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Avvocato Generale Nils Wahl, 29/11/2018 n. C-617/17
Sull'appl. o meno del principio del ne bis in idem qualora, in un'unica decisione, un'aut.naz.gar.della concorrenza abbia inflitto a un'impresa un'ammenda per cond. anticonc.sulla base di un'applic.simultanee di regole di concorrenza naz. e dell'Ue

Materia: concorrenza / disciplina

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 29 novembre 2018 (1)

 

Causa C-617/17

Powszechny Zaklad Ubezpieczen na Zycie S.A. w Warszawie

 

contro

Prezes Urzedu Ochrony Konkurencji i Konsumentów

 

con l’intervento di:

Edward Detka e a.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sad Najwyzszy (Corte suprema, Polonia)]

(Rinvio pregiudiziale – Principio del ne bis in idem – Ambito di applicazione – Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza – Ammenda inflitta sulla base della legislazione nazionale in materia di concorrenza e del diritto dell’Unione europea in materia di concorrenza)

 

1.        Il principio del ne bis in idem deve essere applicato qualora, in un’unica decisione, un’autorità nazionale garante della concorrenza abbia inflitto a un’impresa un’ammenda per comportamento anticoncorrenziale sulla base di un’applicazione simultanea di regole di concorrenza nazionali e dell’Unione europea? Questa è, essenzialmente, la questione sottoposta alla Corte nel caso di specie.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

2.        Il regolamento (CE) n. 1/2003 (2) contiene norme di attuazione degli attuali articoli 101 e 102 TFUE. In particolare, esso disciplina l’applicazione parallela delle regole di concorrenza nazionali e dell’Unione.

3.        Il considerando 8 spiega che, per garantire l’effettiva applicazione delle regole di concorrenza dell’Unione è necessario imporre alle autorità garanti della concorrenza e alle giurisdizioni degli Stati membri di applicare anche gli articoli 101 e 102 TFUE allorché applicano il diritto nazionale in materia di concorrenza ad accordi e prassi che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri.

4.        Il considerando 9 chiarisce inoltre che gli articoli 101 e 102 TFUE mirano a proteggere la concorrenza sul mercato. Il regolamento non osta a che gli Stati membri applichino nei rispettivi territori una legislazione nazionale che tutela altri legittimi interessi, a condizione che essa sia compatibile con i principi generali e con le altre disposizioni del diritto dell’Unione. Se la legislazione nazionale persegue prevalentemente un obiettivo diverso da quello della tutela della concorrenza sul mercato, le autorità garanti della concorrenza e le giurisdizioni degli Stati membri possono applicare tale legislazione nei rispettivi territori.

5.        L’articolo 3 del regolamento concerne il rapporto fra gli articoli 101 e 102 TFUE e le legislazioni nazionali in materia di concorrenza. Esso prevede quanto segue:

«1.      Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate ai sensi dell’articolo [101 TFUE] che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di detta disposizione, esse applicano anche l’articolo [101 TFUE] a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate. Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza agli sfruttamenti abusivi vietati dall’articolo [102 TFUE], esse applicano anche l’articolo [102 TFUE].

2.      Dall’applicazione della legislazione nazionale in materia di concorrenza non può scaturire il divieto di accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri che non impongono restrizioni alla concorrenza ai sensi dell’articolo [101, paragrafo 1, TFUE], che soddisfano le condizioni dell’articolo [101, paragrafo 3, TFUE] o che sono disciplinati da un regolamento per l’applicazione dell’articolo [101, paragrafo 3, TFUE]. Il presente regolamento non impedisce agli Stati membri di adottare e applicare nel loro territorio norme nazionali più rigorose che vietino o sanzionino le condotte unilaterali delle imprese.

(…)».

6.        L’articolo 5 del regolamento verte sulle competenze delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Esso dispone quanto segue:

«Le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono competenti ad applicare gli articoli [101 e 102 TFUE] in casi individuali. A tal fine, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, possono adottare le seguenti decisioni:

— ordinare la cessazione di un’infrazione,

— disporre misure cautelari,

(…)».

B.      Normativa nazionale

7.        L’articolo 8 della legge del 15 dicembre 2000 sulla tutela della concorrenza e dei consumatori (in prosieguo: la «legge sulla tutela della concorrenza») (3) così dispone:

«1.      È vietato l’abuso di una posizione dominante sul mercato rilevante da parte di una o più imprese.

2.      Tale abuso consiste in particolare in:

(...)

5) condotte contrarie alla creazione delle condizioni necessarie per l’esistenza o lo sviluppo della concorrenza.

(...)».

8.        L’articolo 101 della legge di cui trattasi così dispone:

«1.      Il presidente dell’Ufficio per la tutela della concorrenza e dei consumatori può, mediante decisione, infliggere a un’impresa una sanzione pecuniaria per un importo non superiore al 10% dei ricavi realizzati nell’esercizio precedente a quello in cui è inflitta l’ammenda, ove tale impresa, anche non intenzionalmente, abbia violato:

1)      il divieto sancito nell’articolo 5, al di fuori dei casi di applicazione dei criteri di esclusione di cui agli articoli 6 e 7, o il divieto a norma dell’articolo 8;

2)      l’articolo [101] o [102 TFUE];

(...)».

II.    Fatti e questioni pregiudiziali

9.        La presente causa riguarda una controversia che contrappone il Prezes Urzedu Ochrony Konkurencji i Konsumentów (presidente dell’Ufficio per la tutela della concorrenza e dei consumatori polacco, l’ANC; in prosieguo: l’«ANC») e la Powszechny Zaklad Ubezpieczen na Zycie S.A., una compagnia assicurativa polacca (in prosieguo: l’«impresa interessata») con riferimento a un’ammenda inflitta dall’ANC all’impresa interessata per comportamento anticoncorrenziale.

10.      Nella sua decisione del 25 ottobre 2007, l’ANC ha stabilito che l’impresa interessata aveva abusato della sua posizione dominante sul mercato delle assicurazioni collettive professionali sulla vita in Polonia adottando condotte volte a ostacolare la concorrenza nel settore. Essa riteneva pertanto che l’impresa interessata avesse violato il divieto sancito nell’articolo 8 della legge sulla tutela della concorrenza. Inoltre, l’ANC stabiliva che tale pratica poteva ripercuotersi negativamente sulla possibilità per gli assicuratori stranieri di accedere al mercato polacco e, in tal modo, pregiudicare il commercio tra Stati membri e ne concludeva, pertanto, che l’impresa interessata avesse violato, in parallelo alla legislazione nazionale in materia di concorrenza, anche l’attuale articolo 102 TFUE.

11.      Sulla base di tali accertamenti, l’ANC infliggeva all’impresa interessata un’ammenda pari a 50 361 080 zloty polacchi (PLN). L’ammenda di cui trattasi ricomprende due importi, calcolati separatamente. Un importo è stato calcolato in relazione alla violazione della legislazione nazionale in materia di concorrenza, mentre l’altro si riferiva principalmente alla violazione delle regole di concorrenza dell’Unione. Più nello specifico, nella decisione dell’ANC venivano fornite le seguenti spiegazioni:

«1. Quale base per la determinazione dell’importo dell’ammenda occorre prendere in considerazione il periodo di attuazione delle pratiche in oggetto, da parte della [impresa interessata], a partire dal 1° aprile 2001 fino alla data di constatazione della violazione della [legge sulla tutela della concorrenza], ossia 78 mesi completi (6 anni e 6 mesi).

2. Quanto alle ripercussioni delle suddette pratiche sul commercio tra gli Stati membri, citate nella decisione, esse potevano essere rilevate unicamente a partire dal momento dell’adesione della Polonia all’Unione europea, vale a dire dal 1° maggio 2004.

3. L’importo dell’ammenda a titolo della violazione dell’articolo [102 TFUE] (in combinato disposto con l’articolo 5 del [regolamento n. 1/2003]) si basa sulle pratiche attuate dalla [impresa interessata] nel periodo compreso tra il 1° maggio 2004 e la constatazione della violazione di tali disposizioni, ossia 41 mesi pieni (3 anni e 5 mesi).

4. L’ammenda per le pratiche attuate dalla [impresa interessata] nel periodo compreso tra il 1° aprile 2001 e la data di constatazione della violazione delle suddette disposizioni è determinata facendo riferimento all’articolo 101, paragrafo 1, punti 1 e 2, della [legge sulla tutela della concorrenza].

5. Le pratiche attuate dalla [impresa interessata] tra il 1° maggio 2004 e la constatazione della violazione hanno inciso tanto sul mercato nazionale quanto sul commercio tra gli Stati membri e si applicano (oltre alle disposizioni menzionate supra al punto 4) anche le disposizioni di cui all’articolo 5 del [regolamento n. 1/2003].

6. A titolo della violazione delle disposizioni nazionali (...), tenuto conto della durata dell’infrazione, all’[impresa interessata] è irrogata un’ammenda pari a PLN 33 022 892,77, che rappresenta il 65,55% dell’importo complessivo dell’ammenda menzionato in precedenza.

7. A titolo della violazione dell’articolo 82 [CE], in combinato disposto con l’articolo 5 del regolamento n. 1/2003, tenuto conto della durata della violazione e delle sue potenziali ripercussioni sul commercio tra gli Stati membri, all’[impresa interessata] è irrogata un’ammenda pari a PLN 17 358 187,23, che rappresenta il 34,45% dell’importo complessivo dell’ammenda menzionato in precedenza».

12.      Dopo aver contestato, senza successo, la decisione dell’ANC dinanzi a due giudici di grado inferiore, l’impresa interessata ha ora proposto impugnazione dinanzi al giudice del rinvio, affermando, dinanzi ad esso, che entrambi gli importi riguardano la medesima condotta e che, pertanto, essa sarebbe stata sanzionata due volte per la medesima condotta. Ciò integrerebbe una violazione del principio del ne bis in idem.

13.      Nutrendo dubbi quanto alla corretta interpretazione di detto principio sotto il profilo del diritto dell’UE, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia ammissibile un’interpretazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in base alla quale l’applicazione del principio del ne bis in idem è subordinata non soltanto all’identità dell’autore della violazione e all’identità delle circostanze di fatto, ma altresì all’identità dell’interesse giuridico protetto.

2)      Se l’articolo 3 del [regolamento n. 1/2003], in combinato disposto con l’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, debba essere interpretato nel senso che il diritto dell’Unione europea in materia di concorrenza e il diritto nazionale in materia di concorrenza, applicati in parallelo da un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro dell’Unione europea, proteggono uno stesso interesse giuridico».

14.      Hanno presentato osservazioni scritte l’impresa interessata, l’ANC, il governo polacco, l’Autorità di vigilanza EFTA e la Commissione europea. Nel caso di specie, a norma dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, non si è tenuta udienza di discussione.

III. Analisi

15.      Con le questioni sollevate, il giudice del rinvio intende essenzialmente stabilire se il principio del ne bis in idem precluda a un’ANC di infliggere a un’impresa, in un’unica decisione, un’ammenda per condotta anticoncorrenziale sulla base sia della legislazione nazionale in materia di concorrenza sia delle regole di concorrenza dell’Unione.

16.      Come suggerito da tutte le parti, con la sola eccezione dell’impresa interessata, tale questione dovrebbe essere risolta in senso negativo (4).

17.      Nello spiegare perché non sia ipotizzabile una conclusione diversa, la mia analisi si articolerà in tre fasi. In una prima fase, formulerò alcune considerazioni generali circa la ratio del principio del ne bis in idem. In una seconda fase, mi occuperò dei tratti fondamentali della giurisprudenza della Corte sull’applicazione di detto principio nel contesto della legislazione in materia di concorrenza. In una terza e ultima fase, mi occuperò della rilevanza del principio del ne bis in idem nei procedimenti dinanzi al giudice del rinvio.

A.      Sulla ratio del principio del ne bis in idem

18.      Il principio del ne bis in idem rappresenta indubbiamente una della pietre angolari di ogni sistema giuridico fondato sullo Stato di diritto (5). In termini generali, quale stretto corollario del principio della res judicata, la ratio consiste nel garantire la certezza del diritto e l’uguaglianza, assicurando che, una volta perseguita e, se del caso, punita, la persona interessata sia certa di non poter essere perseguita nuovamente per la medesima infrazione. Viceversa, nel caso in cui venga assolta, il principio le garantisce la certezza che non verrà aperto un altro procedimento allo scopo di giudicarla di nuovo per la medesima infrazione (6).

19.      La Corte ha chiarito che il principio del ne bis in idem si applica anche in materia di diritto della concorrenza, ambito del diritto che, a seconda della prospettiva scelta, si colloca in quell’area grigia tra diritto penale e diritto amministrativo (7). Secondo la Corte, il principio del ne bis in idem dev’essere rispettato nei procedimenti in cui sono irrogate ammende per violazione del diritto della concorrenza: pertanto, un’impresa non può essere condannata né può essere perseguita un’altra volta per una condotta anticoncorrenziale per la quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non più impugnabile (8).

20.      Tuttavia, come accade in altri settori del diritto, il principio del ne bis in idem può essere applicato nell’ambito della legislazione in materia di concorrenza unicamente a condizione che siano soddisfatti due presupposti: in primis, deve esserci una ripetizione di procedimenti e, in secondo luogo, il secondo procedimento deve concernere la medesima condotta anticoncorrenziale.

21.      Tali presupposti, vale a dire, l’esistenza di un secondo procedimento (bis) per la medesima infrazione (idem) derivano direttamente dalla formulazione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), una disposizione che sancisce il diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato. Ai sensi della suddetta disposizione, «[n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione [europea] a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge». Rispecchiando l’articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»), l’articolo 50 della Carta affronta così nello specifico la ripetizione di procedimenti concernenti la medesima condotta materiale che si sono conclusi con una decisione definitiva.

22.      Occorre qui sottolineare che il principio del ne bis in idem non rappresenta un criterio rispetto al quale deve essere valutata la proporzionalità di una sanzione (penale) nell’ambito di uno specifico procedimento. La sua ratio è diversa: esso garantisce che il responsabile non sia perseguito e condannato più volte consecutivamente per la medesima condotta e che, di conseguenza, la persona di cui trattasi possa esser certa di aver «definitivamente espiato la sua colpa, e [di non dover] quindi temere di andare incontro ad una nuova sanzione» per detta specifica condotta (9). In altre parole, il principio non si applica nello stabilire se sia opportuno che una condotta possa integrare più di un’infrazione (10) o se il cumulo di sanzioni in un procedimento sia proporzionato.

23.      Nella prossima sezione, esporrò i principi fondamentali della giurisprudenza della Corte che assumono un ruolo centrale nelle questioni sollevate nell’ambito della presente causa.

B.      Sull’«idem» nel diritto della concorrenza

24.      Nella sua giurisprudenza, la Corte ha sviluppato taluni criteri specifici che delimitano senza dubbio il campo di applicazione del principio del ne bis in idem nell’ambito del diritto legislazione in materia di concorrenza. Tali criteri riguardano l’interpretazione della componente cosiddetta «idem» di detto principio; si tratta cioè dei criteri volti a stabilire se il secondo procedimento riguardi la «medesima infrazione» (11).

25.      Sotto il profilo del diritto dell’UE, l’identità di un’infrazione deve, di norma, essere stabilita sulla base di un duplice criterio: i fatti e il contravventore devono coincidere. Per contro, la qualificazione giuridica o l’interesse tutelato non sono determinanti ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem. Tale approccio, che riflette strettamente la giurisprudenza recente della Corte EDU (12), è stato adottato dalla Corte in casi concernenti la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (13).

26.      Tuttavia, così non è nell’ambito della legislazione in materia di concorrenza. A differenza dell’approccio descritto nel punto che precede, la Corte ha sempre ritenuto che nell’ambito della normativa sulla concorrenza – e, in particolare, nel contesto dell’indagine o del sanzionamento paralleli da parte della Commissione e delle autorità nazionali garanti della concorrenza – rilevi anche l’interesse giuridico tutelato. In altre parole, il principio del ne bis in idempuò trovare applicazione unicamente ove, con riferimento alla «componente dell’idem», siano soddisfatti tre criteri cumulativi. Vale a dire, nei procedimenti messi a confronto, i fatti, il contravventore e gli interessi giuridici tutelati devono coincidere (14).

27.      Tale principio può essere fatto risalire alla sentenza della Corte nella causa Wilhelm e a (15). Nell’ambito di detta causa, la questione sottoposta alla Corte era se un’ANC potesse perseguire un’intesa che era stata già oggetto di una decisione della Commissione. La Corte ammetteva che tale possibilità era riconosciuta all’ANC poiché la legislazione nazionale in materia di concorrenza e il diritto della concorrenza dell’Unione valutano la condotta anticoncorrenziale da punti di vista differenti. Pertanto, mentre la normativa dell’Unione in materia di concorrenza affronta tali condotte alla luce degli ostacoli che ne possono derivare per il commercio tra Stati membri, le legislazioni nazionali operano in ragione di considerazioni ad esse specifiche e valutano le intese solo in tale contesto. Essa respingeva così di fatto l’applicabilità del principio del ne bis in idemin un siffatto contesto (16).

28.      Prendendo le mosse da quanto statuito nella sentenza Wilhelm e a.,la Corte ha valutato l’applicabilità del principio del ne bis in idem e, in particolare, la sussistenza dell’elemento «idem» in una serie di circostanze diverse nel settore della normativa sulla concorrenza.

1.      L’approccio della Corte

29.      È opportuno iniziare con il tipo di situazione che, dal punto di vista sostanziale, assomiglia di più alle circostanze alla base della presente causa, vale a dire il caso in cui la Commissione e l’autorità nazionale garante della concorrenza hanno perseguito uno stesso contravventore sulla base del medesimo comportamento anticoncorrenziale (accordo di cartello).

30.      Nella sentenza Aalborg Portland (17), la Corte ha enunciato il principio secondo cui il principio del ne bis in idem può essere fatto valere solo ove vi sia identità dei fatti, del contravventore e dell’interesse giuridico tutelato. Secondo la Corte, il principio garantisce dunque che lo stesso soggetto non sia sanzionato più di una volta per un medesimo comportamento illecito e al fine di tutelare lo stesso bene giuridico (18). La Corte ha inoltre spiegato che un’impresa non può avvalersi del principio del ne bis idem se la Commissione ha sanzionato una condotta diversa da quella imputata a detta stessa impresa e che ha fatto oggetto di una decisione anteriore di un’autorità nazionale garante della concorrenza. Ciò vale anche quando le due decisioni si riferiscono a contratti e accordi tra loro intrinsecamente connessi.

31.      Nella sentenza Toshiba (19), la Corte ha ribadito il principio sancito nella sentenza Aalborg Portland relativo al requisito dell’identità dei fatti, del contravventore e dell’interesse giuridico tutelato, anche se l’avvocato generale Kokott aveva esortato la Corte ad abbandonare il requisito dell’identità dell’interesse giuridico applicando invece il duplice criterio dell’identità dei fatti e del contravventore come in altri ambiti del diritto dell’Unione (20).

32.      Nella sua sentenza la Corte non ha affrontato espressamente la questione se, nel caso in esame, gli interessi giuridici tutelati dalla legislazione nazionale in materia di concorrenza e dalle regole di concorrenza dell’Unione coincidessero. Infatti, la questione potrebbe essere affrontata da un’angolazione diversa: i fatti alla base dei due procedimenti non erano coincidenti cosicché il principio del ne bis in idem non poteva, in nessun caso, trovare applicazione. La dichiarazione della Corte a tal riguardo si fondava sulla premessa che l’ANC aveva inflitto un’ammenda a imprese partecipanti a un’intesa sulla base dei suoi effetti anticoncorrenziali nello Stato membro di cui trattasi prima della sua adesione all’Unione europea. La Commissione, da parte sua, aveva adottato in precedenza la decisione di infliggere un’ammenda a detti stessi membri dell’intesa, decisione questa che non era volta a sanzionare gli effetti anteriori all’adesione (21).

33.      Inoltre, la Corte ha ritenuto che l’elemento «idem» non fosse presente nella causa Limburgse Vinyl (22), in cui veniva sollevata la questione se il principio del ne bis in idempotesse ostare a una seconda decisione della Commissione concernente il medesimo comportamento anticoncorrenziale pronunciata quando una prima decisione della Commissione era stata annullata dal Tribunale. La Corte ha ritenuto che l’applicazione del principio presuppone che vi sia stata una pronuncia sui fatti materiali costituenti la violazione o che la legittimità del giudizio formulato intorno a quest’ultima sia stata verificata. Posto che così non era nel caso Limburgse Vinyl, la Corte ha ritenuto che detto principio non ostasse a un nuovo procedimento in relazione al medesimo comportamento anticoncorrenziale nel caso in cui la prima decisione fosse stata annullata per motivi di forma senza che fosse intervenuta una pronuncia sul merito del comportamento addebitato. Ciò in quanto, secondo la Corte, la decisione di annullamento non aveva valore di decisione di «assoluzione». In una situazione siffatta, le sanzioni irrogate con la nuova decisione si sostituiscono semplicemente a quelle inflitte con la prima decisione dichiarata essere viziata da errori procedurali (23).

34.      Da ultimo, la Corte ha anche esaminato l’applicabilità del principio del ne bis in idem in casi in cui la condotta anticoncorrenziale è stata perseguita o sanzionata sia all’interno che all’esterno dell’Unione europea.

35.      Nella sentenza Showa Denko (24), ad esempio, la Corte ha respinto l’argomento secondo cui il principio del ne bis in idem potrebbe essere fatto valere nel caso in cui la Commissione eserciti i poteri conferitile dal diritto dell’Unione dopo che le autorità di uno Stato terzo abbiano sanzionato talune imprese a causa della loro partecipazione a un’intesa di carattere internazionale per aver violato le norme in materia di concorrenza applicabili in detto Stato terzo, quando dette autorità siano intervenute nell’ambito delle loro rispettive competenze (25).

36.      In quest’ultimo filone giurisprudenziale, concernente l’esperimento dell’azione e il sanzionamento parallelo da parte della Commissione e delle autorità garanti della concorrenza di Stati terzi, la Corte ha sottolineato il carattere internazionale del comportamento addebitato e le differenze tra i rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le finalità e gli obiettivi delle pertinenti norme sostanziali in materia di concorrenza, oltre alla specificità dell’interesse giuridico tutelato dalle regole di concorrenza dell’Unione. Essa ha anche osservato specificamente che un siffatto caso, in cui la Commissione e lo Stato terzo intervengono nell’ambito della propria rispettiva competenza, dovrebbe essere distinto dal caso in cui il comportamento anticoncorrenziale è circoscritto soltanto all’ambito di applicazione ratione loci dell’ordinamento giuridico dell’Unione (e dei suoi Stati membri) (26).

37.      La giurisprudenza della Corte e, nello specifico, l’affidamento prestato al triplice criterio in relazione all’esperimento dell’azione e al sanzionamento paralleli all’interno dell’Unione europea (o dello Spazio economico europeo) solleva talune questioni (essenziali) che analizzerò brevemente nella seguente sezione.

2.      Osservazioni sul triplice criterio applicato dalla Corte

38.      La ratio alla base della giurisprudenza che trae origine dalla sentenza Aalborg Portland può essere fatta risalire sino alla summenzionata sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Wilhelm e a. Tuttavia, non va trascurato che detta causa è stata decisa nei primi decenni dell’integrazione europea. All’epoca, era certamente giustificato muovere dall’assunto che la legislazione nazionale in materia di concorrenza e (quella che allora era) la normativa comunitaria in materia di concorrenza perseguissero obiettivi differenti e fossero pertanto destinate a tutelare interessi giuridici diversi. D’altra parte, all’epoca non erano in vigore né la Carta, né il Protocollo n. 7 della CEDU (27).

39.      Tuttavia, nell’Unione europea di oggi, riconoscere importanza agli interessi giuridici tutelati nello stabilire se sia presente l’elemento «idem» appare, a mio giudizio, problematico, per due ragioni principali.

40.      In primis, il diritto nazionale e quello dell’Unione convergono sempre più: pertanto, quanto affermato della Corte nella sentenza Wilhelm e a., vale a dire che il diritto nazionale e il diritto dell’Unione in materia di concorrenza considerano il comportamento anticoncorrenziale sotto aspetti diversi, non sembra più essere del tutto corretto. In una certa misura, la rilevanza pratica dei criteri nell’ambito dell’esperimento dell’azione e del sanzionamento paralleli da parte della Commissione e delle autorità nazionali garanti della concorrenza può essere messa in dubbio.

41.      Ciò detto, possono esserci casi in cui non si ha una sovrapposizione perfetta, come riconosciuto dal regolamento n. 1/2003, lo strumento di diritto derivato volto a coordinare l’applicazione del diritto dell’Unione in materia di concorrenza e, ove necessario, a garantire che le autorità nazionali garanti della concorrenza applichino gli articoli 101 e 102 TFUE in quelle indagini che pregiudicano il commercio tra Stati membri. Nel considerando 9 di detto regolamento, si afferma pertanto che, nella misura in cui la legislazione nazionale persegue prevalentemente un obiettivo diverso da quello della tutela della concorrenza sul mercato (l’obiettivo degli articoli 101 e 102 TFUE), le autorità garanti della concorrenza e le giurisdizioni degli Stati membri possono applicare tale legislazione nei rispettivi territori. Tuttavia, ritengo che si tratti di un’evenienza oggi piuttosto rara.

42.      In secondo luogo, e cosa più importante, è possibile rilevare una certa tensione tra il triplice criterio applicato nell’ambito della legislazione in materia di concorrenza e l’articolo 50 della Carta. In altre parole: tale criterio è compatibile con l’articolo 50 della Carta?

43.      Si tratta, a mio avviso, di una domanda legittima.

44.      Mi sembra che la Corte non sia ignara di detta tensione. Pur rifacendosi certamente al triplice criterio, nella sentenza Toshiba la Corte ha comunque escluso l’applicazione del principio del ne bis in idem per un altro motivo, osservando che i fatti alla base delle due decisioni consecutive in questione (adottate dalla Commissione e dall’ANC) non erano identici. Tale differenza ha probabilmente permesso alla Corte di non analizzare esplicitamente il triplice criterio, la cui sorte sarà di certo oggetto di contesa in futuro.

45.      Ho difficoltà a rinvenire ragioni che impongano di continuare ad applicare detto criterio nell’ambito della normativa sulla concorrenza.

46.      Sono propenso piuttosto a condividere la posizione dell’avvocato generale Kokott, secondo cui il principio del ne bis in idem, come sancito nell’articolo 50 della Carta, dovrebbe essere interpretato in maniera uniforme in tutti i settori del diritto dell’Unione, tenendo debito conto dei canoni della giurisprudenza della Corte EDU (28). Il solo fatto che la normativa in materia di concorrenza non rientri nel «cuore» del diritto penale o che le sanzioni nell’ambito del diritto della concorrenza debbano spiegare un effetto deterrente tale da garantire un’efficace tutela della concorrenza, non integrano a mio avviso ragioni sufficienti per limitare, nel settore del diritto della concorrenza, la tutela accordata dalla Carta.

47.      Il rischio che più autorità avviino procedimenti a carico di una stessa impresa per una medesima azione (in ragione del fatto che gli effetti reali o potenziali di tale azione si espandono nell’Unione europea) è implicito in un sistema decentralizzato di attuazione della normativa in materia di concorrenza istituito dal regolamento n. 1/2003. E ciò benché quest’ultimo contenga talune norme dirette ad evitare l’avvio di procedimenti paralleli (29). A mio giudizio, vista la struttura del sistema di applicazione così istituito dal regolamento n. 1/2003, il ricorso al principio del ne bis in idem non dovrebbe essere subordinato a criteri eccessivamente rigorosi.

48.      In effetti, una tutela efficace della concorrenza all’interno dell’Unione europea, che tenga debito conto dei diritti delle imprese che operano nel mercato interno, può essere raggiunta senza ricorrere al requisito dell’identità degli interessi giuridici tutelati. Sulla base del duplice criterio dell’identità dei fatti e del contravventore, il principio del ne bis in idem vieterebbe, infatti, semplicemente, che all’interno dell’Unione europea più autorità garanti della concorrenza infliggano sanzioni per gli effetti anticoncorrenziali (reali o presunte) di una medesima linea di azione ove tali sanzioni si riferiscano allo stesso territorio e allo stesso periodo all’interno dell’Unione europea. Per contro, esso non vieterebbe affatto che più autorità garanti della concorrenza perseguano o puniscano le limitazioni della concorrenza derivanti da una medesima condotta in differenti territori o in differenti periodi (30).

49.      Posto che nell’ambito della legislazione in materia di concorrenza gli effetti del comportamento addebitato, che si collegano a uno specifico territorio e a uno specifico periodo, integrano una componente necessaria dei fatti, il duplice criterio dell’«idem» può garantire una repressione efficace dei comportamenti anticoncorrenziali nell’Unione europea. Esso assicura anche un livello di certezza giuridica più elevato per le imprese e, aspetto questo ancor più importante, è conforme ai requisiti dell’articolo 50 della Carta come interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte EDU.

50.      Tuttavia, malauguratamente, il presente caso non si presta a chiarire tale questione.

C.      Sul caso in esame: mancanza sia di «bis» che di «idem»

51.      Come già accennato supra, le questioni sottoposte esprimono i dubbi nutriti dal giudice del rinvio quanto alla conformità con l’articolo 50 della Carta del triplice criterio relativo all’identificazione dell’«idem»,discusso nella sezione che precede.

52.      Non sarà mai ribadito a sufficienza che, affinché il principio del ne bis in idem possa trovare applicazione, deve sussistere anche l’elemento del «bis». Ciò emerge chiaramente sia dalla formulazione letterale del principio stesso sia dall’articolo 50 della Carta. Anche la giurisprudenza della Corte EDU è chiara in tal senso (31). Comprensibilmente, a quanto mi consta, la Corte ha esaminato una potenziale violazione del principio di cui trattasi solo in situazioni in cui si discuteva di procedimenti successivi (32).

53.      Nel caso pendente dinanzi al giudice del rinvio, manca la componente del «bis». Infatti, dall’ordinanza di rinvio emerge che l’ANC ha adottato un’unica decisione con cui viene inflitta un’unica ammenda (composta da due parti) sulla base dell’applicazione concorrente della legislazione nazionale in materia di concorrenza e di quella dell’Unione.

54.      Il principio del ne bis in idem non si applica in circostanze siffatte.

55.      In base alle informazioni di cui dispone questa Corte, sembra che la questione da definire nel procedimento principale sia piuttosto se il metodo seguito dall’ANC nell’infliggere la sanzione sia o meno proporzionato (33).

56.      Benché competa al giudice del rinvio valutare, in ultima analisi, la proporzionalità della sanzione, il regolamento n. 1/2003 merita qui una menzione particolare. Nell’emanare il regolamento di cui trattasi, il legislatore dell’Unione ha cercato di garantire l’applicazione da parte delle autorità nazionali degli articoli 101 e 102 TFUE (in luogo della normativa nazionale in materia di concorrenza o in parallelo a quest’ultima). Come emerge dal suo articolo 3, il regolamento cerca anche di assicurare che le autorità nazionali garanti della concorrenza si astengano dall’adottare decisioni che ostacolerebbero l’efficacia delle regole dell’Unione sulla concorrenza. In altre parole, il regolamento incoraggia di fatto (se opportuno) le autorità nazionali garanti della concorrenza a dare applicazione concorrente alla legislazione nazionale e dell’Unione in materia di concorrenza. Tuttavia, per quanto attiene alla proporzionalità delle ammende, il regolamento non fissa alcuna norma circa le modalità che, date determinate circostanze, le autorità nazionali garanti della concorrenza dovrebbero seguire nel calcolarle. L’articolo 23 del regolamento si limita ad imporre un tetto massimo tassativo per le ammende inflitte dalla Commissione, pari al 10% del fatturato totale realizzato dall’impresa interessata nell’esercizio sociale precedente.

57.      Nel caso di specie, non riesco a individuare alcun elemento che deponga per una violazione del principio di proporzionalità.

58.      Infatti, la metodologia seguita dall’ANC nel fissare l’ammenda è da manuale quanto alle modalità con cui una siffatta autorità può, in un determinato caso, applicare in parallelo la legislazione nazionale e dell’Unione in materia di concorrenza. L’ammenda si compone di due parti che sanzionano gli effetti della condotta addebitata in relazione a due diversi periodi: la prima si fonda sulla violazione della legislazione nazionale in materia di concorrenza anteriore all’adesione della Polonia all’Unione europea, il 1° maggio 2004, mentre la seconda si riferisce alla violazione delle regole dell’Unione in materia di concorrenza (e della relativa legislazione nazionale) dopo tale data. Per quanto attiene, nello specifico, al secondo periodo, l’ANC ha tenuto conto (oltre che degli effetti della condotta all’interno della Polonia) delle (potenziali) ripercussioni della condotta addebitata sul commercio tra Stati membri. Detta «sovrapposizione» è un aspetto legato al metodo applicato nel calcolare un’ammenda a fronte di una violazione della legislazione in materia di concorrenza, e non è vietata dal principio del ne bis in idem.

59.      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle questioni sollevate nel senso che il principio del ne bis in idem non si applica in circostanze come quelle oggetto del procedimento principale.

 

IV.    Conclusione

60.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Sad Najwyzszy (Corte suprema, Polonia) nel modo seguente:

Il principio del ne bis in idem non è applicabile in circostanze come quelle oggetto del procedimento principale.

 

1      Lingua originale: l’inglese.

 

2      Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1).

 

3      Ustawa o ochronie konkurencji i konsumentów (Dz.U. 2000, n. 122, posizione 1319).

 

4      Alcune tra le parti che hanno presentato osservazioni scritte hanno lasciato intendere che la Corte dovrebbe rifiutarsi di rispondere alle questioni sollevate in quanto asseritamente irrilevanti ai fini della decisione del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio. Non condivido tale tesi. Il fatto che il principio del ne bis in idem possa non trovare applicazione nel procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio non rende le questioni ipotetiche o irrilevanti. Al contrario, dall’ordinanza di rinvio emerge chiaramente che la risposta che sarà fornita dalla Corte riguardo all’interpretazione del principio del ne bis in idem aiuterà il giudice del rinvio a pronunciarsi nell’ambito del procedimento dinanzi ad esso pendente.

 

5      La Corte ha applicato il principio per la prima volta nella sentenza del 5 maggio 1966, Gutmann/Commissione (18/65 e 35/65, EU:C:1966:24, pag. 119).

 

6      V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Gözütok e Brügge (C-187/01 e C-385/01, EU:C:2002:516, paragrafo 49).

 

7      Sull’applicazione del principio in ambiti diversi da quello del diritto penale «in senso stretto», v. J. Tomkins, «Article 50», in S. Peers e a. (a cura di), The EU Charter of Fundamental Rights – A Commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pagg. da 1373 a 1412, in particolare da 1388 a 1390.

 

8      Sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C-17/10, EU:C:2012:72, punto 94 e la giurisprudenza citata).

 

9      V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Gözütok e Brügge (C-187/01 e C-385/01, EU:C:2002:516, paragrafo 49).

 

10      V., ad esempio, Corte EDU, 29 maggio 2001, Fischer c. Austria, ECLI:CE:ECHR:2001:0529JUD003795097, § 25.

 

11      V., in particolare, Corte EDU, 10 febbraio 2009, Sergey Zolotukhin c. Russia [GC], ECLI:CE:ECHR:2009:0210JUD001493903, §§ da 81 a 84, e 17 febbraio 2015, Boman c. Finlandia, CE:ECHR:2015:0217JUD004160411, § 33.

 

12      Ibidem

 

13      V., ad esempio, sentenze del 9 marzo 2006, van Esbroeck (C-436/04, EU:C:2006:165, punto 32); del 28 settembre 2006, Gasparini e a. (C-467/04, EU:C:2006:610, punto 54); del 28 settembre 2006, van Straaten (C-150/05, EU:C:2006:614, punti 41, 47 e 48); del 18 luglio 2007, Kraaijenbrink (C-367/05, EU:C:2007:444, punti 26 e 28), e del 16 novembre 2010, Mantello (C-261/09, EU:C:2010:683, punto 39).

 

14      Sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, EU:C:2004:6, punto 338), e del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C-17/10, EU:C:2012:72, punto 94).

 

15      Sentenza del 13 febbraio 1969, Wilhelm e a. (14/68, EU:C:1969:4).

 

16      Ibidem. punti 3 e 9. Tuttavia, la Corte ha formulato una precisazione. Secondo la Corte, i principi di equità esigono che eventuali decisioni sanzionatorie precedenti siano prese in considerazione nella determinazione dell’ammenda da irrogare. V. punto 11 della sentenza, nonché sentenza del 14 dicembre 1972, Boehringer Mannheim/Commissione (7/72, EU:C:1972:125, punto 3).

 

17      Sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, EU:C:2004:6).

 

18      Ibidem, punti da 338 a 340.

 

19      Sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C-17/10, EU:C:2012:72).

 

20      Ibidem, punto 94. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Toshiba Corporation e a. (C-17/10, EU:C:2011:552, paragrafi da 97 a 134).

 

21      Sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C-17/10, EU:C:2012:72, punti da 97 a 103).

 

22      Sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, EU:C:2002:582).

 

23      Ibidem, punti da 59 a 62.

 

24      Sentenza del 29 giugno 2006, Showa Denko/Commissione (C-289/04 P, EU:C:2006:431).

 

25      Ibidem, punti da 52 a 56.

 

26      Sentenze del 29 giugno 2006, Showa Denko/Commissione (C-289/04 P, EU:C:2006:431, punti 51 e 53), e del 29 giugno 2006, SGL Carbon/Commissione (C-308/04 P, EU:C:2006:433, punti 29 e 31). Per un’analisi del perché il principio del ne bis in idem non possa, in nessun caso, trovare applicazione quando la doppia indagine avvenga in giurisdizioni diverse, salvo che la sua applicazione sia prevista in un accordo internazionale, v. conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione (C-397/03 P, EU:C:2005:363, paragrafi da 94 a 99).

 

27      I profili di complessità sollevati, all’epoca, dall’applicazione del principio del ne bis in idem nell’ambito della legislazione in materia di concorrenza sono illustrati in dettaglio nelle conclusioni dell’avvocato generale Mayras nella causa Boehringer Mannheim/Commissione (7/72, non pubblicata, EU:C:1972:107, pagg. 1293 e segg.).

 

28      V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Toshiba Corporation e a. (C-17/10, EU:C:2011:552, paragrafi da 120 a 122).

 

29      V., in particolare, articolo 13 del regolamento concernente la sospensione o chiusura del procedimento.

 

30      V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Toshiba Corporation e a. (C-17/10, EU:C:2011:552, paragrafo 131). Tuttavia, in tali casi, occorre tenere in debita considerazione il requisito generale previsto nella sentenza Wilhelm e a. In base ad esso, nel determinare la sanzione da infliggere, deve tenersi conto delle decisioni repressive anteriori. V. sentenza del 13 febbraio 1969, Wilhelm e a. (14/68, EU:C:1969:4, punto 11).

 

31      V., ad esempio, Corte EDU, 7 dicembre 2006, Hauser-Sporn c. Austria, CE:ECHR:2006:1207JUD003730103, § 42 e la giurisprudenza citata. V. anche https://www.echr.coe.int/Documents/Guide_Art_4_Protocol_7_ENG.pdf (ultimo accesso il 19 ottobre 2018), punti 30 e segg.

 

32      La questione interpretativa sollevata dalla componente del «bis» ha così generalmente ruotato sulla corretta interpretazione della nozione di «decisione definitiva». V., ad esempio, sentenze del 28 settembre 2006, Gasparini e a. (C-467/04, EU:C:2006:610, punti 31 e 32); del 28 settembre 2006, van Straaten (C-150/05, EU:C:2006:614, punti 51 e 58), e del 22 dicembre 2008, Turansky (C-491/07, EU:C:2008:768, punti 35 e 36). Di recente, il Tribunale ha respinto espressamente la richiesta di riconoscere l’applicazione del principio del ne bis in idemnel caso di più ammende inflitte in un’unica decisione. V. sentenza del 26 ottobre 2017, Marine Harvest/Commissione, T-704/14, EU:T:2017:753, punti da 307 a 344. Un’impugnazione avverso la suddetta sentenza pende attualmente dinanzi a questa Corte.

 

33      V., sul punto, sentenza del 18 dicembre 2008, Coop de france bétail et viande e a./Commissione (C-101/07 P e C 110/07 P, EU:C:2008:741, punto 130). Dal ragionamento seguito dalla Corte si può desumere che la questione se a un’impresa sia stata inflitta una doppia ammenda per la stessa infrazione deve essere valutata alla luce del principio di proporzionalità.

 

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