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Consiglio di Stato, Sez. I, 8/11/2018 n. 2583
Parere sulla possibilità per una società in house providing di ricevere affidamenti diretti dall'Amministrazione regionale, pur acquisendo partecipazioni private

Materia: appalti / disciplina

Numero 02583/2018 e data 08/11/2018 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 10 ottobre 2018

 

NUMERO AFFARE 01086/2018

OGGETTO:

Regione Piemonte

 

richiesta di parere della Regione Piemonte in merito alla possibilità per Destination Management Organization Turismo Piemonte S.c.r.l. - società in house providing, costituita ai sensi dell’art. 5 della legge della Regione Piemonte 11 luglio 2016, n. 14 – di ricevere affidamenti diretti dall’Amministrazione regionale, pur acquisendo partecipazioni private, purché nel limite di un terzo del capitale sociale e senza riconoscimento di nessun potere di veto né di influenza dominante;

LA SEZIONE

Vista l’istanza prot. 00010137/2018 del 4 giugno 2018, acquisita con prot. CDS-Sez.I n. 1086/2018 del 5 giugno 2018, con la quale la Regione Piemonte ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Roberto Proietti;

 

1. Premessa

Con richiesta di parere prot. 00010137/2018 del 4 giugno 2018, acquisita con prot. CDS-Sez.I n. 1086/2018 del 5 giugno 2018, la Regione Piemonte ha chiesto il parere del Consiglio di Stato in merito alla possibilità per Destination Management Organization Turismo Piemonte S.c.r.l. (d’ora in avanti, DMO) - società in house providing, costituita ai sensi dell’art. 5 della legge della Regione Piemonte 11 luglio 2016, n. 14 – di ricevere affidamenti diretti dall’Amministrazione regionale, pur acquisendo partecipazioni private, purché nel limite di un terzo del capitale sociale e senza riconoscimento di alcun potere di veto né di influenza dominante.

Nella richiesta di parere, è stato evidenziato che DMO è intenzionata ad avviare una procedura ad evidenza pubblica ai fini dell’ingresso di soci privati, alle condizioni ed entro i limiti stabiliti dalla legge regionale e dallo statuto.

Al riguardo, è stato rappresentato che la legge della Regione Piemonte 11 luglio 2016, n. 14 recante “Nuove disposizioni in materia di organizzazione dell’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte”, ha previsto la costituzione di DMO, società consortile a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico, mediante la fusione e trasformazione di due preesistenti società regionali operanti nel settore del turismo (Istituto per il marketing dei prodotti agroalimentari del Piemonte S.c.p.a. e Sviluppo Piemonte turismo S.r.l.).

L’art. 6 della legge regionale n. 14/2016 descrive le attività di DMO prevedendo che la stessa “supportando le strutture regionali nel coordinamento dell’attività di promozione turistica e dei prodotti agroalimentari, agevola, operando in stretta collaborazione con le ATL, il raccordo con i territori per la programmazione di azioni di valorizzazione del Piemonte e partecipa alla definizione di obiettivi e azioni strategiche tramite l’interazione tra i soggetti pubblici e privati, al fine di incrementare i flussi turistici verso la Regione.”.

A tal fine, l’art. 4 della medesima legge regionale, stabilisce che “possono essere soci di DMO Turismo Piemonte, nel rispetto del diritto dell’Unione Europea, le CCIAA, i consorzi di operatori turistici di cui all’art. 18, altri soggetti pubblici e privati interessati alla promozione e allo sviluppo del turismo in Piemonte.”.

L’art. 6 dello Statuto di DMO prevede che: “6.1. Possono essere soci, oltre alla Regione Piemonte, gli enti pubblici, territoriali e non, gli organismi di diritto pubblico e le società a controllo pubblico direttamente o indirettamente interessate allo sviluppo del settore turistico e agroalimentare del Piemonte. 6.2. Possono partecipare alla società anche soggetti giuridici privati che operino con continuità, anche se non esclusivamente, nel settore del turismo e agroalimentare nell’ambito territoriale della Regione Piemonte e che abbiano acquisito le quote a seguito di procedura a evidenza pubblica. 6.3. In ogni caso deve essere garantita la presenza maggioritaria dei soggetti pubblici. 6.4. Le società pubbliche e private socie non possono, avvalendosi della loro qualità di socio, prestare servizi e/o forniture alla società dietro pagamento di un corrispettivo. 6.5. Il domicilio dei soci, per tutti i rapporti con la società, si intende a tutti gli effetti quello risultante dal Registro Imprese; è onere del socio comunicare il cambiamento del proprio domicilio.”.

Con specifico riferimento ai soci privati, l’articolo 7 del medesimo Statuto specifica che la partecipazione di soggetti privati è consentita entro il limite complessivo di un terzo del capitale sociale, senza riconoscimento di alcun potere di veto o influenza determinante sulla Società.

2. La richiesta di parere della Regione Piemonte

Con il primo quesito, la Regione Piemonte ha rilevato che il turismo costituisce una materia di competenza "esclusiva" delle Regioni a statuto ordinario, rientrando tra le materie "residuali" elencate all’art.117, comma 4, Cost., in riferimento alle quali le Regioni non sono più soggette ai limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali.

Nel caso di specie, la legge regionale n. 14/2016 ha previsto la costituzione di una società in house il cui oggetto sociale è stato predefinito e individuato dal legislatore regionale nella prestazione di un servizio di interesse generale ricadente nell’esercizio delle funzioni dell’ente regionale e, cioè, l’esercizio dell’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte. Il legislatore stesso ha, tuttavia, ritenuto che l’esercizio di tale funzione di supporto da parte della costituenda società in house non fosse incompatibile con la partecipazione di capitale privato.

Ciò premesso, la Regione Pimonte chiede se quanto previsto dalla legge regionale n. 14/2016 in tema di partecipazione di privati in società in house sia legittimo e corretto in quanto rientrante in una materia di competenza regionale esclusiva.

Nel caso in cui si ritenesse che la richiamata disciplina regionale non riguardi propriamente la materia del turismo, si chiede di sapere se la scelta della Regione Piemonte di avvalersi di DMO per il perseguimento di fini propri istituzionali, attribuendole la natura di società in house, pur consentendo l’ingresso di capitale privato, rientri nell’ambito della materia dell’organizzazione e funzionamento della Regione, affidata dall’art. 117, comma 4, Cost., alla competenza legislativa residuale delle Regioni ad autonomia ordinaria.

Con un secondo quesito, la Regione Piemonte chiede di definire la portata della locuzione “prescritta”, utilizzata all’articolo 16, primo comma, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n.175 “Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica”, il quale stabilisce che le società in house possono ricevere affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto, solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella “prescritta” da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata.

Il dubbio verte sulla possibilità di interpretare il termine “prescritta” in senso esclusivamente precettivo, cioè come “obbligo” imposto dalla legge, oppure in senso più ampio, includendo le ipotesi in cui la legge - come nel caso della legge regionale n. 14/2016 -, “consente” o “ammette” la presenza di privati, sempreché sia rispettato il requisito dell’assenza di controllo, potere di veto o influenza dominante.

In sostanza, la Regione Piemonte chiede di conoscere se detta locuzione possa interpretarsi nel senso che la legge “prescrive che possa consentirsi” la presenza di privati o, al contrario, se debba intendersi nel senso che la legge “obbliga la presenza di privati”.

3. L’istituto dell’in house providing

Al fine di affrontare i temi specifici posti dalla Regione Piemonte, appare opportuno porre attenzione all’istituto dell’in house providing, facendo riferimento e richiamando quanto recentemente affermato da questa Sezione I con parere n. 1645/2018.

Con l’espressione in house providing si fa riferimento all’affidamento di un appalto o di una concessione da parte di un ente pubblico in favore di una società controllata dall’ente medesimo, senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica, in virtù della peculiare relazione che intercorre tra l’ente pubblico e la società affidataria.

La società in house è una società dotata di autonoma personalità giuridica che presenta connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ad un "ufficio interno" dell’ente pubblico che l’ha costituita, una sorta di longa manus; non sussiste tra l’ente e la società un rapporto di alterità sostanziale ma solo formale. Queste caratteristiche della società in house giustificano e legittimano l’affidamento diretto, senza previa gara, per cui un’amministrazione aggiudicatrice è dispensata dall’avviare una procedura di evidenza pubblica per affidare un appalto o una concessione. Ciò in quanto, nella sostanza, non si tratta di un effettivo "ricorso al mercato" (outsourcing), ma di una forma di "autoproduzione" o, comunque, di erogazione di servizi pubblici "direttamente" ad opera dell'amministrazione, attraverso strumenti "propri" (in house providing).

La società in house, infatti, avrebbe della società solo la forma esteriore, costituendo, in realtà, un’articolazione in senso sostanziale della pubblica amministrazione da cui promana e non un soggetto giuridico ad essa esterno e da essa autonomo (cfr. Cons. St., sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660; Corte Cost., 20 marzo 2013, n. 46; T.A.R. Roma, Lazio, sez. II, 17 giugno 2016, n. 7032). Una tale configurazione, si giustifica in base al fatto che solo quando la società affidataria è partecipata in modo determinante dall’ente pubblico, esercita in favore del medesimo la parte più importante della propria attività ed è soggetta al suo controllo in termini analoghi a quello in cui si esplica il controllo gerarchico dell’ente sui propri stessi uffici, non sussistono esigenze di concorrenza e, quindi, si può escludere il preventivo ricorso a procedure di evidenza pubblica (Corte Giust. CE, sez. V, 18 novembre 1999, sentenza cd. Teckal causa C-107/98; Corte Giust. UE, sez. V, 8 maggio 2014, causa C-15/13).

Le origini di tale istituto si rinvengono nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, espressione del principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche di cui all’art. 2 della direttiva 2014/23/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, che afferma che “le autorità nazionali, regionali e locali possono liberamente organizzare l’esecuzione dei propri lavori o la prestazione dei propri servizi in conformità del diritto nazionale e dell’Unione. Tali autorità sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici. Dette autorità possono decidere di espletare i loro compiti d’interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli a operatori economici esterni”.

In sostanza, un affidamento diretto ad un soggetto che non è sostanzialmente diverso dall’amministrazione affidante non può dare luogo alla lesione dei principi del Trattato ed, in particolare, del principio di concorrenza, proprio perché si tratta non di esternalizzazione, ma di autoproduzione della stessa amministrazione.

L’in house segna, dunque, una delicata linea di confine tra i casi in cui non occorre applicare le direttive appalti e concessioni e la relativa normativa nazionale di trasposizione, ed i casi in cui invece è necessaria l’applicazione.

Le società in house, però, devono avere specifici requisiti.

Secondo la giurisprudenza della Corte UE (cfr. sentenza Teckal del 1999 e direttive UE 23, 24 e 25/2014 in materia di appalti e concessioni), le procedure di evidenza pubblica possono escludersi tutte le volte in cui: 1) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello operato sui propri servizi interni (requisito strutturale); 2) il soggetto affidatario realizza la parte più importante della propria attività a favore dell’amministrazione aggiudicatrice che lo controlla (requisito funzionale).

Le condizioni necessarie per la configurazione del controllo analogo sono la partecipazione pubblica totalitaria e l’influenza determinante; sin dal 2005, la Corte di Giustizia (Corte di Giustizia UE 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle; Corte di Giustizia UE 21 luglio 2005, C-231/03, Consorzio Coname; Corte di Giustizia UE, sez. I, 18 gennaio 2007, C-225/05, Je. Au.) ha chiarito che la partecipazione, pur minoritaria, di soggetti privati al capitale di una società, alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla medesima un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi. La partecipazione pubblica totalitaria rappresenta una condizione necessaria, ma non ancora sufficiente, dovendosi ulteriormente verificare la presenza di strumenti di controllo da parte dell'ente pubblico più incisivi rispetto a quelli previsti dal diritto civile a favore del socio totalitario. L'amministrazione aggiudicatrice, infatti, deve essere in grado di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti dell'entità affidataria e il controllo esercitato deve essere effettivo, strutturale e funzionale (in tal senso, Corte di Giustizia UE, sez. III, sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e C-183/11, Econord).

La Corte di Giustizia UE ha affermato, altresì, che, a determinate condizioni, il controllo analogo può essere esercitato congiuntamente da più autorità pubbliche che possiedono in comune l'ente affidatario, in house c.d. frazionato (Corte di Giustizia UE, 29 novembre 2012, in cause riunite C-182/11 e C-183/11, Econord), e che è configurabile un controllo analogo anche nel caso di partecipazione pubblica indiretta, in cui il pacchetto azionario non è detenuto direttamente dall’ente pubblico di riferimento, ma indirettamente mediante una società per azioni capogruppo (c.d. holding) posseduta al 100% dall’ente medesimo, cd. in house a cascata (Corte di Giustizia UE 11 maggio 2006 C-340/04).

Il secondo requisito indicato dalla Corte UE è costituito dalla prevalenza dell’attività svolta con l’ente affidante, ossia il soggetto in house deve svolgere la parte più importante della propria attività con il soggetto o i soggetti pubblici che lo controllano e la diversa attività, eventualmente svolta, deve risultare accessoria, marginale e residuale.

Prima dell’entrata in vigore delle direttive UE del 2014 non vi era una percentuale di attività predeterminata che doveva essere svolta in favore dell’ente affidante e, pertanto, l’interprete era tenuto a prendere in considerazione tutte le circostanze, sia qualitative che quantitative, del caso concreto.

Nel contesto sopra descritto sono intervenute le nuove direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e le concessioni.

I requisiti dell’in house sono ora indicati all’art. 12, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, all’art. 28, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE e all’art. 17, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE (norme di identico tenore), che disciplinano l’in house e la cooperazione tra amministrazioni aggiudicatrici (c.d. contratti di collaborazione: che rimangono al di fuori dell’in house, in quanto non comportano la costituzione di organismi distinti rispetto alle amministrazioni interessate all’appalto o alla concessione).

In particolare, l’art. 17, paragrafo 1, della direttiva sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, relativo alle concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico, prevede che una concessione aggiudicata da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva quando siano soddisfatti tutti i requisiti del controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi, quando oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante e non vi sia alcuna partecipazione di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto.

Le direttive sono state attuate con il d.lgs. 50/2016, recante il nuovo codice dei contratti pubblici. All’articolo 5 - rubricato “principî comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico” – vi è una disciplina di principio che tratteggia nelle sue linee essenziali le caratteristiche principali dell’in house; va incidentalmente notato che le previsioni codicistiche ricalcano in buona parte le direttive.

Ai sensi dell’art. 5, comma 1, primo periodo, in presenza di determinate condizioni, le norme del codice non si applicano ai contratti aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una “persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato”; ciò significa che i confini dell’in house sono stati estesi al di fuori del fenomeno delle società di diritto privato comprendendovi anche gli enti pubblici.

Per l’individuazione dell’in house sono richiesti adesso tre requisiti: 1) controllo analogo; 2) oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante; 3) partecipazione totalitaria.

In ordine al controllo analogo, è stabilito che “un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ... qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata” (art. 5, comma 1, lett. a).

Il controllo cd. analogo è un elemento centrale della fattispecie in house, in quanto si caratterizza per la particolare incisività, effettività e concretezza del suo esercizio (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. V, 8 maggio 2014, causa C-15/13, causa C¬15/13, che sottolinea la necessità che il controllo cd. analogo sia “effettivo, strutturale e funzionale”). Infatti, esso si manifesta con una intensità tale da risultare incompatibile con la presenza di “ampi poteri di gestione” da parte dell’organo amministrativo, in tal modo delineando un rapporto di subordinazione gerarchica tra esso e l’ente pubblico socio (Corte di Giustizia CE, 13 ottobre 2005, C- 458/03, punto 67-68). Ai fini dell’in house, l’espressione “controllo” non starebbe ad indicare l’influenza dominante che il titolare della partecipazione maggioritaria (o totalitaria) è in grado di esercitare sull’assemblea della società, ma individuerebbe “un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell’ente con modalità e con un’intensità non riconducibili ai diritti e alle facoltà che normalmente spettano al socio (fosse pure socio unico) in base alle regole dettate dal codice civile, e sino a punto che agli organi della società non resta affidata nessuna autonoma rilevante autonomia gestionale” (Cass., Sez. Un., 25 novembre 2013, n. 26283, par. 4.2.; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 23 settembre 2013, n. 780; T.A.R. Lombardia, Milano, 22 marzo 2012, n. 892).

Quanto alla prevalenza dell’attività “intra moenia”, è previsto che oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante (art. 5, comma 1, lett. b). Per determinare la citata percentuale deve prendersi in considerazione il fatturato totale medio, o altra idonea misura alternativa basata sull’attività quale ad esempio i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore nei settori dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione (art. 5, comma 7). Ove a causa della recente data di costituzione della persona giuridica o dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, i criteri citati non fossero utilizzabili “è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell’attività, che la misura dell’attività è credibile”(art. 5, comma 8) (cfr. Corte Cost. 23 dicembre 2008, n. 439; Corte Giust. CE, sez. I, 11 maggio 2006 C- 340/04, caso cd. Carbotermo).

Il requisito della partecipazione pubblica totalitaria è divenuto autonomo rispetto a quello del controllo analogo e sono state consentite forme di partecipazione diretta di capitali privati ma a condizione che la partecipazione dei capitali privati sia prevista a livello legislativo, in conformità dei Trattati, e non consenta l’esercizio di un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata. Secondo una parte della giurisprudenza, l’elemento caratterizzante della prevalente destinazione dell’attività svolta a favore dall’ente pubblico affidante, non dovrebbe essere svolta in termini meramente quantitativi (relativi, ad esempio, al fatturato e alle risorse economiche impiegate), ma renderebbe necessario considerare anche gli aspetti qualitativi, nonché la prospettiva economica in cui l’attività accessoria eventualmente si ponga.

Il d.lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), viceversa, stabilisce, in linea con quanto prescritto dalle direttive comunitarie (cfr. art. 12 della direttiva cd. appalti), che gli statuti delle società in house debbano prevedere che “oltre l’ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci”, ma, innovando rispetto ad esse, consente che “la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economia di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società”. A tale riguardo, si rammenta il parere reso dal Consiglio di Stato in occasione dell’Adunanza della Commissione speciale del 16 marzo 2016, n. 438 (par. 14), con il quale era stato evidenziato che le direttive comunitarie hanno posto un chiaro limite quantitativo, ma non la possibilità di svolgere attività extra moenia, consentita invece dall’art. 16, comma 4, del d.lgs. n. 175/2016, a condizione che si possano conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza (posto che tale prescrizione non è prevista dal legislatore e dalla giurisprudenza europea, il Consiglio di Stato, pur apprezzando “l’intento di garantire un atteggiamento virtuoso”, ne aveva proposto l’eliminazione).

4. La Destination Management Organization Turismo Piemonte s.c.r.l. (DMO)

Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale che precede, deve ritenersi che DMO rientri nell’ambito dell’istituto dell’in house providing.

La Società è stata costituita con la L.R. Piemonte 11 luglio 2016, n. 14 (recante Nuove disposizioni in materia di organizzazione dell'attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte) che disciplina l'esercizio delle attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte e l'organizzazione delle strutture tecnico-operative preposte allo svolgimento delle stesse (art. 1).

Ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. f), della legge regionale n. 14/2016, la Regione Piemonte, nell'ambito delle attività di promozione, accoglienza e informazione turistica (disciplinate dalla medesima legge regionale), promuove la costituzione dell'Agenzia regionale per lo sviluppo e la promozione del turismo e dei prodotti agroalimentari di qualità in Piemonte, denominata "Destination Management Organization Turismo Piemonte" (DMO Turismo Piemonte), di cui all'articolo 5 della medesima legge.

La Regione coordina e indirizza le proprie attività predisponendo uno o più programmi annuali, avvalendosi anche di DMO (art. 3, co. 1). I programmi annuali sono approvati dalla Giunta regionale e indicano, tra l’altro: - gli indirizzi e le modalità di coordinamento dell'azione promozionale della Regione e di quella svolta da altri soggetti pubblici e privati, con particolare riferimento all'attività coordinata ed integrata tra DMO e le ATL; - le azioni e gli strumenti principali, le risorse finanziarie necessarie per il conseguimento degli obiettivi dei programmi annuali, le risorse da destinare all'attività di promozione turistica svolta da DMO e dalle ATL, nonché i criteri di riparto delle stesse; - i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse stanziate nel bilancio regionale per l'anno di riferimento, gli obiettivi e le iniziative da attuare, le relative previsioni di spesa, le risorse finanziarie da assegnare per l'attività di DMO, delle ATL e degli uffici di informazione e accoglienza turistica ( art. 3, co. 2, lett. c, d, e);

L’art. 5 della L.R. n. 14/2016 prevede la costituzione e le finalità DMO. La Regione promuove la costituzione di DMO, mediante la fusione e la trasformazione dell'Istituto per il marketing dei prodotti agroalimentari del Piemonte s.c.p.a. di cui alla legge regionale 20 novembre 2002, n. 29 (Istituto per il marketing dei prodotti agroalimentari del Piemonte) e di Sviluppo Piemonte Turismo s.r.l. di cui all'articolo 57 della legge regionale 23 aprile 2007, n. 9 (Legge finanziaria per l'anno 2007), che assume la forma giuridica di società consortile a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico. Ai sensi del terzo comma del citato articolo 5, DMO valorizza le risorse turistiche ed agroalimentari del Piemonte, favorendo la loro trasformazione in prodotti turistici collocabili in modo concorrenziale sui mercati turistici nazionali e internazionali, anche mediante una compartecipazione dei soggetti pubblici e privati interessati, nel rispetto del diritto dell'Unione europea. A tal fine, la Regione si avvale, nel rispetto del diritto dell'Unione europea, del supporto tecnico e organizzativo di DMO per l'attuazione delle proprie iniziative e dei programmi concernenti la promozione turistica e l'analisi e la consulenza di marketing turistico (art. 5, co. 4).

In base a quanto previsto dall’art. 6 della L.R. n. 14/2016, DMO, supportando le strutture regionali nel coordinamento dell'attività di promozione turistica e dei prodotti agroalimentari, agevola, operando in stretta collaborazione con le ATL, il raccordo con i territori per la programmazione di azioni di valorizzazione del Piemonte e partecipa alla definizione di obiettivi e azioni strategiche tramite l'interazione tra i soggetti pubblici e privati, al fine di incrementare i flussi turistici verso la Regione. In particolare, DMO: a) gestisce l'Osservatorio del turismo di cui all'articolo 4 della medesima legge; b) fornisce le informazioni sull'evoluzione della domanda e dei mercati e la consulenza per la definizione delle strategie di marketing ai soggetti pubblici e privati che operano nel settore turistico e agroalimentare; c) informa il pubblico sulle risorse e sui prodotti turistici e agroalimentari del Piemonte, coordinando la raccolta delle informazioni a livello regionale e assicurando la loro diffusione, mediante la realizzazione di materiale informativo e la predisposizione di strutture e sistemi di diffusione delle informazioni; d) realizza campagne di comunicazione per il grande pubblico su tematiche generali dell'offerta turistica piemontese e delle produzioni agroalimentari piemontesi nonché, per segmenti particolari di pubblico, su attrattive di particolare rilevanza regionale; e) assicura la promozione commerciale del prodotto turistico e agroalimentare piemontese, mettendo in collegamento gli operatori turistici locali con gli operatori nazionali e internazionali, anche mediante l'organizzazione o la partecipazione a fiere ed altre iniziative di promozione turistica e agroalimentare favorendo e organizzando la partecipazione degli operatori turistici interessati; f) conduce operazioni di relazioni pubbliche e di informazione, soprattutto nei confronti della stampa nazionale ed internazionale; g) organizza corsi e attività di formazione specialistica per operatori tecnici su temi di marketing turistico ed enogastronomico; h) svolge attività di consulenza tecnica alle imprese per la definizione di accordi e partnership commerciali.

Possono essere soci di DMO, nel rispetto del diritto dell'Unione europea, le CCIAA, i consorzi di operatori turistici (di cui all'articolo 18 della legge regionale richiamata: consistenti in aggregazioni composte da imprese turistiche in misura prevalente e da altri soggetti privati che perseguono finalità di interesse culturale e turistico), altri soggetti pubblici e privati interessati alla promozione e allo sviluppo del turismo in Piemonte (art. 7).

Sulla base delle richiamate disposizioni legislative regionali, è stata costituita, a norma dell'articolo 2615-ter del codice civile, la società consortile a responsabilità limitata senza scopo di lucro denominata "Destination Management Organization Turismo Piemonte s.c.r.l." (siglabile "DMO Piemonte S.c.r.l.").

Lo statuto della Società prevede, anzitutto, che la stessa, nello svolgimento della propria attività, non distribuisce utili né quote di patrimonio, ai sensi della vigente normativa e non persegue scopo di lucro.

La società consortile si propone, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, nazionali e regionali in materia di in house, di costituire un'organizzazione comune per la produzione e la fornitura di servizi di interesse generale nell'ambito strategico della valorizzazione delle risorse turistiche e dei prodotti agroalimentari del territorio regionale anche in connessione con gli aspetti culturali, paesistici, ambientali, artigianali, agricoli e fieristici e a supporto di tutti i soggetti coinvolti nel settore, sia pubblici che privati (art. 3 Statuto). La società persegue tali finalità svolgendo attività in via prevalente nei confronti e nell'interesse dei soci (art. 3, co. 4, Statuto). In ogni caso, oltre l’80% (ottanta per cento) del fatturato di DMO deve essere ricavato dallo svolgimento dei compiti ad essa affidati dalla Regione Piemonte o dagli altri enti pubblici soci, previa verifica di congruità ai sensi dell'art. 192, II comma, del decreto legislativo n.18 aprile 2016, n. 50; la rimanente quota di fatturato potrà essere realizzata con altri soggetti, ma solo a condizione che la stessa consenta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società (art. 3, co. 8, Statuto).

Il capitale sociale (pari ad euro 200.000,00) è diviso in quote di partecipazione ai sensi di legge; le partecipazioni dei soci al capitale sono determinate in misura proporzionale ai rispettivi conferimenti ed il voto di ogni socio vale in misura proporzionale alla sua partecipazione (art. 5 Statuto).

Possono essere soci di DMO, oltre alla Regione Piemonte, gli enti pubblici, territoriali e non, gli organismi di diritto pubblico e le società a controllo pubblico direttamente o indirettamente interessate allo sviluppo del settore turistico e agroalimentare del Piemonte (art. 6, co. 1, Statuto). Possono partecipare alla società anche soggetti giuridici privati che operino con continuità, anche se non esclusivamente, nel settore del turismo e agroalimentare nell'ambito territoriale della Regione Piemonte e che abbiano acquisito le quote a seguito di procedura a evidenza pubblica (art. 6, co. 2, Statuto). In ogni caso deve essere garantita la presenza maggioritaria dei soggetti pubblici (art. 6, co. 3, Statuto) e, comunque, la partecipazione di soci privati è consentita entro il limite complessivo di un terzo del capitale sociale, senza riconoscimento di alcun potere di veto o influenza determinante sulla società (art. 7, co. 1, Statuto).

Sono organi della società: - l'Assemblea dei Soci; - l'Organo Amministrativo; - l'Organo di Controllo (art. 13 Statuto).

Le decisioni dei Soci devono essere adottate esclusivamente mediante deliberazione assembleare (art. 14 Statuto). Le competenze dell'Assemblea sono elencate all’art. 14, commi 2 e ss., dello Statuto.

La Società è amministrata da un Amministratore Unico o da un Consiglio di Amministrazione composto da tre o cinque membri (art. 18, co. 1, Statuto). Qualora la Società sia amministrata dal Consiglio di Amministrazione, lo stesso deve essere espressione, nel suo insieme, di tutti i Soci pubblici (art. 18, co. 3, Statuto). In ogni caso, la scelta degli Amministratori deve avvenire nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge 12 luglio 2011, n. 120 (art. 18, co. 4, Statuto). L'Amministratore Unico o il Consiglio di Amministrazione sono nominati dall'Assemblea dei Soci con le modalità disciplinate dall’art. 19 dello Statuto, il quale prevede l’attribuzione di diritti particolari alla Regione Piemonte, stabilendo che l'Organo Amministrativo viene nominato dall'Assemblea in prima convocazione con il voto unanime dei Soci pubblici; in mancanza del voto unanime dei Soci pubblici in prima convocazione, l'Organo Amministrativo è nominato dall'Assemblea in seconda convocazione con la maggioranza dei due terzi del capitale sociale espressione dei soci pubblici e il voto favorevole della Regione.

L'esercizio dei poteri di gestione avviene nel rispetto degli atti di indirizzo e delle direttive formulati dall'Assemblea; l'inosservanza delle predette direttive costituisce motivo di revoca dell'Amministratore o del Consiglio di Amministrazione (art. 20, co. 3, Statuto). Alla chiusura di ogni esercizio sociale, l'Organo Amministrativo è tenuto a presentare al Presidente della Giunta Regionale una relazione dettagliata circa l'andamento e l'esito delle attività espletate ed affidate per conto della Regione (art. 20, co. 4, Statuto).

In ordine all’organo di controllo, l’articolo 22 dello Statuto prevede che l'Assemblea nomina un Sindaco Unico oppure un Collegio Sindacale composto di tre sindaci effettivi; in tale seconda ipotesi devono inoltre essere nominati due sindaci supplenti. All'organo di controllo si applicano le disposizioni di cui all'art. 2477 cc.; lo stesso deve possedere i requisiti di cui all'art. 2397 e ss. e di cui all'art. 11, comma l, del D.Lgs. n. 175/2016. La Giunta della Regione Piemonte ha diritto di esprimere il Presidente del Collegio Sindacale e, in caso di rappresentanza maggioritaria al capitale, anche un sindaco effettivo; in caso di sindaco unico, ha diritto di esprimerlo (art. 23, co. 8, Statuto).

L’articolo 24 dello Statuto, rubricato ”Controllo analogo della Regione sugli atti”, stabilisce che sono sottoposti al controllo della Regione Piemonte i seguenti atti della Società: a) il Budget di previsione economico e finanziario, redatto su base annuale e pluriennale, accompagnato da una relazione dell'Organo Amministrativo, deve essere inviato entro il 31 gennaio dell'anno di riferimento alla Direzione Regionale per la promozione della Cultura, del Turismo e dello Sport e al Settore Rapporti con le Società Partecipate della Regione; b) il Bilancio di esercizio e i relativi allegati devono essere trasmessi al Settore Rapporti con le Società Partecipate entro il terzo giorno lavorativo successivo alla loro predisposizione da parte dell'Organo Amministrativo e in ogni caso almeno 15 giorni prima della data di convocazione dell'Assemblea di approvazione; c) le proposte di atti di costituzione e di modifica della dotazione organica del personale sono soggette, ai fini della loro definitiva adozione ed esecuzione, ad approvazione della Giunta Regionale entro il termine di trenta giorni lavorativi dalla loro ricezione; d) il Budget di previsione, il Bilancio semestrale con variazione di budget, gli atti di programmazione relativi all'avvio di procedure concorsuali per l'assunzione di personale (compresi i Direttori e i Dirigenti), le proposte di atti relativi a tutte le operazioni di finanza straordinaria sono esaminati dal Settore Rapporti con le Società partecipate che si avvale del supporto istruttorio del Settore competente della Direzione Regionale per la promozione della Cultura, del Turismo e dello Sport e del Comitato regionale sul controllo analogo. Entro 30 giorni dal ricevimento degli atti di cui alla presente lettera, il Settore Rapporti con le Società partecipate comunica gli eventuali rilievi e osservazioni alla Società che, entro 15 giorni, li accoglie ovvero motiva il mancato accoglimento del quale viene dato tempestivamente comunicazione alla Giunta Regionale che valuta se adottare un atto vincolante; e) gli atti di programmazione relativi all'attribuzione di incarichi individuali di contratti di lavoro autonomo di natura occasionale, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di contratto previste dalla normativa vigente. Gli atti di programmazione devono indicare espressamente che si è accertata preliminarmente l'impossibilità di ricorrere al personale interno; f) gli atti generali riguardanti l'ordinamento interno della Società; g) i regolamenti e gli atti relativi alle procedure ad evidenza pubblica per la stipulazione di contratti aventi per oggetto servizi, forniture e lavori sopra soglia comunitaria; h) le proposte di atti relativi alle alienazioni e acquisizioni di beni immobili; i) le proposte di atti relativi all'acquisizione e dismissione di partecipazioni a s, società, consorzi, associazioni e fondazioni; l) le proposte di atti relativi alla contrazione di prestiti.

L’articolo 25 dello Statuto, invece, si occupa del Controllo analogo e strategico e di gestione della Regione, stabilendo che la Società è sottoposta al controllo strategico da parte della Regione in ordine alla coerenza complessiva delle attività con le prescrizioni e gli obiettivi strategici stabiliti nelle disposizioni normative, negli atti di programmazione regionale e nelle direttive emanate dagli organi di indirizzo politico e amministrativo.

L’esame delle disposizioni contenute nella legge della Regione Piemonte n. 14/2016 e nello Statuto di DMO, inducono a ritenere che, allo stato e considerato l’attuale quadro della legislazione comunitaria, nazionale e regionale, tale Società rientri nell’ambito dell’istituto dell’ in house providing in quanto:

- trattasi di una società dotata di autonoma personalità giuridica che presenta connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ai soggetti pubblici che la costituiscono (in house c.d. frazionato) ed, in particolare, alla Regione Piemonte, la quale, con le modalità previste nello Statuto, esercita su di essa un controllo analogo a quello operato sui propri servizi interni, poiché esercita un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata (art. 5, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 50/2016);

- oltre l'80 per cento delle attività dei DMO è per statuto effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’ente controllante o dagli enti pubblici soci, mentre, l’eventuale ulteriore produzione (eccedente il suddetto limite di fatturato) può essere svolta a condizione che la stessa permetta di conseguire economia di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della Società (in linea con quanto stabilito dalla normativa comunitaria e nazionale richiamata al precedente punto sub 3);

- la partecipazione di capitali privati è consentita nel limite del 33%, ma i soci privati non possono detenere partecipazioni che comportano controllo o potere di veto (in linea con quanto stabilito dalla normativa comunitaria e nazionale richiamata al precedente punto sub 3).

5. La risposta ai quesiti

5.1. Nel dare risposta ai quesiti proposti occorre, preliminarmente, rilevare che la Regione Piemonte ha chiesto se quanto previsto dalla legge regionale n. 14/2016 in tema di partecipazione di privati in una società in house sia in linea con quanto stabilito dall’art. 117 Cost..

Al riguardo, pur rilevando che, ovviamente, compete alla Corte Costituzionale, nelle forme previste dall’ordinamento, pronunciarsi in merito alla legittimità costituzionale di norme di legge, si osserva quanto segue, limitatamente ai profili di competenza di questo Organo consultivo, in relazione ai quesiti avanzati dalla Regione Piemonte.

A seguito della riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione (avvenuta con legge costituzionale n. 3/2001), il turismo è stato considerato una materia di competenza legislativa regionale rientrante tra le materie "residuali" di cui all’art.117, comma 4, Cost., come correttamente osservato dalla Regione Piemonte nella sua richiesta di parere (si veda in tal senso, Corte cost. 14 gennaio 2016 n. 1), la quale anche ha esattamente rilevato che nell’ambito della competenza legislativa regionale prevista dalla norma costituzionale richiamata rientra anche la materia dell’organizzazione e del funzionamento della Regione.

Tuttavia, è altrettanto vero che la scelta (legislativa) di svolgere un servizio di interesse generale, ricadente nell’esercizio delle funzioni tipiche dell’ente regionale (inerenti all’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte) mediante una società in house partecipata pure da capitale privato, attiene anche alle materie della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile, rientranti nell’ambito della competenza legislativa riservata allo Stato (art. 117, co. 1, lett. e) e l), Cost.).

In sostanza, ci troviamo in uno di quei contesti in cui le competenze legislative dello Stato si intersecano con le competenze legislative regionali e, quindi, per rispondere al primo quesito della Regione Piemonte appare utile trarre elementi di valutazione dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Con sentenza 14 gennaio 2016 n. 1 la Corte costituzionale ha affermato che quando le “molteplici competenze non si presentano separate nettamente tra di loro e sono, anzi, legate in un inestricabile intreccio (sentenze n. 334 del 2010 e n. 50 del 2005), senza che sia possibile identificarne una prevalente sulle altre dal punto di vista qualitativo o quantitativo… deve trovare applicazione il principio generale, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenza n. 140 del 2015), secondo il quale in ambiti caratterizzati da una pluralità di competenze … e, qualora risulti impossibile comporre il concorso di competenze statali e regionali, tramite un criterio di prevalenza, non è costituzionalmente illegittimo l'intervento del legislatore statale, purché agisca nel rispetto del principio di leale collaborazione che deve in ogni caso permeare di sé i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2014, n. 237 del 2009, n. 168 e n. 50 del 2008) e che può ritenersi congruamente attuato mediante la previsione dell'intesa”.

Con sentenza n. 251 del 25 novembre 2016 la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante "Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche" (c.d. Legge Madia), per violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost.

In sostanza, quando la disciplina da adottare attiene a materie riconducibili sia alla competenza esclusiva del legislatore statale che a quella residuale del legislatore regionale – specialmente nei casi in cui le competenze legislativamente sovrapposte risultino intrecciate in modo inestricabile -, il raccordo va raggiunto attraverso lo strumento dell'intesa tra Stato e Regioni, in luogo di un parere consultivo, posto che la prima identifica una sostanziale co-decisione che, sotto il profilo costituzionale in esame, rende incontestabile la legge (nazionale o regionale).

Gli elementi forniti con la richiesta di parere non consentono di esprimere ulteriori giudizi.

5.2. Ciò premesso, tenuto conto del quadro normativo e giurisprudenziale descritto al punto sub 3) e considerato che, allo stato, la legge della Regione Piemonte n. 14/2016 è pienamente in vigore e quindi, cogente e vincolante, si osserva che l’art. 16, primo comma, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n.175 “Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica”, stabilisce che “le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata”.

In base a tale disposizione, l’ingresso di capitali privati non impedisce alla società in house di continuare a ricevere affidamenti diretti dall’amministrazione-socia solo nel caso in cui la partecipazione di capitale privato sia prescritta dalla legge, senza tuttavia distinguere tra legge nazionale e regionale, e avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza dominante della società.

Analoga disposizione è contenuta nell’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 2016 n. 50 (Codice dei contratti pubblici), ove è, però, previsto che le eventuali forme di partecipazione di capitali privati nella persona giuridica controllata sono consentite se previste dalla legislazione nazionale.

In sostanza, mentre il Codice dei contratti pubblici consente la partecipazione di soci privati nella società in house solo se previsto da una legge statale, il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica la consente anche se prevista da una legge regionale.

L’apparente contrasto tra le due norme sembra superabile ritenendo che quando la persona giuridica è controllata da un ente regionale, in relazione a competenze regionali, l’art. 16, co. 1, d.lgs. n. 175/2016 consente al legislatore regionale di prevedere l’ingresso di capitali privati in società in house, alle condizioni consentite dall’ordinamento (descritte al precedente punto sub 3) e nei limiti delle proprie competenze legislative (indicate al precedente punto sub 5.1) inerenti, nel caso di specie, al turismo e all’organizzazione e funzionamento della Regione.

Del resto, va anche osservato che l’articolo 16 del d.lgs. n. 175/2016 costituisce norma di pari rango rispetto all’articolo 5 del d.lgs. n. 50/2016, ma è successiva a quest’ultima e, quindi, nei limiti indicati, deve ritenersi prevalente a quest’ultima in applicazione del criterio cronologico.

Chiarito ciò, va rilevato che l’art. 4 della legge della Regione Piemonte n. 14/2016 stabilisce che “possono essere soci di DMO Turismo Piemonte, nel rispetto del diritto dell’Unione Europea, le CCIAA, i consorzi di operatori turistici di cui all’art. 18, altri soggetti pubblici e privati interessati alla promozione e allo sviluppo del turismo in Piemonte.”.

Quindi, nel caso di specie, l’ingresso di soci privati nella società in house è prevista da una norma di legge (come previsto dall’art. 16, co. 1, d.lgs. n. 175/2016).

L’articolo 6 dello Statuto di DMO stabilisce che: “6.1. Possono essere soci, oltre alla Regione Piemonte, gli enti pubblici, territoriali e non, gli organismi di diritto pubblico e le società a controllo pubblico direttamente o indirettamente interessate allo sviluppo del settore turistico e agroalimentare del Piemonte. 6.2. Possono partecipare alla società anche soggetti giuridici privati che operino con continuità, anche se non esclusivamente, nel settore del turismo e agroalimentare nell’ambito territoriale della Regione Piemonte e che abbiano acquisito le quote a seguito di procedura a evidenza pubblica. 6.3. In ogni caso deve essere garantita la presenza maggioritaria dei soggetti pubblici. 6.4. Le società pubbliche e private socie non possono, avvalendosi della loro qualità di socio, prestare servizi e/o forniture alla società dietro pagamento di un corrispettivo. 6.5. Il domicilio dei soci, per tutti i rapporti con la società, si intende a tutti gli effetti quello risultante dal Registro Imprese; è onere del socio comunicare il cambiamento del proprio domicilio.”.

Con specifico riferimento ai soci privati, l’articolo 7 del medesimo Statuto specifica che la loro partecipazione è consentita entro il limite complessivo di un terzo del capitale sociale, senza riconoscimento di alcun potere di veto o influenza determinante sulla Società.

Pertanto, nel caso della DMO risultano rispettate anche le altre condizioni stabilite dal richiamato articolo 16, comma 1, del d.lgs. n. 175/2016.

Tuttavia, a tale riguardo, va evidenziato che - anche se la normativa comunitaria e nazionale non fissa una soglia per i soci privati di minoranza -, occorre considerare con particolare attenzione, date le sue implicazioni, la scelta di consentire al capitale privato di DMO di giungere al 33,3%, valutando l’opportunità di non raggiungere la citata soglia (pur non essendo la stessa espressamente vietata).

In conclusione, alla luce del quadro descritto ai precedenti punti sub 3) e 4), a parere della Sezione, nel caso di specie, l’eventuale ingresso di soci privati (nei limiti e con le procedure indicate), non impedirebbe a DMO di continuare a ricevere affidamenti diretti dalla Regione Piemonte, posto che, in linea con la normativa e la giurisprudenza sopra richiamati:

- la società in house ha un oggetto sociale predefinito, individuato dal legislatore regionale nella prestazione di un servizio di interesse generale ricadente nell’esercizio delle funzioni tipiche dell’ente regionale e, cioè, l’esercizio dell’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte;

- per le ragioni evidenziate al precedente punto sub 4), l’Amministrazione regionale continuerebbe ad esercitare sulla Società il controllo analogo;

- la legge regionale n. 14/2016 e lo Statuto della Società ammettono la partecipazione di soci privati nella Società, nei limiti ed alle condizioni stabilite dalla normativa di riferimento indicata al precedente punto sub 3);

- in ogni caso, la normativa regionale va applicata ed interpretata nel rispetto di quella sovranazionale, come stabilito dal richiamato articolo 4 della legge regionale n. 14/2016, il quale stabilisce che possono essere soci di DMO Turismo Piemonte, anche soggetti privati (interessati alla promozione e allo sviluppo del turismo in Piemonte) “nel rispetto del diritto dell’Unione Europea”.

5.3. Relativamente al secondo quesito, deve ritenersi che la locuzione “prescritta” utilizzata all’articolo 16 del d.lgs. n. 175/2016 non debba essere intesa in senso precettivo (come “obbligo” imposto dalla legge) ma possa intendersi nel senso che la presenza di privati in una società quale DMO è ammissibile alle condizioni previste dalla normativa sopra richiamata, evitando che il privato possa vantare forme di controllo, poteri di veto o un’influenza dominante sulla società e fermi restando gli altri requisiti, presupposti e condizioni utili per configurare una società in house.

In tal senso risultano formulate le previsioni della legge della Regione Piemonte 11 luglio 2016, n. 14, la quale prevede, appunto, la ‘possibilità’ di una presenza di privati nella società in house.

P.Q.M.

nelle esposte considerazioni è il parere della Sezione.

 

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE F/F

Roberto Proietti

Vincenzo Neri

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

Maria Cristina Manuppelli

 

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