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Consiglio di Stato, Sez. IV, 4/4/2019 n. 2217
Rientra nella giurisdizione del g.o. la controversia avente ad oggetto la procedura di vendita del ramo d'azienda relativo all'Istituto di Vigilanza dell'Urbe di cui è titolare l'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci -

Il nostro ordinamento prevede, in forza della disciplina dettata dalla l. 20 marzo 1975, n. 70, che la costituzione e il riconoscimento di enti pubblici possono avvenire esclusivamente in forza di legge. Inoltre, alla stregua dell'interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, la volontà legislativa di connotare in termini pubblicistici una persona giuridica può essere esplicata, oltre che con una qualificazione espressa, anche con la previsione di indici sintomatici rivelatori della matrice pubblicistica dell'ente. In virtù poi di una parimenti pacifica elaborazione pretoria, il mero requisito teleologico della finalizzazione dell'ente al perseguimento di scopi di interesse pubblico, non è condizione sufficiente per la sussunzione del soggetto nel novero degli enti pubblici, essendo all'uopo indispensabile la previsione legale di un regime giuridico di spessore pubblicistico. Pertanto, applicando le coordinate ermeneutiche al caso di specie, gli indici di carattere formale, per quanto non dirimenti, sono tutti nel senso della natura privata della Associazione Nazionale Combattenti e Reduci (ANCR) e dunque la controversia avente ad oggetto la procedura di vendita del ramo d'azienda relativo all'Istituto di Vigilanza dell'Urbe di cui è titolare ANCR rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.

Materia: pubblica amministrazione / giurisdizione
Pubblicato il 04/04/2019

N. 02217/2019REG.PROV.COLL.

N. 06273/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6273 del 2007, proposto da Di Vittorio Tommaso, Pompei Amato, Saccucci Maurizio, Pagnozzi Alfredo, Di Tullio Giuseppe, Romani Mario, Napoleoni Romolo, Tordi Giulio, Arcangeli Giacomo, Corvasce Carlo, Paccapelo Giocondo, Sassaroli Mauro, Longhi Antonio, Gerardi Alessandro, Garofoli Giovanni, Turanti Lamberto, Pignatelli Walter, Galterosa Giovanni, Marini Gustavo, Sanna Boris, Donini Gianluca, Giuggioli Mauro, De Paolis Angelo, Reitano Valerio, Valenti Corrado, Frezza Mauro, Albanesi Riccardo, Marsili Pietro, Caci Gianfranco, Paladini Fabio, Di Fiore Feliciano, Giori Rodolfo, Zimbalardi Angelo, rappresentati e difesi dall'avvocato Silvio Crapolicchio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Parioli n. 44;

contro

Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Diego Vaiano, Paolo Vaiano e Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Vaiano-Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;

nei confronti

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 02767/2007, resa tra le parti, concernente cessione del ramo d'azienda relativo all'istituto di vigilanza dell'Urbe.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e della Associazione nazionale combattenti e reduci.

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2019 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Soliani su delega dell’avvocato Silvio Crapolicchio, Raffaele Izzo e l'Avvocato dello Stato Angelo Venturini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci (in seguito ANCR) eretta in ente morale con Regio Decreto 24 giugno 1923, n.1371, con decreto del 26.2.1932 è stata autorizzata dal Prefetto della Provincia di Roma “ad esercitare in questa Città un Istituto di Vigilanza Privata denominata Dell’Urbe” (in seguito: IVU), attività imprenditoriale di carattere meramente accessorio e locale rispetto alle finalità primarie dell’ANCR, consacrate dall’art. 2 del relativo statuto.

Con ricorso notificato in data 10.1.2006, un gruppo di dipendenti della ANCR, affermando di aver appreso "alla fine del mese di novembre del 2006 ... la notizia della esistenza di trattative di carattere esclusivamente privatistico tra l'Associazione Nazionale Combattenti e Reduci ed altri soggetti giuridici…al fine della cessione, ad uno di tali soggetti, del ramo d'azienda relativo all'Istituto Vigilanza dell'Urbe", ha impugnato i provvedimenti, dagli estremi ignoti, con i quali l’ANCR si sarebbe determinata alla cessione del ramo d’azienda relativo all’Istituto di Vigilanza dell’Urbe mediante trattative di carattere privatistico senza l’esperimento di apposita procedura ad evidenza pubblica.

Con sentenza n. 2767 del 14 febbraio 2007 il T.a.r. per il Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione.

La sentenza è stata appellata dagli odierni esponenti per chiederne la riforma assumendo che il T.a.r. avrebbe erroneamente declinato la giurisdizione nonostante la natura pubblicistica della ANCR ed insistendo per la dedotta violazione delle regole dell’evidenza pubblica quanto alla cessione del ramo di azienda.

Hanno dedotto in particolare: violazione efalsa applicazione del d.P.R. n. 616 del 1977, della legge n. 481 del 1978, della legge n. 641 del 1978, del d.P.R. n. 127 del 1986, della legge n. 274 del 1991 e del D. Lgs. n. 165 del 2001, nonché eccesso di potere, per carente e/ogenerica motivazione, per difetto assoluto di istruttoria, per travisamento dei fatti (soprattutto in relazione alla portata della determinazione della Corte dei Conti n. 29 del 1993), per illogicità e contraddittorietà, difetto del presupposto.

Lamentano che il T.a.r. avrebbe completamente omesso di analizzare le pur numerose disposizioni normative indicate, i riferimenti giurisprudenziali richiamati, nonché gli elementi sintomatici proposti dai ricorrenti a dimostrazione della natura pubblicistica dell’ANCR.

Si sono costituiti in giudizio la Associazione nazionale combattenti e reduci ed il Ministero della Difesa per resistere all’appello chiedendone la reiezione con conferma della sentenza di primo grado stante il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. La prima ha anche argomentato in merito alla infondatezza delle doglianze prospettate circa la presunta violazione delle regole sull’evidenza pubblica mentre il Ministero della Difesa ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva precisando che la funzione di vigilanza sulla ANCR non si estende alle attività imprenditoriali.

Alla udienza pubblica del 28 marzo 2019 la causa è stata trattenuta in decisione previo deposito di memoria conclusiva e di replica da parte della sola ANCR.

Preliminarmente, in accoglimento della eccezione sollevata dalla ANRC, il presente giudizio di appello deve essere dichiarato improcedibile per perenzione con riferimento a tutti gli appellanti, con l’eccezione dei signori Giovanni Galterosa e Gustavo Marini, unici ad aver depositato tempestivamente in data 3 aprile 2013, nel termine di centottanta giorni dalla comunicazione della segreteria inviata via pec in data 10 ottobre 2012, la nuova istanza di fissazione di udienza pubblica, sottoscritta personalmente, ai sensi dell’art. 82 c.p.a. e quindi unici appellanti ad avere manifestato l’interesse alla definizione del giudizio sottoscrivendo l’istanza medesima secondo quanto prescritto dalla legge.

Venendo al merito delle doglianze sollevate, l’appello è infondato e deve essere confermata la pronuncia declinatoria della giurisdizione assunta dal T.a.r. per il Lazio.

Il T.a.r. ha accertato la natura privata della associazione valorizzando indici sia di carattere formale (previsioni di legge e statutarie che ne affermano la natura privata) che sostanziale (escludendo la configurabilità di poteri di ingerenza da parte del Ministero della Difesa e della Presidenza del Consiglio dei ministri tali da poter configurare una influenza dominante anche in relazione alla erogazione di finanziamenti pubblici) oltre ai precedenti giurisprudenziali della Corte di cassazione in materia di rapporti di lavoro e della Corte dei Conti in materia di controllo sulla gestione finanziaria, tutti nel senso della natura privata dell’associazione.

L’appellante si duole della erroneità di taluni passaggi motivazionali oltre che della omessa considerazione di ulteriori indici menzionati nel ricorso che deporrebbero invece nel senso della natura pubblica dell’associazione.

Le doglianze non sono tuttavia fondate.

Il nostro ordinamento prevede, in forza della disciplina dettata dalla legge 20 marzo 1975, n. 70, che la costituzione e il riconoscimento di enti pubblici possono avvenire esclusivamente in forza di legge. E’ altresì pacifico, alla stregua dell’interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, che la volontà legislativa di connotare in termini pubblicistici una persona giuridica può essere esplicata, oltre che con una qualificazione espressa, anche con la previsione di indici sintomatici rivelatori della matrice pubblicistica dell’ente. Si deve poi sottolineare che, in virtù di una parimenti pacifica elaborazione pretoria, il mero requisito teleologico della finalizzazione dell’ente al perseguimento di scopi di interesse pubblico, non è condizione sufficiente per la sussunzione del soggetto nel novero degli enti pubblici, essendo all’uopo indispensabile la previsione legale di un regime giuridico di spessore pubblicistico (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28 giugno 2012, n. 3820).

Applicando le coordinate ermeneutiche al caso di specie il collegio rileva che:

a) contrariamente a quanto ribadito nel presente grado di giudizio dagli appellanti, gli indici di carattere formale, per quanto non dirimenti, sono tutti nel senso della natura privata della ANCR come condivisibilmente ritenuto dal T.a.r.:

1. ai sensi dell'art. 115 del d.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977, "gli enti di cui all'allegata tabella B, che abbiano una struttura associativa [tra i quali viene annoverata anche l'ANCR, iscritta al relativo numero 38], continuano a sussistere come enti morali assumendo la personalità giuridica di diritto privato con il decreto del presidente della Repubblica emanato ai sensi dell'articolo precedente e ad essi individualmente relativo”;

2. con il d.P.R. 30.9.1982 e con il d.P.R. 10.3.1986 n.127 sono stati approvati due successivi testi dello statuto associativo dell’ANCR, l’ultimo dei quali ribadisce, all’art. 3, che “l’Associazione, eretta in Ente Morale con decreto del 24 giugno 1923 n.1372, ha natura di persona giuridica privata”;

3. non è contestato che il d.P.R. del 9.3.1979, intitolato “Dichiarazione di non assoggettabilità alla procedura di cui al sesto comma dell’art.113 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.616”, ha stabilito che l’ente è da considerare un soggetto privato;

4. le Relazioni della Corte dei Conti sul risultato del controllo della gestione finanziaria dell’ANCR per gli esercizi finanziari del 1999-2000, del 2001-2002 e del 2003-2005, hanno espressamente riaffermato che tale Associazione (come pure le altre associazioni combattentistiche - Associazione nazionale Vittime civili di guerra; Associazione nazionale Mutilati ed Invalidi di guerra; Associazione nazionale Famiglie dei Caduti e Dispersi in guerra -) ha natura privata;

5. la giurisprudenza della Corte di Cassazione anche a Sezioni unite ha affermato a partire dal 1950 (cfr. Cass. civ., sez. un., 28 febbraio 1950, n. 502 e Cass. civ., sez. un., 16 marzo 1951, n. 678; successivamente Cass. civ., sez. lav., 21 gennaio 1982 n. 409; Cass. civ., ordinanza, 23 febbraio 2018, n. 4433; Cass. civ., 28 ottobre 2016, n. 21879; Cass. civ. ordinanza, 02 marzo 2016, n. 4179; Cass. civ., 07 febbraio 2014, n. 2835; Cass. civ., sez. lav., 14 luglio 2003, n. 11017.) che i rapporti di lavoro alle dipendenze della ANCR hanno natura privata sicchè la cognizione delle relative controversie spetta al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro e non al giudice amministrativo (per il periodo anteriore alla privatizzazione del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni).

Quanto agli indici di natura sostanziale deve evidenziarsi che:

5. gli indirizzi e le decisioni concernenti la vita associativa sono assunti in piena autonomia dagli organi associativi senza condizionamento di sorta da parte del Ministero della Difesa cui è affidata l’alta vigilanza sul funzionamento dell’associazione rispetto ai fini morali che persegue. Il potere di nomina di un solo componente del collegio sindacale da parte del Ministero della Difesa, contrariamente a quanto affermato dagli appellanti, appare del tutto ininfluente rispetto ai poteri decisionali degli organi statutari. Ed anche per quanto concerne le funzioni specifiche del collegio sindacale, si tratta di presenza minoritaria considerato che il collegio è composto di cinque componenti e che, accanto al rappresentante del Ministero della Difesa, ve n’è solo un altro designato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze;

6. il fatto che vi siano finanziamenti a carico dello Stato erogati tramite il Ministero della Difesa e la Presidenza del Consiglio dei Ministri non rappresenta una circostanza dirimente ai fini del riconoscimento della natura pubblicistica dell’associazione in quanto lo Stato ben può concedere finanziamenti pubblici per promuovere e sostenere il perseguimento di interessi meritevoli di tutela anche da parte di soggetti privati senza che per questo la loro natura debba necessariamente mutarsi in quella pubblica;

7. la presenza di un finanziamento pubblico erogato con regolarità giustifica il controllo sulla gestione finanziaria dell’associazione da parte della Corte dei Conti secondo quanto previsto dall’art. 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259 senza che l’attività svolta e la stessa natura giuridica dell’associazione debbano necessariamente essere attratte nell’orbita pubblicistica.

In aggiunta alle considerazioni che precedono, già valorizzate dal T.a.r., la sezione intende ulteriormente osservare quanto segue:

8. la natura pubblica dell’ente presuppone il perseguimento di specifici interessi pubblici indicati dalla legge mediante l’esercizio di poteri tipici o l’erogazione di servizi a beneficio della collettività caratterizzati dalla doverosità dell’agire e dalla necessaria continuità dell’azione, principi presidiati anche da apposite norme penali quali il delitto di rifiuto di atti di ufficio ex art. 328 c.p. e quello di interruzione di pubblico servizio ex art. 340 c.p.. Nel caso di specie invece:

a. nessuna norma di legge conferisce poteri autoritativi alla ANCR la cui azione in nessun caso è sottoposta alla disciplina generale sul procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241 del 1990;

b. l’associazione non è chiamata a svolgere alcune servizio pubblico inteso in senso stretto come erogazione di prestazioni in favore della collettività per soddisfare bisogni o interessi di carattere generale;

c. nessuna norma di legge prescrive come necessario e doveroso il perseguimento delle finalità statutarie di cui gli organi associativi possono liberamente disporre, anche deliberando lo scioglimento dell’associazione.

d. l’associazione svolge un altissimo compito di custodia e di trasmissione della memoria storica attraverso iniziative di testimonianza, di celebrazione e di rievocazione finalizzate a trasmettere alle generazioni future il patrimonio di valori eroicamente vissuti durante gli anni del conflitto mondiale e che concorrono a rinsaldare i vincoli di comune appartenenza della comunità nazionale. Tali iniziative tuttavia sono rimesse alla libera iniziativa degli organi centrali e periferici le cui decisioni non rispondono ai caratteri della doverosità dell’agire amministrativo e della necessaria continuità ed indefettibilità della funzione amministrativa, come confermato anche dal fatto che l’associazione è libera in ogni momento di deliberare il proprio scioglimento con le maggioranze indicate dallo Statuto.

Alla luce delle considerazioni che precedono le deduzioni degli appellanti devono ritenersi recessive anche per come reiterate con l’atto di appello per le ragioni che seguono.

Circa la portata dell'art. 115 del d.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977 si è già evidenziato che depone piuttosto nel senso della natura privata dalla associazione, tali essendo qualificati gli enti a base associativa ricompresi nell’allegato B tra cui la ANCR che figura al n. 38 dell’elenco. Non risulta che il decreto-legge 18 agosto 1978, n. 481 convertito dalla legge 21 ottobre 1978, n. 641 abbia mutato la qualificazione in senso privatistico degli enti di cui all’allegato B.

Inoltre la soppressione di alcune associazioni combattentistiche ed il trasferimento delle relative funzioni anche alla ANCR non ha inciso in alcun modo sugli indici formali e sostanziali rivelatori della natura giuridica della ANCR che resta ente di diritto privato non essendo stata accompagnata dal conferimento di poteri pubblici o dalla previsione di un regime giuridico proprio degli enti pubblici come sopra evidenziato.

Quanto alla affermazione contenuta nella determinazione della Corte dei Conti n. 24 del 1993 secondo cui la funzione di rappresentanza e di tutela della ANCR e delle altre associazioni combattentistiche possa rivestire una connotazione in senso lato pubblicistico, si tratta di rilievo non revocabile in dubbio trattandosi di tutela di interessi massimamente meritevoli che proprio in quanto tali giustificano il finanziamento pubblico onde assicurarne la promozione; tale affermazione tuttavia nulla dice circa la natura giuridica delle associazione combattentistiche che, come ripetutamente affermato dalla stessa Corte dei Conti in sede di controllo sull’esercizio finanziario, sono enti di natura privata.

Nessun argomento nel senso della natura pubblica della ANCR si desume dall’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 165 del 2001 che, nel novero delle pubbliche amministrazioni, non elenca la ANCR, lasciando del tutto irrisolta la questione della sua ascrivibilità alla categoria degli enti pubblici non economici ivi contemplata.

Il fatto poi che la ANCR compaia nell’elenco del Ministero dell’economia e delle Finanze relativo agli enti sottoposti al controllo della Corte dei Conti non è circostanza dirimente, come non lo è la percezione di finanziamenti statali tramite il Ministero della Difesa per le ragioni già esposte e che assorbono le censure mosse sul punto alla sentenza del T.a.r. nella parte in cui ha affermato “che non risulta che i costi relativi alla struttura organizzativa ed all’attività dell’ANCR siano a carico dello Stato o di altri Enti o Amministrazioni pubbliche”.

Da ultimo, la allegata iscrizione obbligatoria alla cassa pensioni per i dipendenti degli enti locali, per tutto il personale dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, compresi gli operatori addetti ai servizi di vigilanza impiegati presso l'Istituto di Vigilanza dell'Urbe, non vale a superare la costante giurisprudenza della Corte di cassazione che dal 1950 – come si è detto - qualifica tali rapporti come di diritto privato. Inoltre come rilevato dalla difesa della ANCR con la memoria conclusionale, la predetta iscrizione è stata resa possibile in forza della norma speciale di cui all’art. 39 della legge n. 379 del 11 aprile 1955 che ha esteso una tale facoltà, oltre che agli enti parastatali, agli enti di diritto pubblico e alle Regioni, anche “agli enti morali” qual è pacificamente la ANCR, sicchè proprio a motivo del carattere di specialità, la norma non può essere invocata per inferirne la natura giuridica dell’ente.

Osserva infine il collegio che anche a voler accogliere la nozione “funzionale” e “cangiante” di ente pubblico propugnata dalla VI sezione di questo Consiglio a partire dalla sentenza n. 2660/2015, deve comunque pervenirsi ad una declaratoria di inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione.

La tesi in questione afferma che uno stesso soggetto ben può avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica.

Seguendo questo percorso interpretativo occorre specificamente indagare se l’attività negoziale della ANCR sia soggetta o meno, in forza di espressa norma di legge, alle regole pubblicistiche dell’evidenza pubblica, a prescindere dal fatto che ad altri fini e comunque in via generale, debba essere qualificata come associazione con personalità di diritto privato.

A tal fine è stato precisato che “la nozione “funzionale” e “dinamica” non predica, infatti, che un soggetto possa essere qualificato come “pubblico” a prescindere dall’esistenza di una base legislativa che sottoponga quel soggetto ad un regime pubblicistico.

Al contrario, alla base della qualificazione funzionale di ente pubblico ci deve essere sempre un fondamento normativo da cui derivano, per quell’ente, obblighi e doveri, oppure prerogative e poteri, di natura pubblicistica” (Cons. Stato, VI, 11 luglio 2016, n. 3043).

Nel caso di specie gli appellanti invocano genericamente la soggezione della ANCR alle regole della evidenza pubblica in forza di una supposta natura pubblica che il collegio, in via generale, ritiene non sussistere, mentre non indicano le specifiche norme di legge idonee a procedimentalizzare l’attività contrattuale dell’associazione al fine di assoggettarla allo statuto pubblicistico dell’evidenza pubblica.

Poiché viene in contestazione una procedura di vendita di un ramo di azienda e cioè un contratto attivo, deve escludersi che per radicare la giurisdizione del giudice amministrativo possa giovare la nozione di organismo di diritto pubblico che rileva ai soli fini dei contratti passivi e limitatamente alle specifiche tipologie di contratti previste dalla direttive comunitarie in materia (cfr. art. 1 del d. lgs. n. 163 del 2006 – all’epoca vigente - che parla di “acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere”).

L’unico fondamento normativo astrattamente idoneo a fondare obblighi di natura pubblicistica nel campo della evidenza pubblica, in caso di contratti attivi, è il regolamento di contabilità generale dello Stato (art. 3 del r.d. 18 novembre 1923 n. 2440 e r.d. 23 maggio 1924 n. 827).

Senonchè la giurisprudenza di questo Consiglio è costante nell’affermare che la normativa sulla contabilità generale dello Stato riguarda solo le amministrazioni statali e gli enti pubblici per i quali ne è stata prevista l'estensione per effetto di norme specifiche (Cons. Stato, IV, 12 marzo 2015, n. 1299; Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2004 , n. 7554; Cons. Stato, V, 26 gennaio 2012, n. 338), e poiché non è stata allegata alcuna specifica previsione legale che assoggetti la ANCR a tale normativa, deve escludersi che la disciplina ivi prevista possa ritenersi applicabile al caso di specie sicchè neppure la nozione funzionale di ente pubblico consente di ritenere la ANCR soggetta alle regole dell’evidenza pubblica previste per i contratti attivi dal regolamento di contabilità generale dello Stato.

In conclusione né la nozione tradizionale c.d. “statica” e “formale” di pubblica amministrazione né quella “dinamica” o “funzionale” consentono di attribuire alla ANCR natura di ente pubblico nel procedimento di vendita del ramo di azienda in contestazione sicchè ogni doglianza circa le modalità prescelte deve essere devoluta alla cognizione del giudice ordinario trattandosi di attività negoziale di una associazione privata che agisce secondo le regole del diritto privato.

Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve essere respinto con conferma integrale della sentenza di primo grado.

Le spese del grado seguono la soccombenza nei rapporti tra gli appellanti e la ANCR mentre possono essere compensate nei rapporti tra gli appellanti ed il Ministero della Difesa in ragione della marginalità della posizione processuale rivestita dal Ministero intimato e della esiguità dell’attività difensiva svolta.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara improcedibile per intervenuta perenzione, in parte lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza del T.a.r. per il Lazio, sez. I bis, n. 2767 del 2007.

Condanna gli appellanti, in solido tra loro, alla rifusione in favore dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci delle spese del grado che si liquidano complessivamente in euro 2000,00 oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Compensa le spese del grado nei rapporti tra gli appellanti ed il Ministero della Difesa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2019 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luca Monteferrante Antonino Anastasi
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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