HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. VI, 31/12/2018 n. 7299
Sulla rimessione alla CGUE delle questioni sugli oneri gravanti sul prezzo dei biglietti aerei, di web check-in e di tariffa amministrativa per l'acquisto con carta di credito e per applicazione IVA.

Sono rimessi alla Corte di Giustizia dell'Ue i seguenti quesiti: "se il disposto dell'articolo 23, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento CE n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008 recante norme comuni per la prestazione dei servizi aerei nella comunità, debba essere interpretato nel senso che le voci concernenti gli oneri di web check-in, di "tariffa amministrativa" per acquisto con carta di credito, gravanti sul prezzo dei biglietti stessi, nonché quelli derivanti dall'applicazione dell'i.v.a. alle tariffe ed ai supplementi facoltativi per i voli nazionali, rientrino nella categoria dei supplementi di prezzo inevitabili, prevedibili ovvero opzionali;
se il disposto dell'articolo 23, paragrafo 1, quarta frase, del regolamento n. 1008/2008 debba essere interpretato nel senso che con il termine opzionale si intende ciò che possa essere evitato dalla maggioranza dei consumatori".


Materia: trasporti / tariffe

Pubblicato il 31/12/2018

 

N. 07299/2018 REG.PROV.COLL.

 

N. 05413/2012 REG.RIC.          

 

N. 05653/2012 REG.RIC.          

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 5413 del 2012, proposto da

Ryanair Limited, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Matteo Castioni, Simone Gambuto, Giannalberto Mazzei, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Macchi Di Cellere Gangemi in Roma, via Giuseppe Cuboni, 12;

 

contro

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

sul ricorso numero di registro generale 5653 del 2012, proposto da

Autorita Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto presso lo studio Dello Stato Avv. Generale in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

contro

Ryanair Limited non costituito in giudizio;

Ryanair Dac, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Matteo Castioni, Giannalberto Mazzei, Arcangelo Pecchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

quanto al ricorso n. 5413 del 2012:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per Il Lazio (sezione Prima) n. 03318/2012, resa tra le parti, concernente sanzione pecuniaria per pratiche commerciali scorrette

 

quanto al ricorso n. 5653 del 2012:

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 03318/2012, resa tra le parti, concernente sanzione pecuniaria per pratiche commerciali scorrette.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust e di Ryanair Dac;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2018 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Simone Gambuto e Sergio Fiorentino dell'Avvocatura Generale dello Stato Sergio Fiorentino dell'Avvocatura Generale dello Stato;

 

RILEVATO IN FATTO.

In primo grado era impugnato il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in avanti Autorità), con cui la compagnia Ryanair era stata riconosciuta responsabile di cinque distinte pratiche commerciali scorrette ed assoggettata alle conseguenti sanzioni.

Nel procedimento in questione, i comportamenti contestati alla parte erano consistiti:

 

A) nella possibile ingannevolezza di taluni messaggi pubblicitari diffusi dal professionista a mezzo internet e/o a mezzo stampa i quali avrebbero potuto indurre in errore i consumatori in relazione alle gravi omissioni informative delle offerte concernenti le effettive condizioni e limitazioni dei servizi proposti;

 

B) nella scorrettezza con cui venivano presentati i prezzi applicati nel sistema di prenotazione presente sul sito internet della stessa compagnia aerea (http://www.ryanair.com/it), dal momento che il professionista qualificava come “oneri facoltativi” alcuni elementi di costo (Web check in e Tariffa amministrativa) che, al contrario, rivestivano natura obbligatoria, venendo normalmente addebitati ai consumatori nel corso del processo di prenotazione on line, aggiungendosi alla tariffa base inizialmente proposta. Il prezzo proposto da Ryanair risultava, pertanto, inferiore a quello effettivamente pagato dai consumatori, denotando una mancanza di trasparenza nelle relative modalità di calcolo;

 

C) nella fornitura, da parte del professionista, di informazioni non adeguate circa le modalità da seguire per l’esercizio di alcuni diritti (specificamente, l’utilizzo di bonus e l’ottenimento di rimborsi) e l’obbligo imposto ai consumatori di contattare un numero telefonico a pagamento per l’esercizio degli stessi (899…);

 

D) nell’utilizzo della lingua inglese per le comunicazioni rivolte ai consumatori italiani inviate o richieste dal professionista;

 

E) nella richiesta di un corrispettivo superiore a quello indicato nel sito internet del professionista per i servizi di cambio date/orari/tratte, ecc..

 

Nella comunicazione di avvio, l’Autorità, inoltre, aveva contestato al professionista la presunta aggressività delle condotte descritte ai punti C), D) ed E). Contestualmente, l’Autorità aveva formulato una richiesta di informazioni, ai sensi dell’art. 12, comma 1, del Regolamento.

 

Alla luce delle risultanze istruttorie, l’Autorità, con provvedimento n. 22511 del 15 giugno 2011, deliberava che la pratica commerciale posta in essere da Ryanair:

 

A) di cui alla lettera A), risultava scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, 21, lettera b), c) e d) e 22 del Codice del Consumo in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio circa l’effettiva disponibilità di voli aerei alle tariffe pubblicizzate, nonché riguardo alla reale portata e convenienza economica delle offerte pubblicizzate dal professionista;

 

B) di cui alla lettera B), risultava scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, e 21, comma 1, lettera d), del Codice del Consumo in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea, mediante lo scorporo dal prezzo pubblicizzato dei supplementi relativi al web check in, all’IVA sui voli nazionali e al credit card surcharge, così come le modalità utilizzate per informare i consumatori della sussistenza di tali maggiori oneri, a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione al costo effettivo del servizio offerto dal professionista;

 

C) di cui alla lettera C), risultava scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, 22, 24 e 25, lettera d), del Codice del Consumo in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea, mediante omissioni e carenze informative, a indurre in errore il consumatore medio in merito al contenuto e alle modalità di esercizio dei propri diritti, nonché suscettibile, attraverso l’imposizione di ulteriori oneri per il riconoscimento del rimborso totale o parziale dei biglietti non fruiti, di ostacolare indebitamente l’effettivo esercizio di tali diritti;

 

D) di cui alla lettera D), risultava scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2 e 22, del Codice del Consumo, in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione alle condizioni che regolano il rapporto contrattuale con il professionista;

 

E) di cui alla lettera E), risultava scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lettere b) e d), 22, 24 e 25, lettera a) del Codice del Consumo, in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile e a condizionare indebitamente il comportamento economico del consumatore medio in relazione agli ulteriori oneri richiesti in caso di variazione di alcuni elementi del servizio di trasporto acquistato o di riemissione della carta di imbarco.

 

L’Autorità, pertanto, vietava l’ulteriore diffusione delle suddette condotte e tenuto conto della gravità e durata delle violazioni irrogava, ai sensi dell’art. 27, comma 9, del Codice del Consumo, le seguenti sanzioni amministrative:

 

A) di 110.000 € per l’infrazione di cui alla lettera A);

 

B) di 220.000 € per l’infrazione di cui alla lettera B);

 

C) di 90.000 € per l’infrazione di cui alla lettera C);

 

D) di 27.500 € per l’infrazione di cui alla lettera D);

 

E) di 55.000 € per l’infrazione di cui alla lettera E).

 

Il Provvedimento dell’Autorità veniva impugnato dalla Ryanair chiedendone l’annullamento.

 

Con sentenza 12 aprile 2012, n. 3318 il Tar rigettava il ricorso proposto da Ryanair avverso il rigetto della istanza di assunzione degli impegni e riteneva improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per l’annullamento del provvedimento di attribuzione dell’onere della prova, posto che l’accertamento dell’Autorità si basava su una copiosa documentazione.

 

Nel merito, invece, il TAR confermava pienamente l’accertamento degli illeciti di cui alle lettere a), b) e d) del Provvedimento e le relative sanzioni, mentre accoglieva parzialmente il ricorso proposto dalla ricorrente limitatamente alle pratiche descritte sub c) e sub e).

 

Con il primo degli appelli in epigrafe la compagnia aerea appellante impugnava la sentenza n. 3318 del 2018, nella parte in cui il Tar aveva respinto l’originario gravame, proposto dalla stessa Ryanair. L’Autorità proponeva appello avverso le parti sfavorevoli della sentenza, concernenti le pratiche commerciali scorrette sub c) e sub e). Parimenti, Ryanair presentava appello incidentale avverso i capi della Sentenza con cui il TAR aveva rigettato il ricorso della stessa, confermando il Provvedimento dell’Autorità.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 22 codice del consumo nonché del regolamento CE n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008 recante norme comuni per la prestazione dei servizi aerei nella comunità, e dell’art. 14 del regolamento CE n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, nonché diversi profili di eccesso di potere, per carenza di verifiche puntuali sulla natura e la portata delle condotte, con la richiesta in subordine di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE in relazione all’interpretazione del termine opzionale di cui all’art. 23 del regolamento 1008 cit.;

- violazione degli artt. 11 l. 689\1981 e 27 comma 13 del codice del consumo, nonché diversi profili di eccesso di potere in relazione alla quantificazione della sanzione.

I medesimi vizi venivano proposti in termini di appello incidentale in relazione al concorrente gravame presentato dall’Autorità.

Quest’ultima si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

Con il secondo appello di cui in epigrafe, l’Autorità impugnava la medesima sentenza n. 3318\2012 nella restante parte in cui il Tar Lazio ha accolto l’originario ricorso di Ryanair in relazione alle pratiche scorrette sub lettere c) - riguardante l’assistenza post vendita per il rimborso del biglietto non fruito per causa del vettore e il rimborso delle tasse del biglietto non fruito per cause del passeggero – ed e) - riguardante i maggiori oneri richiesti ai consumatori per i servizi di cambio di date/ orari/ nome/ tratte di un volo e per la riemissione della carta di imbarco.

 

Nel ricostruire in fatto e in diritto la vicenda parte appellante proponeva i seguenti motivi di appello:

 

- sulla pratica c) difetto di motivazione e di istruttoria, sussistendo i presupposti dell’attiva costrizione oltre che dell’ingannevolezza, nei termini contestati con il provvedimento sanzionatorio in contestazione;

 

- sulla pratica e) difetto di motivazione e di istruttoria, sussistendo i presupposti della sussistenza della pratica contestata, oltre al singolo episodio, anche in relazione all’obbligo di vigilanza sulle attività demandate all’agente.

 

La società appellata si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto dell’appello.

 

Con decreto n. 358\2016 veniva pronunciata la perenzione dell’appello, sulla scorta della mancata presentazione della necessaria nuova istanza di fissazione d’udienza in seguito all’invio dell’avviso di cui all’art. 82 comma 1 cod proc amm.

 

Con ordinanza n. 3891\2018 veniva accolta l’opposizione al suddetto decreto, in quanto solo a cagione dell’errato numero di ruolo nell’avviso originario (n. 5653\2018 e non 5413/2012), l’istanza di fissazione, in realtà sussistente, non era stata abbinata al corretto fascicolo; l’erroneo riferimento veniva rilevato come riferibile anche alla circostanza che il diverso numero di ruolo riguarda l’altra impugnazione pendente tra le medesime parti; veniva quindi fatta applicazione del principio a mente del quale la peculiarità dell'istituto della perenzione c.d. quinquennale ex art. 82 cit. impone per sua natura che vi sia piena certezza riguardo alla correttezza ed effettività della comunicazione dell'avviso di segreteria da cui dipende il decorso del termine per la riproposizione dell'istanza di fissazione.

 

Alla pubblica udienza del 18\12\2018, in vista della quale le parti depositavano memorie, entrambe la cause passavano in decisione.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO.

1. Esposizione sommaria dell’oggetto della controversia e dei fatti rilevanti.

 

1.1 Gli appelli in esame hanno ad oggetto la sentenza resa dal Tar Lazio in merito alla controversia concernente le sanzioni irrogate dall’Autorità avverso Ryanair, riconosciuta responsabile di cinque distinte pratiche commerciali scorrette - ed assoggettata alle conseguenti sanzioni - sulla scorta delle seguenti considerazioni:

 

a) determinati messaggi pubblicitari diffusi da Ryanair – segnatamente quelli che offrono un elevato numero di posti disponibili ad un prezzo molto basso in un determinato intervallo di tempo - presentano gravi omissioni informative in merito alle effettive condizioni e limitazioni delle offerte pubblicizzate,

 

b) gli acquirenti via Internet dei biglietti aerei del professionista non hanno avuto adeguata contezza, nella fase iniziale di prenotazione dei voli, degli oneri di web check-in, di “tariffa amministrativa” per acquisto con carta di credito, gravanti sul prezzo dei biglietti stessi, ed egualmente sono stati scarsamente informati sull'applicazione dell'I.V.A. alle tariffe ed ai supplementi facoltativi per i voli nazionali;

 

c) è stato imposto ai consumatori l’obbligo di contattare un numero telefonico a pagamento per utilizzare il bonus di credito, e non sono state fornite sufficienti informazioni sulle procedure alternative di rimborso e sull'ammontare della fee amministrativa, cioè della commissione richiesta da Ryanair per l’evasione della pratica;

 

d) sul sito internet Ryanair i termini e condizioni di viaggio sono stati pubblicati soltanto in lingua inglese;

 

e) sono stati richiesti corrispettivi superiori a quelli indicati sul sito Internet per i servizi di cambio di date ovvero di orari ovvero di tratte di un volo e per la riemissione della carta di imbarco: questa e la precedente pratica sub 3 integrerebbero una pratica aggressiva, ex art. 24 d. lgs. 206/05.

 

All’esito del giudizio di prime cure, il Tar accoglieva il gravame del vettore aereo avverso le pratiche sub c) ed e), respingendo le censure dedotte avverso le rimanenti pratiche.

 

Nella presente sede, con gli appelli di cui in epigrafe, le parti contrapposte ripropongono le questioni controversi in merito a tutte e cinque le pratiche in questione.

 

1.2 Preliminarmente, deve essere disposta la riunione degli appelli di cui in epigrafe, in quanto proposti avverso la medesima sentenza, a norma dell’art. 96, comma 1, cod. proc. amm.

 

Sempre in via preliminare, in ordine alla insussistenza dei presupposti per la declaratoria di perenzione, occorre rinviare alle considerazioni contenute nell’ordinanza di accoglimento dell’opposizione proposta dall’Autorità, rispetto alla quale nessun elemento pertinente in senso contrario risulta essere stato fornito.

 

Analogamente, è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso in opposizione per presunta nullità della notifica, sia per la correttezza della notifica dell’appello effettuata conformemente all’art. 93 cod proc amm, sia – in termini dirimenti – per la sanatoria delle eventuali invalidità a fronte della costituzione in giudizio, anche in fase di opposizione, della parte appellata, conformemente all’interpretazione del principio di cui all’art. 44 comma 3 cod proc amm fatta propria anche dal Giudice delle leggi (cfr. ad es. Corte Cost. n. 132\2018).

 

2. Il contenuto delle disposizioni nazionali rilevanti nel caso di specie.

 

2.1 Passando all’analisi del merito della controversia, in termini di inquadramento occorre riassumere la disciplina applicata dall’Autorità, nei termini già approfonditi dalla giurisprudenza anche della sezione.

 

2.2 L'espressione "pratiche commerciali scorrette" designa le condotte che formano oggetto del divieto generale sancito dall'art. 20 del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del consumo), in attuazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 maggio 2005, n. 2005/29/Ce. La finalità perseguita dalla direttiva europea consiste nel garantire, a termini del suo considerando 23, un elevato livello comune di tutela dei consumatori procedendo ad un'armonizzazione completa delle norme relative alle pratiche commerciali sleali delle imprese, ivi compresa la pubblicità sleale, nei confronti dei consumatori.

 

Per "pratiche commerciali" - assoggettate al titolo III della parte II del Codice del consumo - si intendono tutti i comportamenti tenuti da professionisti che siano oggettivamente "correlati" alla "-promozione, vendita o fornitura-" di beni o servizi a consumatori, e posti in essere anteriormente, contestualmente o anche posteriormente all'instaurazione dei rapporti contrattuali. La condotta tenuta dal professionista può consistere in dichiarazioni, atti materiali, o anche semplici omissioni.

 

Quanto ai criteri in applicazione dei quali deve stabilirsi se una determinata pratica commerciale sia o meno "scorretta", il comma 2 dell'art. 20 del Codice del consumo stabilisce in termini generali che una pratica commerciale è scorretta se "è contraria alla diligenza professionale" ed "è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori".

 

Nella trama normativa, la definizione generale si scompone tuttavia in due diverse categorie di pratiche scorrette: le pratiche ingannevoli (di cui agli art. 21 e 22) e le pratiche aggressive (di cui agli art. 24 e 25).

 

Il legislatore ha inoltre analiticamente individuato una serie di specifiche tipologie di pratiche commerciali (le c.d. "liste nere") da considerarsi sicuramente ingannevoli e aggressive (art. 23 e 26, cui si aggiungono le previsioni "speciali" di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 21 e all'art. 22-bis), senza che si renda necessario accertare la sua contrarietà alla "diligenza professionale" nonché dalla sua concreta attitudine "a falsare il comportamento economico del consumatore".

 

Il carattere ingannevole di una pratica commerciale dipende dalla circostanza che essa non sia veritiera in quanto contenente informazioni false o che, in linea di principio, inganni o possa ingannare il consumatore medio, in particolare, quanto alla natura o alle caratteristiche principali di un prodotto o di un servizio e che, in tal modo, sia idonea a indurre detto consumatore ad adottare una decisione di natura commerciale che non avrebbe adottato in assenza di tale pratica. Quando tali caratteristiche ricorrono cumulativamente, la pratica è considerata ingannevole e, pertanto, deve essere vietata.

 

La condotta omissiva - per essere considerata ingannevole - deve avere ad oggetto "informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno" per prendere una decisione consapevole (art. 22). Al riguardo, va rimarcato che, in tutte le ipotesi in cui la pratica commerciale integri gli estremi di un "invito all'acquisto" - locuzione che comprende le comunicazioni commerciali - debbono considerarsi sempre e comunque "rilevanti" le informazioni relative alle "caratteristiche principali del prodotto" (art. 22, comma 4, lettera "; cfr. anche l'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva europea). In assenza di tali informazioni, un invito all'acquisto si considera quindi ingannevole (CGUE, sentenza del 12 maggio 2011, Ving Sverige, C-122/10, EU:C:2011:299, punto 24).

 

2.3 Nel caso di specie le pratiche oggetto di contestazione hanno ad oggetto l’attività del vettore aereo, con particolare riferimento all’attività di vendita dei relativi servizi, oggetto a propria volta della specifica disciplina europea, richiamata dalle parti appellanti.

 

A fronte di tale inquadramento, le prospettazioni della difesa erariale trovano rilevanti elementi di sostegno, sia in relazione alla difesa della sentenza appellata che in merito alla sussistenza degli elementi di costrizione e di ingannevolezza nonché dell’invocato obbligo di vigilanza.

 

3. Il diritto dell’Unione europea rilevante nel caso di specie.

 

3.1 In via preliminare sorge l’obbligo di verificare le questioni sollevate dalle parti appellanti, in particolare con riferimento alla pratica sanzionata sub b), in merito alla corretta interpretazione ed applicazione della normativa europea invocata, in specie in tema di norme comuni per la prestazione dei servizi aerei nella comunità, di cui al regolamento 1008 del 2008 sopra richiamato.

 

Come noto, l'articolo 23 del regolamento medesimo, intitolato “Informazione e non discriminazione”, prevede, al paragrafo 1, quanto segue: “Le tariffe aeree passeggeri e merci disponibili al pubblico comprendono le condizioni ad esse applicabili in qualsiasi forma offerte o pubblicate, anche su Internet, per i servizi aerei da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro soggetto alle disposizioni del trattato. Il prezzo finale da pagare è sempre indicato e include tutte le tariffe aeree passeggeri o merci applicabili, nonché tutte le tasse, i diritti ed i supplementi inevitabili e prevedibili al momento della pubblicazione. Oltre all'indicazione del prezzo finale, sono specificati almeno i seguenti elementi: a) tariffa aerea passeggeri o merci; b) tasse; c) diritti aeroportuali; e d) altri diritti, tasse o supplementi connessi ad esempio alla sicurezza o ai carburanti; dove le voci di cui alle lettere b), c) e d) sono state addizionate alle tariffe aeree passeggeri e merci. I supplementi di prezzo opzionali sono comunicati in modo chiaro, trasparente e non ambiguo all'inizio di qualsiasi processo di prenotazione e la loro accettazione da parte del passeggero deve avvenire sulla base dell'esplicito consenso dell’interessato (opt in).”

 

3.2 In merito alle tre voci oggetto di sanzione nel caso di specie, nell’ambito della pratica sub b), il Tar è giunto alle seguenti conclusioni.

 

Da un lato, nel senso che il webcheck-in e l’I.V.A. costituiscono costi non facoltativi, che sono stati adeguatamente evidenziati nella fase iniziale della procedura di acquisto soltanto dopo l’avvio della procedura da parte dell’Autorità: dunque, la condotta ingannevole di Ryanair fino a quel momento non è revocabile in dubbio.

 

Dall’altro lato il pagamento del supplemento per il mancato utilizzo di una determinata carta prepagata, in termini puramente probabilistici è prevedibile secondo buona fede, al momento in cui viene avviata la procedura di acquisto, oltre ad essere in concreto non evitabile.

 

Se in relazione alle prime due voci la relativa inevitabilità appare confermata, a fronte rispettivamente della natura di tassa e di servizio obbligatorio, in relazione alla terza la tesi, contestata da parte appellante, si basa sull’interpretazione del richiamato art. 23 quale norma finalizzata, non a spingere il pubblico a munirsi preventivamente dello strumento di pagamento volta a volta più vantaggioso ma, a garantire assoluta trasparenza sul prezzo dei biglietti aerei sin dal momento in cui l’interessato ha deciso di avviare la transazione. In particolare, l’inevitabilità o meno va intesa non in astratto ma in concreto, cioè come ragionevole possibilità, per un normale compratore, il quale avvia una specifica transazione commerciale, di evitare quel particolare aggravio. Di conseguenza, il supplemento per l’acquisto del biglietto on line senza una specifica carta (la Mastercard prepagata) è inevitabile.

 

Parte appellante contesta tali conclusioni, invocando l’evitabilità del supplemento sia in astratto sia in concreto, sulla scorta del dato empirico per cui circa un terzo delle prenotazioni effettuate sul sito italiano del vettore irlandese sarebbe già avvenuto tramite quella specifica tipologia di carta.

 

3.3 In merito ai limiti applicativi della norma in questione, la giurisprudenza europea ha avuto modo di svolgere diversi approfondimenti.

 

In termini più generali, la Corte di giustizia UE (cfr. sez. V, 15 gennaio 2015, n. 573) ha ritenuto che, ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 1 cit. secondo periodo, nell'ambito di un sistema di prenotazione elettronica di servizi aerei, il prezzo finale da pagare debba essere precisato non solo per il servizio aereo selezionato dal cliente, bensì parimenti per ogni singolo servizio aereo di cui sia esposta la tariffa.

 

In termini di dettaglio, la stessa Corte ha di recente (sez. V, 15 novembre 2018, n.330) ritenuto come la norma in questione, in combinato disposto con l'articolo 2, punto 18, debba essere interpretata nel senso che, nell'indicare le tariffe aeree passeggeri per i servizi aerei intracomunitari, i vettori aerei che non esprimono tali tariffe in euro sono tenuti ad optare per una valuta locale obiettivamente collegata con il servizio proposto.

 

Ancora in via dettaglio, la medesima Corte (sez. V, 18 settembre 2014, n.487) ha ritenuto che il prezzo da pagare per il trasporto dei bagagli registrati dei passeggeri aerei possa costituire un supplemento di prezzo opzionale, ai sensi dell'articolo 23, paragrafo 1, del regolamento n. 1008/2008, dato che un simile servizio non può essere considerato come obbligatorio o indispensabile per il trasporto di detti passeggeri; invece, per quanto riguarda i bagagli non registrati, vale a dire i bagagli a mano, ha rilevato che, in linea di principio, tali bagagli devono essere considerati un elemento indispensabile del trasporto di passeggeri e che il trasporto di questi non può, conseguentemente, essere sottoposto ad un supplemento di prezzo, a condizione che tali bagagli a mano posseggano taluni requisiti ragionevoli, in termini di peso e dimensioni, e soddisfino le prescrizioni applicabili in materia di sicurezza.

 

In epoca più risalente, la stessa Corte ha avuto modo di precisare (sez. III , 19 luglio 2012 , n. 112) che la nozione di "supplementi di prezzo opzionali", di cui all'art. 23, par. 1, ultima frase, dev'essere interpretata nel senso che include i prezzi, connessi con il viaggio aereo, di prestazioni come l'assicurazione sull'annullamento del viaggio, di cui trattasi nel procedimento principale, fornite da una parte diversa dal vettore aereo e fatturate al cliente dal venditore del viaggio unitamente alla tariffa del volo, nel contesto del prezzo complessivo (nella specie, la Corte, pronunciandosi sulla causa intentata da un'associazione tedesca di tutela dei consumatori nei confronti di una società che vende biglietti aerei su internet, ha sottolineato che nella vendita di biglietti aerei su internet non può automaticamente includere nel prezzo finale del volo, trattandosi di un servizio opzionale, anche l'assicurazione sull'annullamento del viaggio aereo).

 

Peraltro, nell’ambito di una diversa questione sollevata da una associazioni di consumatori, un’altra sezione della stessa Corte (sez. IV, 6 luglio 2017, n. 290) ha altresì concluso nel senso che, nel pubblicare le loro tariffe passeggeri, le compagnie aeree devono precisare separatamente gli importi dovuti dai clienti per le tasse, i diritti aeroportuali nonché gli altri diritti, tasse e supplementi e non possono includere, nemmeno parzialmente, tali elementi nella tariffa passeggeri.

 

4. I motivi del rinvio pregiudiziale.

 

4.1 Nel caso in esame oggetto di contestazione, in parte qua, sono le seguenti voci di prezzo: gli oneri di web check-in, di “tariffa amministrativa” per acquisto con carta di credito, gravanti sul prezzo dei biglietti stessi, nonché quelli derivanti dall'applicazione dell'i.v.a. alle tariffe ed ai supplementi facoltativi per i voli nazionali.

 

In particolare, nell’ambito del primo motivo di appello parte appellante, dopo aver censurato la sussistenza degli elementi posti a fondamento della scorrettezza ed ingannevolezza delle accertate pratiche, contesta l’applicazione della sanzione in relazione alla norma di cui all’art. 23 predetta, nei termini riassunti sub 4.2.

 

In proposito, va evidenziato come la contestazione in ordine alle predette voci costituisca, fra le cinque originarie, la più rilevante in termini di quantum sanzionatorio irrogato.

 

4.2 A fronte di tale prospettazione, sorge l’obbligo di disporre, sul punto, il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE.

In linea generale, ai sensi delle “raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale”, pubblicate in GUUE del 20.7.2018, C 257/1, quando una questione è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tuttavia tenuto a presentare alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale (v. articolo 267, terzo comma, TFUE), salvo qualora esista già una giurisprudenza consolidata in materia o qualora la corretta interpretazione della norma di diritto di cui trattasi non lasci spazio a nessun ragionevole dubbio.

Se nel caso in esame la natura di Giudice di ultima istanza del Consiglio di Stato è consolidata (cfr. ex multis Corte giustizia UE grande sezione, 5 aprile 2016, n.689, Consiglio di Stato ad. plen., 27 luglio 2016, n. 19 e Cassazione civile , sez. un. , 04/02/2014 , n. 2403), la giurisprudenza europea in ordine alla norma in esame non risulta essersi espressa con riferimento alle specifiche voci in oggetto, con la conseguente assenza dei peculiari presupposti – giurisprudenza consolidata e assenza di ogni ragionevole dubbio sulla corretta interpretazione della norma – necessari al fine di ritenere non sussistente l’obbligo di rinvio pregiudiziale.

 

4.3 Questo Collegio, anche a fronte delle finalità di tutela sottese alla normativa in esame nonché delle indicazioni di ordine generale desumibili dai precedenti predetti della Corte, propende per una interpretazione estensiva della norma suddetta, nei termini posti a fondamento del provvedimento dell’Autorità e della sentenza di prime cure qui appellata, sopra riassunti sub 4.2.

Peraltro, a fronte della diversa prospettazione ermeneutica invocata da parte appellante, sussistono i presupposti per il richiesto rinvio, in relazione alla non palese infondatezza della diversa opzione proposta in merito alla qualificazione di tutte le voci in contestazione.

Occorre pertanto sottoporre al Giudice europeo le seguenti questioni.

Per un verso, se il disposto dell'articolo 23, paragrafo 1, del regolamento n. 1008/2008 debba essere interpretato nel senso che tali voci (gli oneri di web check-in, di “tariffa amministrativa” per acquisto con carta di credito - diversa da quella prestabilita -, gravanti sul prezzo dei biglietti stessi, nonché quelli derivanti dall'applicazione dell'I.V.A. alle tariffe ed ai supplementi facoltativi per i voli nazionali) rientrino nella categoria dei supplementi di prezzo inevitabili, prevedibili ovvero opzionali.

Per un altro verso, se il disposto dell'articolo 23, paragrafo 1, quarta frase, del regolamento n. 1008/2008 debba essere interpretato nel senso che con il termine opzionale si intende ciò che possa essere evitato dalla maggioranza dei consumatori.

 

4.4 In merito alla possibilità, prevista attualmente dal punto 17 delle raccomandazioni della Corte di giustizia, per il giudice del rinvio di indicare sinteticamente il punto di vista sulla risposta da dare alle questioni pregiudiziali sottoposte, oltre a quanto sopra già evidenziato in merito alla disciplina nazionale, questo Collegio ritiene che, allo stato, l’interpretazione e conseguente applicazione della disciplina in questione fatta propria dall’Autorità – e condivisa in parte qua dal Giudice di prime cure - parrebbe coerente alla lettera ed allo spirito della norma comunitaria.

Ciò, sia in generale, con riferimento a tutte le possibili voci di spesa per l’utente, in quanto il prezzo chiesto al consumatore deve essere chiaro fin dall’inizio ed unico nella relativa determinazione anteriore alla fase di effettivo pagamento; in quest’ultimo momento l’utente deve essere pienamente consapevole degli oneri richiesti. Sia nella specie, con riferimento alle singole voci oggetto di contestazione.

A sostegno di tale opzione ermeneutica, a titolo esemplificativo, in merito all’illegittimità del sovraprezzo per l‘uso della carte di credito la giurisprudenza nazionale ha già avuto modo di richiamare la disciplina di cui alla Direttiva 2007/64/CE (servizi di pagamento nel mercato interno), recepita dal d.lgs. n. 11 del 2010, che ha introdotto il c.d. divieto di payment card surcharge in base al quale il beneficiario non può applicare spese al pagatore per l'utilizzo di un determinato strumento di pagamento. Questo divieto è ribadito dagli artt. 21, comma 4 bis (pratiche scorrette) e 62 del c.d. codice consumo cit..

In termini più ampi, nell'ambito di un sistema di prenotazione elettronico, il prezzo finale da pagare deve essere indicato già alla prima esposizione dei prezzi relativi a servizi aerei.

Al riguardo va richiamato anche quanto già espresso dalla giurisprudenza europea, a partire dal principio per cui, ai fini dell'interpretazione di una disposizione di diritto dell'Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (cfr. ad es. sentenza del 19 luglio 2012, ebookers.com Deutschland, C-112/11, EU:C:2012:487, punto 12 e giurisprudenza ivi citata).

In relazione al tenore dell'articolo 23, paragrafo 1, terzo periodo, del regolamento n. 1008/2008, la stessa Corte (cfr. sentenza 6 luglio 2017 causa 290\16) ha evidenziato che l'obbligo di precisare quantomeno la tariffa passeggeri nonché le tasse, i diritti aeroportuali e gli altri diritti, tasse o supplementi qualora tali elementi siano aggiunti alla tariffa passeggeri, si aggiunge all'obbligo, risultante dall'articolo 23, paragrafo 1, secondo periodo, di detto regolamento, di indicare il prezzo finale (cfr. altresì sentenza 15 gennaio 2015, Air Berlin, C-573/13, punto 44). Pertanto, un vettore aereo che si limitasse a menzionare il prezzo finale non soddisferebbe le prescrizioni dell'articolo 23, paragrafo 1, terzo periodo, di detto regolamento, dato che esse impongono di indicare gli importi dei diversi elementi costitutivi di tale prezzo.

Secondo tale giurisprudenza, le diverse voci costitutive del prezzo finale da pagare, di cui all'articolo 23, paragrafo 1, terzo periodo, del regolamento n. 1008/2008, devono sempre essere rese note al cliente nella misura degli importi che esse rappresentano in tale prezzo finale. Tale interpretazione sarebbe confermata dagli obiettivi perseguiti dalla normativa in esame.

In tale ottica, infatti, l’articolo 23, paragrafo 1, del regolamento n. 1008/2008 è inteso a garantire, segnatamente, l'informazione e la trasparenza dei prezzi dei servizi aerei in partenza da un aeroporto situato sul territorio di uno Stato membro e contribuisce, pertanto, a garantire la tutela del cliente che fa ricorso a tali servizi. A tale proposito, esso prevede obblighi di informazione e di trasparenza per quanto riguarda, in particolare, le condizioni applicabili alle tariffe dei passeggeri, il prezzo finale da pagare, le tariffe aeree passeggeri e gli elementi di prezzo inevitabili e prevedibili che si aggiungono ad esso, nonché i supplementi opzionali di prezzo relativi a servizi che completano lo stesso servizio aereo (cfr. sentenza del 18 settembre 2014, Vueling Airlines, C-487/12, EU:C:2014:2232, punto 32).

Pertanto, l'obiettivo di informazione e di trasparenza dei prezzi non sarebbe conseguito se l'articolo 23, paragrafo 1, terzo periodo, del regolamento n. 1008/2008 dovesse essere interpretato nel senso che esso offre ai vettori aerei la scelta tra includere le tasse, i diritti aeroportuali, gli altri diritti, tasse o supplementi nella tariffa aerea passeggeri oppure indicare separatamente tali voci. In definitiva, ciò che ne deriva è il seguente principio, condiviso dal Collegio: all'acquisto di un biglietto, il cliente deve pagare un prezzo definitivo e non provvisorio.

Peraltro, a fronte di tali indicazioni di principio, la stessa giurisprudenza ha concluso nel senso che la norma in esame vada interpretata nel senso che, nel pubblicare le loro tariffe passeggeri, i vettori aerei devono precisare separatamente gli importi dovuti dai clienti per le tasse, i diritti aeroportuali nonché gli altri diritti, tasse e supplementi di cui all'articolo 23, paragrafo 1, terzo periodo, lettere da b) a d), di detto regolamento, e non possono, pertanto, includere, nemmeno parzialmente, tali elementi nella tariffa passeggeri, di cui all'articolo 23, paragrafo 1, terzo periodo, lettera a), del regolamento stesso.

 

4.5 In tale contesto, nel caso di specie assume rilievo determinante qualificare, ai sensi della norma europea in questione, i costi in contestazione. In proposito, per un verso il webcheck-in e l’I.V.A. sono stati qualificati, dall’Autorità e dalla sentenza appellata, come costi non facoltativi, che solo a seguito della procedura dell’Antitrust sono stati adeguatamente evidenziati nella fase iniziale della procedura di acquisto; per un altro verso la terza voce costituisce un supplemento che viene automaticamente aggiunto al prezzo totale nella misura in cui il passeggero, al termine della procedura, scelga una modalità di pagamento diversa dalla specifica carta di credito prepagate prescelta dalla stessa compagnia aerea.

 

5. I quesiti ed il rinvio pregiudiziale.

 

5.1 Per il complesso delle ragioni che precedono la Sezione ritiene, dunque, che le questioni prospettate siano tali da meritare il rinvio pregiudiziale alla CGUE, con la formulazione dei seguenti quesiti:

“se il disposto dell'articolo 23, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento CE n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008 recante norme comuni per la prestazione dei servizi aerei nella comunità, debba essere interpretato nel senso che le voci concernenti gli oneri di web check-in, di “tariffa amministrativa” per acquisto con carta di credito, gravanti sul prezzo dei biglietti stessi, nonché quelli derivanti dall'applicazione dell'i.v.a. alle tariffe ed ai supplementi facoltativi per i voli nazionali, rientrino nella categoria dei supplementi di prezzo inevitabili, prevedibili ovvero opzionali;

se il disposto dell'articolo 23, paragrafo 1, quarta frase, del regolamento n. 1008/2008 debba essere interpretato nel senso che con il termine opzionale si intende ciò che possa essere evitato dalla maggioranza dei consumatori”.

 

5.2 Ai sensi delle “raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale”, pubblicate in GUUE del 20.7.2018, C 257/1, vanno trasmessi in copia alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione europea, mediante plico raccomandato:

- gli atti ed i provvedimenti impugnati con i ricorsi di primo grado;

- il ricorso di primo grado;

- la sentenza del T.a.r. Lazio, sede di Roma, appellata;

- gli appelli proposti dalle parti ricorrenti;

- tutte le memorie difensive depositate da tutte parti nel giudizio di appello;

- la presente ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

 

5.3 In applicazione dell’art. 79 cod. proc. amm. e delle predette Raccomandazioni, il presente giudizio rimane sospeso nelle more della definizione del procedimento incidentale di rinvio e ogni ulteriore decisione, anche in ordine al regolamento delle spese processuali, è riservata alla pronuncia definitiva.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), non definitivamente pronunciando: dispone la riunione dei ricorsi in epigrafe; dispone altresì, a cura della Segreteria, la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nei sensi e con le modalità di cui in motivazione, per la risoluzione delle questioni pregiudiziali indicate nella parte motiva della presente decisione; riservata ogni altra decisione, anche sulle spese, sospende il giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Sergio Santoro,           Presidente

Silvestro Maria Russo,           Consigliere

Vincenzo Lopilato,     Consigliere

Marco Buricelli,          Consigliere

Davide Ponte, Consigliere, Estensore

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Davide Ponte              Sergio Santoro

                       

IL SEGRETARIO

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici