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Consiglio di Stato, Sez. III, 20/9/2018 n. 5480
Sulla rilevanza della società a conduzione familiare nell'ambito della prevenzione antimafia,

La società a conduzione familiare assume particolare rilievo nell'ambito della prevenzione antimafia, poiché proprio quando dietro la singola realtà d'impresa vi è un nucleo familiare particolarmente compatto e coeso è statisticamente più facile che coloro i quali sono apparentemente al di fuori delle singole realtà aziendali possono curarne (o continuare a curarne la gestione) e, comunque interferire in quest'ultima facendo leva sui più stretti congiunti; proprio il nucleo familiare "allargato", ma unito nel curare gli "affari" di famiglia, è uno degli strumenti di cui più frequentemente si serve la criminalità organizzata di stampo mafioso per la penetrazione legale nell'economia.

Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 20/09/2018

N. 05480/2018REG.PROV.COLL.

N. 01944/2018 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1944 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Tozzi e Alfredo Maria Serra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e legalmente domiciliata presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di ferro n. 13;

contro

Ministero dell’Interno e Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domiciliano ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania, Sezione I, n. -OMISSIS-, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 settembre 2018 il Cons. Ezio Fedullo e uditi gli Avvocati Luca Tozzi e Alfredo Maria Serra, per la parte appellante, e l'Avvocato dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Costituisce oggetto del presente giudizio di appello - dopo che la relativa domanda di annullamento proposta in primo grado è stata respinta dal T.A.R. Campania, sede di Napoli - l’informativa interdittiva antimafia (prot. n. -OMISSIS- del 22.5.2017), recante il contestuale diniego di iscrizione nell’elenco dei fornitori di beni, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio di inquinamento mafioso (c.d. ‘white list’), emessa dalla Prefettura di Napoli nei confronti della appellante -OMISSIS-, esercente attività di recupero e commercializzazione di indumenti usati.

2. Il provvedimento interdittivo richiama essenzialmente, a suo fondamento giustificativo, “la tipologia dei reati sintomatici ai fini antimafia (associazione di tipo mafioso, usura, estorsione) imputati ai congiunti della famiglia -OMISSIS-, unitamente ai legami con soggetti appartenenti a clan camorristici”, nonché “i numerosi controlli di polizia emersi nei confronti dei soci della stessa impresa, reiterati nel corso degli anni, con persone pregiudicate per delitti rilevanti ai fini antimafia”.

3. Nel dettaglio, il complessivo quadro indiziario da cui l’Amministrazione appellata ha desunto il pericolo di condizionamento mafioso dell’impresa appellante è articolato nei termini seguenti.

Premesso che il capitale societario è ripartito tra:

- -OMISSIS- -OMISSIS-, nato a Napoli il -OMISSIS-(possessore del 30% delle quote societarie), titolare anche delle funzioni di amministratore unico;

- -OMISSIS- -OMISSIS-, nata a Napoli il -OMISSIS-(possessore del 30% delle quote societarie);

- -OMISSIS- -OMISSIS-, nato a Napoli il -OMISSIS-(possessore del 30% delle quote societarie);

- -OMISSIS- -OMISSIS-, nato Napoli il -OMISSIS-(possessore del 10% delle quote societarie);

dall’impugnata informativa interdittiva antimafia si evince che:

- il socio -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’47), padre dell’amministratore unico, -OMISSIS- -OMISSIS-, in data 11.11.2003 è stato proposto dal Questore di Napoli per l’applicazione della misura della sorveglianza speciale di p.s., con contestuale proposta di sequestro di beni: le citate proposte di misure di prevenzione personale e patrimoniale sono state, entrambe, respinte dal Tribunale di Napoli con decreto n. -OMISSIS-in data 31.5.2005;

- il suddetto socio -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’47) è fratello di -OMISSIS- -OMISSIS-, nato ad -OMISSIS-il -OMISSIS-, gravato da precedenti penali per tentato omicidio volontario, usura ed estorsione nonché destinatario, nel 2003, della proposta di applicazione della sorveglianza speciale di p.s., con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e relativo sequestro di beni, rigettata dal Tribunale di Napoli con decreto n. -OMISSIS-del 6.10.2004;

- i menzionati -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS- hanno un terzo fratello, -OMISSIS- -OMISSIS-, nato ad -OMISSIS-il -OMISSIS-, ritenuto elemento di spicco del clan -OMISSIS-, già cognato del defunto capoclan, -OMISSIS-, in quanto avevano sposato due sorelle (-OMISSIS-e -OMISSIS-). Il citato -OMISSIS- -OMISSIS- figura coinvolto in numerosi precedenti penali per reati quali la fabbricazione e la detenzione di materie esplodenti, l’associazione di stampo mafioso, l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la corruzione. Lo stesso è stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno;

- -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’92), figlio di -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’50), fratello di -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’61), -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’47) e -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’64), è stato socio (possedendo il 50% delle quote) della società -OMISSIS-; in data 6.10.2016 ha venduto le proprie quote a -OMISSIS- -OMISSIS-;

- il socio -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’82), in data 17.3.2007, è stato controllato a bordo di un’auto unitamente ad -OMISSIS-nato a Napoli il -OMISSIS-, coinvolto nei seguenti episodi: a) arrestato in esecuzione di un’o.c.c, emessa, in data 26.11.2012, dal G.I.P. del Tribunale di Napoli in quanto responsabile di associazione a delinquere di stampo mafioso; b) arrestato in esecuzione di un’o.c.c. emessa, in data 13.7.2014, dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, in quanto imputato per i reati di omicidio doloso, violazione della normativa in materia di armi, ricettazione con l’aggravante di cui all’art. 7 l. 203/1991, unitamente ad otto soggetti ritenuti appartenenti al clan camorristico -OMISSIS-;

- il suddetto -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’82), in data 25.9.2003, è stato controllato unitamente a -OMISSIS- -OMISSIS- di -OMISSIS- e -OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, destinatario di una o.c.c. emessa, in data 26.11.2012, dal G.I.P. del Tribunale di Napoli in quanto responsabile di rapina, con l’aggravante di cui all’art. 7 l. 203/1991. Detta misura cautelare è stata adottata anche nei confronti del citato -OMISSIS-(cl. ’86);

- il citato -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’82), in data 6.3.2004, è stato controllato anche insieme a -OMISSIS--OMISSIS-, di -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, gravato da numerosi precedenti in quanto indagato per i delitti di associazione di tipo mafioso, estorsione, omicidio, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, reati in materia di armi, istigazione alla corruzione ed altro;

- il citato -OMISSIS--OMISSIS-, allo stato detenuto, è stato arrestato, in esecuzione dell’o.c.c. n.-OMISSIS-, emessa, in data 23.6.2016, dal Tribunale di Napoli (p.p. -OMISSIS-r.g.n.r.), anche nei confronti di -OMISSIS--OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, figli di -OMISSIS- -OMISSIS-, nipote di -OMISSIS- -OMISSIS-, socio della citata -OMISSIS-, nonché a carico di -OMISSIS-, moglie del defunto capoclan, -OMISSIS-. Nell’ambito del citato procedimento penale n. -OMISSIS-r.g.n.r. figura coinvolto anche -OMISSIS- -OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, figlio di -OMISSIS- -OMISSIS-, fratello di -OMISSIS- -OMISSIS-, socio di -OMISSIS-.

4. Come sintetizzato dal T.A.R., gli elementi indizianti emersi a carico della -OMISSIS- si sostanziano quindi:

- negli stretti rapporti di parentela dell’amministratore unico e dei soci (-OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-) con soggetti gravati da condanne penali per delitti di associazione di tipo mafioso e per ‘delitti spia’ ex art. 84, comma 4, lett. a, del d.lgs. n. 159/2011 (estorsione, usura), nonché da misure di prevenzione personale e patrimoniale (-OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, quest’ultimo riconosciuto esponente del clan camorristico -OMISSIS-);

- nei contatti plurimi del socio -OMISSIS- -OMISSIS- con soggetti sottoposti a misure cautelari personali e/o imputati per delitti di associazione di tipo mafioso ovvero aggravati dall’agevolazione mafiosa e per ‘delitti spia’ ex art. 84, comma 4, lett. a) del d.lgs. n. 159/2011 (estorsione), oltre che risultati orbitare intorno al menzionato clan camorristico -OMISSIS- (-OMISSIS--OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, e -OMISSIS--OMISSIS-);

- nella proposta di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti del socio -OMISSIS- -OMISSIS-;

- nel rapporto di parentela dell’amministratore unico e dei soci (-OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-) con -OMISSIS- -OMISSIS- (nato a Napoli il -OMISSIS-), a sua volto socio della -OMISSIS- s.r.l., attinta da un’indagine riguardante “un’organizzazione criminale di stampo camorristico inserita nell’ambito della commercializzazione di indumenti usati provenienti dalla raccolta urbana” (cfr. nota della Questura di Napoli – Divisione Polizia Anticrimine, prot. n. -OMISSIS-/mdr, del 4 maggio 2015), ossia nello stesso campo di attività propria della -OMISSIS-.

Il giudice di primo grado ha quindi ritenuto che le circostanze illustrate convergessero “in termini gravi, precisi e concordanti, nel formare un quadro indiziario più che sufficiente – in base alla regola causale del ‘più probabile che non’ (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4657/2015; n. 1328/2016; n. 1743/2016; n. 4295/2017) – a ingenerare un ragionevole convincimento sulla sussistenza di un condizionamento mafioso in capo all’impresa ricorrente”: ciò tenuto conto dell’esigenza di valutazione unitaria e globale degli elementi indiziari raccolti dalla Prefettura e del fatto che i legami parentali tra i componenti dell’intera compagine partecipativa e del vertice gestionale della società interdetta sono connotati da una “intensità qualificata in termini di intreccio di interessi economici e familiari”.

5. Così ricostruito il quadro giuridico-fattuale posto a fondamento del provvedimento impugnato e delineato il percorso motivazionale che ha condotto il giudice di primo grado a condividere gli esiti della valutazione di permeabilità criminale compiuta dall’Amministrazione titolare del potere interdittivo, esaminato altresì il contributo difensivo dell’Amministrazione appellata, può senz’altro procedersi alla disamina delle censure di parte appellante.

6. A venire in rilievo, in primo luogo, è quella intesa a lamentare che nessuno dei pareri della Guardia di Finanza, dei Carabinieri ovvero della Questura di Napoli avrebbe fornito elemento alcuno per far seriamente presumere l’esistenza di un rischio di infiltrazione mafiosa all’interno della -OMISSIS-: il G.I.A., infatti, si sarebbe limitato a prendere atto di una serie di risultanze di fatto (per lo più di carattere anagrafico) senza mai, però, effettuare alcuna reale ponderazione sulla

loro idoneità a provare la possibilità di una permeabilità mafiosa della odierna appellante, venendo meno, in tal modo, al dovere di effettuare una reale e concreta valutazione dei motivi che imponevano l’adozione del gravato provvedimento ovvero che consentivano di ritenere preminenti le risultanze delle note della Questura di Napoli in luogo di quelle delle altre FF.OO..

Il suindicato motivo di appello non è meritevole di accoglimento.

Premesso che, mediante la censura in esame, la parte appellante si prefigge di dimostrare la carenza motivazionale dei “pareri” - in particolare di quello espresso dal G.I.A. - richiamati dal provvedimento interdittivo, deve in primo luogo osservarsi, in senso contrario alla sua sussistenza, che il vizio de quo deve essere verificato con riferimento all’atto terminale della sequenza procedimentale.

La fattispecie provvedimentale in discorso si caratterizza infatti, alla stregua del pertinente schema legislativo, per la connotazione squisitamente ricognitiva (dei fatti rilevanti ai fini dell’accertamento del pericolo di condizionamento criminale) dell’attività preparatoria demandata al Gruppo Interforze (cfr. art. 93, comma 3, d.lvo n. 159/2011: “al termine degli accessi ed accertamenti disposti dal prefetto, il gruppo interforze redige, entro trenta giorni, la relazione contenente i dati e le informazioni acquisite nello svolgimento dell’attività ispettiva…”), restando demandata al Prefetto la funzione propriamente valutativa della rilevanza dei fatti raccolti in sede istruttoria ai fini della formulazione della prognosi di condizionamento mafioso (cfr. art. 93, comma 4, d.lvo n. 159/2011: “il Prefetto, acquisita la relazione di cui al comma 3, fatta salva l’ipotesi di cui al comma 5, valuta se dai dati raccolti possano desumersi, in relazione all’impresa oggetto di accertamento e nei confronti dei soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa stessa, elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4 ed all’articolo 91, comma 6”).

Consegue, da quanto detto, che la consistenza indiziaria dell’informativa interdittiva deve essere apprezzata alla stregua del suo diretto apparato giustificativo, assumendo carattere recessivo, a tal fine, le risultanze (meramente fattuali) dell’attività ispettiva, così come trasfuse nei relativi verbali.

Le osservazioni che precedono valgono anche a dimostrare l’infondatezza del rilievo di parte appellante secondo cui il G.I.A. non si sarebbe preoccupato di esplicitare i motivi della prevalenza riconosciuta alle annotazioni della Questura di Napoli rispetto a quelle delle altre Forze di Polizia: l’attribuzione al Prefetto del compito di operare la reductio ad unitatem delle molteplici, e non necessariamente convergenti, acquisizioni istruttorie endo-procedimentali non consente, infatti, di ravvisare il vizio lamentato con riferimento ai segmenti intermedi e/o preparatori della complessiva sequenza procedimentale, quale può essere considerato il verbale conclusivo del Gruppo Ispettivo Antimafia.

7. Con ulteriore motivo di appello, la parte appellante lamenta che il provvedimento interdittivo impugnato in primo grado si baserebbe esclusivamente sul nesso di parentela esistente tra il legale rappresentante, i soci di -OMISSIS- ed i soggetti terzi che hanno compiuto scelte di vita diametralmente opposte ai primi: il G.I.A., infatti, non avrebbe individuato alcun ulteriore elemento intrinseco e/o estrinseco che deponesse nel senso della probabile permeabilità mafiosa della società appellante.

Aggiunge quest’ultima che gli scarni elementi raccolti dalla Prefettura, già di per sé privi di una reale e concreta valenza indiziaria, perdono ulteriormente valore se si considera che sono riferiti al sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, socio al 10% e quindi titolare di una partecipazione minima, che la legge stessa presume insufficiente ad influenzare e/o determinare le scelte aziendali della compagine sociale.

Osserva ancora la parte appellante che i rapporti di parentela non si sostanziano in nessuna attuale e/o recente frequentazione, atteso che le uniche di cui vi è traccia nel provvedimento impugnato si riferiscono ad epoche remote, allorché i soggetti controindicati non erano ancora dediti alla malavita, né, esclusi quelli personali, vi è traccia di rapporti indiretti riguardanti flussi economici, assunzione di particolari maestranze, assunzione di commesse in zone controllate dal clan ecc.: anzi, essa aggiunge, la società ha sede legale in -OMISSIS-, ma il suo stabilimento si trova a -OMISSIS-(CE) e non opera a nessun titolo (né partecipa a gare di appalto) in zone ove esiste una possibile influenza mafiosa dei clan cui sono collegati i parenti dei soci.

Né vi è prova, continua la parte appellante, che i reati commessi dai membri del sodalizio criminale de quo avessero attinenza alcuna con la -OMISSIS-, ovvero con l’attività commerciale dalla stessa svolta, mentre la proposta di applicazione della misura di prevenzione personale a carico del sig. -OMISSIS- -OMISSIS- è stata sostanzialmente basata sulla mera esistenza del rapporto di parentela, così come rilevato dallo stesso Tribunale di Napoli che, con decreto di rigetto n. -OMISSIS-del 31.5.2005, ha chiarito che “mentre per -OMISSIS- -OMISSIS- le accuse emergono gravi e precise, nei confronti del fratello -OMISSIS- non emerge alcun elemento tranquillante circa un suo legame con il clan, che non sia quello di appartenere alla stessa famiglia di “-OMISSIS-”.

Quanto alle sporadiche (concernendo solo 3 episodi) frequentazioni del socio -OMISSIS- -OMISSIS- con i sigg.ri -OMISSIS--OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, le stesse, deduce la parte appellante, sono giustificate dal fatto che essi sono coetanei e cugini di primo grado, oltre a risalire ad un’epoca (anni 2003, 2004, 2007) in cui questi ultimi erano ancora incensurati né dediti al malaffare, come si evince dal fatto che le ordinanze di custodia cautelare nei confronti dei sigg.ri -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS--OMISSIS- sono state emesse nell’anno 2012 (per i sigg.ri -OMISSIS-e -OMISSIS-) e 2016 (per il sig. -OMISSIS-).

Al fine di meglio rappresentare l’occasionalità delle dette frequentazioni, ancora, la parte appellante sottolinea che il socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS- non è mai stato coinvolto, nemmeno incidentalmente, nelle vicende penali che hanno interessato i cugini ovvero il sig. -OMISSIS--OMISSIS-, né tantomeno risulta che i reati da questi commessi avessero attinenza alcuna con l’attività aziendale della -OMISSIS-.

Quanto poi alla circostanza secondo cui il sig. -OMISSIS- -OMISSIS- (classe 1992), dunque non già l’omonimo legale rappresentante della -OMISSIS-, sarebbe stato socio al 50% di una società denominata -OMISSIS-, prima di cedere le quote alla sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-, allega la parte appellante che la tesi, sposata dal T.A.R., secondo cui la stessa non avrebbe rilievo nell’economia motivazionale del provvedimento impugnato dovrebbe a maggior ragione determinare l’annullamento dello stesso, costituendo ulteriore conferma del fatto che si basa esclusivamente su rilievi anagrafici civili e/o societari.

Invero, continua la parte appellante, lo stesso rapporto di parentela tra il sig. -OMISSIS- -OMISSIS- (classe 1992) con i soci della -OMISSIS- deve ritenersi del tutto irrilevante anche alla luce

della nota della Questura di Napoli – Divisione Polizia Anticrimine, prot. n. -OMISSIS-, del 4 maggio 2015, richiamata dalla sentenza impugnata: impregiudicato il fatto che i rilievi contenuti in tale ultimo documenti non sono stati richiamati nel provvedimento interdittivo, nemmeno per relationem, essi riguardano una persona del tutto estranea alla compagine sociale e relativamente alla quale non sono mai stati provati rapporti, frequentazioni o contatti con i soci.

Per finire, ad ulteriore dimostrazione della illogicità del provvedimento interdittivo impugnato, la parte appellante evidenzia che:

- tutti i soci della -OMISSIS- sono incensurati, senza carichi pendenti e non sono mai stati coinvolti, nemmeno incidentalmente, nelle vicende giudiziarie dei propri parenti, con i quali non hanno rapporti da anni;

- la -OMISSIS- partecipa da anni alle procedure pubbliche di appalto su tutto il territorio nazionale e a tal fine ha sempre richiesto (ed ottenuto) i necessari nulla osta antimafia;

- essa ha sostanzialmente mantenuto la medesima compagine sociale da quando è iniziata l’attività sociale nel 2002 (infatti solo nel 2013 sono stati aggiunti due nuovi soci rispetto agli iniziali due, ma non è mai cambiato l’amministratore unico);

- il socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS- ha sempre collaborato con le FF.OO., sporgendo regolare denuncia allorquando condotte di reato perpetrate da terzi hanno visto la -OMISSIS- come parte offesa;

- la decisione del socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS- di tenersi lontano dal mondo della malavita e dal malaffare è ancora più evidente se si considera che egli, prima di diventare socio della -OMISSIS- (nell’anno 2013), ha lavorato per oltre 43 anni presso i -OMISSIS-..

L’illustrato motivo di appello, inteso nella sua complessa articolazione a porre in risalto il vizio di illogicità asseritamente inficiante l’impugnato provvedimento interdittivo, non è meritevole di accoglimento.

Come si evince dall’analisi condotta sub 3, il nucleo motivazionale fondante l’informativa interdittiva oggetto di giudizio attiene ai rapporti di parentela intercorrenti tra i soci della società appellante e soggetti coinvolti in vicende (e conseguenti provvedimenti giudiziari) di carattere penale e/o preventivo.

Il dato, nella sua cruda oggettività, sembra effettivamente prestare il fianco ai rilievi di parte appellante, intesi a sostenere la sua insufficienza ai fini dimostrativi, anche su un piano meramente indiziario, della prognosi di permeabilità criminale da cui è scaturito il provvedimento interdittivo impugnato: è fin troppo semplice constatare, infatti, che la parentela attiene alla sfera “naturale” e “statica” della relazioni umane, mentre l’attività di prevenzione antimafia non può che incentrarsi su atti/fatti espressivi delle scelte che gli individui pongono in essere nell’esercizio della loro libertà di azione, imprenditoriale e non, siccome idonei a fornire la base per la prefigurazione attendibile del loro comportamento futuro, quanto in particolare alla creazione di margini efficaci alla (o all’opposto all’abbassamento di ogni difesa nei confronti della) penetrazione della criminalità nel tessuto imprenditoriale.

Il rilievo, per quanto elementare, consente tuttavia di formulare alcune osservazioni preliminari, le quali costituiranno l’indispensabile cornice entro cui inscrivere la successiva analisi della fattispecie in esame.

In primo luogo, il dato relativo alla parentela non deve essere assunto nella sua rigida materialità, ma per le implicazioni logico-presuntive che lo stesso, attentamente esaminato anche alla luce di tutte le circostanze caratterizzanti lo specifico contesto societario e familiare, così come enucleate (più o meno esplicitamente) dall’organo prefettizio, è suscettibile di generare: implicazioni che compete in primo luogo al giudice, in sede di sindacato sulla legittimità dell’informativa interdittiva, attentamente estrapolare dal provvedimento impugnato e dagli atti istruttori che ne hanno preceduto l’adozione.

In secondo luogo, ed in via di ulteriore sviluppo dei rilievi che precedono, la “famiglia”, anche da un punto di vista sociologico, in quanto gruppo di persone caratterizzato, in linea tendenziale, dalla condivisione di valori e finalità, costituisce il “naturale” canale di trasmissione di eventuali “propensioni” criminali, le quali finiscono per propagarsi dall’uno all’altro dei suoi membri, da un lato, in virtù dell’appartenenza degli stessi ad un unico habitat socio-economico, dall’altro lato, in forza del legame di solidarietà che, in misura più o meno marcata, li avvince.

Come recentemente posto in evidenza da questa Sezione (cfr. sentenza n. 5410 del 14 settembre 2018), invero, “la società l’appellante si caratterizza per essere una società a conduzione familiare (come frequentemente avviene in Italia); tale caratteristica, come ha correttamente rilevato la difesa dell’Amministrazione, assume particolare rilievo nell’ambito della prevenzione antimafia, poiché proprio quando dietro la singola realtà d’impresa vi è un nucleo familiare particolarmente compatto e coeso (come appunto nel caso di specie), è statisticamente più facile che coloro i quali sono apparentemente al di fuori delle singole realtà aziendali possono curarne (o continuare a curarne la gestione) e, comunque interferire in quest’ultima facendo leva sui più stretti congiunti. E’ altrettanto noto che proprio il nucleo familiare “allargato”, ma unito nel curare gli “affari” di famiglia, è uno degli strumenti di cui più frequentemente si serve la criminalità organizzata di stampo mafioso per la penetrazione legale nell’economia, tanto è vero che in tempi recenti l’Adunanza Plenaria, riprendendo la giurisprudenza della Sezione ha ribadito “che - quanto ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose - l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto col proprio congiunto. Nei contesti sociali, in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una “influenza reciproca” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza; una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto, che non sia attinto da pregiudizio mafioso, può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione. Hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l’Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza – su un’area più o meno estesa – del controllo di una ‘famiglia’ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti (a fortiori se questi non risultino avere proprie fonti legittime di reddito).” (Adunanza Plenaria sentenza 6 aprile 2018, n. 3 che richiama, a sua volta, i principi già espressi nella sentenza di questa Sezione n. 1743/2016 prima richiamata)”.

Si tratta quindi, alla luce dei rilievi che precedono e dell’acuta analisi operata con il citato precedente giurisprudenziale, non di prendere semplicisticamente atto che il provvedimento interdittivo de quo trae alimento dai rapporti di parentela esistenti tra i soci della società interdetta e soggetti terzi contigui alla criminalità, ma di verificare, attraverso la disamina di tutti gli elementi rilevanti emergenti dallo scrutinio della concreta fattispecie, se quei rapporti possano costituire il fondamento di una valutazione di permeabilità criminale logicamente attendibile e probatoriamente plausibile.

Applicando le così riassunte coordinate interpretative alla fattispecie oggetto di controversia, deve rilevarsi (e ribadirsi) che i dati salienti che la caratterizzano sono così enucleabili:

- il socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’47), titolare del 10% del capitale sociale, è padre del sig. -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’78), amministratore unico della società interdetta;

- il suddetto socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS- è fratello di -OMISSIS- -OMISSIS-, nato ad -OMISSIS-il -OMISSIS-, gravato da precedenti penali per tentato omicidio volontario, usura ed estorsione nonché destinatario, nel 2003, della proposta di applicazione della sorveglianza speciale di p.s., con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e relativo sequestro di beni, rigettata dal Tribunale di Napoli con decreto n. -OMISSIS-del 6.10.2004;

- il medesimo sig. -OMISSIS- -OMISSIS- è altresì fratello di -OMISSIS- -OMISSIS-, nato ad -OMISSIS-il -OMISSIS-, ritenuto elemento di spicco del clan -OMISSIS-, già cognato del defunto capoclan, -OMISSIS-. Il citato -OMISSIS- -OMISSIS- figura coinvolto in numerosi precedenti penali per reati quali la fabbricazione e la detenzione di materie esplodenti, l’associazione di stampo mafioso, l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, la corruzione ed è stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno;

- il socio -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’82), in data 17.3.2007, è stato controllato a bordo di un’auto unitamente ad -OMISSIS-nato a Napoli il -OMISSIS-, coinvolto nei seguenti episodi: a) arrestato in esecuzione di un’o.c.c. emessa, in data 26.11.2012, dal G.I.P. del Tribunale di Napoli in quanto responsabile di associazione a delinquere di stampo mafioso; b) arrestato in esecuzione di un’o.c.c. emessa, in data 13.7.2014, dal G.I.P. del Tribunale di Napoli, in quanto imputato per i reati di omicidio doloso, violazione della normativa in materia di armi, ricettazione con l’aggravante di cui all’art. 7 l. 203/1991, unitamente ad otto soggetti ritenuti appartenenti al clan camorristico -OMISSIS-;

- il medesimo socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’82), in data 25.9.2003, è stato controllato unitamente a -OMISSIS- -OMISSIS-, figlio di -OMISSIS- e -OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, destinatario di una o.c.c. emessa, in data 26.11.2012, dal G.I.P. del Tribunale di Napoli in quanto responsabile di rapina, con l’aggravante di cui all’art. 7 l. 203/1991. Detta misura cautelare è stata adottata anche nei confronti del citato -OMISSIS-(cl. ’86);

- il medesimo socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’82), in data 6.3.2004, è stato controllato anche insieme a -OMISSIS--OMISSIS-, figlio di -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, gravato da numerosi precedenti in quanto indagato per i delitti di associazione di tipo mafioso, estorsione, omicidio, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, reati in materia di armi, istigazione alla corruzione ed altro;

- il citato -OMISSIS--OMISSIS-, allo stato detenuto, è stato arrestato, in esecuzione dell’o.c.c. n.-OMISSIS-, emessa, in data 23.6.2016, dal Tribunale di Napoli (p.p. -OMISSIS-r.g.n.r.), anche nei confronti di -OMISSIS--OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, figli di -OMISSIS- -OMISSIS-, nipote di -OMISSIS- -OMISSIS-, socio della citata -OMISSIS-, nonché a carico di -OMISSIS-, moglie del defunto capoclan, -OMISSIS-. Nell’ambito del citato procedimento penale n. -OMISSIS-r.g.n.r. figura coinvolto anche -OMISSIS- -OMISSIS-, nato a -OMISSIS-, figlio di -OMISSIS- -OMISSIS-, fratello di -OMISSIS- -OMISSIS-, socio della -OMISSIS-;

- l’amministratore unico ed i soci della società appellante sono altresì parenti di -OMISSIS- -OMISSIS- (nato a Napoli il -OMISSIS-), a sua volto socio della -OMISSIS- s.r.l., attinta da un’indagine riguardante “un’organizzazione criminale di stampo camorristico inserita nell’ambito della commercializzazione di indumenti usati provenienti dalla raccolta urbana” (cfr. nota della Questura di Napoli – Divisione Polizia Anticrimine, prot. n. -OMISSIS-/mdr, del 4 maggio 2015), ossia nello stesso campo di attività propria della -OMISSIS-.

Tanto premesso, deve ritenersi che la “pressione” criminale suscettibile di provenire dai suindicati soggetti pregiudicati, nei confronti dei soci della società interdetta e tale da compromettere il sereno – recte, immune da condizionamenti criminali - svolgimento dell’attività imprenditoriale che alla stessa fa capo, superi la “soglia di tolleranza” al di là della quale sussistono i presupposti per il legittimo esercizio della funzione preventiva di cui costituisce espressione il provvedimento impugnato.

Inducono a tale conclusione:

1) il carattere convergente e “stellare” dei rapporti di parentela e/o di frequentazione tra i soggetti pregiudicati ed i soci della società interdetta, interessando essi:

a) in via diretta, il socio -OMISSIS- -OMISSIS-, in quanto fratello dei pregiudicati -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS- nonché zio di -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’85) e -OMISSIS--OMISSIS-; il socio -OMISSIS- -OMISSIS-, in virtù dei contatti avuti con i pregiudicati -OMISSIS--OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS--OMISSIS-; tutti i soci, in virtù del rapporto di parentela con -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’92);

b) ed in via indiretta, tutti indistintamente i soci, ed in particolare l’amministratore unico sig. -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ‘78), in forza del rapporto di parentela intercorrente tra essi, atto a propagare, all’interno della società, il rischio di contaminazione criminale insito nei rapporti che, all’esterno della società, sussistono tra i soci menzionati sub a) ed i predetti soggetti controindicati.

Da quest’ultimo punto di vista, quanto in particolare al rapporto tra il socio -OMISSIS- -OMISSIS- e l’amministratore unico -OMISSIS- -OMISSIS-, lo stesso è qualificato, agli effetti della valutazione antimafia, dall’intrinseco ascendente che il primo, in quanto genitore, può esercitare nei confronti del secondo, indipendentemente dalla quota esigua (10%) di capitale sociale detenuta.

2) il carattere “specifico” di quei rapporti, con riferimento al campo operativo della società appellante.

In particolare, assume indiscutibile rilievo l’attività (imprenditoriale e criminale) facente capo alla -OMISSIS- s.r.l., attinta da un’indagine riguardante “un’organizzazione criminale di stampo camorristico inserita nell’ambito della commercializzazione di indumenti usati provenienti dalla raccolta urbana”, il cui socio, come si è detto, è il sig. -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’92), parente dei soci della società appellante.

A tale riguardo, la mancata menzione nel provvedimento impugnato della nota della Questura di Napoli – Divisione Polizia Anticrimine, prot. n. -OMISSIS-/mdr, del 4 maggio 2015, da cui si evince la predetta circostanza, non preclude di prenderla in considerazione ai fini del sindacato di legittimità interessante l’informativa interdittiva in discorso, venendo la predetta nota in rilievo al solo fine di esplicitare la rilevanza antimafia del dato, comunque evincibile dal provvedimento, relativo alla qualità di socio del sig. -OMISSIS--OMISSIS- nell’ambito della suddetta società ed al rapporto di parentela esistente con i soci della società appellante;

3) il carattere “dinamico” e volontaristico di quei rapporti.

Basti osservare, a tale riguardo, che il socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS- è stato controllato in compagnia dei menzionati soggetti pregiudicati.

Né rileva che, come dedotto dalla parte appellante, si tratterebbe di contatti episodici, risalenti e comunque avvenuti diversi anni prima che i suddetti venissero coinvolti in vicende di carattere criminale.

In primo luogo, infatti, il procedimento penale da cui è scaturita l’emissione dell’ordinanza custodiale a carico di -OMISSIS--OMISSIS- risulta instaurato nel 2007, per fatti presumibilmente antecedenti e cronologicamente contestuali all’epoca (2004) in cui i suddetti sono stati controllati.

In secondo luogo, può ragionevolmente presumersi che il rapporto di frequentazione, tanto più in quanto avvalorato da quello parentale, quantomeno con -OMISSIS--OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’85), sia proseguito negli anni successivi (al controllo), fino a coincidere con l’epoca del coinvolgimento degli stessi in situazioni penalmente rilevanti;

4) la rilevanza non meramente parentale di quei rapporti.

Basti considerare, a significare la potenziale “trascendenza” criminale dei suddetti rapporti di parentela, che gli stessi si intersecano proprio con riferimento a vicende di carattere penale: ad esempio, il citato -OMISSIS--OMISSIS- è coinvolto nello stesso procedimento penale che riguarda, oltre ai fratelli (figli di -OMISSIS- -OMISSIS-, nipote di -OMISSIS- -OMISSIS-, socio della citata -OMISSIS-), anche il sig. -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’85), figlio di -OMISSIS- -OMISSIS-, fratello di -OMISSIS- -OMISSIS-, socio della -OMISSIS-.

In tale contesto ricostruttivo, caratterizzato dalla forte valenza indiziaria degli elementi posti a base del provvedimento impugnato, è agevole osservare, con riferimento ai rilievi di parte appellante, che:

- il provvedimento interdittivo impugnato in primo grado non si basa solo sul nesso di parentela esistente tra il legale rappresentante, i soci di -OMISSIS- ed i soggetti terzi attinti da vicende di carattere penale: il nesso suindicato, infatti, si colora di qualificazioni che ne esaltano il valore indiziario e consentono di ritenerlo legittimamente posto a fondamento della misura interdittiva;

- i suddetti elementi indiziari non riguardano esclusivamente il socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, titolare di una quota minoritaria (pari al 10%) del capitale sociale, fermo restando che l’influenza da questi esercitabile all’interno della società trascende la quota posseduta e si fonda sul rapporto genitoriale nei confronti, in particolare, dell’amministratore unico;

- non risponde al vero che il rapporto di parentela sarebbe indipendente da frequentazioni e/o legami di carattere economico-imprenditoriale: non solo, infatti, si è visto che il socio -OMISSIS- -OMISSIS- è stato controllato in compagnia di soggetti pregiudicati, a lui legati anche da rapporti parentali, ma la cointeressenza economica è stata individuata dall’Amministrazione, quantomeno, con riguardo alla figura di -OMISSIS- -OMISSIS- (cl. ’92), socio della -OMISSIS- s.r.l., attinta da un’indagine riguardante “un’organizzazione criminale di stampo camorristico inserita nell’ambito della commercializzazione di indumenti usati provenienti dalla raccolta urbana”, ossia nello stesso campo di attività propria della -OMISSIS-.

A fronte della complessiva valenza indiziaria dei suddetti elementi, non assumono alcuna idoneità critica - in quanto attinenti ad aspetti secondari e non decisivi - le ulteriori deduzioni della parte appellante, intese a rimarcare che tutti i soci della -OMISSIS- sono incensurati, senza carichi pendenti e non sono mai stati coinvolti, nemmeno incidentalmente, nelle vicende giudiziarie dei propri parenti, che la -OMISSIS- partecipa da anni alle procedure pubbliche di appalto su tutto il territorio nazionale e a tal fine ha sempre richiesto (ed ottenuto) i necessari nulla osta antimafia, che essa ha sostanzialmente mantenuto la medesima compagine sociale, che il socio sig. -OMISSIS- -OMISSIS- ha sempre collaborato con le FF.OO., sporgendo regolare denuncia allorquando condotte di reato perpetrate da terzi hanno visto la -OMISSIS- come parte offesa, che il suddetto, prima di diventare socio della -OMISSIS- (nell’anno 2013), ha lavorato per oltre 43 anni presso i -OMISSIS-..

Deve peraltro osservarsi che le argomentazioni reiettive svolte in ordine ai suddetti punti dal T.A.R. non sono state puntualmente censurate dalla parte appellante: basti richiamare la sentenza appellata laddove evidenzia che “la formale correttezza dell’attività imprenditoriale esercitata dalla -OMISSIS-è, di per sé, insuscettibile di sottrarre quest’ultima al pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata, la quale è adusa investire i proventi delle proprie pratiche illecite in imprese operanti secondo criteri di regolarità esteriore, onde superare i controlli svolti dagli organi all’uopo deputati e così salvaguardare le proprie ricchezze” e che “irrilevante è la denuncia esibita in giudizio dalla ricorrente allo scopo di comprovare l’atteggiamento collaborativo assunto dai propri esponenti aziendali nei confronti delle autorità di polizia rispetto alle pratiche illecite della malavita organizzata. Ed invero, il fatto denunciato dall’amministratore unico della -OMISSIS-corrisponde ad una ipotesi di furto con violenza sulle cose, la quale, per sua natura, oltre che per identità degli agenti indicati (“tre cittadini di etnia rom”), non appare riconducibile al novero delle attività criminose delle organizzazioni di tipo camorristico”.

8. Esaurito l’esame dei motivi di appello attinenti al merito della contestazione di permeabilità criminale, devono adesso analizzarsi quelli aventi ad oggetto vizi di ordine procedimentale, ad iniziare dalla deduzione di violazione dell’art. 3 del D.P.C.M. del 18 aprile 2013, ai sensi del quale il procedimento di iscrizione nella white list si conclude entro il termine di 90 giorni dalla presentazione della richiesta: allega infatti la parte appellante che, nella specie, la richiesta della -OMISSIS- è stata presentata in data 26.5.2015, mentre il procedimento si è concluso solo in data 22.5.2017.

Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Basti osservare che il diniego di iscrizione nella white list, cui in via esclusiva afferisce il vizio dedotto, è disceso con carattere di automaticità dal provvedimento interdittivo: pertanto, l’eventuale caducazione del primo, in conseguenza del vizio suindicato, non potrebbe sortire l’esito favorevole del procedimento di iscrizione, trovando esso un ostacolo insormontabile nella permeabilità criminale della società richiedente ravvisata dalla Prefettura di Napoli.

Ne consegue, ai sensi dell’art. 21 octies l. n. 241/1990, l’insussistenza di alcun interesse della parte appellante all’accoglimento della censura suindicata, che deve quindi essere senz’altro dichiarata, in costanza di una informativa interdittiva tuttora valida ed efficace, improcedibile.

9. Con ulteriore censura di ordine procedimentale, la parte appellante deduce la mancata instaurazione, prima dell’adozione del provvedimento interdittivo, del contraddittorio previsto dall’art. 3 del D.P.C.M. del 18 aprile 2013, da realizzare mediante la trasmissione dell’avviso ex art. 10 bis l. n. 241/1990.

Anche in ordine alla censura suindicata, non possono che ribadirsi le considerazioni già svolte, nel senso che il vizio procedimentale ipotizzato afferisce in via esclusiva al procedimento di iscrizione nella white list, con la conseguenza che qualora, come nella specie, esso si presenti (strutturalmente) intrecciato e (funzionalmente) sottoposto al procedimento di accertamento della condizionabilità criminale dell’impresa, il nesso di necessaria presupposizione tra l’adozione del provvedimento interdittivo e l’esito negativo della domanda di iscrizione nella white list non può che far regredire gli eventuali vizi formali e/o procedimentali, afferenti al procedimento subordinato, a mere irregolarità non invalidanti, ai sensi della disposizione in precedenza richiamata.

10. Per finire, la parte appellante ripropone i dubbi di illegittimità costituzionale prospettati in primo grado nei confronti dell’art. 84, comma 4, d.lvo n. 159/2011 e ritenuti palesemente infondati dal giudice di primo grado.

Essa, in particolare, allega - ed ulteriormente puntualizza con la memoria del 29.3.2018 - che la disposizione suindicata contrasta con l’art. 117 Cost., in relazione all’art. 1 del Protocollo Addizionale 1 della C.E.D.U., sulla scorta dei principi sanciti con la sentenza “De Tommaso c/Italia”.

Assume in particolare la parte appellante che la disposizione di cui dubita la costituzionalità difetta della determinatezza necessaria a rendere prevedibile l’applicazione della misura interdittiva, senza che essa possa ritenersi assicurata dal principio, di elaborazione giurisprudenziale, del “più probabile che non”, non essendo normati i criteri di valutazione ovvero le modalità di valutazione del grado di probabilità.

La richiesta della parte appellante di investire il giudice delle leggi della questione di costituzionalità suindicata non può essere accolta.

Deve premettersi che i presupposti applicativi dell’informazione antimafia sono correlati, ai sensi dell’art. 84, comma 3, d.lvo n. 159/2011, all’”attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 91, comma 6, nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel comma 4”.

Trattasi, all’evidenza, di fattispecie tutt’altro che generica e/o indeterminata, ma caratterizzata da ben precisi elementi costitutivi, compiutamente e tassativamente descritti dal legislatore.

I rilievi dubitativi di parte appellante attengono ad altro versante, ovvero alla “prova” della fattispecie tipica, che deve essere raggiunta secondo standards la cui definizione non è compito del legislatore, ma del giudice, e viene operata secondo i tradizionali parametri che presiedono al sindacato sulla legittimità dell’attività amministrativa discrezionale, con le peculiarità derivanti dalla specificità della materia e dalla delicatezza degli interessi che vi convergono.

A tali sintetiche considerazioni deve aggiungersi, più esaurientemente, il rinvio a quanto recentemente statuito da questa Sezione (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2343 del 18 aprile 2018) con particolare riferimento al parallelo istituito dalla parte appellante con la pronuncia della Corte EDU del 23 febbraio 2017 "De Tomaso/ Italia", sotto il profilo della indeterminatezza dei presupposti applicativi della misura interdittiva.

La Sezione, con tale pronuncia, ha infatti concluso nel senso della inconferenza della citazione, “atteso che la pronuncia richiamata si riferisce alle sole misure di prevenzione personali (in ipotesi di c.d. pericolosità generica), limitative, come tali, della libertà fondamentale di circolazione di cui all'art. 2 del Protocollo IV alla CEDU, mentre non considera le misure di prevenzione patrimoniali, limitative del diritto fondamentale di proprietà di cui all’art. 1 del Protocollo addizionale 1 alla CEDU. Inoltre, le misure di prevenzione personali vagliate nella sentenza De Tommaso non sono specificamente collegate all’indizio di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso; mentre l’informativa interdittiva antimafia - come si è detto - è oggettivamente insuscettibile di comprimere la menzionata libertà fondamentale di circolazione, di stabilimento o di libera prestazione di servizi nel contesto dell’Unione, né il menzionato diritto fondamentale di proprietà, (parzialmente) incidendo, piuttosto, sulla libertà di iniziativa economica, la quale non trova, però, specifica tutela nella CEDU, mentre è contemplata dall’art. 41 Cost. (si veda in tal senso Tar Napoli n. 1017/2018). Resta da aggiungere che la tipizzazione normativa delle fattispecie legittimanti l’emissione dell’interdittiva e l’interpretazione che la giurisprudenza ha cercato di fornire in questa materia, nello sforzo di "codificarne" i presupposti, a livello pretorio, anche con riferimento alle ipotesi non tipizzate, in modo da renderne prevedibile e compatibile con il dettato costituzionale la portata precettiva, non consentono di estendere tout court al sistema delle misure amministrative antimafia le censure che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha mosso al sistema delle misure di prevenzione personali, nella sentenza De Tommaso c. Italia, per la insufficiente determinazione della fattispecie legale tipica che giustifica l’emissione di tali misure. Sulla più complessiva legittimità di un sistema di tutela preventivo ancorato a fattori indiziari e ad una logica di stima probabilistica del rischio, secondo il criterio del "più probabile che non", occorre ancora ricordare che quest’ultima regola di giudizio si palesa "consentanea alla garanzia fondamentale della "presunzione di non colpevolezza", di cui all’art. 27 Cost. , comma 2, cui è ispirato anche il p. 2 del citato art. 6 CEDU", in quanto "non attiene ad ipotesi di affermazione di responsabilità penale" ed è "estranea al perimetro delle garanzie innanzi ricordate" (v., in questi significativi termini, Cass., sez. I, 30 settembre 2016, n. 19430). La stessa Corte di Giustizia UE, in riferimento alla prassi dei cc.dd. protocolli di legalità, ha osservato che "va riconosciuto agli Stati membri un certo potere discrezionale nell’adozione delle misure destinate a garantire il rispetto del principio della parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza, i quali si impongono alle amministrazioni aggiudicatrici in tutte le procedure di aggiudicazione di un appalto pubblico" poiché "il singolo Stato membro è nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazioni di ordine storico, giuridico, economico o sociale che gli sono proprie, le situazioni favorevoli alla comparsa di comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto del principio e dell'obbligo summenzionati" (Corte di Giustizia, sez. X, 22 ottobre 2015, in C-425/14). Va quindi ribadito che la formula 'elastica' adottata dal legislatore nel disciplinare l’informativa interdittiva antimafia su base indiziaria riviene dalla ragionevole esigenza di bilanciamento tra la libertà di iniziativa economica riconosciuta dall’art. 41 Cost. e l’interesse pubblico alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione”.

11. L’appello, in conclusione, deve essere complessivamente respinto.

12. In ragione del principio della soccombenza, la società appellante deve essere condannata al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio che sono determinate in complessivi € 3.000,00 (tremila/00), da liquidarsi a favore delle Amministrazioni costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio che sono determinate in complessivi € 3.000,00 (tremila/00), da liquidarsi a favore delle Amministrazioni costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Vista la richiesta dell’interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte interessata.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ezio Fedullo Franco Frattini
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO



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