultima disposizione non può intendersi come riferita esclusivamente agli immobili di edilizia residenziale pubblica (E.R.P.), secondo quanto pretende la ricorrente, poiché, a fronte degli indici ermeneutici da costei individuati a sostegno della propria tesi, ve ne sono altri, più convincenti, che depongono nel senso opposto.

Ed invero, l’art. 3, comma 1-bis, cit., recita: “I comuni e le province possono altresì procedere alla alienazione del patrimonio di edilizia residenziale di loro proprietà, ancorché abbiano usufruito negli anni precedenti di contributo o finanziamento in conto capitale o in conto interessi dallo Stato o dalle regioni. La cessione delle unità immobiliari deve avvenire con priorità assoluta per coloro che ne fanno uso legittimo, in base a contratto di affitto, di concessione o comodato. Gli istituti di credito autorizzati possono concedere mutui ipotecari ai cessionari anche fino al 90 per cento del valore di cessione, corrispondendo agli enti proprietari il valore ammesso a mutuo. Gli stessi enti possono prestare garanzia parziale agli istituti mutuanti in misura non superiore al 40 per cento del prezzo di cessione. I comuni e le province possono utilizzare i proventi per le finalità previste al comma 1; nella eventualità di alienazioni di valore non inferiore ai 500 milioni di lire, qualora non utilizzino almeno il 50 per cento del ricavato per interventi di edilizia economica e popolare saranno esclusi dai programmi regionali e nazionali di nuova formazione sulla materia per i successivi nove anni”.

Nello specifico, la deducente sostiene in primo luogo che “Villa Pasina”, quale immobile pubblico di interesse culturale, avrebbe natura demaniale e, così, non sarebbe in alcun modo assimilabile ai beni del patrimonio, a cui ha riguardo il citato art. 3, comma 1-bis. Ciò, tanto più che la cessione dei beni di interesse storico-artistico prevede (oltre alla prelazione legale) l’autorizzazione del Ministero, per cui sembra estranea a detti beni una previsione acceleratoria e derogatoria quale quella contemplata dal medesimo art. 3, comma 1-bis, come meglio si dirà infra.

Inoltre, con l’espressione “alienazione del patrimonio di edilizia residenziale” il Legislatore avrebbe inteso riferirsi all’edilizia residenziale pubblica, come emergerebbe:

a) dal richiamo, che segue immediatamente tale espressione, al contributo o finanziamento statale o regionale, trattandosi di contributi/finanziamenti evidentemente accordati per la realizzazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (E.R.P.);

b) dal tenore dell’ultimo periodo del comma 1-bis, il quale prescrive che, ove il valore degli immobili alienati superi nel complesso la somma di £. 500.000.000 e gli Enti locali venditori non provvedano a destinare almeno il 50% del ricavato a “interventi di edilizia economica e popolare”, saranno esclusi dai programmi regionali e statali in materia per i successivi nove anni. In altri termini, il Legislatore avrebbe previsto una “compensazione”, nel senso che gli immobili alienati dovrebbero essere almeno in parte reintegrati con alloggi di edilizia residenziale pubblica, il che starebbe a significare che gli immobili da alienare non potrebbero che essere, a propria volta, alloggi di E.R.P.;

c) dalla logica chiaramente emergenziale propria del d.l. n. 310/1990, trattandosi di normativa intesa a superare gli squilibri di una finanza locale assai compromessa ed in fase di forte transizione, come sarebbe dimostrato dalla previsione (contenuta nello stesso art. 3) della possibilità per gli Enti locali di concordare aperture di credito con le banche nelle more del perfezionamento della cessione. L’art. 3, comma 1-bis, cit., pertanto, sarebbe norma finalizzata all’alienazione di immobili di facile e pronta liquidabilità, tra cui non potrebbero rientrare gli immobili sottoposti a vincolo storico-artistico: per questi ultimi, infatti, la prelazione a favore dello Stato e l’autorizzazione ministeriale alla cessione renderebbero tale cessione aleatoria e mal si concilierebbero con le esigenze di celerità sottese al d.l. n. 310/1990, stante la necessità per gli Enti locali di disporre di immediate risorse.

Nella memoria conclusiva la ricorrente torna sulla questione, aggiungendo agli argomenti già esposti le seguenti ulteriori considerazioni:

d) le consulenze legali acquisite dal Comune durante il procedimento di alienazione ammetterebbero il disfavore giurisprudenziale per l’inserimento di titoli di preferenza nei bandi di gara (trattandosi di deroghe alla par condicio), mentre dalle stesse istanze del legale del controinteressato emergerebbe l’incertezza del quadro normativo di riferimento, per l’approssimazione delle scelte lessicali compiute dal Legislatore nell’art. 3, comma 1-bis, cit.;

e) le differenze esistenti tra il comma 1 e il comma 1-bis del citato art. 3 e, in particolare, l’uso nel comma 1-bis del termine “altresì” dimostrerebbero che il comma 1-bis ha ad oggetto l’alienazione di beni diversi rispetto a quelli del patrimonio disponibile, a cui si riferisce il comma 1. Questi beni non potrebbero che appartenere al patrimonio indisponibile e, all’interno di tale categoria, non potrebbero che essere gli immobili di edilizia residenziale pubblica, né a detta conclusione osterebbe la rubrica dell’art. 3 (intitolata “alienazione del patrimonio disponibile degli enti locali”), poiché il comma 1-bis, essendo stato inserito dalla legge di conversione, è “sganciato” dalla rubrica dell’articolo (che il Legislatore non avrebbe provveduto a correggere).

In contrario, tuttavia, osserva il Collegio che, già sul piano meramente testuale, una cosa è la formula “patrimonio di edilizia residenziale”, altra cosa è l’espressione “edilizia residenziale pubblica” (cd. E.R.P.).

Al riguardo mette conto rilevare, infatti, che:

- sotto l’aspetto fattuale, il complesso di “Villa Pasina” è stato inserito nel “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari ex art. 58 del d.l. n. 112/2008 (conv. con l. n. 133/2008) – con il corollario della sua classificazione quale bene del patrimonio disponibile (v. il comma 2 dell’art. 58 cit.) – e, successivamente, il Comune di Asolo ha acquisito la necessaria autorizzazione alla vendita da parte della Soprintendenza (cfr. doc. 4 della difesa comunale);

- sotto il profilo più strettamente giuridico, vanno condivisi gli indici testuali e sostanziali rilevati dal Comune di Asolo, i quali inducono ad escludere che la formula “patrimonio di edilizia residenziale” sia un sinonimo di “edilizia residenziale pubblica” (E.R.P.);

- anzitutto, si osserva che l’art. 3, comma 1-bis, cit. menziona, quali Enti autorizzati alla dismissione dei beni, i Comune e le Province, nel mentre i principali soggetti pubblici proprietari e gestori degli alloggi di E.R.P. erano – anche all’epoca di entrata in vigore della legge – oltre ai Comuni, gli I.A.C.P. (oggi A.T.E.R.) e non le Province;

- in secondo luogo, la disposizione de qua attribuisce il diritto di prelazione a quanti stanno godendo del bene da alienare in forza di “contratto di affitto, di concessione o di comodato” e, quindi, richiama anche tipologie contrattuali diverse da quelle proprie dell’assegnazione di alloggi di E.R.P. (e cioè la locazione semplice o la locazione con patto di futura vendita);

- di particolare importanza è poi l’argomento teleologico, in base al quale non avrebbe senso limitare le ipotesi di alienabilità ai soli immobili di E.R.P., poiché l’alienazione degli stessi ha luogo a prezzi calmierati e non di mercato e, dunque, riduce quella possibilità di “far cassa” che è la ratio ispiratrice della norma in questione, volta a consentire un ristoro alla finanza locale, in quanto compromessa da gravi squilibri;

- da ultimo, manca, nell’art. 3 del d.l. n. 310/1990, un’abrogazione esplicita del divieto, contenuto nell’art. 27 della l. n. 513/1977 (all’epoca vigente), di trasferire in proprietà agli assegnatari di alloggi di E.R.P. gli alloggi assegnati in locazione semplice: il che, ove si fosse intesa la formula “patrimonio di edilizia residenziale” come sinonimo di “edilizia residenziale pubblica”, avrebbe grandemente ristretto l’ambito delle ipotesi di alienazione consentite agli Enti locali dal citato art. 3, comma 1-bis, in contrasto con la ratio della norma stessa, come vista al punto precedente.

Ad avviso del Collegio, è, invece, irrilevante addurre a confutazione delle tesi della deducente – come fa il sig. Fantoni – l’art. 4 del regolamento comunale per l’alienazione del patrimonio immobiliare e mobiliare registrato del Comune di Asolo, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 57 del 29 novembre 2002 (v. all. 7 al ricorso), poiché detta norma si limita a dettare una disciplina procedurale per l’esercizio del diritto di prelazione sugli immobili alienati esistente “a norma delle vigenti disposizioni o per altra legittima causa”. In altre parole, la norma regolamentare in questione è meramente ricognitiva di diritti già derivanti da altra fonte.

Ad ogni modo, l’enfasi della deducente sull’alienazione di immobili di pronta e celere liquidazione non giova alle sue tesi, visto che, come giustamente ribatte la difesa comunale, l’alienazione degli immobili di E.R.P. è tutt’altro che agevole, potendo avvenire solo a determinate condizioni e con dati vincoli (autorizzazioni regionali preventive, criteri di determinazione del prezzo, divieto temporaneo di alienazione, prelazione a favore dello I.A.C.P., ecc.).

Risulta, poi, una forzatura intendere la menzione, nell’art. 3, comma 1-bis, cit. di un “contributo o finanziamento in conto capitale o in conto interessi dallo Stato o dalle regioni” come indicativa del fatto che la disposizione de qua si riferirebbe all’alienabilità di alloggi di E.R.P., poiché il contributo o il finanziamento sarebbero stati accordati, appunto, per la realizzazione degli alloggi di E.R.P.: in realtà, la norma non si riferisce per nulla al patrimonio residenziale pubblico realizzato con contributi statali o regionali, ma prevede una cosa ben diversa e cioè che possono alienare immobili del proprio patrimonio residenziale anche i Comuni e le Province che abbiano beneficiato dei suddetti contributi o finanziamenti.

I contributi/finanziamenti statali o regionali, in altri termini, sono riferiti all’Ente locale venditore e non già al bene immobile da vendere.

Non convince neppure il richiamo alla previsione secondo cui gli introiti derivanti dall’alienazione degli immobili, qualora superiori a £. 500.000.000, debbono essere destinati, almeno per il 50%, ad interventi di edilizia economica e popolare, trattandosi di un mero vincolo di reimpiego dei suddetti introiti, che, di per sé, nulla dice sulla categoria dei beni alienabili.

Infine, la distinzione tra patrimonio disponibile e patrimonio indisponibile a cui – nella prospettazione di parte ricorrente – si riferiscono, rispettivamente, il comma 1 e il comma 1-bis dell’art. 3 del d.l. n. 310 cit., non pare avere il valore e il significato che vi riconnette la deducente, poiché in ogni caso i beni del patrimonio indisponibile dovranno essere previamente sottratti alla loro destinazione, “nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano” (art. 828, secondo comma, c.c.). Anche da questo punto di vista, dunque, non può dirsi che l’alienazione degli immobili di E.R.P. abbia quelle caratteristiche di pronta e facile liquidazione che la deducente pretende di attribuirle.

Inoltre, si è già visto che l’inserimento di “Villa Pasina” nel “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari ex art. 58 del d.l. n. 112/2008, effettuato con deliberazione del Consiglio Comunale di Asolo n. 15 del 6 agosto 2015 (v. doc. 2 del Comune), ne ha determinato, ai sensi dell’art. 58, comma 2, cit., la classificazione come bene del patrimonio disponibile.

Appare, quindi, da condividere la conclusione cui perviene il Comune di Asolo nelle sue difese, per la quale, attraverso l’art. 3, comma 1-bis, cit., il Legislatore ha voluto consentire agli Enti locali di far fronte alle proprie necessità finanziarie potendo disporre di un patrimonio disponibile (ab origine o tale divenuto con le modalità previste dalla legge) il più ampio possibile.

Se ne ricava, in definitiva, l’infondatezza del primo motivo del ricorso originario.

Parimenti infondato è, poi, il secondo motivo del predetto ricorso, poiché dalla partecipazione del sig. Fantoni, in sede di asta pubblica, alla fase di offerte al rialzo, non può dedursi nessuna rinuncia, da parte sua, al diritto di prelazione spettantegli sull’immobile da alienare, quale conduttore dello stesso, ai sensi del citato art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990.

Invero, il procedimento da seguire nell’asta pubblica era puntualmente disciplinato dal bando di gara, che, in parte qua, non ha formato oggetto di impugnativa ad opera della ricorrente. Costei, infatti, si è limitata a impugnarlo nella parte in cui ha previsto il diritto di prelazione.

Nello specifico, il predetto bando (all. 3 al ricorso), nel paragrafo intitolato “esperimento di gara”, ha tra l’altro stabilito quanto segue:

“(….) Al termine della procedura di valutazione delle offerte verrà redatta la graduatoria provvisoria in ordine decrescente a partire dalla maggiore offerta, e successivamente approvata con apposita determinazione del Responsabile (….).

L’aggiudicazione provvisoria sarà fatta a favore del concorrente che avrà presentato l’offerta più alta rispetto al prezzo posto a base d’asta al quale sarà data notizia attraverso lettera raccomandata A.R. o tremite (sic) PEC (….).

In caso di parità di offerte si procederà, a norma dell’art. 77 del R.D. 23 maggio 1924 n. 827, ad un rilancio tra gli offerenti. Ove nessuno di coloro che hanno presentato offerte uguali sia presente, o i presenti non vogliano migliorare l’offerta, si procederà all’aggiudicazione mediante sorteggio.

La miglior offerta in graduatoria verrà formalizzata tramite notifica anche a mezzo PEC o Raccomandata A.R. o tramite PEC, agli aventi diritto di prelazione (….) contenente l’indicazione del prezzo di aggiudicazione, con l’invito ad esercitare il diritto di prelazione nel termine di 10 giorni dalla data della notifica con contestuale prova dell’avvenuto versamento della cauzione pari al 5% del prezzo offerto (….)”.

È, quindi, evidente che la cd. denuntiatio al prelazionario, al fine dell’eventuale esercizio, da parte di costui, del diritto di prelazione, era prevista dal bando a carico del Comune solo una volta che fosse stata individuata (e formalizzata) la migliore offerta, sia direttamente, sia, in caso di parità, a seguito della formulazione di offerte al rialzo, sia, in caso di mancato rialzo, a seguito di sorteggio. Ed è del pari evidente che, nella fattispecie all’esame, la migliore offerta (quella della sig.ra Rizzardo) è stata individuata solo dopo l’esperimento della fase di rilancio, cosicché, a termini di bando, solo dopo tale fase – e non prima, come pretende la deducente – il prelazionario sig. Giorgio Fantoni avrebbe potuto esercitare (ed ha in effetti esercitato) il proprio diritto di prelazione.

In altre parole, la partecipazione, ad opera del sig. Fantoni, alla fase del rilancio non ha comportato per nulla la rinuncia, da parte sua, al diritto di prelazione, poiché fino alla conclusione della predetta fase ovvero (nell’ipotesi di esito negativo della stessa) fino al sorteggio, costui non era legittimato ad esercitare il diritto in questione. Il comportamento del prelazionario, consistito nella partecipazione alla fase del rialzo delle offerte, non era, quindi, per nulla incompatibile con la volontà, da parte sua, una volta formalizzata l’offerta migliore, di esercitare il diritto di prelazione (sempreché – è ovvio – l’offerta da lui presentata non fosse già stata la migliore scaturita dall’asta).

Se ne evince l’infondatezza della censura e, con essa, del ricorso introduttivo considerato nella sua interezza.

Venendo ai motivi aggiunti, è ovviamente infondata la doglianza di invalidità derivata con gli stessi dedotta, attesa l’ora vista infondatezza del ricorso originario.

In ordine, infine, alla doglianza di incompetenza, formulata con il secondo ed ultimo motivo aggiunto, il Collegio rammenta che, in realtà, è stato proprio il Consiglio Comunale di Asolo, con deliberazione n. 15 del 6 agosto 2015, a determinarsi per l’alienazione di “Villa Pasina”, inserendo tale complesso immobiliare nel “Piano delle alienazioni e valorizzazioni comunali – anno 2015 – 2017 ex art. 58 del d.l. n. 112/2008, conv. con l. n. 133/2008 (v. supra). Sembra, quindi, eccessivo e contrastante con il divieto di aggravamento del procedimento ex art. 1, comma 2, della l. n. 241/1990, sostenere che il Consiglio Comunale si dovesse nuovamente pronunciare sull’alienazione di tale immobile, una volta riconosciuta la sussistenza del diritto di prelazione in capo al conduttore dello stesso, ex art. 3, comma 1-bis, del d.l. n. 310/1990: ciò, tenuto conto che il ridetto Consiglio, quando ha inserito “Villa Pasina” nel “Piano delle alienazioni ex art. 58 cit., certamente non ne ignorava la condizione di immobile dato in locazione (e da molti anni) al sig. Giorgio Fantoni.

Ne discende, in conclusione, l’infondatezza pure del motivo ora visto, con il corollario che i motivi aggiunti sono anch’essi nella loro interezza infondati e da respingere.

La complessiva infondatezza del ricorso principale, sia quanto al ricorso introduttivo, sia quanto ai motivi aggiunti, comporta poi, per consolidato insegnamento giurisprudenziale, l’improcedibilità del ricorso incidentale.

Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti, in ragione sia della complessità, sia della novità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto – Sezione Prima (I^), così definitivamente pronunciando sul ricorso originario e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Dichiara improcedibile il ricorso incidentale.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2018, con l’intervento dei magistrati:




Maurizio Nicolosi, Presidente

Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore

Nicola Fenicia, Primo Referendario

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Pietro De Berardinis Maurizio Nicolosi
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO



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