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Consiglio di Stato, Sez. III, 21/9/2018 n. 5486
Il farmacista autorizzato al commercio all'ingrosso può operare nella duplice veste di grossista e di dettagliante ma deve garantire la tracciabilità dei farmaci per evitare fenomeni distorsivi della concorrenza e la vendita su mercati paralleli.

Alla luce del d.lgs. n. 219/2006 "Codice comunitario concernente i medicinali per uso umano", chiunque intenda svolgere attività di distribuzione all'ingrosso di medicinali deve possedere un'autorizzazione rilasciata dalla regione o dalla provincia autonoma ovvero dalle altre autorità competenti, individuate dalla legislazione delle regioni o delle province autonome, nella quale sono indicati i locali oggetto dell'attività (art.100). Il sistema è caratterizzato dalla necessità di garantire il servizio pubblico, ovvero la permanenza di un assortimento di medicinali sufficiente a rispondere alle esigenze di un territorio geograficamente determinato, nei limiti di cui i predetti medicinali siano forniti dai titolari di AIC, e di provvedere alla consegna delle forniture richieste in tempi brevissimi su tutto il territorio in questione; a tal fine, non possono essere sottratti, alla distribuzione e alla vendita per il territorio nazionale, i medicinali per i quali sono stati adottati specifici provvedimenti al fine di prevenire o limitare stati di carenza o indisponibilità, anche temporanee, sul mercato o in assenza di valide alternative terapeutiche. In tale contesto si inserisce il parere del Ministero della salute laddove richiede, che pur a seguito dell'eliminazione dell'incompatibilità per le farmacie di vendere all'ingrosso, sia comunque garantita la tracciabilità dei farmaci, tesa proprio ad evitare fenomeni distorsivi della concorrenza e la vendita su mercati paralleli in danno dell'Erario pubblico e della salute pubblica. Del resto con la circolare del 18 giugno 2014, il Ministero richiamava tutti gli operatori della filiera del farmaco e le autorità territoriali alla puntuale e corretta osservanza di quanto disposto in materia dal d.lgs n. 17/2014 per contrastare il fenomeno dell'indisponibilità territoriale di determinati medicinali presso le farmacie. Pertanto, la necessità di codici differenti per lo svolgimento delle diverse attività di vendita al dettaglio e vendita all'ingrosso risulta preordinato al fine di assicurare la tracciabilità dei farmaci.

Materia: servizio farmaceutico / disciplina
Pubblicato il 21/09/2018

N. 05486/2018REG.PROV.COLL.

N. 02177/2018 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2177 del 2018, proposto da 
“Farmacia San Martino S.n.c. Dottori Mauro e Daniele Zangobbi”, in persona dei soci e dei legali rappresentanti pro tempore dott. Mauro Zangobbi e dott. Daniele Zangobbi, rappresentati e difesi dagli Avvocati Andrea Massimo Astolfi e Enrico Soprano, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Enrico Soprano in Roma, via degli Avignonesi n. 5; 

contro

Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
ATS Val Padana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Alberto Luppi, Francesco Luppi e Jacopo D'Auria, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Jacopo D'Auria in Roma, via G. P. Da Palestrina, n. 47; 

nei confronti

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avvocati Sabrina Gallonetto e Pio Dario Vivone, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Emanuela Quici in Roma, via Nicolò Porpora 16; 
Comando Carabinieri per la Tutela della Salute n.A.S. di Cremona non costituito in giudizio; 

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Associazione Nazionale Farmacisti Grossisti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Alfredo Contieri e Francesco Scittarelli, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Salvatore Napolitano in Roma, c.so Trieste, 16; 

per l'annullamento e/o la riforma, previa sospensiva,

della sentenza n. 1109 del 15 settembre 2017 resa dalla Sezione II del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Brescia e non notificata, con la quale è stato dichiarato parzialmente inammissibile ed in parte rigettato il ricorso di primo grado proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento della nota dell’ASL di Mantova del 15 ottobre 2015, avente ad oggetto “grossista farmaceutico Farmacia San Martino snc – diffida”, che, confermando la diffida in precedenza adottata, imponeva alla Farmacia San Martino la sospensione di “qualsiasi commistione dell’attività di distribuzione all’ingrosso dei medicinali per uso umano (grossista) con l’attività di vendita al dettaglio (farmacia)”;

del parere del Ministero della Salute del 2 ottobre 2015;

della nota dell’ASL di Mantova dell’11 agosto 2015 avente ad oggetto “grossista farmaceutico Farmacia San Martino snc – diffida”;

del parere del Ministero della Salute 30 giugno 2015, avente ad oggetto “Distributore farmaceutico Farmacia San Martino snc”;

di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia, del Ministero della Salute e della ATS Val Padana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 settembre 2018 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati Andrea Massimo Astolfi, Enrico Soprano, Alberto Luppi, Jacopo D'Auria, Francesco Luppi, Alfredo Contieri, Francesco Scittarelli, Sabrina Gallonetto, Pio Dario Vivone e l'Avvocato dello Stato Raffaella Ferrando;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Società appellante – premesso di essere autorizzata da lungo tempo all’esercizio dell’attività farmaceutica, e, con decreto dirigenziale n. 259 del 29 giugno 2011 adottato dalla Giunta della Regione Lombardia, anche all’attività di distribuzione all’ingrosso di medicinali per uso umano – espone di avere la disponibilità di due magazzini separati, l’uno afferente all’esercizio farmaceutico e l’altro deputato alla distribuzione all’ingrosso, ciascuno gestito da un direttore e di aver sempre condotto le due attività regolarmente autorizzate mantenendole distinte sotto il profilo logistico, amministrativo, contabile e fiscale, in ottemperanza a quanto stabilito dalla normativa di settore e, segnatamente, dagli artt. 99 ss. del d.lgs. n. 219/2006.

La sentenza di prime cure, nel respingere in parte il ricorso, ha affermato che, a seguito dell’eliminazione dell’incompatibilità dello svolgimento della vendita al dettaglio e all’ingrosso dei farmaci nel testo del d.lg.s. n. 219 del 2006, rimane la necessità di evitare una “commistione” tra le due attività che restano differenziate e diversamente regolate dal punto di vista strutturale e gestionale (ad esempio, sotto il profilo della gestione separata dei rispettivi magazzini e della conseguente inammissibilità di un deposito indifferenziato di farmaci nei magazzini destinati alle due attività).

Invero, la filiera del farmaco, regolamentata dal d. lgs n. 219 del 2006, opera secondo una direzione a senso unico, dal produttore al distributore all’ingrosso e da questi alle farmacie per la vendita al dettaglio; l’eliminazione della incompatibilità tra attività di distribuzione all’ingrosso e la vendita al dettaglio, come detto, non avrebbe, dunque, determinato lo stravolgimento della filiera predicato dalla ricorrente, ma solo la possibilità per lo stesso soggetto, ove debitamente autorizzato, di svolgere le due, distinte, attività.

La Farmacia appellante deduce, conseguentemente, l’erroneità della sentenza di primo grado per i seguenti profili:

1. ERROR IN JUDICANDO IN ORDINE ALLA RITENUTA INAMMISSIBILITA’ PARZIALE DEL RICORSO PROPOSTO IN PRIMO GRADO – OMESSA E/O ERRONEA VALUTAZIONE DI CIRCOSTANZE DI FATTO – LESIONE DEL DIRITTO DI DIFESA - DIFETTO DI MOTIVAZIONE – CARENZA DI ISTRUTTORIA – ILLOGICITA’ – CONTRADDITORIETA’ per la parte in cui la sentenza ha dichiarato l’inammissibilità del gravame con riferimento all’inconsistenza provvedimentale ed alla non vincolatività dei pareri resi dal Ministero della Salute impugnati;

II. ERROR IN JUDICANDO IN ORDINE AL RIGETTO PARZIALE DEL RICORSO PROPOSTO IN PRIMO GRADO – VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 100 E SS. DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 219/2006 E DELL’ART. 8 DELLA LEGGEN. 362/1991 E SS.MM.II. – VIOLAZIONE ARTT. 41 E 22 DELLA COSTITUZIONE – OMESSA E/O ERRONEA VALUTAZIONE DI CIRCOSTANZE DI FATTO – LESIONE DEL DIRITTO DI DIFESA – ECCESSO DI POTERE PER INGIUSTIZIA MANIFESTA, IRRAGIONEVOLEZZA E SVIAMENTO DELLA CAUSA TIPICA – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – CARENZA DI ISTRUTTORIA – ILLOGICITÀ – CONTRADDITTORIETÀ. OMESSA PRONUNCIA SU UN FATTO DECISIVO DELLA CONTROVERSIA, poiché la sentenza avrebbe errato nel ritenere che la rimozione della incompatibilità allo svolgimento dell’attività di vendita al dettaglio e all’ingrosso da parte dello stesso soggetto non abbia determinato anche la possibilità di utilizzare il medesimo codice identificativo.

Sotto il profilo del periculum la Farmacia sostiene che le sarebbe preclusa la vendita all’ingrosso.

Si sono costituite le Amministrazioni intimate confermando quanto già evidenziato con i provvedimenti gravati e la mancanza di periculum in mora.

All’udienza camerale fissata per la discussione della richiesta di sospensione dell’efficacia della sentenza, la causa è stata rinviata al merito.

Si è costituita ad adiuvandum l’Associazione nazionale dei farmacisti grossisti, che – premessa la legittimazione in quanto Associazione tesa a tutelare i propri associati titolari di farmacie e di licenza alla commercializzazione all’ingrosso e titolari di licenza alla commercializzazione all’ingrosso non farmacisti ed anche in ragione del compito consultivo in materia di distribuzione del farmaco sul mercato – contesta le conclusioni della sentenza di prime cure, laddove, a suo dire, affermerebbe l’esistenza nel nostro ordinamento di divieti e restrizioni in capo ai farmacisti titolari alla distribuzione all’ingrosso di medicinali ad uso umano ai sensi del d.lgs. n. 219 del 2006, in contrasto con il quadro normativo vigente e con gli orientamenti già espressi dalla giurisprudenza amministrativa in materia.

L’A.T.S. Val Padana ha depositato memoria di replica, contestando la legittimazione ad intervenire della predetta Associazione e ribadendo le proprie difese.

La Farmacia San Martino ha anch’essa depositato memoria difensiva e di replica avverso le conclusioni dell’Amministrazione in vista dell’udienza di discussione.

All’udienza del 13 settembre, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 – La controversia oggetto di esame attiene alla corretta interpretazione dell’art. 100 comma 1 bis, d.lgs. n. 219 del 2006, come introdotto dall’art. 2, comma 16, d.lgs. n. 274 del 2007, che prevede che i farmacisti titolari di farmacia ai sensi dell’art. 7, l. n. 362 del 1991 possano svolgere attività di distribuzione all’ingrosso dei medicinali, nel rispetto delle disposizione del titolo VII del decreto medesimo e che le società che svolgono attività di distribuzione all’ingrosso di medicinali possano parimenti svolgere attività di vendita al pubblico di medicinali attraverso la gestione di farmacie comunali.

1.1 – A seguito di sopralluogo effettuato nei locali dell’appellante, la A.S.L. Mantova diffidava la Farmacia ad evitare ogni commistione dell’attività di distribuzione all’ingrosso dei medicinali per uso umano in qualità di grossista con l’attività di vendita al dettaglio. Tale diffida era ribadita nella nota del 15 ottobre 2015 ad esito del parere reso dal Ministero della salute, che precisava che il passaggio dei medicinali dal distributore al titolare di farmacia, ancorché le due figure coincidano in un’unica persona, deve risultare formalmente attraverso l’uso dei distinti codici identificativi che tracciano il cambiamento del titolo di possesso; ciò in quanto la farmacia è deputata all’erogazione dell’assistenza farmaceutica e non può svolgere attività di distribuzione all’ingrosso di medicinali.

Sostiene l’appellante che tale diffida ed il parere presupposto sarebbero lesivi della liberalizzazione avvenuta con il richiamato d.lgs. n. 274 del 2007, poiché, di fatto, il suo rispetto introdurrebbe rigidi paletti alla libertà di iniziativa economica e alla libera concorrenza tra gli operatori del mercato. In altri termini il farmacista, una volta autorizzato al commercio all’ingrosso dovrebbe – secondo tale impostazione - ritenersi legittimato ad operare nella duplice veste di grossista e di dettagliante, a nulla rilevando l’esistenza di due codice identificativi per l’acquisto e la vendita di farmaci nella qualità di farmacista o di grossista. Nessun limite si rinverrebbe né nella disciplina nazionale né in quella comunitaria, sicché la diffida ed il presupposto parere introdurrebbero vincoli surrettiziamente all’attività economica, in violazione della normativa come sopra richiamata. Né vi sarebbe prova della temuta commistione di ruoli e delle difficoltà di tracciabilità.

Afferma, in sostanza, l’appellante che, per ovviare agli effetti di un atteggiamento distorsivo della concorrenza serbato dalle industrie farmaceutiche, ostili ai farmacisti grossisti cui fornirebbero i medicinali senza continuità e con prezzi maggiori di quelli praticati alle farmacie, sarebbe stata costretta, per rimanere sul mercato, ad acquistare col codice univoco della farmacia i medicinali per poi trasferirli, dal magazzino della farmacia a quello separato di grossista, per la successiva vendita ad altre farmacie o ad altro grossista nel rispetto della normativa di settore.

Di contro, le Amministrazioni ribadiscono la legittimità della posizione assunta invocando, attraverso il richiamo a specifiche disposizioni di legge, l’esigenza di garantire una mappatura, o tracciabilità, del movimento dei farmaci, a tutela di esigenze pubblicistiche di pronta reperibilità degli stessi da parte dell’utenza.

2 - In via del tutto preliminare, debbono essere esaminate le questioni attinenti all’ammissibilità del gravame di primo grado, con riferimento all’impugnazione del parere ministeriale ed alla relativa pronunzia di inammissibilità resa dal primo giudice, nonché con riguardo alle note dell’ASL Mantova, rispetto alle quali il Tribunale di prime cure ha inteso procedere direttamente alla disamina del merito delle censure. Inoltre, sempre in via prioritaria, deve essere vagliata la legittimazione ad intervenire dell’Associazione nazionale farmacisti grossisti.

2.1 – Con il primo motivo di appello, la Farmacia San Martino censura la decisione del primo giudice che ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione del parere ministeriale presupposto, ritenendolo atto endoprocedimentale. Sostiene l’appellante che tale atto avrebbe una valenza lesiva, in quanto vincolante per l’amministrazione locale, poiché la Regione Lombardia aveva richiesto, su impulso dell’A.S.L. Mantova, al Ministero di pronunziarsi sulla questione, recependo le direttive ministeriali, comunicate anche ai N.A.S. per controllarne l’applicazione.

Tale impostazione non è condivisibile.

Deve, invece, ritenersi corretta la conclusione del primo giudice. Non si verte – nel caso che occupa - di atti amministrativi centrali connotati da prescrittività, quanto piuttosto di atti, consultivi o divulgativi, versati in note dirigenziali, non immediatamente lesivi della sfera giuridica degli interessati, che, per un verso, originano occasionalmente da una richiesta, facoltativa e singolare, di parere reso conseguentemente in favore del solo soggetto richiedente e, per altro verso, assumono uno scopo puramente informativo, senza che, dalla trama lessicale, si possa evincere alcuna chiara portata prescrittiva.

2.2 – In vero, risulta, altresì, fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di prime cure - e sia pur velocemente ribadita nella difesa del Ministero della salute – che il giudice di prime cure ha ritenuto di assorbire per decidere il merito della controversia. Infatti, le note della ASL impugnate sono riconducibili alla categoria degli atti di diffida che hanno – per giurisprudenza consolidata - lo scopo di mettere a conoscenza il loro destinatario dei profili di carenza/illegittimità riscontrati nella sua condotta e di assegnare un termine per provvedere a colmare le carenze o eliminare le illegittimità, con la conseguenza che non può ad esse essere riconosciuta una portata immediatamente lesiva ai fini della loro immediata impugnazione (cfr., per questa Sezione n. 5480/2015).

Ritiene, tuttavia, il Collegio di superare la questione e di esaminare anche il secondo motivo di appello nel merito per quanto di seguito si esporrà.

2.3 – Deve essere, peraltro, negata la legittimazione processuale dell’Associazione intervenuta, in quanto la questione dibattuta non risulta attenere in via immediata al perimetro delle finalità statutarie dell'Associazione medesima ed, inoltre, l'interesse tutelato – per quanto dichiarato dalla stessa Associazione in relazione alla compagine associativa – non si palesa comune a tutti gli associati, dovendo semmai riferirsi unicamente ai farmacisti/grossisti che costituiscono solo di una parte degli stessi, venendosi a configurare, nel caso di sua partecipazione al giudizio, conflitti interni all'associazione, che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio

3 – Passando, dunque ad esaminare il secondo motivo di appello, deve prendersi atto che la tesi di parte appellante risulta smentita dagli atti, laddove la Farmacia sostiene che le note A.S.L. impugnate si risolverebbero in un divieto di esercizio dell’attività in contraddizione col quadro ordinamentale delineato. A tale fine invoca dei precedenti, quali la pronunzia del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III quater n. 11240/2016 e la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sede di Catania, Sez. IV, n. 143 del 2017 (alle quali si aggiunge l’ordinanza 439/2016 del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia).

La nota della A.S.L. Mantova 15 ottobre 2015, nel richiamare il parere ministeriale del 2 ottobre 2015, sottolinea che esso evidenzia che “in nessun caso il deposito può approvvigionarsi di medicinali dalla farmacia e l’unico movimento previsto dalla farmacia al grossista, è la restituzione, che avviene a fronte di errori di fornitura o rientri dal cliente”. La A.S.L., dunque, lungi dal porre limitazioni o divieti all’attività di commercializzazione all’ingrosso del farmacista a ciò autorizzato, unicamente indica che la modalità con cui tale attività può avvenire è quella nel rispetto delle regole che attengono alla non commistione della vendita all’ingrosso e della vendita al dettaglio, come già esposto nella nota del precedente 11 agosto.

Da questa osservazione ne discendono altre tre, in qualche modo prima delineate:

a) le note non contengono alcun divieto, ma costituiscono linee guida per lo svolgimento delle attività;

b) la finalità espressa nelle note è proprio quella – come indicato dal parere ministeriale – di evitare la non tracciabilità dei movimenti dei farmaci;

c) le disfunzioni lamentate dalla appellante non discendono dalle note (né tanto meno dal parere ministeriale), ma semmai dai comportamenti anticoncorrenziali di alcuni grossisti, dei quali l’appellante avrebbe semmai dovuto fare segnalazione, proprio alla luce delle linee direttrici in materia di buona pratica di distribuzione dei medicinali di cui al decreto del Ministro della sanità in data 6 luglio 1999.

Su tali punti la sentenza di prime cure si è con precisione soffermata, evidenziando come la possibilità per le farmacie di esercitare l’attività di commercio all’ingrosso non ha significato l’eliminazione della necessità di rispettare i principi e le regole, che anzi sono richiamate proprio dal comma 1 bis del menzionato art. 100, come introdotto dal d.lgs. n. 274 del 2007, nel corpo del d.lgs. n. 219 del 2006, attraverso il riferimento al “rispetto delle disposizioni del titolo VII del decreto medesimo”.

3.1 – Ciò posto, vale soffermarsi brevemente sull’assetto ordinamentale delineatosi.

Alla luce del d.lgs. n. 219/2006 "Codice comunitario concernente i medicinali per uso umano", come modificato, chiunque intenda svolgere attività di distribuzione all'ingrosso di medicinali deve possedere un'autorizzazione rilasciata dalla regione o dalla provincia autonoma ovvero dalle altre autorità competenti, individuate dalla legislazione delle regioni o delle province autonome, nella quale sono indicati i locali oggetto dell'attività (art.100).

Il richiedente deve soddisfare le condizioni seguenti (art. 101):

a) disporre di locali, di installazioni e di attrezzature idonei, sufficienti a garantire una buona conservazione e una buona distribuzione dei medicinali;

b) disporre di adeguato personale nonché di una persona responsabile, in possesso del diploma di laurea in farmacia o in chimica o in chimica e tecnologia farmaceutiche o in chimica industriale, che non abbia riportato condanne penali per reati contro il patrimonio o comunque connessi al commercio di medicinali non conforme alle disposizioni del presente decreto, né condanne penali definitive di almeno due anni per delitti non colposi;

c) impegnarsi a rispettare i seguenti obblighi:

- rendere i locali, le installazioni e le attrezzature, accessibili in ogni momento agli agenti incaricati di ispezionarli;

- approvvigionarsi di medicinali unicamente da persone o società che possiedono esse stesse l'autorizzazione o che ne siano legittimamente esonerate; tale obbligo riguarda anche le forniture provenienti da altri Paesi della Comunità europea, compatibilmente con le legislazioni ivi vigenti; se l'approvvigionamento del medicinale avviene presso un altro distributore all'ingrosso, i titolari l'autorizzazione di distribuzione all'ingrosso devono verificare che il distributore all'ingrosso da cui si sono riforniti rispetta i principi e gli orientamenti sulle norme di buona distribuzione; ciò comprende la verifica del possesso di un'autorizzazione di distribuzione all'ingrosso; se l'approvvigionamento del medicinale avviene presso il produttore o l'importatore, i titolari dell'autorizzazione di distribuzione all'ingrosso devono verificare che il produttore o l'importatore è titolare di un'autorizzazione alla produzione; se l'approvvigionamento del medicinale avviene tramite brokeraggio, i titolari dell'autorizzazione di distribuzione all'ingrosso dei medicinali devono verificare che il broker interessato soddisfa i requisiti previsti dalle norme;

- fornire medicinali unicamente a persone, società o enti che possiedono essi stessi l'autorizzazione alla distribuzione all'ingrosso di medicinali, ovvero sono autorizzati o abilitati ad altro titolo ad approvvigionarsi di medicinali;

- accertare che i medicinali ricevuti non sono falsificati, verificando i bollini riportati sull'imballaggio esterno;

- possedere un piano d'emergenza che assicura l'effettiva applicazione di qualsiasi azione di ritiro dal mercato disposta dall'AIFA o avviata in cooperazione con il produttore o il titolare dell'AIC del medicinale in questione;

- conservare una documentazione, sotto forma di fatture, oppure sotto forma computerizzata o sotto qualsiasi altra forma idonea, che riporta, per ogni operazione di entrata e di uscita, almeno le informazioni seguenti:

1) data;

2) denominazione del medicinale;

3) quantitativo ricevuto o fornito;

4) numero di lotto per ogni operazione di entrata; detto numero deve essere indicato nella bolla di consegna della merce fornita al grossista;

5) nome e indirizzo del fornitore o del destinatario, a seconda dei casi;

6) il numero di lotto dei medicinali in uscita od oggetto di brokeraggio, almeno per i prodotti che presentano i bollini autoadesivi previsti dall'art. 73 del d.lgs 219/2006;

- tenere la documentazione di cui alla lettera e) a disposizione delle autorità competenti, ai fini di ispezione, per un periodo di cinque anni;

- avvalersi, sia in fase di approvvigionamento, sia in fase di distribuzione dei medicinali, di mezzi idonei a garantire la corretta conservazione degli stessi durante il trasporto, nell'osservanza delle norme tecniche eventualmente adottate dal Ministero della salute, assicurandone l'osservanza anche da parte di terzi;

- rispondere ai principi e alle linee direttrici in materia di buona pratica di distribuzione dei medicinali di cui al decreto del Ministro della sanità in data 6 luglio 1999;

- istituire un sistema di qualità che precisa le responsabilità, i processi e le misure di gestione del rischio in relazione alle sue attività

- informare immediatamente la regione o la provincia autonoma territorialmente competente, che ne dà tempestiva comunicazione all'AIFA e al Ministero della salute in ordine ai medicinali ricevuti o proposti che identifica come falsificati o sospetta che sono stati falsificati e, se del caso, informarne anche il titolare dell’AIC;

- assolvere agli obblighi previsti in materia di dotazioni minime e forniture di medicinali.

In particolare vale soffermarsi sugli obblighi dall’ art. 104 del decreto, che dispone di

“e) conservare una documentazione, sotto forma di fatture, oppure sotto forma computerizzata o sotto qualsiasi altra forma idonea, che riporta, per ogni operazione di entrata e di uscita, almeno le informazioni seguenti: (modificata dall'art. 1, comma 19, lettera b) del d.lgs. n 17/2014)

1) data;

2) denominazione del medicinale;

3) quantitativo ricevuto o fornito;

4) numero di lotto per ogni operazione di entrata; detto numero deve essere indicato nella bolla di consegna della merce fornita al grossista;

5) nome e indirizzo del fornitore o del destinatario, a seconda dei casi;

f) tenere la documentazione di cui alla lettera e) a disposizione delle autorità competenti, ai fini di ispezione, per un periodo di cinque anni”;

e dall’art. 105 che prescrive:

“ 1. Fatta eccezione per chi importa medicinali e per chi distribuisce esclusivamente materie prime farmacologicamente attive o gas medicinali o medicinali disciplinati dagli articoli 92 e 94, o medicinali di cui detiene l'AIC o la concessione di vendita, il titolare dell'autorizzazione alla distribuzione all'ingrosso è tenuto a detenere almeno:”

(modificato dall'art. 2, comma 18, lettera a) del d.lgs. n. 274/07)

“a) i medicinali di cui alla tabella 2 allegata alla farmacopea ufficiale della Repubblica italiana;

b) il novanta per cento dei medicinali in possesso di un'AIC, inclusi i medicinali omeopatici autorizzati ai sensi dell'articolo 18; tale percentuale deve essere rispettata anche nell'ambito dei soli medicinali generici.

2. Il titolare di un'AIC di un medicinale e i distributori di tale medicinale immesso effettivamente sul mercato assicurano, nei limiti delle loro responsabilità, forniture appropriate e continue di tale medicinale alle farmacie e alle persone autorizzate a consegnare medicinali in modo da soddisfare le esigenze dei pazienti.

3. La fornitura alle farmacie, anche ospedaliere, o agli altri soggetti autorizzati a fornire medicinali al pubblico, dei medicinali di cui il distributore è provvisto deve avvenire con la massima sollecitudine e, comunque, entro le dodici ore lavorative successive alla richiesta, nell'ambito territoriale indicato nella dichiarazione di cui all'articolo 103, comma 2, lettera d).” (modificato dall'art. 2, comma 18, lettera b) del d.lgs. n 274/07)

“4. Il titolare dell'AIC è obbligato a fornire entro le quarantotto ore, su richiesta delle farmacie, anche ospedaliere, un medicinale che non è reperibile nella rete di distribuzione regionale.”(modificato dall'art.2, comma 18, lettera c) del d.lgs. n 274/07)

“5. Per ogni operazione, il distributore all'ingrosso deve consegnare al destinatario un documento da cui risultano, oltre al proprio nome e indirizzo:”

(modificato dall'art. 2, comma 18, lettera d) del d.lgs. n 274/07)

“a) la data;

b) la denominazione e la forma farmaceutica del medicinale;”

(modificata dall'art.2, comma 18, lettera e) del d.lgs. n 274/07)

“c) il quantitativo fornito al destinatario;

d) il nome e l'indirizzo del destinatario”.

(modificata dall'art. 1, comma 20, lettera b), punto 2 del d.lgs. n 17/2014)”.

Il sistema risulta, dunque, fortemente caratterizzato dalla necessità di garantire il servizio pubblico, ovvero la permanenza di un assortimento di medicinali sufficiente a rispondere alle esigenze di un territorio geograficamente determinato, nei limiti di cui i predetti medicinali siano forniti dai titolari di AIC, e di provvedere alla consegna delle forniture richieste in tempi brevissimi su tutto il territorio in questione; a tal fine, non possono essere sottratti, alla distribuzione e alla vendita per il territorio nazionale, i medicinali per i quali sono stati adottati specifici provvedimenti al fine di prevenire o limitare stati di carenza o indisponibilità, anche temporanee, sul mercato o in assenza di valide alternative terapeutiche.

In tale contesto si inserisce il parere del Ministero della salute laddove richiede, che pur a seguito dell’eliminazione dell’incompatibilità per le farmacie di vendere all’ingrosso, sia comunque garantita la tracciabilità dei farmaci, tesa proprio ad evitare fenomeni distorsivi della concorrenza e la vendita su mercati paralleli in danno dell’Erario pubblico e della salute pubblica.

Del resto con la circolare del 18 giugno 2014, il Ministero richiamava tutti gli operatori della filiera del farmaco e le autorità territoriali alla puntuale e corretta osservanza di quanto disposto in materia dal decreto legislativo n. 17/2014 per contrastare il fenomeno dell'indisponibilità territoriale di determinati medicinali presso le farmacie.

Come precisato dalla difesa erariale, la conclusione contenuta nei pareri ministeriali, richiamati nelle note della A.S.L. Mantova, ha formato oggetto di un testo condiviso sulla distribuzione dei medicinali sottoscritto in data 8 settembre 2016 da più Regioni e ed Associazioni di settore.

La necessità che di codici differenti per lo svolgimento delle diverse attività di vendita al dettaglio e vendita all’ingrosso risulta, dunque, preordinato al fine di assicurare la tracciabilità dei farmaci.

3.2 – Né risulta convincente il richiamo al precedente del TAR Lazio, Sez. III quater, n. 11240/2016, ancora sub judice (essendo stato proposto appello R.G. 3878/17), le cui conclusioni di inammissibilità del ricorso di primo grado – per la mancanza di qualità provvedimentale delle note impugnate - comunque si fondano sull’assunto che “non è controversa tra le parti la legittimità dell’esercizio, da parte del medesimo farmacista, rispettivamente dell’attività di grossista e di farmacia per uso umano con separati codici identificativi”. In quel caso, infatti, la controversia si incentrava sul punto del parere ministeriale in cui si afferma che «in nessun caso il deposito può approvvigionarsi di medicinali dalla farmacia e l’unico movimento previsto dalla farmacia al grossista è la restituzione, che avviene a fronte di errori di fornitura o rientri dal cliente».

E, del resto, nella medesima pronunzia il Tribunale amministrativo regionale del Lazio evidenziava che “l’esigenza di tracciare i flussi dei farmaci anche tra magazzini di strutture gestite da un unico professionista), a ben guardare esso è sempre stato e rimane nella disponibilità risolutiva della stessa amministrazione pubblica che, da subito (la norma in questione è stata inserita nell’ordinamento nel 2007), avrebbe potuto predisporre accorgimenti operativi (ad esempio informatici) volti a garantire la trasparenza di tutti i passaggi che la legge consente, così realizzando pienamente il sistema tracciato dagli art. 100 e 104 cit. ed evitando di condizionarne la portata normativa attraverso gli esiti della mancata adozione di soluzioni fattuali”.

Effettivamente, risulta che le diffide, come il parere, nel caso che occupa, contengono quel sistema di accorgimenti operativi (la differenza dei codici) teso proprio a garantire la trasparenza e la tracciabilità delle operazioni, come auspicato dalla sentenza richiamata dalla stessa appellante, senza che ad essi possa essere ricondotta una finalità di limitazione o divieto dell’attività di commercializzazione.

Come ulteriormente chiarito dalla difesa del Ministero della Salute, infatti, i codici differenti inerenti all’attività di grossista e di farmacista venditore al dettaglio, consentono il flusso di dati presso la Banca dato della tracciabilità del farmaco costituita con d.m. salute 15 luglio 2004, tesa a garantire l’autenticità dei medicinali in commercio in Italia ed a rafforzare il contrasto alle frodi.

Né ancora, può costituire orientamento consolidato il riferimento all’ordinanza del C.G.A. n. 440/2016 resa in sede cautelare.

4 – Per tutto quanto sin qui ritenuto, previa estromissione dell’Associazione intervenuta, l’appello deve essere respinto e per l’effetto deve essere confermata la sentenza n. 1109 del 2017.

5 - In considerazione della novità e complessità della fattispecie esaminata, sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente grado di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto, conferma la sentenza n. 1109 del 2017.

Spese compensate tra le parti .Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore

Ezio Fedullo, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Solveig Cogliani Franco Frattini
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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